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Quello che è successo a Genova si chiama flash flood.

di ANTONIO CIANCIULLO

“Siamo di fronte alle flash flood, le alluvioni lampo. Con picchi di questa intensità ci si trova a fronteggiare all’improvviso 4 mila tonnellate di acqua per ettaro: è una massa spaventosa, un vero e proprio bombardamento. Con piogge così, legate alla tropicalizzazione del clima, il rischio sarà sempre più alto”. Giampiero Maracchi, docente di climatologia all’università di Firenze, commenta il disastro di Genova spiegando in che modo sono cambiate le piogge.

“Le piogge tradizionali”, continua Maracchi, “si misuravano con 40, 60, magari 80 millimetri nell’arco di alcune ore. Adesso siamo di fronte a nubifragi che fanno precipitare, sempre in poche ore, una cortina di acqua da 120 -220 millimetri. Si può arrivare anche a 400 millimetri, cioè a 4 mila tonnellate di acqua per ettaro”.

Dunque il disastro era prevedibile?
“Dipende cosa si intende per prevedibile. Sappiamo che il cambiamento climatico prodotto dall’uso dei combustibili fossili e dalla deforestazione è in corso. Sappiamo che i fenomeni meteo estremi, che sono già diventati più frequenti, capiteranno sempre più spesso. E dunque bisogna attrezzarsi per affrontarli. In questo senso possiamo prevedere un aumento del rischio”.

E in che senso non sono prevedibili?
“L’allerta della protezione civile riguarda l’esistenza di un rischio in una certa area. Ma l’intensità della minaccia, il momento in cui può concretizzarsi e il luogo esatto non sono prevedibili”.

Allora c’è poco da fare?
“Al contrario, c’è moltissimo da fare. A cominciare dalla creazione di un’opinione pubblica informata. Le faccio un esempio. Alla fine dell’Ottocento le mamme non erano particolarmente attente a insegnare ai bambini come attraversare le strade: il numero dei morti prodotti dalle carrozze era tutto sommato trascurabile. Oggi una delle preoccupazioni principali per chi ha figli piccoli e vive in città è spiegare bene che attraversare la strada può essere pericoloso”.

E come si fa a proteggersi dalle piogge?
“Bisogna imparare principi elementari. Ovviamente in caso di nubifragio i sottopassaggi diventano luoghi pericolosi, ma bisogna stare attenti anche se la casa in cui si vive ha dietro una collina poco stabile. Se si sta accanto a un fiume o, peggio ancora, a un torrente che può avere più facilmente una crescita rapidissima. Oppure se si è in una zona con una forte pendenza, con la possibilità che un fiume d’acqua si incanali all’improvviso tra le case”.

Non dovrebbero essere gli amministratori di una città a garantire condizioni di sicurezza che tranquillizzino i cittadini?
“Non c’è dubbio, ma è bene far convivere le due precauzioni. Da una parte i cittadini devono sapere che con il cambiamento climatico la loro vita non è più la stessa. I luoghi cambiano, i rischi cambiano, l’attenzione deve cambiare. Dall’altra parte chi ha la responsabilità della gestione del territorio non può più sperare di farla franca se commette errori”.

Dal Sarno in poi i disastri non sono mancati.
“Appunto. Dal 1990 a oggi siamo a quasi 80 episodi di intensità simile a quella che abbiamo visto a Genova. E’ un numero in crescita. E dunque le possibilità che, chiudendo un occhio sull’abusivismo edilizio e sull’occupazione delle golene dei fiumi, un amministratore riesca a superare indenne il suo mandato sono in netta diminuzione”.

Eppure l’abusivismo non si ferma e di condoni si continua a parlare.
“Mi pare difficile che si possa continuare su quella strada con lo sconquasso climatico che abbiamo prodotto usando un sistema energetico ad alto rischio. Se non si interviene su entrambi i fronti, il passaggio all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili da una parte, e una politica di reale difesa del suolo dall’altra, assisteremo con frequenza crescente ad alluvioni devastanti”. (Beh, buona giornata)
 

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