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Conti in rosso, futuro nero per la pubblicità: Wpp in difficoltà.

Secondo Martin Sorrell è ancora presto per stappare le bottiglie di champagne. Anche se tra i clienti si registra un maggiore grado di fiducia e di ottimismo infatti, per il Ceo di WPP, colosso mondiale del marketing, non si può ancora parlare di ripresa del mercato dell’advertising.

Come si legge oggi sulla stampa internazionale, per Sorrell “è sbagliato parlare di fine della recessione basandosi su miglioramenti sequenziali”. Il top manager ha affermato che per dichiarare finita ufficialmente la crisi aspetterà la crescita delle vendite same-store. Beh, buona giornata.

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La quarta crisi: al festival di Cannes è andata in scena la crisi della pubblicità.

(fonte:advexpress.)
Dopo l’incontro del 2008 con le big media company del web, il ‘Cannes Debate’ ha visto nuovamente Sir Martin Sorrell, ceo di WPP Worldwide, sulla poltrona di moderatore: a rispondere alle sue domande sono state stavolta quattro fra le più grandi multinazionali a livello globale, Kraft, P&G, J&J e McDonald’s, che come ha ricordato Sorrell hanno investito complessivamente lo scorso anno circa 16,5 miliardi di dollari in advertising.

“Oggi però la vita non è facile: il primo trimestre è andato male, aprile e maggio sono stati anche peggio, e anche il resto dell’anno sarà duro. Quali sono – ha chiesto quindi Sorrell – gli effetti della recessione sulle vostre aziende in termini di spesa, di media mix e di crescita degli investimenti nel digital?”.

Mary Dillon , executive vice president e global chief marketing officer di McDonald’s Corporation, ha confessato di trovare questo periodo particolarmente ‘eccitante’, “E non solo perché stiamo guadagnando market share… I nostri investimenti sono una percentuale delle vendite, e quando salgono le seconde salgono anche i primi. È vero però che le cose sono difficili e complicate: tutto è costantemente esaminato al microscopio e può essere cambiato da un momento all’altro. Per quanto riguarda il mix, le cose variano a seconda dei paesi, e la televisione continua a essere fondamentale. Ma il digitale assorbe in media il 7% della nostra spesa totale, e la sua quota cresce molto velocemente”.

“Con la recessione, i budget di Kraft Foods sono aumentati – ha confermato Mary Beth West, executive vice president e chief marketing officer dell’azienda –: la prima spesa che le persone hanno tagliato sono i pranzi e le cene fuori casa, eccezion fatta, evidentemente, per la qui presente McDonalds. E questa per noi è un’opportunità. Stiamo ancora cercando di ‘educare’ il nostro senior management all’online, ma il digitale vale per noi già oltre il 10%”.

“La crisi ci ha spinto a investire sempre di più in communication planning – ha spiegato Michael Murphy, vice president of consumer integrated marketing Johnson & Johnson –, perché in momenti come questo il marketing e l’advertising diventano ancora più importanti. In particolare il digitale ha ormai una share a doppia cifra sul totale dei nostri investimenti”.

Anche Procter & Gamble investe sempre di più online, anche se le cose variano da paese a paese, ha testimoniato il suo global marketing officer Marc Pritchard: “I nostri budget globali sono diminuiti del 4%, ma l’effetto più importante della recessione per noi e per la media industry nel suo complesso è stato quello di costringerci a fare un passo indietro e resettare tutte le nostre attività di marketing. Abbiamo quindi chiesto drettamente al consumatore che cosa volesse, e la risposta è stata: valore. Questo è ciò che stiamo facendo: variando il media mix e, soprattutto, puntando sempre di più sull’impatto e sulla creatività della nostra comunicazione: il punto, infatti, è integrare il digitale con tutto il resto, dalla Tv alle relazioni pubbliche fino al retail. Tutto ruota attorno all’integrazione di tutte le discipline fin dal primo momento e in funzione del brand: al nostro interno come nelle agenzie e nei centri media”.

Alla domanda di Sorrell su quanto contino le dimensioni di agenzie e centrali, la risposta è stata unanime: “A volte, lavorando in così tanti paesi, abbiamo bisogno della ‘scalabilità’ che le holding garantiscono, ma in altri casi non è così: la prima preoccupazione è e resta l’integrazione”.
“Personalmente, però, – ha aggiunto Murphy –, sono ancora in attesa di vedere una holding significativamente superiore alla somma delle sue parti e capace di aiutarci concretamente a sviluppare idee olistiche”.

Sempre parlando di agenzie e loro holding, l’ultima domanda di Sorrell ha riguardato le cose essenziali che non vanno e che devono essere sistemate con maggiore urgenza?

Per West e Dillon, ciò che è cambiato è il marketing nel suo complesso: “Abbiamo tutti già cominciato ad applicare i nuovi principi che ne derivano, ma non lo abbiamo ancora fatto sul fronte della relazione fra agenzia e cliente… Aiutateci a essere clienti e partner migliori, integrati fin dall’inizio”.

Murphy e Pritchard hanno invece preferito l’autocritica: “Sono da sempre convinto che ogni cliente abbia esattamente l’advertising che si merita – ha affermato il primo -… Troppe volte siamo noi a non dare alle agenzie un brief chiaro o non restituire immediatamente il feedback necessario”.
“Vanno ancora abbattuti e cambiati – ha concluso il global marketing officer di P&G – molti dei silos che circondano le aziende prima ancora delle agenzie”. (Beh, buona giornata).

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