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Terremoto tra i costruttori del terremoto de L’Aquila.

di MASSIMO MARTINELI da messaggero.it

L’AQUILA (19 aprile) – L’inchiesta sui crolli del terremoto diventa una battaglia legale tra imprenditori. Almeno per uno dei palazzi-simbolo di questa tragedia nazionale, quello di via XX Settembre 79, dove dieci persone sono state uccise dallo scivolamento di un’ala dell’edificio verso un garage attiguo, costruito di recente. Già domattina, infatti, tre condomini di via XX Settembre 79, e tra questi gli eredi di Domenico Cioni che quel palazzo lo costruì, depositeranno in Procura un esposto dettagliato per chiedere al pm Fabio Picuti di accertare il rapporto di causa-effetto tra il crollo e la costruzione di un garage da parte di un altro imprenditore, Armido Frezza. A firmare l’esposto, insieme ai figli del costruttore Cioni, ci saranno anche l’avvocato Aleandro Equizi e la signora Mannella, entrambi proprietari di appartamenti nel palazzo crollato e scampati miracolosamente al crollo.

A rappresentarli, l’avvocato Giampaolo Filiani, che anticipa: «Chiederemo che un collegio di ingegneri di chiara fama, che non hanno mai lavorato al’Aquila, accerti se i lavori per costruire il garage abbiano compromesso le fondamenta del palazzo, perchè anche solo alterando la crosta rocciosa sottostante alle fondamenta si può amplificare la trasmissione delle onde sismiche». Da parte sua, Frezza aveva già commentato nei giorni scorsi: «Ho il massimo rispetto per chi soffre ma non è con me che devono prendersela. L’emotività è una cosa, la realtà un’altra. Non si può pontificare su cose che non si conoscono, come ad esempio le tecniche di costruzione, il tipo di materiale usato, il ruolo dei progettisti. Qui si rischia di linciare le persone sulla base di un mero imbroglio mediatico».

Intanto proseguono senza sosta gli interrogatori dei testimoni che raccontano come si sarebbe potuta evitare l’altra ecatombe di via XX Settembre, quella dei ragazzi morti sotto le macerie della Casa dello Studente. Dopo l’interrogatorio di Carmela Tomassetti, la studentessa che aveva abbandonato l’ostello una settimana prima del sisma perchè preoccupata dalle crepe e dalle infiltrazioni nei muri già provocate dallo sciame sismico che ha preceduto il terremoto, ieri gli uomini della Polizia Giudiziaria hanno raccolto le deposizioni di altre tre ragazze, amiche della Tomassetti.

Due di loro sono state ascoltate all’Aquila, e hanno confermato l’esistenza di una crepa su un pilastro della sala mensa che produceva un’infiltrazione d’acqua. E ancora, hanno detto che nelle loro camere c’erano vistose fessure, ma che non sono stati fatti sopralluoghi per stabilirne l’eventuale pericolosità. Una terza ragazza è stata rintracciata a Cosenza, dove è tornata dopo il sisma. E anch’essa ha reso una deposizione sovrapponibile a quelle delle sua amiche. Intanto, mentre la polizia giudiziaria ha sequestrato anche quel che resta dello stabile crollato del Convitto Nazionale, altri studenti della Casa dello Studente si sono riuniti in un comitato di parenti delle vittime; e hanno raccontato una serie di circostanze sulle quali la procura dovrà fare luce. Tra queste, c’è il ruolo dell’architetto che verificava la salubrità dell’ostello, che in più occasioni avrebbe tranquillizzato i ragazzi circa la solidità dell’edificio. Intanto, la Cgil ha annunciato che si costituirà parte civile nell’inchiesta sulle presunte responsabilità per i crolli del terremoto, al fianco dei parenti delle vittime. (Beh, buona giornata).

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Terremoto: “Nicola, caro vice ministro Bertolaso, è stato ucciso come tutti gli altri dall’imprudenza delle istituzioni.”

da ilmessaggero.it

Nicola Bianchi era uno studente di 22 anni di Monte San Giovanni Campano, morto nel crollo della palazzina in via Gabriele D’Annunzio 11 distrutta dal terremoto. Il padre, Sergio Bianchi, operatore del 118, ha scritto oggi una lettera aperta al capo della Protezione civile Guido Bertolaso, per chiedere perché, nonostante si registrassero scosse sismiche fin da gennaio, nessuno abbia preso provvedimenti, a partire dalla chiusura dell’università «una settimana prima come hanno fatto le scuole ritenendo la situazione pericolosa».

«Non voglio fare polemiche – scrive Bianchi – ma sono addolorato e non bisogna dimenticare che in questa tragedia ci siamo anche noi: abbiamo perduto i nostri figli perché nessuno ci ha avvertiti del pericolo. Il mio ragazzo, insieme ad altre giovani vite ciociare spezzate, era all’Aquila per costruirsi un futuro. Ho visto i muri del palazzo-tomba di Nicola con alcuni lesioni. Ho chiesto spiegazioni a tutti, dal proprietario ai vicini e mi hanno risposto di stare tranquillo, che la situazione era sotto controllo. I nostri ragazzi che vivevano al civico 11 di via Gabriele D’Annunzio e gli altri che alloggiavano nelle palazzine vicine erano tranquilli, perché noi genitori gli avevamo trasmesso la serenità. Nicola, caro vice ministro Bertolaso, è stato ucciso come tutti gli altri dall’imprudenza delle istituzioni». (Beh, buona giornata).

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Terremoto: il coming out di un costruttore.

di Fabrizio Caccia da corriere.it

L’AQUILA – È stato l’appello del presidente della Repubblica, l’altro giorno, a fargli cambiare idea, a convincerlo a parlare. Il costruttore Giovanni Frattale, 60 anni, occhi chiari e Mercedes nera, ha deciso che è il momento di alzare il sipario sul sacco di L’Aquila e i barbari del mattone: «Napolitano ha ragione. I costruttori aquilani dovrebbero mettersi tutti una mano sulla coscienza. E parlo anche per me». Finora lui ha taciuto — spiega — ma finora non c’erano stati 293 morti e quarantamila sfollati. La categoria, insomma, per anni ha chiuso gli occhi. Invece di denunciare pubblicamente le gravi anomalie, ha preferito tirare avanti in nome del profitto e del quieto vivere. «Dopo il disastro — racconta Frattale — ho fatto un giro della città: Pettino, Torrione, Porta Napoli, XX Settembre, Campo di Fossa. Gli edifici crollati sono la prova regina che il sistema è marcio». Che vuol dire? «Il 90% delle case private di L’Aquila — continua — è stato costruito da “palazzinari”. Niente di strano, accade dappertutto. Ma, qui da noi, almeno un terzo è gente senza scrupoli, io li chiamo avventurieri, pirati dell’edilizia. Attratti solo dalla bolla speculativa, dalla febbre del mattone, ex macellai, falegnami, agricoltori, si sono improvvisati costruttori pagando 10 mila euro alla Camera di Commercio e poi con una Srl qualunque si son messi a tirar su palazzi, affidandosi però a semplici cottimisti, muratori e carpentieri dai capelli bianchi che in nome di una non meglio precisata competenza hanno realizzato le opere. Ma le case non si costruiscono con i capelli bianchi… Andate a Pettino, andate a vedere, davanti alla macerie trovate i cartelli “Vendesi”…».

Ora tutti, a L’Aquila, si riempiono la bocca parlando di calcestruzzo armato, analisi geologiche, nodi strutturali, curve granulometriche degli impasti. Ma la Casa dello Studente… «La Casa dello Studente, dove sono morti tutti quei ragazzi — dice Frattale — è un’altra storia strana». La costruì Antonio Miconi che oggi è morto (progettisti Botta e Portelli) e l’affittò alla Farmaceutica Angelini, che poi comprò la struttura per trasformarla in residenza convenzionata con la Regione. Insomma, un discreto affare. “Un deposito di medicinali che diventa albergo? — si chiede ora perplesso il costruttore —. Saranno state fatte le giuste prove di carico sui solai? Spesso i collaudi qui avvengono sulla carta, non serve la bustarella, basta un perito amico…». Frattale è un nome che conta, nell’edilizia locale. Suo padre costruì il primo condominio di L’Aquila del Dopoguerra, nel ’46: sorge in via Campo di Fossa, dove un altro palazzo lunedì è crollato, facendo 26 vittime. Quello di suo padre, invece, è ancora là. «Perché negli anni ’80 arrivarono i pirati — aggiunge —. E per armare i calcestruzzi importavano gli acciai stellari dalla Grecia al posto di quelli ad aderenza migliorata che costavano il doppio ma erano sicuri. Per questo tanti pilastri hanno ceduto. Non c’entra la sabbia del mare. La sabbia dei pilastri viene tutta dalle cave qua intorno. Ne siamo pieni». Anche Aldo Irti, che oggi ha 80 anni, figlio del cavaliere Iniseo che ricostruì l’Abruzzo dopo il terremoto-monstre del 1915, punta l’indice sui nuovi improvvisatori. È dello stesso parere il geometra Giuseppe Barattelli, ottantenne anche lui, che a L’Aquila nella sua lunga carriera di appaltatore costruì parecchio, dalla Banca d’Italia alla caserma dei carabinieri (lesionata oggi dalla faglia). Suo figlio Ettore, 42 anni, vicepresidente dell’Ance provinciale, l’associazione dei costruttori, conclude amaro: «Ha ragione il presidente Napolitano e ha ragione anche Frattale. Ma l’esame di coscienza sono molti a doverlo fare. È tutta la filiera. Dove stavano il Genio Civile, gli ispettorati, la Asl, quando venivano su queste case di burro? Perché la verità è che se non ci sono i controlli, ecco poi che succede: comprare la casa è sempre stato il sogno di tante persone. Ma la gente comune bada al colore delle piastrelle, sceglie le porte, gl’infissi. Non si preoccupa di cosa c’è sotto terra. Non lo dovrebbe fare». (Beh, buona giornata).

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Il sindaco de L’Aquila:«E’ un fatto che interi pezzi di strada, costruti nello stesso periodo e dagli stessi costruttori sono venute giù. Mentre altre, accanto, sono rimaste in piedi».

di Claudia Fusani da unita.it

Un’indagine amministrativa interna, tra i dipendenti del Comune, da avviare il prima possibile per capire chi e come ha truccato le carte all’ospedale S. Salvatore. O alla città giudiziaria, tribunale e procura. E in ogni altro edificio pubblico e scuola dove i tecnici comunali incaricati hanno di volta in volta certificato la congruità dei lavori e dei materiali impiegati. La macchina del comune dell’Aquila rimasta orfana di sede e documentazione, l’archivio di Stato e notarile è perso così come buona parte di tutta la documentazione, sta piano piano ricominciando a funzionare in strutture provvisorie, soprattutto asili, strutture basse, sicure, dove le scosse si fanno sentire ma non fanno danni.

La verità sui crolli
Ma la verità sui crolli è una priorità anche per il sindaco Massimo Cialente e i suoi collaboratori ora tutti suddivisi in “funzioni” essenziali, dai materiali alla logistica, dal censimenti dei danni alla verifica degli stabili, come prevede il Piano anticrisi. Così, lascia trapelare il direttore generale del comune Massimiliano Cordeschi, una delle prime iniziative sarà proprio quella di avviare un’indagine aministrativa sul «rilascio delle congruità dei vari stati di avanzamento dei lavori e dei materiali usati». La città giudiziaria, inagibile e in parte crollata all’interno, risale agli anni settanta e comunque negli anni dovrebbe aver avuto varie verifiche statiche. L’ospedale, storia kafkiana di assurdi e bugie, è iniziato nel ’72, è terminato nel 1996 ed è finito sotto inchiesta più volte per i giri di soldi e i materiali considerati scadenti. «Abbiamo un contenzioso antico con la ditta», spiega l’assessore ai Lavori Pubblici Ermanno Lisi «che non abbiamo mai voluto chiudere. Così adesso potremmo rivalerci noi nei loro confronti per i danni subiti». Per la vergogna, invece, non c’è prezzo. L’ospedale è stato evacuato, definito non agibile, sono venuti giù anche i controsoffitti.

Intanto va avanti l’inchiesta della magistratura sui crolli dei palazzi, come ha spiegato ieri all’Unita il procuratore Rossini, ma anche su eventuali sottovalutazioni del rischio sismico. Rossini ha dato incarico ai vigili del fuoco di repertare pezzi di cemento di ogni palazzo crollato e di quelli più gravemente lesionati costruiti di recente. Ogni singolo reperto sarà poi periziato e sottoposto ad indagine granulometrica. Non è tanto un problema di sabbia di mare («mi sembra strano – dice Livi – per i costruttori da queste parti costa molto meno il materiale inerte che trovano in loco, ad esempio abbondiamo di ghiaia») quanto semmai la composizione del calcestruzzo, la percentuale di acqua, la costituzione granulometrica dell’inerte e il cemento che poi sono le tre componenti del calcestruzzo. E può essere un problema di tipologia del ferro (tondino), il liscio garantisce meno dello zigrinato, e di distanze tra una sbarra e l’altra nel blocco di cemento. Il sindaco Massimo Cialente crede molto nell’inchiesta: «Voglio sapere la verità», dice. «E’ un fatto che interi pezzi di strada, costruti nello stesso periodo e dagli stessi costruttori sono venute giù. Mentre altre, accanto, sono rimaste in piedi». I vigili del fuoco sono al lavoro. Ma anche i cittadini hanno fatto parte del lavoro. Un padre ha raccolto un pezzo di cemento della Casa dello Studente crollata in via XX Settembre. Dove è morto suo figlio. (Beh, buona giornata).

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