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La Terza carica dello Stato è ignorante (peggio della Quarta).

In un convegno a Milano, Gianfranco Fini cita a sproposito Leonardo Sciascia. Se avesse letto davvero “Il giorno della civetta”, (magari avrebbe anche potuto vedere l’omonimo film) saprebbe che le categorie umane citate nel libro sono cinque: uomini, mezziuomini, ominicchi, ruffiani e quaquaraquà.

Ma tutto questo Fini non lo sa. Né il gostwriter che gli scrive i discorsi. I fascistelli attempati sono ignoranti (tanto da tessere le lodi alla contro-riforma Gelmini). Devono tutto a uno zotico che è diventato capo del Governo. E da lui dipendono, aggiungendo difetti a difetti.

Ai lettori scegliere a quale delle cinque categorie umane possano ambire a far parte la Terza e la Quarta carica dello Stato. Magari conicidono con la citazione autentica dal libro di Leonardo Sciascia.

Il disastro dell’Italia è chi lo governa.

Beh, buona giornata.

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Berlusconi e Letta, Pier Ferdinando Casini, il cardinale Tarcisio Bertone segretario di Stato, Cesare Geronzi e Mario Draghi: tutti a cena da Vespa per salvare il Governo.

Berlusconi a casa Vespa con Bertone presente chiede aiuto a Casini per tamponare l’emorragia finiana
Bruno Vespa con l’occasione di festeggiare i suoi 50 anni di giornalismo giovedì 8 luglio ha organizzato una cena a casa sua che come spesso accade quando c’è di mezzo lui, si è trasformata in qualcosa di più. Tra gli invitati c’erano Berlusconi e Letta, Pier Ferdinando Casini, il cardinale Tarcisio Bertone segretario di Stato, Cesare Geronzi e Mario Draghi.-blitzquotidiano.it

Cosa ci facevano insieme il primo collaboratore del Papa, il governatore della Banca d’Italia e il presidente di Generali? Assistevano all’ultimo tentativo del Cavaliere di evitare lo sfarinamento della sua maggioranza, iniettando forze fresche – quelle dei centristi di Pier Ferdinando Casini – in un momento di grande difficoltà.

Il premier appare da subito deciso a tentare l’affondo finale. Anche la cornice – da Bertone, rappresentante del Vaticano a Geronzi, custode del nuovo assetto finanziario italiano – sembra creata apposta per accerchiare Casini, pronto a mettere tutto sul piatto pur di imbarcare “Pier Ferdinando” e lasciare a terra quel “traditore” di Fini. La presenza del segretario di Stato vaticano, agli occhi del premier, dovrebbe rendere più “ragionevole” il cattolico Casini.

Una convinzione tratta dai contatti con i vertici d’Oltretevere, per i quali Letta aveva ricevuto un incarico preciso. Così, dopo un vago richiamo alle “comuni radici del Ppe”, il Cavaliere aggiunge: “Pier, noi apparteniamo alla stessa famiglia, i nostri elettori sono gli stessi. Cosa ci fai in quella compagnia di giro? Il tuo posto è alla guida del paese accanto a me. Se solo volessi potresti fare il vicepresidente del Consiglio, saresti il numero due del governo. Sceglieresti tu il successore di Scajola e magari potreste avere anche la Farnesina”.

Il premier ha assoluto bisogno di tamponare l’emorragia finiana: di cedere alle richieste del presidente della Camera non lo prende nemmeno in considerazione. Anzi, sta provando a sfilare a Fini tutti gli interlocutori dell’ex leader di An, compreso Francesco Rutelli.

“Fini ti ha già fregato una volta – ricorda Berlusconi a Casini – ha detto che rompeva con me e poi è corso a fare il Pdl lasciandoti da solo. Se tornassi con noi nessuno potrebbe dirti niente”. Ma il leader dell’Udc, nonostante molti dei suoi non aspettino altro, anche stavolta delude il suo interlocutore. E non è solo la volontà di non farsi utilizzare contro Fini, prestandosi all’accusa di trasformismo parlamentare. Casini i suoi 39 deputati sarebbe anche disposto a concederli, ma solo in cambio di un “forte segnale di discontinuità” rispetto all’attuale maggioranza. Un “cambio di passo” che non potrebbe che essere marcato da una “crisi di governo” e dalle conseguenti dimissioni del premier.

“Non posso semplicemente aggiungermi a voi – spiega dunque al Cavaliere – perché vorrebbe dire rinnegare tutto quello che abbiamo detto e fatto finora. Non si può cambiare la base parlamentare del governo senza tornare al Quirinale e noi non facciamo la ruota di scorta, mi dispiace”.

Altra cosa sarebbe se si presentasse un nuovo governo: “Silvio, a guidarlo saresti sempre tu, ma sarebbe una nuova maggioranza per un nuovo programma. Riforme difficili, anche impopolari, da fare insieme per uscire dalla crisi. In questo caso potremmo anche valutare l’ipotesi”. Bertone ascolta in silenzio e non si intromette.

Berlusconi appare teso, protesta. “Io non posso aprire una crisi al buio, come puoi chiedermi questo? Dovrei ammettere che abbiamo fallito e invece stiamo facendo e abbiamo fatto tanto”.

Nella cena casa Vespa, Berlusconi non fa cenno a quello che realmente lo agita. Poi, riferendo della serata a più di un ministro il premier confessa: “Se si apre una crisi di governo la palla passa al Quirinale. Come faccio a fidarmi?”. Lo spettro che lo scuote è la possibilità di un ritorno ad un governo istituzionale come fu quello di Dini nel 1995 o quelli del ‘92 del dopo Tangentopoli.
(Beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia

L’offensiva mediatica di Gianfranco Fini. La politica in Italia è bassa cucina.

Fini:”Non sono presidente per un cadeau di Berlusconi”-rainews24.it

‘Non sono presidente della Camera in ragione di un concorso vinto o di un cadeau del Presidente del Consiglio”. Gianfranco Fini lo mette in chiaro poco dopo essersi seduto sulla poltrona di pelle bianca di ‘Porta a Porta’ per una lunga intervista con Bruno Vespa che e’ un difficile esercizio di politica.

“Non ho intenzione di divorziare o di litigare, a patto che si rispettino le mie opinioni”, dice rivolto alla pubblica opinione anche per mettere subito sui giusti binari la questione dei suoi rapporti con Silvio Berlusconi, dopo la burrascosa direzione di una settimana fa. E poi e’ tutto un gioco di frizione tra la volonta’ di non compromettere una pax politica e quella di rivendicare il diritto di dire sempre come la pensa. Orgogliosamente Fini dice al premier, convitato di pietra della puntata, che alla Presidenza della Camera pensa di essere arrivato “per una storia politica che e’ quella di una destra senza bava alla bocca”. E aggiunge: “Non ho nessuna intenzione di dimettermi e fino alla noia, finche’ saro’ Presidente, difendero’ le prerogative del Parlamento”.

“Mi spiace doverlo ricordare – torna sulla lite in direzione -, ma Berlusconi non puo’ dirmi ‘se vuoi fare politica devi dimetterti da presidente della Camera’. Vespa ribatte: ‘Credo intendesse dire che doveva dimettersi da presidente della Camera se voleva fare una corrente’. Qui Fini stoppa il conduttore piccato: ‘A me non e’ parso, direttore. E comunque credo che quello che e’ accaduto lo abbiano visto in tanti”.

La puntata tocca l’acme quando Fini rivela ironico di aver ricevuto “la solidarieta’ del fratello del direttore” dopo l’attacco odierno del ‘Giornale’ di Feltri. “Non e’ stato un incidente – affonda l’ex leader di An – E comunque o non legge i giornali (Berlusconi ndr.) o non si capisce perche’ solo oggi la solidarieta’. Quindi uno sdegnato attacco contro il giornalismo “che sguazza nel fango, per non citare la materia organica che rese famoso Cambonne” e che “va oltre la decenza” infangando le persone sul piano familiare, cosi’ come fa anche la politica.

Ma Fini e’ teso anche quando deve mettere in chiaro che non accettera’ che Italo Bocchino sia usato come vittima sacrificale e sfiduciato dal capogruppo vicario del Pdl. “Si puo’ essere sfiduciati in ragione di addebiti – si butta avanti Fini -. Cosa si puo’ addebitare a Bocchino? Di aver sabotato il gruppo? Di aver organizzato qualche imboscata? Non si puo’ addebitarglielo. Viene rimproverato perche’ si ritrova su posizioni del Presidente dalla Camera. E’ questa la ragione? Se e’ questa, altro che partito dell’amore, se si inizia a tagliare teste”.

Ma il presidente della Camera, anche sui presidenti di commissione a lui vicini, non vuole credere che “Berlusconi pensi ad epurazioni”. Ne’ accetta che inizi la “caccia alle streghe” addebitando ai finiani la battuta d’arresto del governo, oggi andato sotto alla Camera su un emendamento del Pd al ddl Lavoro. Fini e’ tranchant quando afferma “E’ imbecille dire che lavoro per la sinistra” e smentisce ogni ipotesi ribaltonista dicendo degli avversari “Quando si e’ in fase di disperazione politica, ci si attacca a tutto cio’ che passa. Si augurano che io faccia qualcosa contro il governo centrodestra, ma io lavoro perche’ sia piu’ efficace, non per farlo cadere. Cosa sperano?”.

Nel mirino anche i retropensieri nel centrodestra: “Un patto sulle riforme non puo’ essere considerato l’anticamera dell’ammucchiata anti-Berlusconi. Anche se su alcune riforme si puo’ ragionevolemente arrivare ad una convergenza”. Cosi’, punto per punto, l’ex leader di An ribadisce le ‘tesi’ della storica direzione “nel cui documento finale il partito sembrava un impaccio, una parentesi”. Spiegando che esiste “differenza tra governare e comandare”, Fini ribadisce che “elezioni anticipate sarebbero da irresponsabili” e che lui lavora “non a logorare il governo ma a rinforzare esecutivo e Pdl. “Il logoramento – va avanti propositivo – nessuno lo vuole -. Berlusconi lavorera’ per un chiarimento e per evitare il logoramento. Io faro’ lo stesso”. Pero’ insiste su un federalismo fiscale del quale siano chiari i costi, su una riforma della giustizia che “non denigri i magistrati, baluardo di liberta’, e non crei sacche di impunita”‘, su un presidente del Consiglio che non dica certe cose su Saviano “perche’ sarebbe come dire che Camus con ‘La peste’ ha fatto l’untore”.

Fini chiede rapporti “improntati al massimo della correttezza” con le istituzioni, Colle in testa, insiste per un “sereno confronto” e nega si possa parlare di “tregua armata”, perche’ non c’e’ guerra in corso ma solo “una fase nuova”, dove e’ possibile dissentire senza essere bollato di tradimento. E a Vespa che gli chiede di riassumere in un titolo, Fini replica: “Guardi che se appare uno che si fa suggerire da me le cose, in questo momento rischia di avere problemi”.
(Beh, buona giornata).

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In Italia la corruzione è aumentata del 229%. La Lombardia guida la classifica. Lo dice la Sinistra? No, la Corte dei Conti.

La moltiplicazione di mazzette e bustarelle. Corte dei Conti: “Raddoppiate”
Secondo i numeri della Corte dei Conti, le denunce di casi di corruzione sono aumentate del 229% dal 2008 al 2009 – Incremento del 153% anche per gli episodi di concussione – da blitzquotidiano.it

Aumentano in Italia le denunce per casi di corruzione: secondo la Corte dei Conti le denunce per questo tipo di reato hanno subito un incremento del 229% tra il 2008 e il 2009.

Sempre secondo le stesse stime anche le denunce per concussione si sono moltiplicate: nel 2009 sono cresciute del 153%. Per colpa delle “mazzette” le casse statali hanno ricevuto 69 milioni di euro in meno.

A confermare il trend ci sono anche le cifre che riguardano i processi: nel 2008 le citazioni in giudizio per i reati di tangenti, corruzione e concussione sono state l’8,6% del totale. Una percentuale che è salita fino a quota 11 per cento nel 2009 per quanto riguarda le sentenze di condanna in primo grado per questi reati.

Se invece si sposta l’attenzione sul dato geografico, si scopre che è la Lombardia la regione più colpita da questa prassi, seguita a ruota da Campania, Sicilia, Lazio e Puglia. Forse sarà solo un caso, ma due dei casi di corruzione più clamorosi degli ultimi tempi hanno avuto come protagonisti proprio due “lùmbard”: il 17 dicembre viene arrestato il leghista Pier Gianni Prosperini, assessore allo Sport della giunta Formigoni. L’11 febbraio è il turno di Milko Pennisi, consigliere comunale a Milano in quota Pdl. Quest’ultimo è stato colto in flagrante mentre intascava 5 mila euro da un costruttore milanese che chiedeva di “sbloccare” una pratica che lo interessava.

Gli ultimi episodi, uniti ai numeri della Corte dei Conti, hanno fatto ipotizzare un ritorno a “Tangentopoli”, che alcuni hanno battezzato “Ri-Tangentopoli”. Berlusconi e la maggioranza smentiscono che si tratti di una pratica generalizzata, ma le inchieste e gli arresti vanno avanti.

Ora l’inchiesta sullo “scandalo Protezione Civile” ha rivelato che la corruzione aveva inquinato persino le situazioni di emergenza: anche qua gli appalti erano assegnati attraverso una rete di favori e “cortesie”. E nel mirino dei magistrati è finito un altro esponente del Pdl, questa volta un “pezzo da novanta”: si tratta di Denis Verdini, coordinatore del partito e ora indagato dalla Procura di Firenze, sempre per corruzione.

Intanto, un altro amministratore locale del centrodestra è finito nei guai: il presidente della Provincia di Vercelli, Renzo Masoero, è ai domiciliari con l’accusa di concussione. Tra le altre cose, è emerso che avrebbe chiesto il “pizzo” al presidente dell’Ufficio Stampa della Provincia, che si è così garantito il posto di lavoro.

Sono questi gli episodi più eclatanti che hanno fatto parlare di “Ri-Tangentopoli”. Una voce che preoccupa il premier Berlusconi, visto che le elezioni regionali sono alle porte. Ma il Cavaliere getta acqua sul fuoco e assicura che si tratta di «casi isolati». Berlusconi torna anche ad accusare magistrati e opposizione che, dice, vogliono «dare l’impressione che c’è un sistema che funziona solo a suon di bustarelle».

Tutti i “big” del centrodestra si sono schierati insieme al suo leader. Anche Gianfranco Fini sostiene la tesi dei “casi isolati”. «Chi ruba non lo fa per il partito ma perché è un ladro, un volgare lestofante», ha spiegato il presidente della Camera. Maurizio Gasparri ha invece assicurato che nei confronti dei casi di corruzione ci vuole tolleranza zero, senza pregiudizi «politico-ideologici». (Beh, buona giornata).

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Il NO-B-DAY del Financial Times.

da blitzquotidiano.it
Duro attacco del Financial Times a Silvio Berlusconi. «Berlusconi braccato: assediato dalle corti, non può governare l’Italia».

Titolo e sottotitolo: l’editoriale del Financial Times non lascia adito a dubbi. Ormai, dice il quotidiano, il governo italiano è più preso a occuparsi del premier che a guidare il paese, sicchè «nessuna vera decisione sulla riforma delle istituzioni economiche e politiche dell’Italia potrà esser presa fintanto che resterà primo ministro».

Il Financial Times parte dalle cronache degli ultimi giorni per arrivare a una conclusione squisitamente politica. Le cose cambiano, dice il giornale della City, e anche per il «fiammeggiante premier italiano che è sempre sembrato in grado di navigare abilmente al di di sopra delle controversie che episodicamente si sono affollate su di lui», la situazione «potrebbe essersi fatta seria».

I processi di Torino e di Milano, la causa di divorzio con la moglie stanno delineando una situazione nuova: «Berlusconi è stato messo sotto assedio». Il Financial Times argomenta: «anche il suo alleato Gianfranco Fini, un possibile successore che è si è lanciato dal post-fascismo al centro politico, è stato registrato mentre diceva che Berlusconi ‘ha confuso la leadership con la monarchia assoluta».

Inoltre, aggiunge l’editoriale, anche la sua politica estera, «basata con i rapporti personali con leader come Vladimir Putin e Muammad Gheddafi, talvolta sembra mischiare gli interessi dello stato con i suoi affari di imprenditore». Il Financial conclude: «é prematuro dire se quest’uomo abilissimo nel sopravvivere sia davvero spacciato ma quel che è certo è che sta pattinando sul ghiaccio sottile. La sua denuncia di non poter governare costretto com’è a dover far fronte a tutti questi processi contro di lui è certamente giusta. Lui può anche liquidare la cosa parlando di una caccia alle streghe allestita dai magistrati rossi. Ma il suo governo sta ormai cominciando a spendere più tempo nel trattare i problemi personali di Berlusconi che quelli del paese. Nessuna vera decisione sulla riforma delle istituzioni economiche e politiche dell’Italia potrà esser presa fintanto che resterà primo ministro». (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

In Italia elezioni anticipate? Ma no, è solo un ballo in maschera.

Se, telefonando, Bossi… E Berlusconi si dà il contrordine sulle elezioni-blitzquotidiano.it

Martedì sera per Schifani le elezioni anticipate sono possibili, forse necessarie Schifani non parla a vanvera e da solo Mercoledì pomeriggio Berlusconi dice non non averci mai pensato Cosa è successo in quelle venti ore scarse?

Martedì sera Renato Schifani, in un discorso ufficiale, evoca il rischio, agita la minaccia e mette nel mazzo delle cose possibili, anzi forse necessarie, le elezioni anticipate.

Parla da solo, parla a caso, parla senza pensare e pesare quel che dice il presidente del Senato? E’ sventato, leggero e isolato Schifani, l’uomo che Berlusconi e Forza Italia hanno insediato alla seconda carica dello Stato? Non è pazzo e non è sciocco Schifani e, soprattutto, non si ha memoria di una sua mossa politica senza l’assenso preventivo del premier.

Infatti al mattino di mercoledì tutte le ricostruzioni più o meno esatte dell’accaduto concordano su un punto: Schifani ha detto lui quel che Berlusconi vuole sia detto ma che il premier non può dire in prima persona. E tutti, più o meno informati, raccontano, suppongono, riferiscono di una telefonata tra Berlusconi e Schifani, una telefonata nella quale i due si danno il reciproco “via”.

E’ ancora mercoledì ma è già mezzogiorno, passato da poco. Nelle ore del mattino si sono esibiti Casini: «Le elezioni anticipate sono una pistola scarica, voglio vederla la maggioranza che va davanti agli elettori dicendo mi sono auto affondata…». E poi Maroni: «D’accordo con Schifani: se la maggioranza non è compatta, allora si scioglie». Stanno tutti prendendo le misure a Schifani, decidendo se è una “minaccia” rivolta a Fini, un bluff, uno sfogo, un progetto, un “la butto lì e poi vediamo quel che succede”. Qualcosa succede perché è da poco passata la prima ora del pomeriggio e arriva, solenne, nero su bianco, il contrordine sulle elezioni anticipate. Berlusconi dichiara: «Non ci ho mai pensato, sono stupito che qualcuno ci pensi». Stupito è improbabile assai, anzi impossibile. Come è impossibile che la sera prima non ne abbia parlato con Schifani. Che non ci abbia mai pensato davvero può essere, ma è cronaca ufficiale da giorni che ha dato mostra di pensarci, lo racconta tutta Forza Italia. E allora come arriva, da dove e da chi il contrordine?

Dall’unico che può darlo: ci deve essere stata al mattino di mercoledì un’altra “telefonata”, quella di Bossi a Berlusconi. Già, perchè se Berlusconi può stringere all’angolo Fini ed eventualmente annichilirlo con la minaccia e, se necessario, con la pratica delle elezioni anticipate, se Berlusconi può imporre e ottenere tutti i voti di fiducia che vuole in Parlamento senza perdere praticamente neanche un voto dei “finiani”, se Berlusconi può perfino sfidare Napolitano nella partita dello scioglimento delle Camere, tutto questo non può farlo se Bossi non dà il “via”. E a Bossi, almeno finora, fatti i suoi calcoli, dare questo “via” non conviene.

Bossi e la Lega sono alacremente e fruttuosamente impegnati in quella che in Borsa si chiama “presa di beneficio”. In questa legislatura e in questo governo le “azioni” leghiste valgono moltissimo, sono salite come non mai di valore. E la Lega sta “incassando”: attende presidenze di Regioni del Nord, gestioni di fette importanti di spesa pubblica, il federalismo fiscale, perfino una progressiva crescita di consensi ai danni proprio del Pdl. Bossi Berlusconi vuole tenerlo lì, a Palazzo Chigi, per tutta la legislatura. Ma non ha interesse a consentirgli una “ricarica” elettorale. Non per ostilità e concorrenza, Bossi con Berlusconi premier sta alla grande. Ma perché durante e intorno alla “ricarica” la Lega vede per se stessa e per la sua egemonia più rischi che vantaggi.

E allora? Allora vediamo i punti fermi, quelli sui quali si può giurare. Primo: Berlusconi non accetterà mai il rischio di una crisi “parlamentare” da cui potrebbe uscirne un altro governo prima del ritorno alle urne. Secondo: Fini non cerca e non può cercare lo show down, la resa dei conti. E’ troppo debole. Soprattutto non ha la forza e neanche la voglia di mettere in piedi una crisi “parlamentare”. Se Berlusconi fa l’appello al popolo elettore, Fini non può fermarlo. Terzo: Bossi invece può, basta che non dia a Berlusconi la garanzia che la eventuale crisi di governo non sia “parlamentare”. Basta che Bossi esprima un “dubbio di fattibilità”, dia a Berlusconi un “consiglio” di pensarci bene e Berlusconi si ferma.

Pronostico dunque su come va a finire il gioco più giocato in città, il girotondo e l’avanti-indietro sulle elezioni. Non con un “tutti giù per terra”. Berlusconi resta premier fino alla fine della legislatura. Sottoposto ad una relativa e fisiologica ”erosione”. Anagrafica e politica. Erosione, non crollo. Poi, tra tre anni o giù di lì, si vedrà se e quale centro destra esiste senza Berlusconi premier e se esiste un’alternativa di centro sinistra. A meno che Bossi non canbi idea, non decida che la “presa di beneficio” è finita. (Beh, buona giornata)

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Attualità Media e tecnologia

Perché se le stanno dando di “santa” ragione?

L’undicesima domanda: ma Berlusconi è ancora lucido? Il Tg1 “oscura” Fini, la querela boomerang a Repubblica, l’insulto di Feltri a Boffo e la Chiesa cancella la cena del perdono di Lucio Fero-blitzquotidiano.it

A questo punto s’impone a forza di logica e di fatti l’undicesima domanda: il Berlusconi degli ultimi giorni e delle ultime ore è politicamente lucido? O non è in preda ad una rabbia mal condita da senso di onnipotenza che può finire per essere autolesionista se non proprio auto distruttiva? Perché un uomo sostanzialmente invulnerabile in termini di consenso allinea mosse in sequenza serrata che lo mettono in pericolo?

L’altra sera il Tg1 di Augusto Minzolini non dà nei titoli di testata dell’edizione principe delle venti la notizia che la terza autorità dello Stato italiano, il presidente della Camera Gianfranco Fini, ha definito «vagamente razziste» le leggi vigenti sull’immigrazione. In Italia nessuno ha fatto una piega, ma il metodo è sovietico: la tv di Stato cancella quella parte di Stato che non piace al Politburo vincente. Minzolini non può aver fatto da solo, perché qualcuno gli ha impartito quest’ordine? L’ordine e la sua esecuzione non turbano nessuno, il che non toglie sia un ordine rabbioso.

Passano poche ore e Berlusconi e il suo staff decidono di querelare “Repubblica” per le famose dieci domande al premier. Querela vuol dire processo. Processo nel quale, quando si terrà, i querelanti dovranno dimostrare che mai Berlusconi incontrò Noemi senza la presenza dei genitori, che mai prostitute furono invitate in quanto tali a Palazzo Grazioli o a Villa Certosa… Saranno interrogati come testi Patrizia D’Addario, Tarantini, gli uomini delle scorte, Noemi e i suoi genitori. Sarà un massacro mediatico per Berlusconi querelante, anche se Berlusconi fosse puro come un giglio, lui che ha detto: «Non sono un santo». E se venisse convocata a testimoniare anche Veronica Lario. Un uomo esperto di comunicazione e immagine come Berlusconi queste cose le sa, perchè allora querela? L’opinione pubblica italiana ha assorbito senza troppi scossoni la sessualità esuberante e compulsiva del premier, il danno è stato limitato. Perchè rimettere in moto il ventilatore del fango, anche ammesso, e per nulla concesso, che di solo fango si tratti?

E infine la più grossa e incomprensibile, il gesto che per la prima volta da venti anni assimila Berlusconi a quel Tafazzi che da solo si martellava gli attributi, quel Tafazzi che è sempre stato la rappresentazione tragicomica della capacità di comunicazione della sinistra. Tafazzi stavolta si incarna in Vittorio Feltri, neo direttore de Il Giornale, neo nominato per volontà e scelta di Berlusconi. Il Giornale scrive che Boffo, direttore dell’Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, farebbe bene a tacere su morale e dintorni perché nel suo passato ci sono niente meno che intimidazioni alla moglie di un uomo con cui Boffo avrebbe avuto una relazione. Insomma omosessuale e protervo. L’articolo compare la mattina del giorno in cui è prevista una cena di riconciliazione tra Berlusconi e il cardinale Bertone a L’Aquila. Una cena che celebra una “Perdonanza” antica con evidenti e propagandati, annunciati riflessi ad una contemporanea perdonanza. Ma è evidente che la Chiesa non può tollerare l’insulto pubblico al direttore del suo giornale. La cena, l’incontro vengono annullati. Berlusconi balbetta di una sua volontaria rinuncia per «evitare strumentalizzazioni». Ma è evidente che è stata la Chiesa a dire che quella cena e perdonanza a questo punto non erano più possibili. La scena è quella di Berlusconi che va ad abbracciare Gheddafi ma che la Chiesa non abbraccia.

Ha deciso e fatto da solo Vittorio Feltri? Forse sì, forse no, non è dato sapere. Certo è che Feltri deve aver respirato un clima, un clima rabbioso che in qualche modo la ha autorizzato a mordere. Ma mettersi contro la Chiesa, creare o subire un incidente diplomatico e politico così clamoroso non è scelta o azione lucida. Per la prima volta Berlusconi invulnerabile incontra sulla sua strada qualcuno tanto potente da infliggergli ferita, forse ferita destinata anche ad infettarsi. Questo qualcuno è la Chiesa cattolica che in Italia conta e può molto? No, questo qualcuno che fa davvero male a Berlusconi è Berlusconi stesso. Quindi l’undicesima domanda: l’uomo più abile e vincente dell’ultimo ventennio italiano è ancora lucido? E, se non lo è, perché?

(Beh, buona giornata).

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democrazia

C’è chi paragona Berlusconi a Chavez. Ma il ddl di iniziativa popolare ha tutta l’aria di un coniglietto dal cilindro, per distogliere l’attenzione sui casi Mills e Noemi.

Berlusconi e l’appello al popolo sulla testa del parlamento. Una deriva populista, da comunista alla Chavez-blitzquotidiano.it

I siti internet di Repubblica e del Corriere della Sera hanno aperto la loro edizione domenicale con una notizia uguale: l’intervoista di Silvio Berlusconiu a una radio commerciale in cui rilancia la sua idea di una legge di iniziativa popolare che ridurre il numero dei parlamentari e aumentare i poteri del primo ministro. Un po’ è per polemica col suo vice politico Gianfranco Fini, un po’ però ci crede davvero.

Leggendo l’intervista nel contesto di una serie di altre dichiarazioni molto aggressive nei confronti di giornali e magistratura vengono i brividi e viene anche da pensare a un paese dell’America Latina dove Berlusconi potrebbe avere trovato un modello: il Venezuela di Hugo Chavez. Chavez, non dimentichiamolo, è un dittatore di matrice comunista che basa il suo potere su un rapporto diretto e quasi viscerale col popolo.

Il paragone è impressionante. (Beh, buona giornata).

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democrazia Leggi e diritto

Speriamo che piova.

Claudio Scajola è il nuovo presidente del Copaco. E’ stato eletto oggi all’unanimità nel corso della prima riunione del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti. Il diessino Massimo Brutti è stato eletto vicepresidente ed Emanuele Fiano, dell’Ulivo, è stato eletto segretario. Anche Brutti e Fiano sono stati eletti all’unanimità. Scajola vanta una onorevole, breve ma significativa presenza nel governo Berlusconi come Ministro dell’Interno. Può vantare l’operato delle forze dell’ordine durante il G8 di Genova: con l’ausilio di importanti esponenti di An, tra cui la fulgida presenza del vice primo ministro, on. Gianfranco Fini, che andavano e venivano nelle sale operative della Polizia e dei carabinieri, la gestione dell’ordine pubblico fu esemplare. Piazza Alimonda, la caserma Bolzaneto, la scuola Diaz sono i luoghi di un testimonianza imperitura. Claudio Scajola si è ulteriormente distinto in un’affermazione lusinghiera nei confronti di Marco Biagi, ucciso dalle nuove Br a Bologna. A proposito della richiesta ignorata di una scorta per Biagi, Scajola disse che Biagi era niente altro che un “rompicolglioni” ( testuale). Dopo un breve pausa, lo Scajola rientrerà nel governo Berlusconi bis. In un momento, quanto meno “delicato” del rapporto tra i servizi segreti e l’ordinamento democratico del paese, di cui alle recenti inchieste sull’operato del Sismi, in ordine al rapimento di Abu Omar, la nomina di Claudio Scajola a presidente del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti assume un significato di grande rilevanza metereologica: un colpo di caldo della attuale maggioranza, per il momento inspiegabile, come il il colpo di testa di Zidane a Materazzi. Speriamo che piova.

Beh, buona giornata,

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