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Il caso “bunga-bunga”: ecco la telefonata del premier.

«Conosciamo questa ragazza non portatela in un centro»
Berlusconi chiamò in questura per Ruby: è una parente di Mubarak, meglio affidarla a una persona di fiducia, di FIORENZA SARZANINI-corriere.it

Fu Silvio Berlusconi a dichiarare al capo di gabinetto della questura di Milano che Ruby era la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak. Fu lui, esponendosi in prima persona, a mentire sulla reale identità della giovane e a chiedere che fosse subito affidata al consigliere regionale del Pdl Nicole Minetti. Il testo della telefonata, così come è stato ricostruito dallo stesso funzionario Pietro Ostuni, è agli atti dell’inchiesta della magistratura che procede per favoreggiamento della prostituzione nei confronti della stessa Minetti, di Emilio Fede e di Lele Mora.

È il 27 maggio 2010, le 23 sono appena passate. Nella stanza del fotosegnalamento c’è Ruby, 17 anni, marocchina, fermata perché è stata denunciata da una sua amica per il furto di 3.000 euro. Lei cerca di difendersi, giura che quei soldi sono suoi. E quando le chiedono come mai è a Milano da sola, dice di essere in lite con la sua famiglia che vive a Messina. «Sono andata via, perché ho problemi con i miei genitori», chiarisce.

In un altro ufficio squilla il telefono del capo di gabinetto Pietro Ostuni. A chiamare è un uomo. Si qualifica come il caposcorta del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E subito chiarisce il motivo della telefonata: «So che da voi c’è una ragazza che è stata fermata. È una persona che conosciamo e dunque volevamo sapere che cosa sta succedendo». Fornisce le generalità della giovane, si informa su quanto è accaduto. Ostuni inizialmente resta sul vago. E allora il caposcorta è più esplicito: «Anche il presidente la conosce, anzi aspetta che adesso te lo passo». Il funzionario rimane incredulo. Capita spesso che le personalità chiamino il gabinetto delle questure sparse in tutta Italia per i motivi più disparati, ma certo non si aspettava di parlare con il capo del governo. E invece è proprio Berlusconi a chiarire la situazione. Il resoconto della sua telefonata è nelle relazioni di servizio che sono già state depositate agli atti dell’indagine.

«Dottore – spiega Berlusconi – volevo confermare che conosciamo questa ragazza, ma soprattutto spiegarle che ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak e dunque sarebbe opportuno evitare che sia trasferita in una struttura di accoglienza. Credo sarebbe meglio affidarla a una persona di fiducia e per questo volevo informarla che entro breve arriverà da voi il consigliere regionale Nicole Minetti che se ne occuperà volentieri». Ostuni chiarisce che la procedura di identificazione è ancora in corso, ma assicura che si provvederà al più presto. E subito dopo chiede di accelerare lo svolgimento della pratica. Poi avvisa i poliziotti che si stanno occupando della ragazza, dell’imminente arrivo della Minetti. Genericamente spiega che la questione interessa Palazzo Chigi. Non immagina che una funzionaria riferisca ai colleghi di questo «intervento». E invece la notizia fa presto a diffondersi. Soltanto il questore Vincenzo Indolfi viene informato che è stato Berlusconi in persona a chiamare, ma comunque si capisce che Ruby ha qualcuno «importante» che l’aiuta.

Qualche minuto prima della mezzanotte Minetti arriva in via Fatebenefratelli. Le viene spiegato che bisogna attendere il via libera del magistrato di turno al tribunale dei minori, la dottoressa Anna Maria Fiorilli. Nei casi di fermo di un minore, c’è l’obbligo di informare l’autorità giudiziaria del provvedimento e poi di attendere le sue decisioni circa la destinazione dell’indagato. Ed è quanto avviene anche quella sera, così come risulta proprio dalla relazione inviata al ministro dell’Interno Roberto Maroni. Al consigliere regionale viene comunque concesso di vedere la ragazza. Ruby le va incontro, l’abbraccia, la ringrazia per quanto sta facendo. Alle 2, esattamente otto ore dopo il fermo, la giovane marocchina torna libera. Agli atti rimane la firma di Nicole Minetti che dichiara di accettare il suo affidamento. Un impegno che – evidentemente – non ritiene di continuare ad onorare.

Una settimana dopo, il 5 giugno, Ruby litiga con una sua amica brasiliana. Interviene la polizia, la giovane viene portata in ospedale dove rimane qualche giorno. Al momento della dimissione la trasferiscono in questura proprio perché si tratta di una minorenne. Si decide di contattare il consigliere Minetti proprio perché possa andare a prenderla, visto che risulta affidataria. Ma per due volte la donna non risponde e a quel punto – dopo aver nuovamente contattato il magistrato per il “nulla osta”- arriva il provvedimento per trasferirla in una casa-famiglia a Genova. Nella sua informativa al ministro, Indolfi chiarisce che «nessun privilegio è stato concesso alla ragazza perché tutte le procedure sono state rispettate». Caso chiuso per il Viminale, come chiarisce in serata Maroni che si dice «pronto anche a riferirne in Parlamento». Ma l’indagine della procura di Milano è tutt’altro che conclusa. Moltissimi sono gli interrogativi ancora aperti.

Bisogna innanzitutto fare riscontri su chi effettivamente avvisò il presidente Berlusconi che Ruby era stata fermata ed era in questura per accertamenti: non è ancora escluso che abbia chiamato personalmente il caposcorta. In altre indagini sulle frequentazioni private del capo del governo, alcune ragazze avevano dichiarato di essere state autorizzate dallo stesso premier a contattare – in caso di necessità – direttamente il caposcorta o comunque qualcuno della segreteria. Una prassi che sarebbe stata seguita diverse volte e che anche Ruby potrebbe aver deciso di sfruttare quando ha compreso di trovarsi nei guai. E pure Nicole Minetti dovrà chiarire quale sia la reale natura del suo rapporto con Ruby, visto che prima accettò di firmare il decreto per l’affidamento della minore e poi decise di non occuparsene più.

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Attualità democrazia

Bunga-bunga.

di PIERO COLAPRICO e GIUSEPPE D’AVANZO-repubblica.it

Alla questura di Milano, nello stanzone del “Fotosegnalamento”, c’è solo Ruby R., marocchina. Dire “solo” è un errore, perché Ruby è molto bella e non si può non guardarla. Se ne sta sulla soglia, accanto alla porta, e attende che i due agenti in camice bianco eseguano il loro lavoro, ma è come se occupasse l’intera stanza. E’ il 27 maggio di quest’anno, è passata la mezzanotte e i poliziotti hanno già fatto una prova: la luce bianca, accecante, funziona alla perfezione. La procedura è rigorosa, nei casi in cui un minorenne straniero viene trovato senza documenti: finiti gli accertamenti sull’identità, se non ha una casa o una famiglia, sarà inviato, dopo aver informato la procura dei minori, in una comunità. È quel che gli agenti si preparano a fare, perché Ruby ha diciassette anni e sei mesi (è nata l’11 novembre del 1992) e all’indirizzo che ha dato, in via V., non ha risposto nessuno. Era anche prevedibile: ci abita un’amica che, dice Ruby, è una escort e se ne sta spesso in giro. All’improvviso, il silenzio dello stanzone si rompe. Una voce si alza nel corridoio. E, alquanto trafelata, appare una funzionaria. Chiudete tutto e mandatela via!, è il suo ordine categorico. Gli agenti sono stupiti. L’altra, la funzionaria, è costretta a ripetere: basta così, la lasciamo andare, fuori c’è chi l’aspetta!

Non è che le cose vanno sempre in questo modo, in una questura. La ragazza non ha i documenti. Per di più, il computer ha sputato la sua sentenza: l’anno prima Ruby si è allontanata – era il maggio del 2009 – da una casa famiglia a Messina, dove vivono i suoi. Anche il motivo per cui è finita in questura non è una bazzecola: è accusata di un furto che vale i due stipendi mensili dei poliziotti.

Le cose sono andate così. Qualche sera prima, una ragazza che ama la discoteca, Caterina P., va in un locale con due amiche. Ballano sino a tardi. Quando lasciano il “privé”, si ritrovano insieme a Ruby R. e tutt’e quattro s’arrangiano a casa di Caterina. La mattina dopo, mentre Ruby dorme come un sasso, o così sembra, le tre amiche vanno a fare colazione al bar sotto casa. Al rientro, Ruby non c’è più, e chi se ne importa. Ma mancano anche tremila euro da un cassetto e qualche gioiello. Caterina maledice se stessa. Non sa da dove sia piovuta quella ragazzina, non sa dove abita, non sa dove cercarla. Il caso l’aiuta. Il 27 maggio il sole è tramontato da un pezzo e Caterina passeggia in corso Buenos Aires, quando intravede Ruby in un centro benessere. Chiama subito il 113 e accusa la ladra. La volante Monforte è la più vicina e la centrale operativa la spedisce sul posto. Ruby viene presa e accompagnata al “Fotosegnalamento”. Con una storia come questa, ancora tutta da chiarire, come si fa a lasciarla andare?

Gli agenti lo chiedono alla funzionaria. La funzionaria scuote il capo. Dice: di sopra (dove sono gli uffici del questore) c’è il macello, Pietro Ostuni (è il capo di gabinetto) ha già chiamato un paio di volte e vedete (il telefono squilla) ancora chiama. E’ la presidenza del Consiglio da Roma. Dicono di lasciare andare subito la ragazza, pare che questa qui sia la nipote di Mubarak, non ci vogliono né fotografie, né relazioni di servizio. Tutti adesso guardano la ragazza. “E chi è Mubarak?”, chiede un agente. Il presidente egiziano, spiega con pazienza la funzionaria. Che intanto risponde all’ennesima telefonata del capo di gabinetto, per poi dire: forza ragazzi, facciamo presto, Ostuni ha detto a Palazzo Chigi che la ragazza è già stata mandata via.

L’ultimo affaire o scandalo che investe Silvio Berlusconi nasce dunque tra il primo piano e il piano terra di via Fatebenefratelli 11, in una notte di fine maggio. Ha come protagonista una minorenne, senza documenti, accusata di furto. E come canovaccio ha una stravaganza: la ragazza viene liberata per l’energica pressione di Palazzo Chigi, che sostiene sia “la nipote di Hosni Mubarak”. Che cosa c’entra la presidenza del Consiglio con una “ladra”? E perché qualcuno a nome del governo mente sulla sua identità? Quali sono stati gli argomenti che hanno convinto la questura di Milano a insabbiare un’identificazione, in ogni caso a fare un passo storto? Le anomalie di quella notte non finiscono, perché ora entra in scena un nuovo personaggio. Attende Ruby all’ingresso della questura.

E’ Nicole Minetti e ha avuto il suo momento di notorietà quando, igienista dentale di Silvio Berlusconi, a 25 anni è stata candidata con successo al Consiglio regionale della Lombardia. Nicole sa del “fermo” di Ruby in tempo reale da un’amica comune. Fa un po’ di telefonate, anche a Roma, e si precipita all’ufficio denunzie. Chiede di vedere la ragazza. Pretende di portarsela via. Dice che Ruby ha dei problemi e lei se ne sta occupando come una sorella maggiore, ma non riesce a superare il primo cortile della questura. Soltanto quando Palazzo Chigi chiamerà il capo di gabinetto, la situazione si farà fluida e il procuratore dei minori di turno, interpellato al telefono, autorizzerà l’affidamento di Ruby a Nicole e – ora sono quasi le tre del mattino del 28 maggio – le due amiche si possono finalmente allontanare.

Che cosa succede dopo lo spiegherà Ruby, ma in un interrogatorio che avviene due mesi più tardi: a luglio, quando l’affaire sminuzzato in questura si materializza. Prima al tribunale dei minori e, subito dopo, alla procura di Milano, dinanzi al pool per i reati sessuali. Una volta in strada Nicole, sostiene Ruby, chiama Silvio Berlusconi: è stato Silvio a dirle di correre in questura; è stato Silvio a raccomandarsi di tenerlo informato e di chiamare appena la cosa si fosse chiarita. Ora che è finita l’emergenza, Nicole spiega, ride alle carinerie del premier e poi passa il telefono direttamente a Ruby. Silvio mi dice così: non sei egiziana, non sei maggiorenne, ma io ti voglio bene lo stesso. Da allora non l’ho più visto, ma in questi mesi ci siamo sentiti ancora per telefono.

Ora bisogna spiegare quali sono i rapporti di Ruby con Silvio Berlusconi e non è facile, perché il loro legame viene ricostruito in un’indagine giudiziaria che deve chiarire (lo ha fatto finora soltanto parzialmente e in modo non esaustivo o definitivo) quando la giovanissima Ruby dice il vero e quando il falso. E’ un’inchiesta (l’ipotesi di reato è favoreggiamento della prostituzione) in cui il premier non è indagato, anche se gli indagati ci sono e sono tre: Lele Mora, Nicole Minetti, Emilio Fede. Anzi, il premier potrebbe diventare addirittura parte lesa, perché prigioniero di un ricatto, vittima di una calunnia o addirittura perseguitato da un’estorsione.

Per evitare gli equivoci molesti disseminati in questi giorni, conviene dire subito che dinanzi ai pubblici ministeri Ruby esclude di aver fatto sesso con il capo del governo. Come confessa di aver mentito a Berlusconi: gli ho detto di avere ventiquattro anni e non diciassette. Nicole sapeva che ero minorenne e poi anche Lele, Lele Mora, lo ha saputo. Ruby però racconta delle sue tre visite ad Arcore, delle feste in villa e delle decine di giovani donne famose o prive di fama – molte escort – che vi partecipano. La minorenne fa entrare negli atti giudiziari un’espressione inedita, il “bunga bunga”. Viene chiamata in questo modo l’abitudine del padrone di casa d’invitare alcune ospiti, le più disponibili, a un dopo-cena erotico. “Silvio (lo chiamo Silvio e non Papi come gli piacerebbe essere chiamato) mi disse che quella formula – “bunga bunga” – l’aveva copiata da Gheddafi: è un rito del suo harem africano”.

Ruby è stata interrogata un paio di volte a luglio, è però in un interrogatorio in agosto che esplicitamente comincia a raccontare meglio i suoi rapporti con Berlusconi, Fede, Mora e Nicole Minetti. Conviene darle la parola. Sostiene Ruby che poco più di un anno fa – era ancora in Sicilia – conosce il direttore del Tg4. Emilio Fede è il presidente e il protagonista della giuria di un concorso di bellezza. Come già è accaduto nell’autunno del 2008 con Noemi Letizia, il giornalista, 79 anni, è amichevole e affettuoso con Ruby. Si dà da fare per il suo futuro, presentandole Lele Mora. Le dice che Lele l’avrebbe potuta aiutare, se avesse avuto voglia di lavorare nel mondo dello spettacolo. Non è che la minorenne rimugini più di tanto quest’idea che estenua e tormenta quante ragazzine senz’arte né parte. E’ un’opportunità, non vuole perderla. Taglia la corda. Arriva a Milano. Cerca subito Lele.

Per cominciare, Mora la indirizza in un disco-bar etnico, ospitato in un sotterraneo sulla via per Linate. Ruby è una cubista. Dice: niente di trascendentale, anzi, la cosa più eccentrica che faccio è la danza del ventre, che ho imparato da mia madre. Dal quel cubo colorato, Milano è ancora più magnifica e scintillante. Manca tanto così alla trasformazione di Ruby R.. Ancora uno o due passi e la sua vita può farsi concretamente fortunatissima, soprattutto se c’è di mezzo il frenetico attivismo di Emilio Fede.

E’ il 14 febbraio, giorno di San Valentino. Ruby ha 17 anni e novantacinque giorni. Arriva a Milano dalla povertà e dalle minestre della comunità. In quel giorno, dedicato agli innamorati, entra ad Arcore, a Villa San Martino: è un bel colpaccio, per chi a tutti gli effetti può essere definita una “scappata di casa”. La minorenne la racconta, più o meno, così: mi chiama Emilio e, dice, ti porto fuori. Non so dove, non mi dice con chi o da chi. Passa a prendermi con un auto blu. Salgo, filiamo via scortati da un gazzella dei carabinieri verso Arcore. Non entriamo dal cancello principale, dove c’erano altri carabinieri, ma da un varco laterale. Vengo presentata a Silvio. E’ molto cortese. Ci sono una ventina di ragazze e – uomini – soltanto loro due, Silvio ed Emilio.
(Ruby fa i nomi delle ospiti. C’è intero il catalogo del mondo femminile di Silvio Berlusconi: conduttrici televisive celebri o meno note, star in ascesa, qualcuna celeberrima, starlet in declino, qualche velina, più di una escort, due ministre, ragazze single e ragazze in apparenza fidanzatissime, e Repubblica non intende dar conto dei nomi).

A Ruby quel mondo da favola resta impresso, anche per un piccolo dettaglio davvero degno di Cenerentola. Cenammo, ricorda, ma non rimasi a dormire. Dopo cena, andai via. Alle due e mezza ero già a casa. Con un abito bianco e nero di Valentino, con cristalli Swarovski, me l’aveva regalato Silvio. La seconda volta, continua il racconto di Ruby, vado ad Arcore il mese successivo. Andai con una limousine sino a Milano due, da Emilio Fede, e da lì, con un’Audi, raggiungemmo Villa San Martino. Silvio mi dice subito che gli sarebbe piaciuto se fossi rimasta lì per la notte. Lele mi aveva anticipato che me lo avrebbe chiesto. Mi aveva anche rassicurato: non ti preoccupare, non avrai avance sessuali, nessuno ti metterà in imbarazzo. E così fu. Cenammo e dopo partecipai per la prima volta al “bunga bunga”. (Questo “gioco”, onomatopeico e al di là del senso del grottesco, viene descritto da Ruby agli esterrefatti pubblici ministeri milanesi con molta vivezza, addirittura con troppa concreta vivezza. Si diffonde nelle modalità del sexy e maschilista cerimoniale che è stato raccontato da Mu’ammar Gheddafi e importato tra le risate ad Arcore. Ruby indica che cosa si faceva e chi lo faceva – un lungo elenco di nomi celebrati e popolari, in televisione o in Parlamento).

Io, continua Ruby, ero la sola vestita. Guardavo mentre servivo da bere (un Sanbitter) a Silvio, l’unico uomo. Dopo, tutte fecero il bagno nella piscina coperta, io indossai pantaloncino e top bianchi che Silvio mi cercò, e mi immersi nella vasca dell’idromassaggio. La terza volta che andai ad Arcore fu per una cena, una cosa molto ma molto più tranquilla. Quando arrivai Silvio mi disse che mi avrebbe presentata come la nipote di Mubarak. A tavola c’erano – sostiene – Daniela Santanché, George Clooney, Elisabetta Canalis.

Dice il vero, Ruby? O mente? E’ il rovello degli investigatori. Che hanno un quadro appena abbozzato sotto gli occhi: giovani donne, che Ruby definisce escort, sono contattate dal trio Lele, Emilio e Nicole per partecipare alle feste di Villa San Martino, dove qualche volta i party si concludono con riti sessuali che sono adeguatamente ricompensati dal capo del governo, con denaro contante o gioielli. Quanto è credibile il racconto di Ruby? Per venirne a capo, l’inchiesta deve innanzitutto dimostrare che la minorenne abbia davvero conosciuto Silvio Berlusconi e sia stata davvero ad Arcore. Ruby offre quel che le appaiono incontrovertibili conferme.
Mostra i gioielli avuti in regalo da Silvio Berlusconi: croci d’oro, collane, orecchini, orologi e orologi con brillanti (Rolex, Bulgari, Dolce&Gabbana, ma anche altri dozzinali con la scritta “Meno male che Silvio c’è” o con lo stemma del Milan), haute couture, un’auto tedesca. Ruby sostiene di aver ricevuto dal capo del governo più di 150mila euro (in contanti e in tre mesi) e soprattutto una promessa: Silvio assicurò che mi avrebbe comprato un centro benessere e mi invitò a dire in giro che ero la nipote di Mubarak. Così avrei potuto giustificare le risorse che non mi avrebbe fatto mancare.

Non c’è dubbio che ci sia un’incongruenza: nonostante la leggendaria generosità di Berlusconi, tanto denaro contante, tanti gioielli e promesse appaiono sproporzionati all’impegno di tre soli incontri. Ma qualche riscontro diretto alle parole di Ruby é stato afferrato. Il suo telefonino cellulare il 14 febbraio è “posizionato” nella “cella satellitare” di Arcore. Un paio di gioielli in suo possesso – è vero anche questo – sono stati acquistati da Silvio Berlusconi. Le indagini hanno accertato anche quanto rasentava l’incredibile: e cioè che le giovani donne ospiti di Villa San Martino, come alcuni degli indagati, usano, nei loro colloqui, l’espressione gergale e arcoriana del “bunga bunga”.

Sono conferme ancora insufficienti? Il capo del governo e gli indagati sono a conoscenza dell’indagine fin da quella prima notte di maggio in questura e la monitorano passo passo. Il premier, descritto molto inquieto, ha affidato a Nicolò Ghedini la controffensiva. Da settimane accade questo. Una segretaria di Palazzo Chigi convoca le giovani ospiti del premier in un importante studio legale di via Visconti di Modrone per affrontare, con Ghedini, la questione delle “serate del presidente”. Le ospiti di Villa San Martino non si sorprendono dell’invito, prendono nota con diligenza dell’ora e dell’indirizzo. Sono indagini difensive che, come è accaduto in altre occasioni – per il caso d’Addario, ad esempio – vorranno dimostrare che Silvio Berlusconi non ha nulla di cui vergognarsi; che quelle serate non hanno nulla di indecente o peccaminoso; che quella ragazza, la Ruby, è soltanto una matta o, forse peggio, una malandrina che sta ricattando il premier, magari delusa nel suo avido sogno di facile ricchezza.

Nonostante la sua contraddittoria provvisorietà, questa storia non ha solo a che fare con l’inchiesta giudiziaria, forse già compromessa da un’accorta fuga di notizie. Sembra più importante osservare ciò che si scorge di politicamente interessante: Berlusconi c’è “ricascato”. E qui incrociamo una questione che non ha nulla a che fare con il giudizio morale (ognuno avrà il suo), ma con la responsabilità politica. Dopo la festa di Casoria e le rivelazioni degli incontri con Noemi Letizia allora minorenne, dopo la scoperta della cerchia di prosseneti che gli riempie palazzi e ville di donne a pagamento, come Patrizia D’Addario, questo nuovo progressivo disvelamento della vita disordinata del premier, e della sua fragilità privata, ripropone la debolezza del Cavaliere. Il tema interpella, oggi come ieri, la credibilità delle istituzioni. Il capo del governo è ritornato a uno stile di vita che rende vulnerabile la sua funzione pubblica. Le sue ossessioni personali possono esporlo a pressioni incontrollabili.

Qualsiasi ragazzina o giovane donna che ha frequentato i suoi palazzi e ville e osservato le sue abitudini può, se scontenta, aggredirlo con ricatti che il capo del governo è ormai palesemente incapace di prevedere. Dove finiscono o dove possono finire le informazioni e magari le registrazioni e le immagini in loro possesso (Ruby racconta che spesso “le ragazze” fotografavano con i telefonini gli interni di Villa San Martino)? Quante sono le ragazze che possono umiliare pubblicamente il capo del nostro governo? È responsabile esporre il presidente del Consiglio italiano in situazioni così vulnerabili e pericolose per la sicurezza dell’istituzione che rappresenta? (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia

Grave attacco di gelosia. Emilio Fede ricoverato in ospedale.

Dopo “l’editoriale” di Augusto Minzolini, direttore del TG Uno, andato in onda ieri alle 20, il direttore del Tg4 Emilio Fede è stato ricoverato ieri sera all’ospedale San Raffaele per un leggero malore. Il giornalista si sarebbe già ripreso. Fede è ricoverato al settimo piano, nella stessa stanza che ha ospitato Silvio Berlusconi durante la degenza in seguito al ferimento per il lancio di una statuetta dopo un comizio in piazza del Duomo, si è già ripreso.

Al San Raffaele oggi è stata organizzata una festa per i 90 anni del fondatore, don Luigi Verzè. Alla festa partecipa anche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che, al termine, non è escluso vada a far visita ad Emilio Fede. Così fanno pace. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Società e costume

L’intervista all’ex fidanzato della fanciulla che chiama papi il premier: un colpo durissimo al consenso in vista delle elezioni.

Parla Gino, l’ex fidanzato della ragazza di Portici. La prima telefonata del Cavaliere: “Sono colpito dal tuo viso angelico”. “Così papi Berlusconi entrò nella vita di Noemi” di GIUSEPPE D’AVANZO e CONCHITA SANNINO-la Repubblica

NAPOLI – Il 14 maggio Repubblica ha rivolto al presidente del consiglio dieci domande che apparivano necessarie dinanzi alle incoerenze di un “caso politico”. Veronica Lario, infatti, ha proposto all’opinione pubblica e alle élites dirigenti del Paese due affermazioni e una domanda che hanno rimosso dal discreto perimetro privato un “affare di famiglia” per farne “affare pubblico”. Le due, allarmanti certezze della moglie del premier – lo ricordiamo – descrivono i comportamenti del presidente del Consiglio: “Mio marito frequenta minorenni”; “Mio marito non sta bene”.

Al contrario, la domanda posta dalla signora Lario – se ne può convenire – è crudamente politica e mostra le pratiche del “potere” di Silvio Berlusconi, pericolosamente degradate quando a rappresentare la sovranità popolare vengono chiamate “veline” senza altro merito che un bell’aspetto e l’amicizia con il premier, legami nati non si sa quando, non si sa come. “Ciarpame politico” dice la moglie del premier.
Silvio Berlusconi non ha ritenuto di rispondere ad alcuna delle domande di Repubblica.

E, dopo dieci giorni, Repubblica prova qui a offrire qualche traccia e testimonianza per risolvere almeno alcuni dei quesiti proposti. Per farlo bisogna raggiungere Napoli, una piccola fabbrica di corso San Giovanni e poi un appartamento, allegramente affollato di amici, nel popolare quartiere del Vasto a ridosso dei grattacieli del Centro Direzionale. Sono i luoghi di vita e di lavoro di Gino Flaminio.

Gino, 22 anni, operaio, una passione per la kickboxing, è stato per sedici mesi (dal 28 agosto del 2007 al 10 gennaio del 2009) l'”amore” di Noemi Letizia, la minorenne di cui il premier ha voluto festeggiare il diciottesimo anno in un ristorante di Casoria, il 26 aprile. Gino e Noemi si sono divisi, per quel breve, intenso, felice periodo le ore, i sogni, il fiato, le promesse. “Quando non dormivo da lei a Portici – è capitato una ventina di volte – o quando lei non dormiva qui da me, il sabato che non lavoravo mi tiravo su alle sei del mattino per portarle la colazione a letto; poi l’accompagnavo a scuola e ci tornavo poi per riportarla indietro con la mia Yamaha. Lei qualche volta veniva a prendermi in fabbrica, la sera, quando poteva”.

Gino Flaminio è in grado di dire quando e come Silvio Berlusconi è entrato nella vita di Noemi. Come quel “miracolo” (così Gino definisce l’inatteso irrompere del premier) ha cambiato – di Noemi – la vita, i desideri, le ambizioni e più tangibilmente anche il corpo, il volto, le labbra, gli zigomi; in una parola, dice Gino, “i valori”. Il ragazzo può raccontare come quell’ospite inaspettato dal nome così importante che faceva paura anche soltanto a pronunciarlo nel piccolo mondo di gente che duramente si fatica la giornata e un piatto caldo, ha deviato anche la sua di vita. Quieto come chi si è ormai pacificato con quanto è avvenuto, Gino ricorda: “Mi è stato quasi subito chiaro che tra me e la mia memi non poteva andare avanti. Era come pretendere che Britney Spears stesse con il macellaio giù all’angolo…”.

È utile ricordare, a questo punto, che il primo degli enigmi del “caso politico” è proprio questo: come Berlusconi ha conosciuto Noemi, la sua famiglia, il padre Benedetto “Elio” Letizia, la madre Anna Palumbo?
A Berlusconi è capitato di essere inequivocabile con la Stampa (4 maggio): “Io sono amico del padre, punto e basta. Lo giuro!”. Con France2 (6 maggio), il capo del governo è stato ancora più definitivo. Ricordando l’antica amicizia di natura politica con il padre Elio, Berlusconi chiarisce: “Ho avuto l’occasione di conoscere [Noemi] tramite i suoi genitori. Questo è tutto”.

Un affetto che il presidente del consiglio ha ripetuto ancor più recentemente quando ha presentato Noemi “in società”, per così dire, durante la cena che il governo ha offerto alle “grandi firme” del made in Italy a Villa Madama, il 19 novembre 2008: “È la figlia di miei cari amici di Napoli, è qui a Roma per uno stage” (Repubblica, 21 maggio). All’antico vincolo politico, accenna anche la madre di Noemi, Anna: “[Berlusconi] ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista”.

Berlusconi, qualche giorno dopo (e prima di essere smentito da Bobo Craxi), conferma. “[Elio] lo conosco da anni, è un vecchio socialista ed era l’autista di Craxi”. (Ansa, 29 aprile, ore 16,34). Più evasiva Noemi: “[Di come è nato il contatto familiare] non ricordo i particolari, queste cose ai miei genitori non le ho chieste”. (Repubblica, 29 aprile). Decisamente inafferrabile e chiuso come un riccio, il padre Elio (ha rifiutato di prendere visione di quest’ultima ricostruzione di Repubblica). Chiedono a Letizia: ci spiega come ha conosciuto Berlusconi? “Non ho alcuna intenzione di farlo” (Oggi, 13 maggio).

Gino ascolta questa noiosa tiritera con un sorriso storto sulle labbra, che non si sa se definire avvilito o sardonico. C’è un attimo di silenzio nella stanza al Vasto, un silenzio lungo, pesante come d’ovatta, rispettato dagli amici che gli stanno accanto; dalla sorella Arianna; dal padre Antonio; dalla madre Anna. È un silenzio che si fa opprimente in quella cucina, fino a un attimo prima rumorosa di risate e grida. La madre, Anna, si incarica di spezzarlo: “Quando un giorno Gino tornò a casa e mi disse che Noemi aveva conosciuto Berlusconi, lo presi in giro, non volli chiedergli nemmeno perché e per come. Mi sembrava ridicolo. Berlusconi dalle nostre parti? E che ci faceva, Berlusconi qui? Ripetevo a Gino: Berlusconi, Berlusconi! (gonfia le guance con sarcasmo). Un po’ ne ridevo, mi sembrava una buffonata di ragazzi”.

Gino la guarda, l’ascolta paziente e finalmente si decide a raccontare:
“I genitori di Noemi non c’entrano niente. Il legame era proprio con lei. È nato tra Berlusconi e Noemi. Mai Noemi mi ha detto che lui, papi Silvio parlava di politica con suo padre, Elio. Non mi risulta proprio. Mai, assolutamente. Vi dico come è cominciata questa storia e dovete sapere che almeno per l’inizio – perché poi quattro, cinque volte ho ascoltato anch’io le telefonate – vi dirò quel che mi ha raccontato Noemi. Il rapporto tra Noemi e il presidente comincia più o meno intorno all’ottobre 2008. Noemi mi ha raccontato di aver fatto alcune foto per un “book” di moda. Lo aveva consegnato a un’agenzia romana, importante – no, il nome non me lo ricordo – di quelle che fanno lavorare le modelle, le ballerine, insomma le agenzie a cui si devono rivolgere le ragazze che vogliono fare spettacolo. Noemi mi dice che, in quell’agenzia di Roma, va Emilio Fede e si porta via questi “book”, mica soltanto quello di Noemi. Non lo so, forse gli servono per i casting delle meteorine. Il fatto è – ripeto, è quello che mi dice Noemi – che, proprio quel giorno, Emilio Fede è a pranzo o a cena – non me lo ricordo – da Berlusconi. Finisce che Fede dimentica quelle foto sul tavolo del presidente. È così che Berlusconi chiama Noemi. Quattro, cinque mesi dopo che il “book” era nelle mani dell’agenzia, dice Noemi. È stato un miracolo, dico sempre. Dunque, dice Noemi che Berlusconi la chiama al telefono. Proprio lui, direttamente. Nessuna segretaria. Nessun centralino. Lui, direttamente. Era pomeriggio, le cinque o le sei del pomeriggio, Noemi stava studiando. Berlusconi le dice che ha visto le foto; le dice che è stato colpito dal suo “viso angelico”, dalla sua “purezza”; le dice che deve conservarsi così com’è, “pura”. Questa fu la prima telefonata, io non c’ero e vi sto dicendo quel che poi mi riferì Noemi, ma le credo. Le cose andarono così perché in altre occasioni io c’ero e Noemi, così per gioco o per convincermi che davvero parlava con Berlusconi, m’allungava il cellulare all’orecchio e anch’io sentii dalla sua voce quella cosa della “purezza”, della “faccia d’angelo”. E poi, una volta, ha aggiunto un’altra cosa del tipo: “Sei una ragazza divina”. Berlusconi, all’inizio, non ha detto a Noemi chi era. In quella prima telefonata, le ha fatto tante domande: quanti anni hai, cosa ti piacerebbe fare, che cosa fanno tua madre e tuo padre? Studi? Che scuola fai? Una lunga telefonata. Ma normale, tranquilla. E poi, quando Noemi si è decisa a chiedergli: “Scusi, ma con tutte queste domande, lei chi è?”, lui prima le ha risposto: “Se te lo dico, non ci credi”. E poi: “Ma non si sente chi sono?”. Quando Noemi me lo raccontò, vi dico la verità, io non ci credevo. Poi, quando ho sentito le altre telefonate e ho potuto ascoltare la sua voce, proprio la sua, di Berlusconi, come potevo non crederci? Noemi mi diceva che era sempre il presidente a chiamarla. Poi, non so se chiamava anche di suo, non me lo diceva e io non lo so. Lei al telefono lo chiamava papi tranquillamente. Anche davanti a me. Magari stavamo insieme, Noemi rispondeva, diceva papi e io capivo che si trattava del presidente. Quando ho assistito ad alcune telefonate tra Berlusconi e Noemi, ho pensato che fosse un rapporto come tra padre e figlia. Una sera, Emilio Fede e Berlusconi – insieme – hanno chiamato Noemi. Lo so perché ero accanto a lei, in auto. Ora non saprei dire perché il presidente le ha passato Emilio Fede, non lo so. Pensai che Fede dovesse preparare dei “provini” per le meteorine, quelle robe lì”. (Ieri, a tarda sera, durante Studio Aperto, Fede ha affermato di aver conosciuto la nonna di Noemi. Repubblica ha chiesto a Gino se, in qualche occasione, Noemi avesse fatto cenno a questa circostanza. “Mai, assolutamente”, è stata la risposta del ragazzo).

“Comunque, quella sera, sentii prima la voce del presidente e poi quella di Emilio Fede – continua Gino – Non voglio essere frainteso o creare confusione in questa tarantella, da cui voglio star lontano. Nelle telefonate che ho sentito io, Berlusconi aveva con Noemi un atteggiamento paterno. Le chiedeva come era andata a scuola, se studiava con impegno, questa roba qui. Io però ho cominciato a fuggire da questa situazione. Non mi piaceva. Non mi piaceva più tutto l’andazzo. Non vedevo più le cose alla luce del giorno, come piacevano a me. Mi sentivo il macellaio giù all’angolo che si era fidanzato con Britney Spears. Come potevo pensare di farcela? Gliel’ho detto a Noemi: questo mondo non mi piace, non credo che da quelle parti ci sia una grande pulizia o rispetto. Mi dispiaceva dirglielo perché io so che Noemi è una ragazza sana, ancora infantile che non si separa mai dal suo orsacchiotto, piccolo, blu, con una croce al collo, “il suo teddy”. Una ragazza tranquilla, semplice, con dei valori. Con i miei stessi valori, almeno fino a un certo punto della nostra storia”.

Intorno a Gino, questo racconto devono averlo già sentito più d’una volta perché ora che il ragazzo ha deciso di raccontare a degli estranei la storia, la tensione è caduta come se la famiglia, i vicini di casa, gli amici già l’avessero sentita in altre occasioni o magari a spizzichi e bocconi. C’è chi si distrae, chi parlotta d’altro, chi parla al telefono, chi si prepara a uscire per il venerdì notte. Gino sembra non accorgersene. Non perde il filo e a tratti pare ricordare, ancora una volta, a se stesso come sono andate le cose.

“Ho cominciato a distaccarmi da Noemi già a dicembre. Però la cosa che proprio non ho mandato giù è stata la lunga vacanza di Capodanno in Sardegna, nella villa di lui. Noemi me lo disse a dicembre che papi l’aveva invitata là. Mi disse: “Posso portare un’amica, un’amica qualunque, non gli importa. Ci saranno altre ragazze”. E lei si è portata Roberta. E poi è rimasta con Roberta per tutto il periodo. Io le ho fatto capire che non mi faceva piacere, ma lei da quell’orecchio non ci sentiva. Così è partita verso il 26-27 dicembre ed è ritornata verso il 4-5 gennaio. Quando è tornata mi ha raccontato tante cose. Che Berlusconi l’aveva trattata bene, a lei e alle amiche. Hanno scherzato, hanno riso… C’erano tante ragazze. Tra trenta e quaranta. Le ragazze alloggiavano in questi bungalow che stavano nel parco. E nel bungalow di Noemi erano in quattro: oltre a lei e a Roberta, c’erano le “gemelline”, ma voi sapete chi sono queste “gemelline”? Penso anche che lei mi abbia detto tante bugie. Lei dice che Berlusconi era stato con loro solo la notte di Capodanno. Vi dico la verità, io non ci credo. Sono successe cose troppo strane. Io chiamavo Noemi sul cellulare e non mi rispondeva mai. Provavo e riprovavo, poi alla fine mi arrendevo e chiamavo Roberta, la sua amica, e diventavo pazzo quando Roberta mi diceva: no, non te la posso passare, è di là – di là dove? – o sta mangiando: e allora?, dicevo io, ma non c’era risposta. Per quella vacanza di fine anno, i genitori accompagnarono Noemi a Roma. Noemi e Roberta si fermarono prima in una villa lì, come mi dissero poi, e fecero in tempo a vedere davanti a quella villa tanta gente – giornalisti, fotografi? – , poi le misero sull’aereo privato del presidente insieme alle altre ragazze, per quello che mi ha detto Noemi… Al ritorno, Noemi non è stata più la mia Noemi, la mia alicella (acciuga, ndr), la ragazza semplice che amavo, la ragazza che non si vergognava di venirmi a prendere alla sera al capannone. A gennaio ci siamo lasciati. Eravamo andati insieme, prima di Natale, a prenotare per la sua festa di compleanno il ristorante “Villa Santa Chiara” a Casoria, la “sala Miami” – lo avevo suggerito io – e già ci si aspettava una “sorpresa” di Berlusconi, ma nessuno credeva che la sorpresa fosse proprio lui, Berlusconi in carne e ossa. Ci siamo lasciati a gennaio e alla festa non ci sono andato. L’ho incontrata qualche altra volta, per riprendermi un oggetto di poco prezzo ma, per me, di gran valore che era rimasto nelle sue mani. Abbiamo avuto il tempo, un’altra volta, di avere un colloquio un po’ brusco. Le ho restituito quasi tutte le lettere e le foto. Le ho restituito tutto – ho conservato poche cose, questa lettera che mi scrisse prima di Natale, qualche foto – perché non volevo che lei e la sua famiglia pensassero che, diventata Noemi Sophia Loren, io potessi sputtanarla. Oggi ho la mia vita, la mia Manuela, il mio lavoro, mille euro al mese e va bene così ché non mi manca niente. Certo, leggo di questo nuovo fidanzato di Noemi, come si chiama?, che non s’era mai visto da nessuna parte anche se dice di conoscerla da due anni e penso che Noemi stia dicendo un sacco di bugie. Quante bugie mi avrà detto sui viaggi. A me diceva che andava a Roma sempre con la madre. Per dire, per quella cena del 19 novembre 2008 a Villa Madama mi raccontò: “Siamo stati a cena con il presidente, io, papà e mamma allo stesso tavolo”. Non c’erano i genitori seduti a quel tavolo? Allora mi ha detto un’altra balla. Quella sera le sono stati regalati una collana e un bracciale, ma non di grosso valore. E il presidente ha fatto un regalo anche a sua madre. Sento tante bugie, sì, e comunque sono fatti di Noemi, dei suoi genitori, di Berlusconi, io che c’entro?”.

Le parole di Gino Flaminio appaiono genuine, confortate dalle foto, dalla memoria degli amici (che hanno le immagini di Noemi e Gino sui loro computer), da qualche lettera, dai ricordi dei vicini e dei genitori, ma soprattutto dall’ostinazione con cui il ragazzo per settimane si è nascosto diventando una presenza invisibile nella vita di Noemi. Repubblica lo ha rintracciato con fatica, molta pazienza e tanta fortuna nella fabbrica di corso San Giovanni dove tutti i suoi compagni di lavoro conoscono Noemi, la storia dell’amore perduto di Gino. Compagni di lavoro che – fino alla fine – hanno provato a proteggerlo: “Gino? E chi è ‘sto Gino Flaminio?” e Gino se ne stava nascosto dietro un muro.

La testimonianza del ragazzo consente di liquidare almeno cinque domande dalla lista di dieci che abbiamo proposto al capo del governo. La ricostruzione di Gino permette di giungere a un primo esito: Silvio Berlusconi ha mentito all’opinione pubblica in ogni passaggio delle sue interviste. Nei giorni scorsi, come quando disse a France2 di aver “avuto l’occasione di conoscere [Noemi] tramite i suoi genitori”. O ancora ieri a Radio Montecarlo dove ha sostenuto di essersi addirittura “divertito a dire alla famiglia, di cui sono amico da molti anni, che non desse risposte su quella che è stata la nostra frequentazione in questi anni”. Come di cartapesta è la scena – del tutto artefatta – disegnata dalle testate (Chi) della berlusconiana Mondadori.

Il fatto è che Berlusconi non ha mai conosciuto Elio Letizia né negli “anni passati”, né negli “ambienti socialisti”. Mai Berlusconi ha discusso con Elio Letizia di politica e tantomeno delle candidature delle Europee (Porta a porta, 5 maggio). Berlusconi ha conosciuto Noemi. Le ha telefonato direttamente, dopo averne ammirato le foto e aver letto il numero di cellulare su un “book” lasciatogli da Emilio Fede. Poi, nel corso del tempo, l’ha invitata a Roma, in Sardegna, a Milano.
Le evidenti falsità, diffuse dal premier, gli sarebbero costate nel mondo anglosassone, se non una richiesta di impeachment, concrete difficoltà politiche e istituzionali. Nell’Italia assuefatta di oggi, quella menzogna gli vale un’altra domanda: perché è stato costretto a mentire? Che cosa lo costringe a negare ciò che è evidente? È vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l’accesso alla scena politica (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile)? Dieci giorni dopo, ci sono altre ragionevoli certezze. È confermato quel che Veronica Lario ha rivelato a Repubblica (3 maggio): il premier “frequenta minorenni”. Noemi, nell’ottobre del 2008, quando riceve la prima, improvvisa telefonata di Berlusconi ha diciassette anni, come Roberta, l’amica che l’ha accompagnata a Villa Certosa. La circostanza rinnova l’ultima domanda: quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio? (Beh, buona giornata).

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