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Quella hippie venuta dal caldo.

di RICCARDO TAVANI

La domestica dei fratelli Karamazov dà il nome a questa città cui s’intitola il lavoro di Larry Clark. Qui passa il treno, al confine con il Messico.

Il treno, dice Giuseppe Di Giacomo, è in questo film uno di quei personaggi che non parlano ma sono lo sfondo stesso della narrazione. Il treno di Larry Clark passa soltanto e non si ferma mai a Marfa. Passando, scopre la linea dei binari. È una linea di confine, una frontiera, non tanto geografica, quella tra Texas e Mexico, quanto tra storia e mito, tra racconto e natura, tra tempo e atemporalità. Il treno è la Storia; Marfa è una natura desertica, abbandonata nella sua polvere secca, nei suoi spogli prefabbricati monofamiliari tra gli steccati e le recinzioni, nei suoi riti meticci, erotici, allucinogeni.

Adam a sedici anni si trova a camminare sulle traversine di questi binari, di questo confine nudo che sferragliando gli passa dentro, minacciando di schiacciarlo. Adam è anch’egli meticcio, figlio di una yankee bionda e di un messicano, del quale, però, non sappiamo niente. Adam, come gli altri personaggi del film che gli ruotano attorno, non ha passato, è davvero il primo Uomo di questo Eden dai tramonti rosso fuoco nell’immobilità e ripetitività del non tempo, del non racconto, dell’oblio della Storia. Senza passato e senza futuro. Le uniche storie che in modo struggente si raccontano sono quelle di gatti e volatili, di cani che sbranano uomini al pari di volpi nel deserto edenico di Marfa. Anche le cure del corpo e dello spirito sembrano affidate alla ritualità india che la giovane messicana Tina ha ricevuto in eredità dal padre e questi dagli avi, dalla tradizione.

Lo stesso stile cinematografico elaborato dal regista, nota Di Giacomo, è insolito e inizialmente disorientante, proprio perché non ha a che fare con una narrazione, con una trama classica. La macchina da presa scorre fluidamente, senza cadenze ritmiche ben scandite, da una situazione all’altra del ciclo ripetitivo di Marfa, tra sesso, musica, pittura di nudi, cannabis e peyote.

In streaming con il filosofo
Giuseppe Di Giacomo commenta il film di Larry Clark “Marfa Girl”, vincitore del Festival Internazionale di Roma.
In streaming con il filosofo
Giuseppe Di Giacomo commenta il film di Larry Clark “Marfa Girl”, vincitore del Festival Internazionale di Roma.
Questa volta al filosofo non abbiamo chiesto di en- trare in una sala cinematografica ma di collegarsi in streaming a un sito web: larryclark.com. Unico modo di vedere, a pagamento, il film vincitore del Festival di Roma. Per Giuseppe Di Giacomo, ordi- nario di Estetica a La Sapienza di Roma, entrare in contatto con i giovani significa incontrarli durante le sue affollate lezioni nell’Aula I di Filosofia a Villa Mirafiori, saggiarne l’attenzione, coglierne visivamente le reazioni durante i passaggi più problematici dei testi studiati. Connettersi al sito del regista di Marfa Girl significa, invece, mettersi virtualmente in streaming insieme a migliaia di giovani sconosciuti e dislocati in chissà quali angoli del pianeta. Nel 1881 il treno si fermava in questo posto desertico e ancora senza un nome solo per fare rifornimento d’acqua, eppure la moglie del cantoniere, a un solo anno di distanza dalla sua uscita in Russia, già leggeva il capolavoro di Do- stoevskij, altro scrittore citatissimo nelle lezioni di Di Giacomo. Ignatievna Marfa, la domestica dei Karamazov, finisce allora per dare un’identità a un luogo anonimo e remoto. Le ragazze e i ragazzi di oggi sono i protagonisti del film di Clark e, così come diversa è stata la forma cinematografica del film e i contenuti in essa sedimentati, Larry Clark ha voluto che fosse diverso anche il modo di ve- derlo. Girato con macchine da presa digitali, il film non ha ancora una distribuzione nelle sale, perché Larry ha deciso che i giovani se lo vedessero dove a loro piace di più, ovvero sullo schermo di un porta- tile o di un tablet. Al costo di 5.99 dollari, ovvero di circa 4 euro e mezzo, il film può essere visto e rivi- sto, sviscerato e memorizzato in scene e dialoghi per un’intera giornata. In uno spirito simile. L’arti- colo che qui pubblichiamo non è un semplice pezzo giornalistico ma una prosecuzione con altri mezzi del mestiere di maestro che Di Giacomo semina con la voce e il pensiero tra i ragazzi che si succe- dono da ogni nuovo angolo del tempo, al confine tra l’arte e la filosofia, il cinema e la letteratura, la musica e la pittura.
Questa volta al filosofo non abbiamo chiesto di en- trare in una sala cinematografica ma di collegarsi in streaming a un sito web: larryclark.com. Unico modo di vedere, a pagamento, il film vincitore del Festival di Roma. Per Giuseppe Di Giacomo, ordi- nario di Estetica a La Sapienza di Roma, entrare in contatto con i giovani significa incontrarli durante le sue affollate lezioni nell’Aula I di Filosofia a Villa Mirafiori, saggiarne l’attenzione, coglierne visivamente le reazioni durante i passaggi più problematici dei testi studiati. Connettersi al sito del regista di Marfa Girl significa, invece, mettersi virtualmente in streaming insieme a migliaia di giovani sconosciuti e dislocati in chissà quali angoli del pianeta. Nel 1881 il treno si fermava in questo posto desertico e ancora senza un nome solo per fare rifornimento d’acqua, eppure la moglie del cantoniere, a un solo anno di distanza dalla sua uscita in Russia, già leggeva il capolavoro di Do- stoevskij, altro scrittore citatissimo nelle lezioni di Di Giacomo. Ignatievna Marfa, la domestica dei Karamazov, finisce allora per dare un’identità a un luogo anonimo e remoto. Le ragazze e i ragazzi di oggi sono i protagonisti del film di Clark e, così come diversa è stata la forma cinematografica del film e i contenuti in essa sedimentati, Larry Clark ha voluto che fosse diverso anche il modo di ve- derlo. Girato con macchine da presa digitali, il film non ha ancora una distribuzione nelle sale, perché Larry ha deciso che i giovani se lo vedessero dove a loro piace di più, ovvero sullo schermo di un porta- tile o di un tablet. Al costo di 5.99 dollari, ovvero di circa 4 euro e mezzo, il film può essere visto e rivi- sto, sviscerato e memorizzato in scene e dialoghi per un’intera giornata. In uno spirito simile. L’arti- colo che qui pubblichiamo non è un semplice pezzo giornalistico ma una prosecuzione con altri mezzi del mestiere di maestro che Di Giacomo semina con la voce e il pensiero tra i ragazzi che si succe- dono da ogni nuovo angolo del tempo, al confine tra l’arte e la filosofia, il cinema e la letteratura, la musica e la pittura.

Essere al confine della Storia, avverte Di Giacomo, non significa esserne completamente fuori, ma subire da essa un attraversamento, il quale non lascia dietro di sé soltanto la linea dei binari vuota, bensì residua qualcosa che turba l’equilibrio ciclico naturale. Il sedimento, per il fatto stesso di apparire come un improvviso, un imprevisto nella staticità atemporale di Marfa, non può che accadere, irrompere in forma di violenza. Tom, il poliziotto di frontiera bianco, è per Di Giacomo, questo elemento. (Beh, buona giornata)

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