Categorie
libertà, informazione, pluralismo, Media e tecnologia Politica Pubblicità e mass media Società e costume

3DNews/Il direttore del TGUno? Facciamo un concorso pubblico.

di Giulio Gargia *

Chi sarà il prossimo direttore del TG1? Move On lancia un’idea : candidare un giornalista straniero che conosca bene l’Italia. Unica garanzia di un prodotto giornalistico quanto più lontano possibile dalle logiche attuali di fattura dei TG. Il nome ? Wolfgang Achtner, da molti anni in Italia come corrispondente di numerose testate fra cui ABC News, Cnn e Press tv, autore di testi sul giornalismo televisivo, titolare di corsi universitari e di corsi di formazione per videogiornalisti e sulla comunicazione televisiva per il Gruppo Espresso.

Achtner ha scritto una lettera a Garimberti in cui chiede di decidere il direttore del TG1 con un bando pubblico per titoli. E presenta i suoi, candidandosi. La missiva è stata resa pubblica l’11 gennaio, con una conferenza nella sede della Stampa Estera a Roma . Dice il giornalista a Garimberti : “ Ho le carte in regola perchè sono indipendente politicamente, ho una carriera prestigiosa con esperienze nei più grandi network mondiali, come ABC, CNN e Press Tv e una notevole esperienza nel campo della formazione.

Nel momento in cui un nuovo governo è al lavoro per salvare il Paese – afferma Achtner – sono convinto che un buon esito dipenda da una consapevole partecipazione dei cittadini italiani e questo richiede una buona informazione, in particolar modo televisiva, che attualmente non c`è.

In base alla mia consolidata esperienza internazionale in campo televisivo, posso assicurare che, salvo rarissime eccezioni, quello che passa per informazione televisiva in Italia è pura propaganda politica. La funzione dei TG è soprattutto quella di portare nelle case le facce dei politici a ora di cena. Per non parlare del fatto che i servizi dei TG sono ancora una specie di “radio illustrata” , poco attenti allo specifico del linguaggio televisivo che si è così evoluto. Ecco, queste cose mi piacerebbe poterle applicare- continua Achtner – le prime cose che farei? Abolizione del pastone politico, niente editoriali, reintegrare gli emarginati da Minzolini, più servizi sugli esteri e meno sfilate di cani”

Poi Marco Quaranta, di Move On, ricorda il motivo dell’iniziativa : che il servizio pubblico deve operare in condizioni di indipendenza editoriale mentre ci siamo abituati all’idea che la RAI sia lottizzata. Mentre questo è il momento di tornare ai principi che muovono qualsiasi etica dell’informazione, soprattutto perchè bisogna ricordare che c’è un legame indissolubile tra democrazia e buona informazione. E tuttora oltre il 60% degli italiani hanno i TG come unica fonte d’informazione, su cui fondano le loro scelte di tutti i giorni . Compresa quella del voto. Perciò, spiega anche Gianfranco Mascia, questa è solo la prima candidatura, si tratta di riaffermare un principio, il direttore lo fa chi ha più titoli per farlo. Quindi, lanceremo altre candidature, già il 23 gennaio prossimo. E c’impegniamo a rilanciare anche il problema complessivo della governance della RAI, di come viene eletto il CdA. Su quello ripartiremo dalla proposta di Tana de Zulueta elaborata insieme a tante associazioni, che è pronta ed è stata depositata in Parlamento di nuovo già in questa legislatura da Beppe Giulietti.

Alla fine spunta anche un’ ultima idea: fare quanto prima un confronto tra un TG Uno e un nostro TG . Con Achtner mettere sul sito una “ versione alternativa” delle notizie di quel giorno. Per far vedere la differenza che un TG1 Rai rinato potrebbe marcare. Per diventare un punto di attrazione per i migliori, quelli che oggi vengono esclusi per fare posto a persone scelte sulle base della loro affiliazione politica invece che delle loro capacità. (Beh, buona giornata).

* direttore di 3D, inserto settimanale del quotidiano TERRA

Share
Categorie
Attualità Marketing Media e tecnologia Politica Potere

3DNews/“Zero titoli”, storia del degrado di un grande telegiornale.

Paolo Ojetti racconta il suo libro su Minzolini

Parlare degli anni di Minzolini a Saxa Rubra, è fermare la storia, la storia di un evento traumatico, drammatico per l’informazione italiana. Il Tg1 della Rai, nonostante i disastri editoriali nei quali è stato cacciato, nonostante la colpevole e suicida complicità di gran parte del corpo redazionale, rimane – per antonomasia – il principale organo di informazione e di “formazione” dell’opinione pubblica.
Il Tg1 dovrebbe essere la fonte chiara e limpida delle notizie,l’amico fraterno dei cittadini, il luogo magico nel quale, per postulato, alberga la verità. Ebbene, durante la direzione Minzolini, il Tg1 è stato esattamente l’opposto di tutto questo.Se si trattasse però solo di un problema di cattivo giornalismo, non varrebbe nemmeno la pena di occuparsene.

La Rai è un’azienda enorme ecomplessa. Produce in un regime parzialmente duopolistico, ma subisce nuove forme di concorrenza, soprattutto nel campo dell’informazione.
Basta avere una parabola e un telecomando per abbandonare la Rai e quella che era una volta “l’ammiraglia” della televisione, intesa come un unico universo. Ed è quello che, con progressione esponenziale, è avvenuto nel corso della direzione Minzolini. Dove c’è un delitto di leso giornalismo, c’è un conseguente castigo: la disaffezione dei lettori (in questo caso i telespettatori),
il declino inarrestabile della testata.

Il 14 luglio del 2011, i vertici Rai fecero due conti e si accorsero che il Tg1 della sera perdeva “copie” e, di conseguenza, milioni di pubblicità.
Ce n’era voluta, ma anche i consiglieri più berlusconiani ammisero, alla fine, la disfatta. Si accorsero di qualcosa molto più grave: che il Tg1 di Minzolini era poisoned, avvelenato, e trasmetteva il suo veleno tutt’intorno anche ai programmi che lo precedevano e che lo seguivano. In una parola, il Tg1 di Minzolini “respingeva” il telespettatore il quale, come tutti sanno, una volta accasato altrove, non torna indietro.

Alla lunga, avendo capito che quel telegiornale obbedisce a logiche che nulla hanno a che vedere con il giornalismo, quel telespettatore è perduto per sempre.
I vertici della Rai porteranno con sé per anni il peso di grandissime responsabilità. I costi per riportare il Tg1 a livelli di decenza saranno altissimi:
la credibilità non è merce che si compra al mercato.

Ma c’è qualcosa di più serio e più grave di una cattiva gestione del servizio pubblico di Augusto Minzolini. Nel momento in cui il Tg1 è stato consegnato a
un direttore perché ne facesse l’house organ non di un Governo, ma di una persona, la ferita alla democrazia è stata vile e profonda.

Augusto Minzolini è stato “realista” quando, intervistato nella primavera del 2011, disse: «Resterò direttore del Tg1 finché Berlusconi sarà capo del Governo». Il senso di questa affermazione è tragico, rimarrà per sempre la confessione cinica di aver svenduto se stesso, l’intera redazione, l’autonomia e la libertà di una testata – e che testata – a un padrone che è addirittura un corpo estraneo all’azienda dalla quale egli dipendeva e dalla quale riceveva uno stipendio. Fu non solo il tradimento dei principi deontologici della professione giornalistica, ma anche la confessione del profondo disprezzo della libertà di stampa e, per dirla tutta,della democrazia. E quel giorno, tutti seppero che il Tg1 era stato ridotto in schiavitù.

Il “minzulpop” non può trovare descrizione più asciutta e completa. Il peccato mortale di Minzolini fu quello di aver restituito al “Re” il potere di scegliere le notizie. Ma attraverso quali disegni, attraverso quali cabale, attraverso quali collettori sotterranei, Augusto Minzolini arrivò a comandare l’ammiraglia?

Rispettando le agitazioni sindacali in atto al quotidiano TERRA, questa settimana 3D uscirà solo sul web. Saremo in rete sui siti www.3dnews.it, www.ildiariodilosolo.com, www.marco-ferri.com a partire dalle 24 di oggi.

°3DNews, Settimanale di Cultura, Spettacolo e Comunicazione
Inserto allegato al quotidiano Terra. Ideato e diretto da Giulio Gargia.
In redazione: Arianna L’Abbate – Webmaster: Filippo Martorana.

(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità Media e tecnologia

Criteri giornalistici.

‘Sono accuse infondate’. Cosi’ la direzione del Tg1 replica alle polemiche nate sui dati dell’Osservatorio di Pavia su un presunto squilibrio a favore della maggioranza. ‘Abbiamo solo seguito un criterio giornalistico – spiegano fonti della direzione – ed e’ chiaro che in un momento come questo, in cui tiene banco la dialettica interna al Pdl, la maggioranza ha piu’ spazio’. Non c’è niente di più divertente dell’ironia involontaria. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Leggi e diritto Media e tecnologia

Caso Rai-Agcom: ammesso e non concesso che si vada sotto processo, ecco i reati che potrebbero essere contestati a Berlusconi, Innocenzi e a Minzolini (quello che in tv ha detto di non essere indagato).

Rai-Agcom, Berlusconi, Innocenzi e Minzolini, ecco cosa dice il codice per i reati ipotizzati-repubblica.it

Concussione e violenza o minacce all’Agcom per Berlusconi; favoreggiamento per Innocenzi; rivelazione di segreto per Minzolini: ecco cosa dice il codice penale riguardo ai reati per i quali il premier, il commissario dell’Agcom e il direttore del Tg1 risultano iscritti nel registro degli indagati.

Silvio Berlusconi. Art. 317 – Concussione. Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

Art. 338 – Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario. Chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità costituita in collegio, per impedirne in tutto o in parte, anche temporaneamente o per turbarne comunque l’attività, è punito con la reclusione da uno a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l’organizzazione o l’esecuzione dei servizi.

Giancarlo Innocenzi. Art. 378 – Favoreggiamento personale. Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni. Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena è della multa fino a lire un milione.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.

Augusto Minzolini Art. 379 bis – Rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque riveli indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per aver partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino ad un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Nessuna categoria

“Se le indagini vengono confermate dalla realtà, allora davvero salta all’aria il giornalismo e lo stesso sistema democratico.”

B “traffica” con Minzolini e Agr e la difesa è: non è mica un reato -di Mimmo Càndito-la stampa.it
Cari internauti. Anche se leggo che già in altri miei post giungono commenti (e indignazione) per quanto sto per trattare in questo post, mi pare giusto dare ugualmente alla notizia un suo spazio specifico.

Sto parlando dell”indagine che riguada il presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, il direttore del Tg1 Minzolini, e il commissario dell”Agenzia di garanzia sulle comunicazioni Innocenzi. L”indagine – lo avrete letto – e l”ipotesi di reato nascono casualmente dai contenuti di una intercettazione relativa ad alcuni soggetti che presuntamente avevano traffici di malaffare in Puglia: nelle intercettazioni su costoro sono finite alcune intercettazioni dalle quali appariva evidente che B faceva pressioni (qualcuno ha scritto: dal tono li trattava come servitori più che come dipendenti!) su Minzolini e Innocenzi, per squalificare “Annozero”, la trasmissione di Santoro in RaiDue, e avere un controllo blindato sulle notziie del Tg1.

Non v”è dubbio che il rilievo di questa storia (rivelata dal giornale “Il Fatto Quotidiano”, di Antonio Padellaro) sia prevalentemente politico. Ma io vi chiederei di prestare attenzione soprattutto a quanto esso disegna della identità del sistema mediale italiano, cioè di una struttura che è fondamentale per una corretta dialettica della democrazia e che appare invece usata spregiudicatamente come forma di un esercizio autoritario (nella sostanza, se non totalmente nella forma) del potere.

Il giornalismo può svolgere il proprio compito di garante della qualità dei processi cognitivi – il giornalismo non produce soltanto notizie ma, soprattutto, conoscenza – fin che si muove in un terreno nel quale la sua dipendenza sia legata soltanto al rispetto della legge; quando questo equilibrio viene violato – e violato non soltanto dai giornalisti ma (se le indagini vengono confermate dalla realtà) addirittura anche dagli istituti di garanzia – allora davvero salta all”aria il giornalismo e lo stesso sistema democratico.

Della drammaticità della deriva in atto mi pare significativa l”affermazione che viene attribuita a B: “e allora, dove sarebbe il reato?”. Che, tradotto, vuol dire: è tutto normale, quello che io ho fatto è regolare e naturale, e non ho violato alcuna legge. Un tempo – prima del belusconismo -anche in Italia si parlava di ” senso dello Stato” ; oggi, in Italia, nemmeno molto giornalismo (non diciamo gran parte della politica) sa più che cosa sia. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Media e tecnologia

Minzolini difende, anche con toni aggressivi, il suo lavoro in questa intervista a Libero.

Franco Bechis- da Libero

A lui non risulta nessuna indagine. Il direttore del Tg1, Augusto Minzolini sostiene di non avere ricevuto alcun avviso di garanzia e quindi di non potere dire nulla sulla presunta concussione per cui sarebbe indagto a Trani. Dice però che se il fatto fosse vero, lo prenderebbe come un tentativo di intimidazione a lui e al Tg1. A Trani infatti c’era andato, come teste, dimostrando il millantato credito di chi sosteneva che sul Tg1 mai sarebbe apparsa una notizia contro l’American Express. Solo il Tg1 infatti ha dato informazione dell’inchiesta di Trani. Quanto all’accusa di avere ricevuto la linea del Tg1 da Silvio Berlusconi, la considera «ridicola». Certo che ha parlato con il premier, 4 o 5 volte da quando è al Tg1. Lo faceva anche prima, perché così si fa il giornalista. E difende, anche con toni aggressivi, il suo lavoro in questa intervista a Libero.

Sono una persona educata e rispondo a tutte le telefonate che mi fanno. Talvolta per cortesia, altre volte per interesse. Faccio sempre il giornalista e se non parlassi con i protagonisti dei fatti, mi sarebbe difficile comprenderli, no? A proposito, secondo te il presidente del Consiglio non è una buona fonte di informazione? Io spero che si informassero alla fonte diretta anche i miei predecessori

Augusto, sei indagato per concussione alla procura di Trani…

«…Alt. Io non so nulla. Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia. Che io sia indagato lo dici tu, non io. Non c’è e credo proprio che non arriverà mai…».

Le notizie sono ufficiose, ma autorevoli. E credo che a quest’ora non ce le abbia solo io. Risultano indagati per concussione il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il membro dell’Authority tlc, Giancarlo Innocenzi, e il direttore del Tg1, tu…

«Io? Concussione? E come faccio ad avere concusso?».

La Rai è pubblica e tu sei incaricato di pubblico servizio. Se prendi una “comanda” dall’esterno e comandi i servizi alla tua redazione, ecco qui la concussione.

«Cioè mi accusano di fare il giornalista, che parla con i politici e il direttore che appunto dirige?».

Sembrerebbe così. Tu parli spesso con il presidente del Consiglio, Berlusconi?

«Spesso no. Ma è capitato…».

Devo fare come il confessore: quante volte, figliolo?

«Da quando faccio il direttore del Tg1, quasi un anno, direi quattro o cinque volte. Parlo con lui e con un’infinità di altri politici…».

Anche di opposizione?

«Sì, anche di opposizione. Per altro sono una persona educata e rispondo a tutte le telefonate che mi fanno. Talvolta per cortesia, altre volte per interesse. Faccio sempre il giornalista e se non parlassi con i protagonisti dei fatti, mi sarebbe difficile comprenderli, no? A proposito, secondo te il presidente del Consiglio non è una buona fonte di informazione? Io spero che si informassero alla fonte diretta anche i miei predecessori».

Sentivi al telefono Berlusconi anche prima di essere nominato al Tg1?

«Certo che sì. Ho iniziato a fare il giornalista politico nel 1980. Tranne due anni e mezzo che ho vissuto negli Stati Uniti, per scrivere articoli e retroscena ho parlato con tutti. Anche con diversi presidenti del Consiglio, ministri e segretari di partito…».

E mai ti sei trovato nei guai per averlo fatto?

«Mai. Infatti questa è pura follia. Di più: lo dico con franchezza: è un atto intimidatorio. Non ha senso, è fuori da ogni logica. Mi accusano di avere parlato con Berlusconi? E che accusa è? Poi – sostieni tu -, mi accuserebbero anche di avere parlato con la mia redazione? Significa che secondo i magistrati io dovrei fare il direttore sordo – perché non devo sentire il presidente del Consiglio – e muto, perché non dovrei dare indicazioni alla redazione. Insomma, sono colpevole di non essere sordomuto, altro che concussione!».

Forse dovresti parlare meno al telefono.

«Ah, su questo d’accordissimo. Ma questo è il Paese. Se ho capito bene queste presunte intercettazioni che non pubblica nemmeno Il Raglio del Travaglio…».

Telefonano, io ascolto. E poi decido di testa mia rispettando tutti e soprattutto dando ai cittadini la possibilità di capire. Però abbiamo ridotto un po’ la politica, perché i dati su ascolti e gradimenti dicono che interessa assai poco».

Il Fatto quotidiano, vuoi dire…

«Il Raglio del Travaglio. Beh, queste intercettazioni nascono da una indagine su interessi esorbitanti che avrebbe applicato ad alcuni clienti di revolving card l’American Express. Qualcuno – e lo riconosce perfino Il Raglio del Travaglio – ha millantato di potere intervenire sul Tg1 per bloccare informazioni dell’inchiesta ed evitare una campagna sull’American Express. Tutto nasce da una denuncia di un ufficiale della Guardia di Finanza a cui sono stati applicati tassi secondo lui da usura. La procura di Trani mi chiede di comparire come persona informata dei fatti».

Quindi ti hanno già sentito?

«Sì. Nell’autunno scorso. Li ho chiamati, e informandomi sui motivi della convocazione. Così ho scoperto che forse l’unico tg che ha mandato in onda un servizio sull’inchiesta contro l’American Express è stato proprio il Tg1. L’ho spiegato a Trani, e per me era finita lì. Come sia possibile che poi sulla base di un’ipotesi inesistente di cui ho fornito prova abbiano continuato a intercettare in cerca di chissà che, proprio non lo so».

Lo sai che sei un incaricato di pubblico servizio, non un direttore come gli altri?

«Certo che lo so. Per questo sul Tg1 si è data informazione anche dell’inchiesta sull’American Express. E ogni giorno si cerca di dare le informazioni più complete e rilevanti. Se ne rende conto il pubblico che continua a seguirci… Ecco qui i dati di ieri: Tg1 al 29,2%, il Tg5 al 23,9%. Evidentemente gli ascoltatori ritengono il Tg1 un prodotto equilibrato e non condizionato da chi tenta attraverso intimidazioni di piegare la linea del giornale a questo o quel partito».

E i partiti, intimidazioni a parte, si fanno sentire direttamente? Chiedono molto?

«Telefonano, io ascolto. E poi decido di testa mia rispettando tutti e soprattutto dando ai cittadini la possibilità di capire. Però abbiamo ridotto un po’ la politica, perché i dati su ascolti e gradimenti dicono che interessa assai poco».

Dici? E perché?

«Forse ne è stata fatta troppa in passato, o forse è troppo evanescente. Non si occupa dei temi reali. Guarda questa campagna elettorale: tutte inchieste, intercettazioni, timbri quadrati, rotondi o rettangolari…».

E c’è pure la par condicio.

«Sì, e la dobbiamo rispettare. Oggi ho letto su un quotidiano dei dati assolutamente falsi. Siamo lì con il bilancino a calcolare tutti gli interventi. Ho una squadra che non sgarra quasi al secondo. La par condicio certo frena. Pensa che frena me che vorrei tanto fare un altro editoriale…».

Ma non sono proprio quegli editoriali la ragione vera di polemiche e guai?

Antonio Di Pietro dice che dovrebbero cacciarmi a pedate nel sedere. Era il linguaggio di Benito Mussolini. Detto questo vado volentieri davanti alla commissione di vigilanza o al cda Rai per spiegare le mie idee e difenderle. Non ho paura delle idee.

«Polemiche le farebbero comunque. Rifarei ogni editoriale che ho firmato. Ce l’hanno con quello che ho detto su Spatuzza e Ciancimino jr? Ho detto che sono pentiti non credibili? Forse ero fra i pochi allora a ritenere questo. Ora hanno capito tutti. È una colpa intuire in anticipo? Ho fatto un editoriale sostenendo che era opportuno reintrodurre l’immunità parlamentare. Giù fischi e critiche. Un mese dopo Marcello Maddalena, il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino e altri magistrati hanno sostenuto la stessa cosa…».

Ma continuano a chiederti le dimissioni.

«Sì, personaggi a dire poco ridicoli. Antonio Di Pietro dice che dovrebbero cacciarmi a pedate nel sedere. Era il linguaggio di Benito Mussolini. Detto questo vado volentieri davanti alla commissione di vigilanza o al cda Rai per spiegare le mie idee e difenderle. Non ho paura delle idee. E non vi rinuncio nemmeno se usano atti per intimidirmi. Non mi intimidiscono. Ho le mie idee, e per fortuna le rendo pubbliche. Sono cristallino. Quello che penso lo dico in televisione. Lo dico nelle riunioni di redazione. E naturalmente anche in una telefonata privata…».

Non esistono telefonate private. Guarda questa intervista. Esce su Libero. Ma prima finisce in un faldone. Lo scoop lo sta facendo il maresciallo all’ascolto…

«Dici? Mi hai chiamato sul fisso, attraverso il centralino Rai. È intercettato anche questo? Vabbè, cerca di essere più veloce tu a trascriverla…».
(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità Media e tecnologia

I direttori dei tg italiani e le vicende del premier italiano: gli scandali sono fatti o semplici opinioni?

(da corriere.it)
Come affrontare nei tg nazionali l’inchiesta di Bari che ha travolto come un ciclone la politica italiana e la vita privata e pubblica del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi? Il settimanale Tv Sorrisi e Canzoni, in edicola martedì 30 giugno, lo ha chiesto ai sette direttori dei tg nazionali nella rubrica «I magnifici 7». Ecco le loro risposte.
AUGUSTO MINZOLINI – TG1: «La vera inchiesta di Bari riguarda la malasanità, 700 milioni di euro di appalti rubati alle tasche degli italiani. Questa è politica. Ma i media ammalati di gossip prediligono la escort-story».

ANTONIO DI BELLA – TG3: «E Lewinsky/Clinton, e Sarko/Rachida? Il confine è ormai labile. Ma se c’è un’inchiesta della Procura, l’unica cosa da fare è mandare un inviato sul posto e valutare se quel che ha raccolto ha interesse pubblico o no».

CLEMENTE J. MIMUN – TG5: «È un mix. Difficile non notare che non si parli più dell’ipotesi tangenti sugli appalti sanitari in una regione, la Puglia, governata dalla sinistra, ma solo di signorine ingaggiate per feste nelle case di personaggi influenti, residenze del premier comprese. Il Tg5 ha parlato di tutto».

EMILIO FEDE – TG4: «È solo l’azione di una muta di cani famelici non sono degni nè del gossip, nè della politica, nè di una società civile. Schegge impazzite».

GIORGIO MULÈ – STUDIO APERTO: «È un’inchiesta che viene, allo stato, usata per fini politici nel tentativo di indebolire e offuscare l’immagine di Berlusconi. Per fare questo, giornali che hanno fatto del rigore la loro bandiera hanno temporaneamente ammainato il vessillo cedendo al gossip più becero».

ANTONELLO PIROSO – TG LA7: «Politica, ahimé. Perché lambisce un politico. Se in un’intercettazione un soggetto parla di ragazze da lui pagate per andare a feste a casa del premier, non può che essere così. Ricordando però che il premier non è indagato. E che chi lo vuole battere lo deve fare sul terreno della politica, e non del gossip».

EMILIO CARELLI – SKY TG24: «Né l’uno né l’altro. Si tratta semplicemente di un’inchiesta giudiziaria che per il suo contenuto può avere risvolti di gossip e che impatta sulla politica italiana nel momento in cui riguarda anche il presidente del Consiglio». (Beh, buona giornata).

Share
Follow

Get every new post delivered to your Inbox

Join other followers: