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L’ideologia del fare di ILVO DIAMANTI-repubblica.it

È l’era del “fare”. I fatti contrapposti alle parole. Quelli che “fanno” opposti a quelli che “dicono”. E perdono tempo a discutere, controllare, verificare. È un argomento caro al premier. Ripreso, in questi giorni, con particolare insistenza per replicare alle polemiche.

Polemiche sollevate dalle inchieste della magistratura sull’opera della Protezione civile, in Abruzzo dopo il terremoto e alla Maddalena, in vista del G8 (in seguito spostato a L’Aquila). E, ancor più, contro le critiche al progetto di trasformare la Protezione civile in Spa per meglio affrontare ogni emergenza. Allargando il campo dell’emergenza fino a comprendere ogni evento speciale e straordinario. Per visibilità e risorse investite. Oltre alle celebrazioni del 150enario dell’Unità d’Italia: i giochi del Mediterraneo e i Mondiali di nuoto; l’Anno giubilare paolino, l’esposizione delle spoglie di San Giuseppe da Cupertino, e i viaggi del Papa in provincia (perché non quelli del presidente della Repubblica e del premier?). Insomma, tutto quanto fa spettacolo e richiede grandi quantità di mezzi. Affidato alla logica della “corsia preferenziale”, superando i vincoli imposti dalle regole, dalle procedure. Dagli organismi di controllo istituzionali. Per sottrarsi ai tempi e alle fatiche della democrazia.

Che spesso delude i cittadini. E impedisce al governo di produrre risultati da esibire, come misura dell’efficacia della propria azione.

La mitologia del “fare” è alla radice del successo politico di Silvio Berlusconi. Il sogno italiano. L’imprenditore che si è “fatto” da sé. Dal nulla ha costruito un impero. In diversi settori. Da quello immobiliare a quello editoriale. A quello mediatico. Anche nello sport, ovviamente. Ha sempre vinto. Dovunque. E ha imparato che, se vuoi “fare”, le regole, le leggi e, peggio ancora, i controlli a volte sono un impedimento. I giudici e i magistrati, per questo, possono rappresentare un ostacolo. Perché non sono interessati ai risultati, ma alle procedure. Alla legittimità e non alla produttività. Anche se nell’era di Tangentopoli i giudici erano celebrati da tutti (o quasi). Tuttavia, allora apparivano non i garanti della giustizia, ma i “giustizieri” di una democrazia malata. Bloccata e soprattutto improduttiva. Ostile ai cittadini e agli imprenditori.

Sul mito del “fare” si basa l’affermazione del politico-imprenditore alla guida di un partito-impresa, che gestisce la politica come marketing e promette di governare il paese come un’azienda. Anzi: di guidare l’azienda-paese. In aperta polemica con il professionista politico e il partito di apparato.

Si delinea, così, un modello neo-presidenziale di fatto. Realizzato su basi pragmatiche ed economiche. Quindi, molto più libero da regole e controlli rispetto ai sistemi presidenziali e semi-presidenziali effettivamente vigenti nelle democrazie occidentali.

L’evoluzione della Protezione civile è coerente con questo modello. Ne è il prodotto di bandiera, ma anche il modello esemplare. In fondo, Bertolaso anticipa e mostra quel che Berlusconi vorrebbe diventare (e costruire). È il suo Avatar. Affronta emergenze “visibili” e produce per questo risultati “visibili”. In tempi rapidi. Puntualmente riprodotti dai media. Napoli. Sepolta dall’immondizia. L’Aquila devastata. Poi, arriva Bertolaso. L’immondizia scompare. Le prime case vengono consegnate a tempo di record. Sotto i riflettori dei media. Che narrano il dolore, l’emozione. E i successi conseguiti dal premier-imprenditore attraverso il suo Avatar. Aggirando vincoli e procedure. Perché nelle calamità, come in guerra, vige lo Stato di emergenza, che non rispetta i tempi della democrazia e della politica. Da ciò la tentazione di estendere i confini dell’emergenza fino a comprendere i “grandi eventi”. Cioè: tutto quel che mobilita grandi investimenti, grandi emozioni e grande attenzione.

La Protezione civile diventa, così, modello e laboratorio per governare l’Italia come un’azienda. Dove il presidente-imprenditore può agire e decidere “in deroga” alle regole e alle norme. Perché lo richiede questo Stato (di emergenza diffusa e perenne). Dove il consenso popolare è misurato dai sondaggi. Dove, per (di) mostrare i “fatti”, invece che al Parlamento ci si rivolge direttamente ai cittadini. O meglio, al “pubblico”. Attraverso la tivù. Dove anche la corruzione diventa sopportabile. Meno “scandalosa”, quando urge “fare” – e in fretta.

Di fronte a questa prospettiva – o forse: deriva – ci limitiamo a due osservazioni
La prima: la democrazia rappresentativa non si può separare dalle regole. Perché la democrazia, ha sottolineato Bobbio, è un “metodo per prendere decisioni collettive”. Dove le procedure e le regole sono importanti quanto i risultati. Perché garantiscono dagli eccessi, dalle distorsioni, dalle degenerazioni. Come rammenta Montesquieu (nel 1748): “ogni uomo di potere è indotto ad abusarne. Per cui bisogna limitarne la virtù”. Bilanciandone il potere con altri poteri. Perché, aggiunge un altro padre del pensiero liberale, Benjamin Constant (nel 1829): “ogni buona costituzione è un atto di sfiducia”. Nella natura umana e del potere.

La seconda osservazione riguarda il fondamento del “fare”, cui si appella il premier. In effetti, coincide con il “dire”. Meglio ancora: con l’apparire. Perché i “fatti” – a cui si appella Berlusconi – esistono in quanto “immagini”. Proposte oppure nascoste dai media. Secondo necessità. Come i “dati” dell’economia e del lavoro. Come i disoccupati o i cassintegrati e i morti sul lavoro. Che appaiono e – preferibilmente – scompaiono sui media. A tele-comando. Perché il pessimismo e la sfiducia minano la fiducia dei consumatori e dei cittadini. Meglio: del cittadino-consumatore. O viceversa.

È la retorica del “fare”. Narrazione e al tempo stesso ideologia di successo. Per costruire e proteggere l’Italia spa.

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Attualità

Il Governo dice che la Sardegna verrà “ricompensata” per non ospitare il G8. A che punto erano i lavori?

Dopo un vertice con Bertolaso a palazzo Chigi sull’emergenza terremoto in Abruzzo, il premier annuncia che la caserma di Coppito ospiterà il summit dei Grandi. Secondo l’agenzia Kronos, Berlusconi ribadisce che l’incontro e le manifestazioni previste per il G8 ”si terranno tutte all’interno” della cittadella di Coppito nella sede della scuola della Gdf, ”dove ci sono anche dei miglioramenti logistici rispetto a La Maddalena”. Una scelta, spiega il premier che ”permetterà un risparmio anche per le misure di sicurezza rispetto a quanto avremmo dovuto investire” in Sardegna.

”Anche i giornalisti – dice il Cavalier e- potranno assistere lì al G8 e non a distanza come avvenuto in Scozia o in Giappone. A Tokyo, ricordo, ho impiegato un’ora per raggiungere il centro delle conferenze”. Il presidente del Consiglio garantisce che ”la Sardegna sarà ricompensata. I lavori li termineremo come se il G8 dovesse tenersi lì. E’ molto probabile che sia il G8 per l’Ambiente, ma è certo che si tratti di incontri bilaterali con importanti interlocutori internazionali”. Suona strano che ci possano essere i risparmi dichiarati se ci dovesse essere la “ricompensa” alla Sardegna. Insomma, la prima impresione è che i conti non tornano. A proposito dei lavori per il G8 in Sardegna, Fabrizio Gatti per L’espresso dell’8 gennaio scorso ha condotto un’inchiesta nell’isola. Eccola.

Scandalo Formato G8 di Fabrizio Gatti-L’espresso

Per il summit dei grandi della terra alla Maddalena lavori da 300 milioni di euro. E l’appalto più ricco va a una società vicina alla moglie del dirigente della Protezione civile che sovrintendeva all’intera opera Prende forma il palazzo del vertice
In Italia è tra le più piccole imprese edili e incasserà oltre 117 milioni in nove mesi. Non è la lotteria di Capodanno, ma la montagna di soldi pubblici che l’Anemone Costruzioni di Grottaferrata, alle porte di Roma, riceverà grazie ai lavori per il G8 sull’isola della Maddalena. Luciano Anemone, 54 anni, amministratore unico della società a responsabilità limitata, tra le tante opere sta costruendo il centro congressi che nel luglio 2009 ospiterà il primo grande vertice internazionale con il neopresidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Ed è come se gli italiani gli consegnassero 2 euro a testa. Neonati compresi. Un record. Anche perché il signor Anemone, pur dichiarando soltanto 26 dipendenti, si è preso la fetta più grossa della torta da quasi 300 milioni di euro suddivisi tra cinque società. Una spesa da nababbi con l’aria che tira, le famiglie in crisi, la Fiat in gravi difficoltà e l’Alitalia ko. Inutile tentare di sapere perché sia stata scelta proprio la ditta Anemone. I criteri di selezione delle cinque imprese, chiamate senza pubbliche gare d’appalto, così come i progetti, sono coperti dal segreto di Stato: provvedimento imposto da Romano Prodi, confermato da Silvio Berlusconi e affidato con tutte le opere alla Protezione civile e al suo direttore, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Guido Bertolaso.

Questioni di sicurezza, hanno dichiarato. Ma sollevando il velo della riservatezza si incontra ben altro. ‘L’espresso’ è entrato di nascosto nei cantieri sull’isola della Maddalena. E ha scoperto cosa finora il segreto di Stato ha impedito di vedere. Il sospetto di spese gonfiate. Costi di costruzione da capogiro a più di 3.800 euro al metro quadro. Lavoratori senza contratto. Operai pagati con fondi neri. Le minacce del caporalato (vedi l’articolo a pag. 38). E un curioso legame d’affari tra la famiglia del coordinatore della struttura di missione della Protezione civile,
Angelo Balducci, e l’impresa che a fine lavori guadagnerà di più. L’Anemone, appunto.

Non finisce qui. Il secondo grande appalto, 59 milioni per la costruzione dell’albergo che ospiterà i capi di Stato, la Protezione civile lo ha affidato alla Gia.Fi. di Valerio Carducci, 60 anni, cavaliere della Repubblica, l’imprenditore fiorentino coinvolto nell’inchiesta di Luigi De Magistris sulla presunta rete di favori tra malaffare e politica nazionale in Calabria. E anche i criteri di selezione della Gia.Fi. sono coperti da segreto.

Angelo Balducci, ingegnere spesso accanto a Bertolaso, ha fama di uomo da centinaia di milioni di euro. È il braccio operativo nei grandi appalti della Protezione civile. Non solo calamità, soprattutto organizzazione di grandi eventi come il G8. Per anni provveditore ai Lavori pubblici su Lazio e Sardegna, Balducci ha coltivato le amicizie che contano con l’imprenditoria e il Vaticano. Le sue relazioni politiche vanno dal leader della Margherita, Francesco Rutelli, al ministro di An alle Infrastrutture, Altero Matteoli. Il 10 ottobre scorso Matteoli propone al Consiglio dei ministri e ottiene la nomina di Balducci a presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Nei mesi precedenti, dal 19 marzo al 13 giugno 2008, proprio durante il periodo più delicato con la preparazione dei cantieri e il conferimento degli appalti, l’ingegnere è il soggetto attuatore di tutte le opere per il G8, cioè l’uomo dalle mani d’oro: provvede alle procedure necessarie per l’affidamento degli incarichi, alla stipula dei contratti, alla direzione dei lavori e al pagamento degli stati di avanzamento. E come soggetto attuatore si occupa delle imprese della famiglia Anemone.

Balducci è un grande esperto nei contratti assegnati d’urgenza dalla Protezione civile, senza gare d’appalto. Segue per mesi i lavori per i Mondiali di nuoto del 2009 a Roma e per le manifestazioni del centocinquantesimo anniversario della Repubblica da celebrare nel 2011. Venerdì 13 giugno, però, è una pessima giornata. Un’ordinanza di Berlusconi lo rimuove dall’incarico di soggetto attuatore per il G8 e i Mondiali di nuoto. Ai cantieri della Maddalena, Balducci viene sostituito da un ingegnere dello staff, Fabio De Santis. Ma continua a occuparsene con “funzioni di raccordo tra la struttura di missione”, cioè la Protezione civile, e i “soggetti coinvolti dagli interventi infrastrutturali”. In quell’ordinanza, c’è però un passaggio che farebbe tremare i polsi a qualunque funzionario. Berlusconi dispone che Bertolaso costituisca “una commissione di garanzia composta da tre esperti di riconosciuta competenza e professionalità, anche estranei alla pubblica amministrazione”. Una spesa in più per il G8, perché i compensi per gli esperti sono ovviamente a carico dello Stato. Obiettivo della commissione: “Assicurare un’adeguata attività di verifica degli interventi infrastrutturali posti in essere dai soggetti attuatori… in termini di congruità dei relativi atti negoziali”.

Filo spinato intorno al cantiere. Qualcosa insomma non va nella contrattazione degli appalti. Ma il segreto di Stato mette tutto a tacere. Così la squadra della Protezione civile in missione in Sardegna può raccontare, senza essere smentita, che Balducci è stato promosso. Anche se per lui, che era già stato presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, è un ritorno al passato. Il 31 ottobre tocca a De Santis. Sostituito per decreto, come Balducci. Berlusconi ora nomina un esterno alla pubblica amministrazione, Gian Michele Calvi, professore di ingegneria all’Università di Pavia. Il caso è archiviato.

Eppure non è solo una questione di nomine tra il governo e la Protezione civile. Tutte le ditte per lavorare ai progetti del G8 devono ottenere il nulla osta di segretezza. E il nulla osta dovrebbe essere rilasciato dal ministero dell’Interno soltanto dopo accurate indagini sulla trasparenza delle imprese. Invece troppi particolari sono sfuggiti a chi avrebbe dovuto controllare. Bisogna lasciare la Maddalena, volare a Fiumicino e salire a Grottaferrata, alle porte di Roma. Via 4 novembre 32, nel mezzo di un quartiere di viali alberati, è l’indirizzo dichiarato da Luciano Anemone come sua residenza o come sede legale dell’Anemone Costruzioni. Ed è anche, come ha scoperto ‘L’espresso’, l’indirizzo di una casa di produzioni cinematografica, la Erretifilm srl. Di chi è? Amministratore unico e proprietaria al 50 per cento è Rosanna Thau, 62 anni, moglie di Angelo Balducci. Venticinquemila euro per costituire la srl della signora Balducci li ha messi però Vanessa Pascucci, 37 anni, amministratore unico e socia a metà di un’altra impresa edile legata alla famiglia Anemone, la Redim 2002 di Grottaferrata. E attraverso la Redim 2002, Vanessa Pascucci è anche socia dell’Arsenale scarl: società costituita apposta per il cantiere nell’ex Arsenale della Maddalena. Così il cerchio si chiude. Protetto dal segreto di Stato, l’appalto più ricco del G8 è finito a società amiche di chi aveva in mano la cassa. Con il suo seguito di domande. A cominciare da questa: chi ha scelto di affidare a Balducci l’incarico più delicato?

I guadagni in gioco sono spaventosi. L’opera su cui è già possibile fare qualche conto è l’albergo che ospiterà i presidenti. Capocommessa del cantiere, la Gia.Fi. di Valerio Carducci. Le poche notizie uscite dagli uffici della Regione Sardegna parlano di 57 mila metri cubi per un costo d’opera salito da 59 a 73 milioni di euro. Considerando un’altezza media delle stanze di 3 metri, sono 19 mila metri quadri coperti. Dunque un costo di costruzione al metro quadro di 3.842 euro, escluso il valore dell’area. Una cifra pazzesca se paragonata al valore di costruzione che per le case di lusso, secondo un capomastro della Maddalena, non supera i 1.200 euro al metro. Polverizzati anche i valori di vendita pubblicati dal sito dell’Agenzia del territorio: un massimo di 3.100 euro al metro quadro per le ville e di 2.000-2.300 per le attività commerciali. Così un ente dello Stato, la Protezione civile, sta finanziando un’opera ignorando le quotazioni pubblicate da un altro ente statale, l’Agenzia del territorio. L’esubero potrebbe essere giustificato con le spese per l’arredamento, il centro benessere e i letti su cui dormiranno Nicolas Sarkozy, Carla Bruni e Angela Merkel. Ma è difficile crederlo. Ammettendo un costo di costruzione molto vantaggioso per le imprese di 2000 euro al metro quadro (38 milioni in totale), per l’arredamento avanzerebbero 35 milioni. Cioè il costo di un altro albergo. (Beh, buona giornata)

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