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Il sogno di Berlusconi si avvera in Ungheria.

(fonte: repubblica.it)
La pagina bianca del Népszabadsàg ricorda la protesta di Repubblica contro i piani di legge-bavaglio del centrodestra italiano. «La libertà di stampa muore in Ungheria», è scritto sotto la testata, in tutte le lingue dell’ Unione europea. A Budapest un bavaglio che a Berlino ambienti governativi definiscono «in stile tra Putine la Bielorussia», è passato senza problemi. Insieme a tasse punitive e retroattive contro le grandi aziende straniere e a sgravi fiscali varati per conquistare consenso, nonostante Moody’ s abbia degradato il rating del paese a poco più del livello spazzatura. Gennaio 2011: per la prima volta da quando l’ Unione europea esiste, un paese il cui governo non solo predica, ma pone in atto politiche autoritarie e incompatibili con la Carta europea assume la presidenza semestrale della Ue stessa. Protestano i media in tutto il mondo, e tra i governi alza la voce quasi solo quello di Angela Merkel. Il premier nazionalconservatore magiaro, Viktor Orban, replica durissimo: «Non mi sogno nemmeno di cambiare la legge, né di inginocchiarmi, né di reagire ai commenti occidentali».

La libertà di stampa muore in Ungheria. Il monito scritto su quella prima pagina bianca, in tutte le lingue della “casa comune” chiamata Europa, suona come un grido disperato nel deserto. Con una maggioranza di due terzi del Parlamento, la Fidesz, il partito nazionalconservatore di Orban, può fare e disfare leggi a piacimento. Prepara anche una riscrittura della Costituzione. Zoltan Kovacs, sottosegretario per la government communication al ministero della Pubblica amministrazionee della Giustizia, vicinissimo al premier, si indigna quando qualcuno gli chiede se il governo pensa a una riforma costituzionale in senso più democratico o liberal. «Che cosa vuol dire democratico, o liberal? Noi vogliamo rendere la Costituzione meno socialista», risponde.

L’ ispirazione ideologica è chiara: nazionalismo, conservatorismo cattolico-tradizionalista, più potere all’ esecutivo, più controllo sulla Giustizia. La Corte costituzionale si è già vista sottrarre poteri significativi. «Adesso comunichiamo su Facebook col pubblico», ha spiegato l’ altro giorno Attila Mong. Era una star del gr del mattino, ha perso l’ incarico per aver protestato con un minuto di silenzio al microfono contro la legge sulla stampa. Legge che in qualsiasi altro paese della Ue è giudicata inaccettabile. Un Consiglio dei media, in mano agli uomini della Fidesz, controlla di fatto tv, radio, la principale agenzia di stampa e il primo portale Internet. E soprattutto, il Consiglio dei media ha il potere di punire ogni media, pubblico o privato, che giudichi colpevole di diffusione di notizie politicamente sbilanciate, con multe che nella fragile situazione economica del paese possono mandare più di un’ azienda editoriale in fallimento: dai 90mila euro a ogni “sgarro” per i media cartacei e online, fino a 750mila euro per radio e tv. Non è finita: i giornalisti sono obbligati a rivelare le fonti, «se è in gioco la sicurezza nazionale». Se e quando sia in gioco, lo decide il Consiglio stesso. Una radio privata è stata multata per un motivo del rapper Ice-T che «minaccia la morale dei giovani».

Berlino ha protestato con durezza. E in prima pagina su Die Welt, giornale vicinissimo ad Angela Merkel, un ex consigliere di Helmut Kohl, lo storico professor Michael Stuermer, ha ammonito contro il “Fuehrerstaat” guidato da Orban: un potere senza scrupoli, che a differenza dell’ Austria ai tempi del partito di Haider al governo non lancia slogan autoritari, li traduce in fatti. «Ecco quanto rapidamente una democrazia può distruggersi da sola, quasi come in un remake del film tragico degli autoritarismi antisemiti degli anni Trenta». Ieri hanno protestato i vertici di molte grandi aziende europee, Deutsche Telekom in testa: chiedono sanzioni Ue contro la politica fiscale di Budapest, definita demagogicamente ostile agli investitori stranieri.

Leggi-bavaglio, frusta contro i global player stranieri in nome di un facile anticapitalismo, flat tax per promettere un rilancio economico ignorandoi moniti degli economisti sulla fragilità dei conti pubblici, limiti alla magistratura. E in più ricordo costante con forti toni nazionalisti della “Tragedia del Trianon”, i territori perduti dall’ Ungheria sconfitta nella prima guerra mondiale perché parte dell’ Impero austriaco, e promessa di cittadinanza a slovacchi, romeni o serbi di origine magiara. Atti che inquietano i vicini: che clima graverebbe sull’ Europa se Angela Merkel ricordasse i territori perduti dalla Germania o promettesse passaporti e diritto di voto tedeschi in Alto Adige, in Boemia o in Slesia? Orban va avanti «senza scrupoli, mosso dall’ istinto del potere», accusa l’ ex consigliere di Kohl.
Bruxelles guarda e tace, anche davanti a quella pagina bianca. (Beh. buona giornata).

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Attualità democrazia Media e tecnologia Società e costume

Fini, Berlusconi e il “muck-raking” del Giornale di Feltri.

Feltri&Fini:giornalismo d’inchiesta e i “rimestatori del fango” in Italia, di Mimmo Càndito-lastampa.it

Nella tradizione del giornalismo americano (che non è affatto perfetto ma in larga parte segue standard elevati di professionalità e di indipendenza), una categoria di riferimento è quella del “muck-raking”, che letteralmente si può tradurre come “il rimestamento del fango”. Non è difficile capire che cosa s’intenda: un giornalismo che rimesta nei rifiuti – nella merda, verrebbe da dire – per scoprire che cosa ci sia dentro. Ora, la parte più nobile di questo raking è certamente il giornalismo d’inchiesta; la parte invece più volgare è il giornalismo scandalistico. La linea di demarcazione tra i due giornalismi non è sempre netta, e però alla fine non appare difficile trovare il campo di appartenenza, pur nelle inevitabili contaminazioni.

Facciamo un esempio concreto: alcuni mesi fa “la Repubblica” condusse una dura campagna di stampa contro certe abitudini del presidente B per l’ inveterato costume di mescolare con il suo privato la sua funzione pubblica e di farsi “utilizzatore finale” di prostitute, e di signore compiacenti, in una forma spregiudicata, che inquinava pesantemente l’esercizio del suo ruolo di capo di un governo.

La campagna era partita – o aveva comunque trovato una spinta decisa – dalla denuncia che la stessa moglie (oggi separata) di B aveva fatto pubblicamente, che il marito era “fortemente malato” e si accompagnava con ragazzine. Appare evidente come in quel caso si intervenisse sulla sfera privata del presidente B, ma – appunto – poichè non del “signor Berlusconi” si trattava ma del “presidente B” , le implicazioni politiche oltre che quelle etiche generali erano fortemente significative. Ricorderete: si discusse a lungo se ci fosse violazione della privatezza, e se fosse comunque un affare soltanto personale del signor Berlusconi, o se invece il pesidente B travolto dallo scandalo (si sussurrò a lungo di scelte politiche – perfino di nomine di ministre, non solo di selezione per le candidature al Parlamento, al Parlamento europeo, o a livello locale – dettate dalle compiacenze di letto o di sotto il tavolo, stile Clinton, che il signor B aveva ricevuto nel suo ruolo, non di Dongiovanni, ma di capo di governo oltre che di potentissimo uomo di potere: la televisione etc.), si discusse se B travolto dalla scandalo non dovesse avere la decenza minima di dimettersi per salvare l’immagine fortemente compromessa di istituzioni centrali dello Stato.

Finì che B non si dimise, anzi non fu nemmeno sfiorato dall’ipotesi che l’opinione pubblica intesamente dibatteva, ma certo l’ulteriore danno all’immagine della politica fu rilevante e significativo. Il giornalismo muck-raking de “la Repubblica” aveva svolto con efficacia il proprio lavoro, ma non aveva ottenuto il risultato, altrove inevitabile, del rimestamento del fango (l’analisi delle ragioni fu ampia e partecipata, resta la realtà di quella inefficacia).

Un altro caso concreto di muck-raking è quello che sta affollando molte pagine dei quotidiani ( e molti minuti televisivi) in questi giorni: la casa di Montecarlo affittata al “cognato” di Fini e con procedure che ancora non appaiano affatto chiare. Questa volta il raking è condotto dal quotidiano “il Giornale”, ma anche dal suo parente “Libero” (oltre che dal consanguineo “il Tempo”) ,tutte testate di proprietà o di forte contiguità con B, in una intensità d’intervento che non ha nulla da invidiare alla intensità messa in campo da “la Repubblica” nel caso delle “escort” (le puttane) con cui si accompagnava il capo del nostro governo. La similitudine appare evidente: uomo pubblico nell un caso e nell’altro, faccende poco edificanti nell’un caso e nell’altro, richiesta di dimissioni nell’un caso come nell’altro, giornali con linee editoriali schierate nell’un caso e nell’altro.

Tuttavia, essendo questo blog dedicato alla riflessione sui processi della comunicazione e non all’analisi dei fatti politici, mi pare utile, oltre che necessario, tralasciare l’analisi specificamente politica e tentare soltanto la decodifica dei due “messaggi”, che si mostrano simili nella loro “apparenza” e però mostrano disssimilituini rilevanti nella loro realtà. E’ soltanto la definizione delle diversità – ammmesso che ce ne sia una, e a me pare di sì – che può smontare il meccanismo perverso delle similitudini, e consentire dunque di colloccare con maggior esattezza questa operazione di muck-raking nel campo del giornalismo d’inchiesta o, invece, in quello del giornalismo scandalistico, pur con la inevitabilità delle contaminazioni.

Qual è la dissimilitudine più rilevante? Che nel caso 1 si trattava di realtà denunciate e sostenute da prove inattaccabili,oggettive, documentali, mentre nel caso 2 ci troviamo di fronte a ipotesi ancora non confermate e anzi, in alcuni episodi, addirittura inquietanti per l’a’mbiguità o, peggio, la scorrettezza nell’uso delel “fonti” (penso al dipendente del mobilificio romano che se ne va via dal lavoro e – subito dopo! – spiffera a “il Giornale” che Fini ha comprato i mobili “per Montecarlo” mentre altri quotidiani intervistano il titolare del mobilificio che assicura che mai si è detto di spedire quei mobili a Montecarlo:uso scorretto, o poco professionale, delle fonti; e penso a questa dichiarazione di ieri, di un testimone che “Fini andò a visitare la casa di Montecarlo”, dichiarazione che poi il testimone smentisce con controreplica parziale de “il Giornale” e con accertamenti presso la nostra ambasciata che, anche loro, smentiscono la denuncia de “il Giornale”: e anche qui, lavoro assai poco professionale dell’inchiestista, che non incrocia mai le “fonti”, unico metodo invece per garantirsi l’attendibilità delle testimonianze, come ben sanno tutti gli studenti di giornalismo prima ancora di diventare giornalisti ).

Nel caso 1 come nel caso 2 ci troviamo di fronte a un’aspra lotta politica, ma l’evidenza delle prove del caso 1 non si manifesta nel caso 2 e, anzi, solleva molte perplessità per le forme e i tempi dell’attacco de “il Giornale”, forme e tempi assai simili a quelli del “caso Boffo” (il direttore de “l’Avvenire” costretto alle dimissioni) quando alla fine venne dimostrato che la campagna de “il Giornale” era stata basata su documenti palesemente falsi e usati strumentalmente come mezzi di denigrazione di un direttore, Boffo, che stava manifestando critiche severe ai comportamenti pubblici/privati di B. Anche qui – cioè nel caso 2 – ci troviamo di fronte a forme e tempi che si mostrano rigidamente legati al ruolo critico che Fini si è scelto nei confronti di B, e “il Giornale” appare dunque come uno strumento servile, più che della denuncia e della ricerca della verità, di un attacco spregiudicato contro chi “ha osato” attaccare il presidente B.

Qual è il punto di rottura della spregiudicatezza? Quando il muck-raking abbandona il campo del giornalismo d’inchiesta e si sposta nel terreno del giornalismo scandalistico o, peggio ancora, del giornalismo servile? E’ possibile immaginare una indagine dell’Ordine dei giornalisti che definisca con autorevolezza se vengano rispettati i principi ai quali l’Ordine lega la’ttività giornalistica?
Sono domande complessse, e anzi, meglio ancora, sono domande cui appare molto difficile dare risposte chiare e univoche, proprio per quella ambiguità delle “contaminazioni” tra le due identità del muck-raking. Lascio a voi l’invito a discuterne, con una notazione che è utile fare, perchè attiene direttamente all’anslisi dei processi della comunicazione: la teoria dell'”effetto consumato”, che sostiene che, un a volta emesso il messaggio, questo consuma il suo risultato, e questo risultato non sarà più cancellato (o comunque sarà cancellato solo in minima parte) anche qaundo il messaggio venga successivamente smentito. In aggiunta: chi ricorda più le ragioni – la difesa della legalità nell’azione politica – che hanno mosso Fini alla sua denuncia critica? chi le ricorda più, dopo la campagna de “il Giornale”?

Una sola osservazione finale: se il potere politico può usare con tanta spregiudicatezza al proprio servizio il giornalismo, allora davvero questi si vanno facendo tempi bui assai, non solo per il giornalismo ma anche per il ruolo di una opinione pubblica che è tale – come insegnava Pulitzer – soltanto quando è informata correttamente. (Beh, buona giornata).

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democrazia Media e tecnologia

L’Observer: “Berlusconi è al sicuro da ogni denunzia grazie a una legge che lui stesso ha fatto passare. Importa a qualcuno che la democrazia italiana sia distorta in questo modo?”

La stampa inglese sui media italiani.”La Ue può tollerare questa situazione?” di VINCENZO NIGRO-Repubblica

L’Observer afferma che le “buffonate” (antics) di Berlusconi “meritano la nostra censura”
Giorno dopo giorno, le critiche della stampa britannica al premier Silvio Berlusconi stanno cambiando di livello e qualità. Questa mattina The Observer, l’edizione domenicale del Guardian, pubblica un commento dal titolo “Le buffonate di Berlusconi meritano la nostra censura”, che però delle buffonate del primo ministro racconta ormai poco o nulla.

Nel senso che il suo comportamento è stato dato per accertato, visto che da settimane da Palazzo Chigi non è arrivata nessuna seria smentita agli incontri con prostitute e a tutto il resto. L’Observer scrive quindi che la sua battuta “non sono un santo” è una risposta incontestabilmente giusta e vera, ma questo non cancella per nulla i problemi del capo del governo italiano. “Mentre è vero che la politica italiana ha le sue dinamiche, l’eccezione culturale (per l’Italia) non giustifica un governo marcio. Il vero scandalo è il modo in cui la storia è stata cancellata” dai media italiani. “Berlusconi controlla abbastanza del sistema dei media italiani da limitare gli articoli di critica al suo comportamento. Quando non controlla direttamente giornali o tv, è proprietario di compagnie che controllano i budget pubblicitari. Le notizie sul suo scandalo sessuale sono state limitate ad alcuni siti web e a un solo grande giornale, La Repubblica”.

“Berlusconi è al sicuro da ogni denunzia grazie a una legge che lui stesso ha fatto passare. Importa a qualcuno che la democrazia italiana sia distorta in questo modo? E’ un fatto doloroso a cui assistere, ma l’Italia è ancora un paese importante, attualmente presidente del G8, un partner importante dell’Ue, una grande economia dell’eurozona. Gli altri paesi dell’Unione europea dovrebbero essere meno indifferenti a un partner che porta il loro club in tali condizioni”. L’ultima domanda dell’Observer è se gli altri leader europei “avrebbero tollerato, da un paese che si apprestasse a diventare membro dell’Ue, una situazione in cui la società civile è così evidentemente sottomessa alla volontà del Premier? Certamente no”.

Il Daily Telegraph, dopo gli articoli di sabato, titola su “Silvio Berlusconi leggermente contrito, corteggia la Chiesa”. Il giornale conservatore scrive che “nelle prossime settimane il libidinoso primo ministro italiano giocherà un ruolo poco visto nel suo repertorio alimentato dal testosterone: il penitente”. Secondo il Telegraph il premier ha intenzione di ripulire la sua immagine dopo le rivelazioni sulla sua vita privata, per “mostrare agli italiani che può giocare il ruolo del leader responsabile e devoto, quanto quello del settuagenario playboy”. Di qui la decisione di trascorrere l’estate all’Aquila e non a villa Certosa. E, nel tentativo di riavvicinarsi ai cattolici, “l’unica comunità che ha visto le buffonate di Berlusconi con disapprovazione”, ha organizzato una visita al santuario di padre Pio.

Sulla stessa linea anche il Sunday Times, con un articolo dal titolo “Le registrazioni sul sesso costringono Berlusconi ad un’estate di sobrietà”. Dopo le ultime rivelazioni sulla sua vita privata “il leader italiano corre ai ripari per recuperare la dignità”. Anche l’edizione domenicale del Times ricorda che “nel tentativo di compiacere la Chiesa cattolica Berlusconi intende visitare Padre Pio”. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Lo scoop dell’ex-fidanzato che prende i soldi per rilasciare interviste: il pacco, il contro-pacco e la legge del contrappasso.

Il capo dei senatori del partito di maggioranza ha accusato il quotidiano la Repubblica di aver pagato l’ex fidanzato della fanciulla che chiama papi il presidente del Consiglio dei Ministri.

Il quotidiano ha risposto, sfidandolo a trovare le prove che sia stato versato anche un solo centesimo.

La notizia secondo la quale l’ex fidanzato sarebbe uno disposto a farsi pagare per rilasciare interviste è apparsa su Il Giornale, quotidiano molto vicino al premier. Un paio di cronisti si sono fatti passare per corrispondenti esteri disposti a pagare una intervista. Alle domanda se la Repubblica lo avesse pagato per l’intervista, il giovanotto ha risposto “quelli mi hanno fregato”, cioè non gli hanno dato una lira.

Come si spiega allora la presa di posizione del capo dei senatori del partito di maggioranza? Forse ha visto il servizio di una delle reti commerciali, che oggi nell’edizione di mezza giornata ha mostrato le immagini del cronista de Il Giornale che, seduto in un bar dava dei soldi al giovanotto. E forse il capo dei senatori del partito di maggioranza è stato ingannato dal servizio televisivo, perché mentre fuori campo il giornalista parlava dell’intervista a Repubblica, si vedevano le immagini delle banconote che passavano dalle mani del cronista a quelle dell’ex-fidanzato della fanciulla che chiama papi il premier.

Insomma, sembrerebbe che il capo dei senatori del partito di maggioranza sia caduto in una trappola tesa da una rete televisiva di proprietà del capo del governo. Senza contare, che, se quanto afferma Repubblica è vero, quello che abbiamo letto e che abbiamo visto è che è stato proprio il giornalista de Il Giornale che ha dato soldi all’ex-fidanzato. Insomma, lo scoop si è rivelato un pacco. Il quale pacco è andato a vuoto, ma il contropacco se lo è cuccato il capo dei senatori del partito di maggioranza. Quando si dice la legge del contrappasso. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia

L’Observer di Londra:”Per essere un uomo che controlla quasi metà delle stazioni televisive italiane, Silvio Berlusconi è diventato insolitamente preoccupato dalle attività di un singolo giornale quotidiano”.

di ENRICO FRANCESCHINI-repubblica.it
LONDRA – “Per essere un uomo che controlla quasi metà delle stazioni televisive italiane, Silvio Berlusconi è diventato insolitamente preoccupato dalle attività di un singolo giornale quotidiano”. Comincia così il lungo articolo pubblicato oggi dall’Observer, in pratica l’edizione domenicale del Guardian di Londra, sul presidente del Consiglio italiano e il suo rifiuto di rispondere alle dieci domande che gli sono state poste da “la Repubblica”. Titolo a tutta pagina: “Come le ‘vergognose domande’ di un giornale”, citazione tra virgolette del modo in cui le ha definite il premier, “hanno innervosito Berlusconi”. (Beh, buona giornata).

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democrazia Media e tecnologia

Le 10 domande di Repubblica:”Nessun altro leader democratico avrebbe potuto ignorare i quesiti su questa amicizia nel modo in cui lo ha fatto Berlusconi”, scrive The Guardian.

“In praise of La Repubblica” (A elogio de la Repubblica) è l’editoriale pubblicato da The Guardian. Ecco il testo.

“Nonostante rumori minacciosi da parte di Silvio Berlusconi, il principale quotidiano italiano di centro-sinistra si è rifiutato di smettere di chiedere risposte alle 10 domande poste al premier circa la sua relazione con una adolescente napoletana, Noemi Letizia. Nessun altro leader democratico avrebbe potuto ignorare i quesiti su questa amicizia nel modo in cui lo ha fatto Berlusconi. La sua spiegazione di come ha conosciuto la famiglia Letizia non regge. Egli non ha spiegato l’affermazione della sua giovane amica sul fatto che il premier le avrebbe aperto la strada in politica o nello show business. Né ci sono state spiegazioni sulle nuove rivelazioni secondo cui la 18enne signorina Letizia è proprietaria di quattro case. Questa è molto più che curiosità della stampa. Sua moglie ha detto che non può più stare con un uomo che “frequenta minorenni” e che egli “non sta bene”. Repubblica ha fatto notare che le dichiarazioni della signorina Letizia sui regali di compleanno ricevuti dall’uomo che lei chiama ‘papi’ lasciano intendere che erano amici da quando lei aveva 15 anni. La stampa rimane una delle poche forze critiche in una società in cui quasi tutti i canali televisivi rispondono a Mr. Berlusconi. Finora, il suo solo gesto per dare spiegazioni è stato di apparire in un talk show il cui ossequioso presentatore gli ha lasciato pronunciare un monologo autogiustificativo. Ma quando un giornalista di Repubblica ha provato a fargli una domanda questa settimana, Mr. Berlusconi ha perso le staffe. “Che diritto ha di fare domande?”, ha gridato. La risposta, in una società democratica, deve essere: “Tutti i diritti del mondo”. Repubblica sta combattendo una battaglia solitaria e merita sostegno”. (Beh, buona giornata).

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democrazia Media e tecnologia

Il Times di Londra: “le domande poste da la Repubblica – sul coinvolgimento del signor Berlusconi nella selezione delle candidate, e sul fatto se egli abbia promesso di aiutare la signorina Letizia a perseguire una carriera in politica o nello spettacolo – non sono intrusioni nella vita privata.”

Il Times dalla parte di Repubblica “Berlusconi vuole intimidire il dissenso”-da repubblica.it

Il Times di Londra dedica oggi un editoriale non firmato, come è tradizione della stampa anglosassone quando l’articolo riflette l’opinione della direzione del giornale, sulla questione delle dieci domande poste da “Repubblica” a Silvio Berlusconi.

L’editoriale del giornale, di cui è proprietario Rupert Murdoch, è intitolato “Public Duty and Private Vendetta” (Dovere pubblico e vendetta privata”), con questo sommario: “L’attacco di Silvio Berlusconi contro un giornale italiano è una campagna per intimidire il dissenso”. Ecco il testo dell’editoriale:

“Silvio Berlusconi, il primo ministro italiano, si lamenta di essere vittima di una diffamazione. Egli ha attaccato la Repubblica dopo che il giornale lo ha sfidato a spiegare la sua relazione con un’aspirante modella di 18 anni, Noemi Letizia, che si rivolge a lui chiamandolo ‘Papi’. Secondo il signor Berlusconi, questo è un complotto della sinistra per minare la sua autorità. La lamentela del signor Berlusconi è sfrontatamente insensata. Egli ha invitato a deriderlo promuovendo come candidati per le elezioni europee delle giovani donne il cui glamour personale supera la conoscenza politica. Questa ultima impresa ha spinto sua moglie, che soffre da lungo tempo, a chiedere il divorzio.

Le domande poste da la Repubblica – sul coinvolgimento del signor Berlusconi nella selezione delle candidate, e sul fatto se egli abbia promesso di aiutare la signorina Letizia a perseguire una carriera in politica o nello spettacolo – non sono intrusioni nella vita privata. Esse si collegano al ruolo pubblico del signor Berlusconi come uomo politico e come magnate dei media. I contorti affari politici del signor Berlusconi sono ulteriormente confusi dal suo dominio dei media. Egli controlla tre canali televisivi nazionali.

La sua campagna contro la Repubblica sembra un sinistro tentativo di intimidire il dissenso per proteggere una reputazione privata. E’ particolarmente di cattivo gusto che egli abbia usato la propria posizione nei media per criticare la propria moglie, insinuando che ella è mentalmente instabile. Queste sono le azioni di un uomo ricco e potente che tratta la politica e i media come feudi. Il signor Berlusconi ha apparentemente scarsa comprensione delle divisioni tra interesse privato e dovere pubblico. Il giornale che lo critica sta facendo un’opera di pubblico servizio per una popolazione malamente governata”. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Il presidente del consiglio ha perso la calma.

(fonte: repubblica.it)

“Invidia e odio nei confronti di un presidente del Consiglio che ha raggiunto il massimo storico della fiducia dei cittadini: sono palesi i motivi della campagna denigratoria che la Repubblica e il suo editore stanno conducendo da giorni contro il presidente Berlusconi”. E’ quanto sostiene una nota dell’ufficio stampa della presidenza del Consiglio dei ministri, dopo la pubblicazione dell’inchiesta sugli aspetti contraddittori del caso Noemi, che ha dato il via alla decisione di Veronica Lario di chiedere il divorzio.

“Attacchi di così basso livello, in vista delle prossime elezioni europee e amministrative, confermano non solo l’assoluta mancanza di argomenti politici concreti di quel giornale e della sua parte politica, ma anche una strategia mediatica diffamatoria tesa a strumentalizzare vicende esclusivamente private – conclude la nota – a fini di lotta politica”. (Beh, buona giornata).

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