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Le 10 domande di Repubblica:”Nessun altro leader democratico avrebbe potuto ignorare i quesiti su questa amicizia nel modo in cui lo ha fatto Berlusconi”, scrive The Guardian.

“In praise of La Repubblica” (A elogio de la Repubblica) è l’editoriale pubblicato da The Guardian. Ecco il testo.

“Nonostante rumori minacciosi da parte di Silvio Berlusconi, il principale quotidiano italiano di centro-sinistra si è rifiutato di smettere di chiedere risposte alle 10 domande poste al premier circa la sua relazione con una adolescente napoletana, Noemi Letizia. Nessun altro leader democratico avrebbe potuto ignorare i quesiti su questa amicizia nel modo in cui lo ha fatto Berlusconi. La sua spiegazione di come ha conosciuto la famiglia Letizia non regge. Egli non ha spiegato l’affermazione della sua giovane amica sul fatto che il premier le avrebbe aperto la strada in politica o nello show business. Né ci sono state spiegazioni sulle nuove rivelazioni secondo cui la 18enne signorina Letizia è proprietaria di quattro case. Questa è molto più che curiosità della stampa. Sua moglie ha detto che non può più stare con un uomo che “frequenta minorenni” e che egli “non sta bene”. Repubblica ha fatto notare che le dichiarazioni della signorina Letizia sui regali di compleanno ricevuti dall’uomo che lei chiama ‘papi’ lasciano intendere che erano amici da quando lei aveva 15 anni. La stampa rimane una delle poche forze critiche in una società in cui quasi tutti i canali televisivi rispondono a Mr. Berlusconi. Finora, il suo solo gesto per dare spiegazioni è stato di apparire in un talk show il cui ossequioso presentatore gli ha lasciato pronunciare un monologo autogiustificativo. Ma quando un giornalista di Repubblica ha provato a fargli una domanda questa settimana, Mr. Berlusconi ha perso le staffe. “Che diritto ha di fare domande?”, ha gridato. La risposta, in una società democratica, deve essere: “Tutti i diritti del mondo”. Repubblica sta combattendo una battaglia solitaria e merita sostegno”. (Beh, buona giornata).

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Il Times di Londra: “le domande poste da la Repubblica – sul coinvolgimento del signor Berlusconi nella selezione delle candidate, e sul fatto se egli abbia promesso di aiutare la signorina Letizia a perseguire una carriera in politica o nello spettacolo – non sono intrusioni nella vita privata.”

Il Times dalla parte di Repubblica “Berlusconi vuole intimidire il dissenso”-da repubblica.it

Il Times di Londra dedica oggi un editoriale non firmato, come è tradizione della stampa anglosassone quando l’articolo riflette l’opinione della direzione del giornale, sulla questione delle dieci domande poste da “Repubblica” a Silvio Berlusconi.

L’editoriale del giornale, di cui è proprietario Rupert Murdoch, è intitolato “Public Duty and Private Vendetta” (Dovere pubblico e vendetta privata”), con questo sommario: “L’attacco di Silvio Berlusconi contro un giornale italiano è una campagna per intimidire il dissenso”. Ecco il testo dell’editoriale:

“Silvio Berlusconi, il primo ministro italiano, si lamenta di essere vittima di una diffamazione. Egli ha attaccato la Repubblica dopo che il giornale lo ha sfidato a spiegare la sua relazione con un’aspirante modella di 18 anni, Noemi Letizia, che si rivolge a lui chiamandolo ‘Papi’. Secondo il signor Berlusconi, questo è un complotto della sinistra per minare la sua autorità. La lamentela del signor Berlusconi è sfrontatamente insensata. Egli ha invitato a deriderlo promuovendo come candidati per le elezioni europee delle giovani donne il cui glamour personale supera la conoscenza politica. Questa ultima impresa ha spinto sua moglie, che soffre da lungo tempo, a chiedere il divorzio.

Le domande poste da la Repubblica – sul coinvolgimento del signor Berlusconi nella selezione delle candidate, e sul fatto se egli abbia promesso di aiutare la signorina Letizia a perseguire una carriera in politica o nello spettacolo – non sono intrusioni nella vita privata. Esse si collegano al ruolo pubblico del signor Berlusconi come uomo politico e come magnate dei media. I contorti affari politici del signor Berlusconi sono ulteriormente confusi dal suo dominio dei media. Egli controlla tre canali televisivi nazionali.

La sua campagna contro la Repubblica sembra un sinistro tentativo di intimidire il dissenso per proteggere una reputazione privata. E’ particolarmente di cattivo gusto che egli abbia usato la propria posizione nei media per criticare la propria moglie, insinuando che ella è mentalmente instabile. Queste sono le azioni di un uomo ricco e potente che tratta la politica e i media come feudi. Il signor Berlusconi ha apparentemente scarsa comprensione delle divisioni tra interesse privato e dovere pubblico. Il giornale che lo critica sta facendo un’opera di pubblico servizio per una popolazione malamente governata”. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Il caso Repubblica-Berlusconi: botta, risposta, ma nessuna spiegazione.

Una risposta al premier di EZIO MAURO-la Repubblica

È MOLTO facile rispondere alle parole di Silvio Berlusconi pronunciate ieri contro “Repubblica”, che nell’inchiesta-documento di Giuseppe D’Avanzo gli aveva rivolto dieci domande per chiarire gli aspetti più controversi del caso politico nato attorno alle candidature delle veline nelle liste Pdl, alla denuncia di “ciarpame politico” di Veronica Lario, alla festa di compleanno della giovane Noemi alla presenza del Premier, nel ruolo indiscusso di “Papi”. Molto più difficile, per il Cavaliere, rispondere alle domande del nostro giornale. Anzi, impossibile. Berlusconi non sa rispondere, davanti alla pubblica opinione, perché con ogni evidenza non può. Ciò che ha detto su questa storia, nei lunghi monologhi mai interrotti da una vera richiesta di chiarimento, cozza fragorosamente con ciò che hanno raccontato gli altri protagonisti, e soprattutto con quel che la moglie sa e ha denunciato. Meglio dunque tacere, rifiutare la verità, la trasparenza e il confronto, il che per un uomo pubblico equivale alla fuga. Una fuga accompagnata ovviamente da insulti per il nostro giornale, perché il rumore (domani amplificato dai manganelli di carta al suo servizio) copra il vuoto, la mancanza di coraggio e la scelta necessitata dell’ambiguità.

Ma l’uomo in fuga è il Presidente del Consiglio. Dunque questa incapacità o impossibilità di fare chiarezza, cercando la verità, è immediatamente un fatto politico, un handicap della leadership, una macchia istituzionale qualsiasi cosa nasconda, fosse anche soltanto l’incapacità di accettare un contraddittorio sui lati che restano poco chiari di una vicenda che ha fatto il giro dei giornali e dei siti di tutto il mondo. Una storia nella quale l’unica cosa che non c’entra proprio nulla è la privacy.

Berlusconi è infatti l’uomo che ha unito pubblico e privato fino a confonderli, con la sua biografia trasformata in programma elettorale per gli italiani e spedita nelle case di 50 milioni di elettori all’inizio della sua avventura politica: mentre oggi, quindici anni dopo, continua a vendere sul rotocalco di famiglia gli ex voto elettorali della sua infanzia aureolati nella patina reale del fotoromanzo, con l’immagine adolescente della Prima Comunione poche pagine prima del brindisi anziano di Casoria.

Le domande di “Repubblica” volevano appunto bucare questa nuvola nazional-popolare dove si sta cercando di trasportare nottetempo il caso Berlusconi, lontano dalla responsabilità istituzionale e politica di dire il vero agli italiani. Nascevano semplicemente, come abbiamo detto a Palazzo Chigi proponendo un confronto diretto col Premier, dalla constatazione che a due settimane dall’inizio della vicenda troppe cose rimanevano da spiegare, anche perché nessuna vera richiesta di chiarimento era stata rivolta al Cavaliere, e la sede televisiva del “rendiconto” – quella del suo personale notaio a “Porta a Porta” – si era in realtà rivelata la sede di un lungo monologo: per accusare la moglie ed esigerne le scuse, invece di rispondere alla sua denuncia (la politica che seleziona veline diventa “ciarpame senza pudore”, “mio marito frequenta minorenni”, “mio marito non sta bene, ho implorato coloro che gli stanno accanto di aiutarlo”) rovesciando la realtà davanti agli italiani.

Questa mancanza di chiarezza e di confronto, con domande precise e risposte nette, ha ingarbugliato le cose. Tra il racconto del Premier e i racconti degli altri protagonisti di questa vicenda si sono allargate incongruenze evidenti, pubbliche, inseguite da spiegazioni postume che aprivano nuovi fronti controversi e dunque suscitavano altre domande. In tutto il mondo civile, dove esiste una pubblica opinione e la funzione autonoma della stampa, le contraddizioni del potere e la mancanza di chiarezza sono lo spazio naturale del giornalismo, del suo lavoro d’inchiesta, del suo sforzo documentale e infine delle sue domande.

Questo abbiamo provato a fare, senza dare giudizi e senza una tesi finale da dimostrare. Ci interessa il percorso tra le contraddizioni di un uomo pubblico in una vicenda pubblica, mettendo a confronto versioni e racconti che vanno tra loro in dissonanza, per domandare infine al protagonista di spiegare perché, proponendo la sua verità dei fatti.

Oggi dobbiamo prendere atto che il Presidente del Consiglio, invece di rispondere alle domande, scappa dalle vere questioni aperte che chiamano in causa la sua credibilità, e lo fa insultando, cioè cercando di parlar d’altro. “Invidia e odio”, a suo parere, sono i motivi della “campagna denigratoria che “Repubblica” e il suo editore stanno conducendo da giorni” contro il Presidente. Che c’entra l’editore con l’inchiesta di un giornale? Non esistono scelte autonome da parte di un quotidiano nella cultura proprietaria del Premier? Cosa bisogna dunque pensare delle domande che proprio ieri il “Giornale” berlusconiano rivolgeva in prima pagina a Di Pietro? E soprattutto, cosa c’entrano con un’inchiesta giornalistica i sentimenti dell’odio e dell’invidia? Può il Cavaliere concepire, per una volta, che si possa indagare sui suoi atti e persino criticarli senza odiarlo, ma semplicemente giudicandolo? Può rassegnarsi a pensare che esiste ancora qualcuno, persino in questo Paese, che non lo invidia affatto, né a Roma né ad Arcore né a Casoria? Può infine ammettere che dieci domande non costituiscono una denigrazione, soprattutto se le si può spazzare via dal tavolo con la semplice forza della verità?

Il Cavaliere denuncia infine che “attacchi di così basso livello” giungano in prossimità del voto europeo: ma i tempi e soprattutto il livello di questa vicenda non li abbiamo scelti noi, nemmeno la location di Casoria, le luci delle fotografie festose e i comprimari, i monili, la favola bella dei genitori che si baciano in esclusiva per “Chi”, la ragazza incolpevole di tutto ma soprattutto sicura che approderà negli show televisivi o in Parlamento, l’uno o l’altro intercambiabili, l’importante è sapere che “deciderà Papi”. Non abbiamo deciso noi che tutto questo valesse prima la critica della Fondazione “Farefuturo” di Fini e poi lo strappo di un divorzio pubblico come l’offesa ricevuta, dunque politico come tutto ciò che accade al Cavaliere: da parte di una moglie che il grande rotocalco con cui si impagina oggi l’Italia dipinge come incapace di autonomia, fragile e sola, dunque preda di suggeritori mediatici e politici, unica spiegazione che ripristini la sacralità mistica del carisma intaccato dall’interno, quando una donna ha deciso (prima e unica, in un quindicennio) di rompere il cerchio magico dell’intangibilità sciamanica del Capo.

Per il Cavaliere, chi lo critica non può avere autonomia. Per lui, l’adesione è amore e fede, dunque la critica è tradimento e follia, le domande – non essendo contemplate e per la verità neppure molto praticate, nel conformismo del 2009 – diventano “odio e follia”, in un discorso pubblico fatto di vibrazioni, dove tutto è emotivo.

Che cosa concludere? La storia che ha fatto il giro del mondo resta tutta da chiarire, perché il Presidente del Consiglio sa solo minacciare, ma non può spiegare. Dunque continueremo a fare domande, come fossimo in un Paese normale, per quei cittadini che chiedono di sapere perché vogliono capire, rifiutando di entrare nel grande fotoromanzo italiano che sta ingoiando quel che resta della politica. (Beh, buona giornata).

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