Categorie
Attualità Dibattiti Finanza - Economia Lavoro Movimenti politici e sociali Politica

Sembra che i comunisti sappiano come si fa a uscire dalla crisi: ci vuole un nuovo New Deal.

di Massimiliano Piacentini-televideo.rai.it

Quanto è importante il racconto della crisi?
Molto, se si tiene nel conto il suo impatto sulla rappresentazione della realtà; se si vede in esso un potente strumento politico. “Oggi abbiamo a che fare con delle vere e proprie menzogne, come ad esempio la questione della speculazione finanziaria sul debito pubblico. Essa investe solo i paesi dell’euro e non è causata dai debiti pubblici come ci viene raccontato, ma dal fatto che la Bce è l’unica banca centrale del mondo che presta i soldi alle banche private, cioè agli speculatori, e non agli stati”. Tanto per essere chiari. Il segretario del Prc, Paolo Ferrero, inizia a parlarci così del suo ultimo libro.

“Ma oltre alle balle, chi detiene il potere usa modi di pensare radicati nei costumi della gente per giustificare tagli allo stato sociale, aumento della precarietà e riduzione dei salari. Faccio un esempio: mia madre ha vissuto la guerra e la fame. Se pensa alla crisi pensa alla scarsità e dice che bisogna tirare la cinghia. Ma se la gente normale continua a tirare la cinghia la crisi si aggrava, perché ci saranno meno soldi, si spenderà di meno e continueranno i licenziamenti. Noi siamo dentro una grande ricchezza polarizzata: i ricchi hanno troppi soldi, mentre larga parte della popolazione arriva con difficoltà a fine mese. Perciò, la cinghia bisogna farla tirare ai ricchi e non ai lavoratori”.

-Economia reale e finanza. Alla bolla speculativa si è giunti per il calo della domanda aggregata?
“Sì. Prima hanno ridotto la domanda tagliando i salari, poi si sono accorti che questo produceva la crisi e hanno messo in campo due meccanismi: la speculazione e il sostegno alla domanda attraverso ciò che si potrebbe chiamare credito al consumo. Questo meccanismo un po’ drogato è saltato quando i disoccupati hanno cominciato a non pagare i mutui. Saltate per aria le finanziarie che li avevano concessi è scoppiata la crisi bancaria, poiché i titoli di quelle aziende non valevano più niente. Lehman Brothers è fallita così. Poi i governi hanno salvato le banche portando il conto agli stati, che quindi si sono indebitati: dal 2008 a oggi Usa e Europa hanno speso 15.000 miliardi di dollari per le banche private, che ora speculano sul debito pubblico”.

-Al di là del nodo Europa, cosa si potrebbe fare da subito in Italia?
“Ci sono cose che il governo, se volesse, potrebbe fare domani mattina senza il permesso della Merkel. Penso alla patrimoniale sulle grandi ricchezze, alla questione degli stipendi dei parlamentari e ai grandi stipendi di Stato, alla possibilità di fare della Cassa depositi e prestiti una banca pubblica, in modo da poter chiedere soldi alla Bce a un tasso dello 0,75%, invece che reperirli al 6-7%. Ma Monti non farà mai nulla contro i suoi amici speculatori”.

-Perché questa crisi è costituente?
“Perché chi governa, per mantenere l’attuale linea politica, deve imbarbarire la situazione. Riducono la democrazia e i parlamenti non contano più nulla; attaccano i diritti del lavoro, ciò che si era costruito in 30 anni di lotte operaie; demoliscono lo stato sociale con tagli alla sanità e alle pensioni; cancellano le conquiste di civiltà raggiunte dopo la seconda guerra mondiale. La crisi è costituente perché da essa non si esce come prima. O si risolve facendo un balzo in avanti, oppure chi ha le leve del potere continuerà a creare una realtà sempre peggiore in direzione della barbarie. Non c’è nulla di sovrannaturale in ciò che sta accadendo: questa crisi non l’ha decisa il Padreterno, ma semplicemente dei signori che la usano per continuare ad arricchirsi. Bisogna spiegare questa cosa semplice alla gente”.

-Lei dice socialismo o barbarie. Ci spiega questo aut-aut?
“Faccio un esempio storico. Dopo la crisi del ’29 il governo tedesco guidato da Heinrich Brüning fece una politica identica a quella di Monti: tagliò la spesa pubblica e produsse 5 milioni di disoccupati. Sappiamo come finì: nel ’33 Hitler vinse le elezioni facendo leva sul sentimento contro le banche e dicendo che avrebbe avviato lavori pubblici per occupare tutti. La barbarie è frutto di politiche che distruggono legami sociali e benessere. Ciò fa regredire a una situazione di guerra fra poveri, alla ricerca del capro espiatorio, al far west, al razzismo. Il socialismo, invece, è la possibilità di uscire dalla crisi facendo leva sugli elementi positivi: se abbiamo creato tanta ricchezza bisogna distribuirla bene; se il lavoro è più produttivo bisogna redistribuirlo; se il mercato non riesce ad individuare le produzioni per un salto in avanti, penso alla riconversione ambientale, lo deve fare lo Stato con un intervento pubblico. Tutto ciò con più democrazia. Sull’economia deve poter decidere la gente: vogliamo investire sulle bombe atomiche o sui pannelli solari? E questi vogliamo metterli al posto degli uliveti o sui tetti delle case? Non bisogna lasciare le scelte importanti ai mercati, cioè gli speculatori”.

-Nella parte propositiva del libro parla di New Deal di classe.
“Penso che occorra alludere a quell’esperienza fatta nel ’33 negli Usa sapendo però che era insufficiente, tanto che la disoccupazione in tutti gli anni ’30 non scese. Ma il New Deal fu la risposta contrapposta al nazismo. Monti e Merkel stanno scegliendo la strada che ci ha portati al nazismo. Noi dobbiamo fare la scelta di Roosevelt, ma con più nettezza: redistribuire la ricchezza, riconvertire l’economia in senso ambientale e ridurre l’orario di lavoro per distribuirlo fra tutti. Dopo la crisi del ’29 abbiamo visto che c’erano due strade: una portò al nazismo, l’altra allargò la democrazia. Anche oggi ci sono due strade e non una sola come si vuol far credere. Il rischio è che una linea politica sbagliata produca barbarie sociale e maggiori conflitti. L’incomprensione del fatto che l’umanità potrebbe fare un passo in avanti rischia di portarla a fare sette o otto passi indietro”. (Beh, buona giornata).

Paolo Ferrero.

Share
Categorie
Attualità Finanza - Economia Lavoro

L’affondamento del Titanic, la metafora della manovra secondo Paolo Ferrero.

Tremonti e’ stato di parola: cerca di affondare l’Italia come il Titanic- da paoloferrero.it

Questa volta il governo è stato di parola e ha dato luce ad una manovra che di cerca di affondare l’Italia come il Titanic: un disastro. Del Titanic la manovra rispetta anche i privilegi di classe: Forse non tutti sanno che su 708 passeggeri che si salvarono dalla tragedia, si salvò il 60% dei passeggeri di prima classe (200), il 42% di quelli di seconda classe (120), il 25% di quelli di terza classe (174) e il 24% dei membri dell’equipaggio. La manovra del governo porterà all’affondamento dell’Italia, ma come sul Titanic, quelli di prima classe si salveranno molto di più e i lavoratori avranno la peggio. Per questo contro questa manovra faremo le barricate.
(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Lavoro Leggi e diritto

Paolo Ferrero: “A questo punto si tratta di cambiare passo”.

La nostra proposta per la sinistra di alternativa
(da Liberazione di giovedì 14 ottobre 2010)

Il colloquio tra Bersani e Vendola dell’altro ieri ha finalmente superato lo scoglio delle primarie che aveva sin’ora reso impossibile il confronto politico. Questo incontro apre la fase della discussione tra le forze che vogliono costruire un accordo di governo. Bersani e Vendola hanno concordato come questa proposta di governo comprenda l’UdC e la proposta di modificare la legge elettorale con una governo di transizione. Adesso si tratta di costruire il fronte democratico che vada a oltre le forze che fanno l’accordo di governo. Abbiamo infatti sempre ritenuto che non vi siano le condizioni per un accordo di governo con le forze del centro sinistra – nella proposta di Bersani e Vendola comprendenti anche il centro – mentre riteniamo necessario dar vita ad una alleanza democratica che abbia l’obiettivo esplicito di sconfiggere Berlusconi, di difendere la costituzione , di mettere in campo essenziali misure di giustizia sociale e di modificare la legge elettorale in senso proporzionale.

A questo punto si tratta di cambiare passo e lavorare alla concretizzazione della nostra ipotesi politica.

In primo luogo la costruzione di una vera opposizione che porti alla caduta del governo Berlusconi. E’ infatti evidente che l’equilibrio instabile che regge questo governo può durare a lungo e produrre altri danni. Ogni giorno che passa questa maggioranza non fa altro che scaricare ulteriormente sulle spalle dei più deboli i costi di una crisi che morde sempre più pesantemente. Basti pensare al Disegno di legge sul lavoro che sostanzialmente introduce il contratto individuale di lavoro per tutti i nuovi assunti. Con questa misura che presto sarà in discussione alla Camera le giovani generazioni non saranno solo inchiodate ad un destino di precarietà ma si troveranno dentro una guerra tra poveri che non ha precedenti nel paese. Costruire l’opposizione, a partire dalla manifestazione del 16 ottobre che non deve essere un momento a se stante ma deve proseguire con la costruzione di iniziative di mobilitazione su tutto i territorio. Per noi la costruzione dell’opposizione è il punto propedeutico alla costruzione del fronte democratico

In secondo luogo il problema della costruzione del progetto e dell’unità della sinistra. A partire dalle prossime settimane si terrà il Congresso della Federazione della Sinistra che rappresenta un passo decisivo per l’aggregazione di una sinistra degna di questo nome, automa dal PD e con un proprio profilo strategico anticapitalista. A partire da questo processo noi lanciamo a tutte le forze di sinistra una sfida: per uscire dalla crisi non basta un movimento ma occorre un programma di alternativa. Noi proponiamo a tutte le forze di sinistra, a partire da quelle che saranno presenti alla manifestazione del 16 ottobre, di definire concordemente la piattaforma con cui avviare il confronto con il PD. Se la crisi è il frutto del neoliberismo, occorre una politica che rovesci questa politica economica: dalla redistribuzione del reddito all’intervento pubblico in direzione della riconversione ambientale dell’economia. Dal no alla guerra al finanziamento dello stato sociale, della scuola, della ricerca e dell’università.
(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità

Saluti comunisti.2/

Risposta a Sergio Boccadutri

Caro Sergio, come tu scrivi le rotture portano con sé un carico pesante di emotività. Che tu abbia deciso di lasciare il partito e conseguentemente l’incarico di tesoriere che hai ricoperto negli ultimi anni, non è cosa lieve per questa comunità. Non lo è dal punto di vista delle relazioni umane, che certo vanno comunque preservate. Non lo è rispetto al funzionamento del partito e alla necessità di trovare un sostituto al ruolo che hai ricoperto, con una correttezza che ti riconosciamo tutta. Né lo è per le motivazioni politiche che porti, molto dure.

Come ti ho scritto immediatamente dopo aver ricevuto la lettera, vorrei avere avuto un luogo in cui fosse possibile discutere. Questo è avvenuto per una delle questioni che tu poni ed a cui dai grande rilevanza nella lettera, ma mai, incredibilmente, per nessuna delle altre. Su Liberazione, sulla scelta di operare per il suo rilancio abbiamo avuto un dissenso esplicito, in più riunioni della segreteria. Il tentativo che il giornale sta facendo, ad oggi fruttuosamente – con una risposta assai significativa in termini di abbonamenti, sottoscrizioni, iniziative importanti come quelle degli artisti che hanno donato le loro opere – ci hanno indotto a pensare che delle due strade che sempre esistono per risanare un bilancio, andasse percorsa non quella dei tagli, ma quella di un rinnovato investimento di fiducia. Comunque su questo, si è per l’appunto discusso. Il contrasto di opinioni è stato esplicito, come lo è l’assunzione di responsabilità da parte della segreteria nell’aver scelto questa strada.

Ma sul resto? “La generosità antica di chi condivide un vincolo forte di appartenenza” come scrivi, non avrebbe dovuto comportare la possibilità per questa comunità di persone, per coloro con cui tu hai lavorato a fianco per mesi, di conoscere quello che era il tuo giudizio, la tua critica e il tuo dissenso, per quanto aspro fosse e di poter, di questo, discutere? Si possono dire molte cose di questo partito, ma non sicuramente che non sia un luogo democratico. Fino in fondo. Un luogo con molti limiti, ma in cui tutti possono dire quello che pensano. Un luogo in cui, in virtù esattamente della scelta che abbiamo fatto di “gestione unitaria”, nessuno viene espulso dalla segreteria o estromesso dagli incarichi che ricopre, quale che sia la sua distanza e la sua critica rispetto alla linea di maggioranza. Una cosa non piccola, con i tempi che corrono, pesantemente segnati dalla riduzione plebiscitaria della politica. Un’idea della democrazia faticosa, ma praticata con coerenza.

E da quale documento e da quale affermazione di quale dirigente hai tratto il giudizio che l’obiettivo perseguito sia, “la meccanica autopromozione” del gruppo dirigente, accusato di stare in piedi solo per la “speranza.. di riempire quelle caselle”, cioè come si capisce dalla lettera, di occupare qualche posto in Parlamento? Che ci sia l’obiettivo di riportare il Partito, la Federazione, la sinistra di alternativa in Parlamento è evidente ed esplicito. E certo converrai: non credo di dover argomentare come l’estromissione della sinistra dai massimi livelli istituzionali sia uno dei dati che segnano drammaticamente il quadro politico esistente. Ma da quale dichiarazione o da quale comportamento ti senti autorizzato a trarre il giudizio che esprimi? Alle elezioni europee, che abbiamo affrontato con la speranza di riuscire ad eleggere una rappresentanza istituzionale, il segretario di Rifondazione, sollecitato a candidarsi da moltissime parti, ha rifiutato di farlo, per lavorare a tempo pieno al partito e perché questo era evidentemente incompatibile con la presenza che pure speravamo di conquistare a Bruxelles. Invece si è candidato – scelta discutibile certo- in una situazione difficilissima alle scorse regionali. In Campania, dove l’alleanza con il centrosinistra, che pure abbiamo costruito in molte altre realtà, era impraticabile per il profilo inaccettabile del candidato del PD. In una situazione in cui era quasi impossibile sperare di essere eletti, ma si trattava piuttosto di dare una mano in una condizione difficilissima e evidentemente “testimoniale”. E più di un membro della segreteria ha rifiutato “collocazioni” istituzionali alle scorse regionali. Nuovamente si potranno dire molte cose, ma non che non vi sia una tensione costante ad informare i propri comportamenti ad una etica della politica che è l’opposto del cinismo privatistico della propria autocollocazione.

E perché non ci hai mai dato la possibilità di parlare con te di “politica alta” come la chiami? Non so cosa vuoi dire con questo. Penso si tratti della nostra proposta politica complessiva. Non è così difficile da comprendere. Si compone di tre elementi connessi tra loro. Il primo è la necessità di un’alleanza elettorale larga per poter mandare a casa Berlusconi e difendere la Costituzione, con un accordo su alcuni punti anche sul terreno sociale, ma senza la riproposizione di un accordo organico di governo per cui non vediamo ad oggi le condizioni. Un alleanza in cui sia possibile conquistare anche l’obiettivo di liberare il paese, attraverso una legge elettorale proporzionale, da un maggioritario che in questi anni ha garantito tanto lo strapotere di Berlusconi, quanto la distruzione della sinistra. Il secondo è la necessità di costruire percorsi che uniscano una sinistra autonoma dal PD, sui contenuti e nel vivo delle relazioni sociali, ponendo fine alla lunga stagione delle divisioni. Il terzo nodo è la costruzione di un movimento duraturo: conflitto, progetto e partecipazione, indispensabili per qualsiasi prospettiva di alternativa. Si potrà dire che è difficile. Ma è politica. Per noi è la proposta più giusta e più realistica. Senz’altro più giusta di quella di chi dice che è indifferente se al governo ci sta Berlusconi o il centrosinistra. Ed anche più realistica di chi pensa sia possibile, oggi, un’alleanza organica di governo.

Ci sono cose su cui io credo tu abbia parzialmente ragione. E’ troppo forte la divisione per appartenenze pregresse, che è cosa diversa dalla dialettica sempre legittima tra diverse posizioni politiche. E’ troppo il tempo che consuma, ed il tempo che abbiamo è una risorsa preziosa, da spendere per cambiare il mondo. E la Federazione della Sinistra – che non è solo un cartello elettorale – ha certamente bisogno di usare il prossimo congresso come un’occasione di apertura ai conflitti sociali, alle energie intellettuali e alla passione politica che vive nella nostra società. Si poteva discuterne.

C’è un’ultima cosa che voglio dirti. Forse per il ruolo che svolgo, insieme ai tanti limiti e alle tante inadeguatezze di questo partito, vedo anche altro. Vedo circoli e federazioni che da mesi stanno lavorando per la mobilitazione del 16 ottobre, e lo fanno nei territori, con delegate e delegati, lavoratrici e lavoratori, con cui faticosamente hanno ricostruito una relazione, a partire dalle tante vertenze in difesa dei posti di lavoro. Vedo un partito che si è generosamente speso insieme a tanti altri per raccogliere le firme per i referendum sull’acqua pubblica. O le pratiche straordinarie delle Brigate di Solidarietà di cui tanti nostri compagni e compagne sono parte importante, che sono riuscite ad organizzare a Nardò un campo di solidarietà e autorganizzazione dei lavoratori agricoli migranti, che è un’esperienza unica.

Va tutto bene dunque? No, non va tutto bene. Ma certo tutte/i noi meritavamo un po’ di più che non apprendere, via mail, i tuoi giudizi e le tue scelte.

Con la speranza di incontrarsi nuovamente e il suggerimento che mi sento di darti. Un ruolo, qualsiasi ruolo in un partito politico, certo nel nostro – compreso quello di tesoriere – non è un compito ragionieristico in cui si chieda ad una persona di rinunciare a quello che pensa, di autocensurarsi. L’esercizio faticoso della democrazia è diritto e io credo, anche dovere, di tutte e tutti. Ogni giorno.

Roberta Fantozzi
(Beh, buona giornata)

Share
Categorie
Attualità

Saluti comunisti.1/

12 ottobre 2010

Al segretario nazionale del Prc
Alla segreteria nazionale del Prc
Ai compagni e alle compagne del Comitato politico nazionale del Prc
Ai compagni e alle compagne della Direzione nazionale del Prc

Ai compagni e alle compagne di Rifondazione comunista

e p. c.
Alle lavoratrici e ai lavoratori di Liberazione

Care compagne e cari compagni,

ho deciso di lasciare il nostro partito e quindi di conseguenza rassegno le dimissioni da tesoriere del Partito della Rifondazione comunista.

Sento il dovere di comunicarvelo per rispetto del nostro Partito, nel quale sono cresciuto, umanamente prima ancora che politicamente, moltissimo. Nel corso di questi anni ho sempre sentito le responsabilità che mi avete affidato come un impegno etico e politico verso l’organizzazione che, insieme a tante altre e altri, abbiamo generosamente provato a costruire. Per me è sempre stato un onore poter essere utile al partito che, ancora diciottenne, scelsi per la mia militanza politica. Nel corso degli anni ho dato tutto me stesso per corrispondere alla fiducia che mi avevate accordato, in particolare negli anni in cui ho svolto il ruolo di tesoriere del partito. Dopo la sconfitta del 2008 e la conseguente uscita dal Parlamento delle nostre rappresentanze, ho moltiplicato ogni sforzo per far vivere, non solo sopravvivere, la nostra organizzazione autonomamente, come è necessario e giusto che viva un’organizzazione di comuniste e comunisti. Ogni mia scelta, sempre operata di concerto con i gruppi dirigenti, ha avuto come unica finalità quella di rendere più autonoma e forte la voce di Rifondazione comunista. Ho trovato la generosità antica di chi condivide un vincolo forte di appartenenza e, quindi, il mio primo ringraziamento e saluto va a tutte e tutti quelli che lavorano quotidianamente per far funzionare il partito. Un saluto particolare lo riservo a chi, con me, ha condiviso la fatica e lo stress di trovare le risorse umane ed economiche per continuare. Per la pazienza con la quale hanno dovuto sopportare anche i miei ritmi, va a Licia e a Mauro – per me fonti inesuribili di confronto e arricchimento di idee – ad Alessandra e a Alberto – che con pazienza hanno spesso sopportato le mie intemperanze – a Lucia e a Marco dell’amministrazione del giornale che ho purtroppo conosciuto tardi, tutto l’affetto e la riconoscenza per un lavoro che non avrei potuto altrimenti realizzare. C’è un saluto che non posso più fare, quello alla carissima e dolcissima Barbara Giadresco, che fu insostituibile motore del nostro collettivo, forte nella sua fragilità, capace di infondere in tutti noi una fiducia nel futuro che spero mi accompagni tutta la vita.

È proprio il grande legame che ho conservato verso le donne e gli uomini del nostro partito che mi ha fatto scegliere di continuare la militanza pur quando non condividevo alcune scelte del gruppo dirigente. E non ho mai sentito come impedente, né per la mia militanza né per la mia responsabilità di tesoriere, l’avere opinioni anche radicalmente difformi dalla linea maggioritaria legittimamente sostenuta dal segreteria nazionale. Ho, piuttosto, sempre interpretato la delicatezza del mio ruolo come un punto di esposizione forte, sia internamente che esternamente, dal quale non potesse mai venire una propensione partigiana. Ogni volta che effettuavo una scelta, la mia unica preoccupazione è stata quella di garantire il bene del partito, e attraverso questo la garanzia che ogni sua parte, sia stata un territorio o piuttosto un’articolazione politica interna, se ne sentisse garantita. Posso dirvi, in tutta coscienza, che è sempre stato così. Anche, nella delicatissima responsabilità di amministratore unico di Liberazione, tendendo ad un risanamento che tenesse conto delle professionalità presenti nel giornale e del diritto dei lettori a poter avere una fonte di informazione non omologata, nonostante le politiche di taglio di fondi pubblici, liberticide quante altre mai, decise dal governo più antisociale della storia repubblicana del nostro paese.

So di averci messo, da amministratore del partito, il massimo impegno fino all’ultimo giorno, con tutti i miei limiti, provando sempre a dare una risposta ai problemi e alle questioni delle compagne, dei compagni e dei territori. Ho poi scelto di non indugiare oltre nella riflessione e di dare seguito ai miei intendimenti oggi, senza ulteriori rinvii, anche per tutelare il partito, che tra breve avrà un Cpn: la sede statutaria dove potere eleggere il nuovo tesoriere, al quale sin d’ora porto i miei auguri di buon lavoro e per il quale mi rendo disponibile in ogni momento al passaggio di consegne.

E’ l’onestà intellettuale ad impormi le dimissioni. Se infatti non condivido più nulla del partito non posso più continuare a svolgere serenamente il mio ruolo. Specularmene lo stesso vale per il partito che non può consentirsi di far rivestire un ruolo chiave come il mio a chi non sia più convinto della sua utilità politica.

Il deficit di linea politica è dovuto senza dubbio alcuno al frazionismo. Non più soltanto un fenomeno della vita politica del nostro partito, ma addirittura come metodo della sua gestione, “dal centro alla periferia”. Dopo un gran parlare di “gestione unitaria”, dopo l’allargamento della segreteria oltre la maggioranza congressuale di Chianciano, dopo ancora le relazioni e i documenti sul superamento delle aree, ancora il partito non è condotto da una linea unitaria, ma da un delicato quanto nauseante equilibrio interno. E dato che ormai tante compagne e tanti compagni lo sostengono candidamente dietro al triste motto “primum vivere deinde filosofare”, penso che sia davvero la morte (della politica) pensare che è importante “eleggere una truppa di parlamentari e poi si vedrà”, che “l’obiettivo è il 2,1%”, una ben misera prospettiva. E’ forse proprio questa tenue speranza che tiene in piedi quell’equilibrio, forse la speranza che sia il gruppo dirigente a riempire quelle caselle. Non posso che augurare a chi la pensa così buona fortuna, esattamente come la si augura a chi gioca al lotto. Anche se non credo che quel poco di partito che ancora vive – e si affatica – sui territori consentirà la meccanica autopromozione di chi ha grandi responsabilità nell’aver devastato una delle più grandi esperienze politiche della sinistra degli ultimi quindici anni.

Alle compagne e ai compagni convinti che rimanendo nel partito sia possibile fare una battaglia politica e cambiare le cose, rispondo che non ne ho voglia. Per me politica significa battaglia di idee per cambiare la società. Se devo usare le mie energie preferisco farlo per una esperienza politica tesa a modificare qualcosa di più che il gruppo dirigente di un partito smarrito.

Il gruppo dirigente si è dimostrato completamente inadeguato nella gestione del partito. La modalità assunta di concentrare e sottoporre al controllo minuzioso da parte della segreteria nazionale ogni aspetto della vita interna del partito, è soltanto il segno dell’incapacità di fare e proporre iniziativa politica come leva del rafforzamento e della costruzione del partito stesso.
Se ciò produce risultati neutri il più delle volte, con l’unica frustrazione dell’autonomia e della responsabilità di ciascuno verso il proprio incarico, in un caso ha prodotto e produrrà risultati disastrosi che metteranno in gravissima difficoltà – nonostante gli sforzi fatti in questi anni di contenimento assoluto della spesa – il partito stesso. Sto parlando della vicenda Liberazione. Complice anche la Direzione nazionale che non ha voluto guardare i numeri, la gravità è stata nella superbia e nell’approccio così superficiale tenuti in una situazione economica tanto delicata, anzi disastrosa per il partito, a tutti nota dopo la sconfitta del 2008. Se prima si è trattato di un errore, dopo i risultati delle elezioni europee e poi ancora di quelle regionali è stato diabolico perseverare.
Prima tra tutte la responsabilità è del Direttore e poi del Segretario nazionale che lo ha voluto assecondare in tutto e per tutto, quindi anche della segreteria che non ha saputo o voluto intervenire.
Era già evidente alla fine del 2008 – e lo dissi – che non tenere strette le redini del bilancio di Liberazione, avrebbe significato condannare il Partito ad un lento, inesorabile dissanguamento economico. Assistere da tesoriere a questa idiozia è troppo, davvero. Soprattutto quando – in nome della continuità della rifondazione comunista – ci sono oltre 70 dipendenti del partito in cassa integrazione e si tagliano completamente le risorse per l’attività politica sui territori.

La motivazione del disastro economico fu una delle leve contro il precedente direttore e la precedente gestione, ma esattamente oggi come allora si fa ciò che si rimproverava agli altri.

Esattamente, perché farsi vanto di una riduzione della perdita dovuta in grandissima parte al dimezzamento del costo del lavoro per mezzo degli ammortizzatori sociali, è un grave errore di prospettiva. Significa essere miopi. Peggio: ha significato sprecare per due anni l’occasione dello stato di crisi per avviare una profonda modificazione del giornale, per portarlo a dei livelli di compatibilità economica. Ribadire ancora che il generoso sforzo che in questi ultimi mesi hanno compiuto decine e decine di compagni in sostegno al giornale possa risollevare le sorti del giornale è il frutto di una manifesta incompetenza, per carità nella massima buona fede.

Anche la federazione della sinistra, se in un primo tempo aveva l’ambizione di rappresentare un processo verso la riunificazione della sinistra, oggi non è più che un mini cartello elettorale, un involucro protettivo (che però non produce neppure questo effetto per lo scarso interesse che suscita nel paese) che un luogo dove investire energie. Inoltre, la forma della federazione fa inevitabilmente contare di più i gruppi dirigenti delle singole parti che la base e gli iscritti, che mi paiono destinati ad assumere l’ingiusto ruolo di spettatori, in una fase che, al contrario, necessiterebbe la piena partecipazione di tutte e tutti. Divisioni, spaccature sono all’ordine del giorno, alla vigilia di un congresso che si annuncia ancora come un’altra falsa partenza. Il tempo è scaduto e continuare con riposizionamenti e giochetti tattici è dannoso oltre che senza alcun senso, se non quello di garantirsi un piccolo, quanto illusorio, spazio personale.
Mi piacerebbe approfondire qualche argomento di più squisita natura politica, politica “alta”, intendo, cosa che nelle mie vesti ho spesso tralasciato in luogo pubblico per occuparmi con maggiore impegno dei compiti che mi sono stati assegnati, e forse anche per un certo pudore, o per la consapevolezza dei miei limiti. E mi piacerebbe farlo anche in virtù del momento così delicato per tutta la sinistra, dove ogni scelta può determinarne la scomparsa definitiva per un lunghissimo periodo, o la sua incredibile (e forse persino insperata) rinascita.
Ma, come si sarà inteso, io di politica alta, dalle nostre parti, non ne vedo più. Anzi, faccio fatica a volte persino a scorgere la politica terra terra.
Spero sia per mio difetto.

E’ invece impossibile nascondere, a me stesso per primo, l’enorme carico di emotività che ogni rottura porta con sé. Sono riuscito nel tempo a tenere distinto il giudizio politico da quello personale, e non sarà certo adesso che cambierò.
Per questo chiudo queste poche righe come ho cominciato, di nuovo salutando con sincero affetto tutte le compagne e i compagni coi quali ho lavorato fianco a fianco in Direzione nazionale, e quelli che ho incontrato nelle federazioni e nei circoli. A tutte e tutti loro, a partire da quelli di Palermo, con cui ho passato la parte più importante della mia vita politica, rimarrò sempre legato da un affetto che supera le diverse opinioni politiche. E’ tutto questo che soprattutto mi mancherà.

Con la speranza, essendo la politica fatta anche di corsi e ricorsi, di incontrarsi nuovamente.

Fraternamente,

Sergio Boccadutri

(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Finanza - Economia Lavoro

Dopo i costi della crisi, ci tocca pagare i costi della speculazione.

I COSTI DEL CAPITALISMO LI PAGHINO QUELLI CHE LI STANNO PRODUCENDO, NON I LAVORATORI!
Sulla Grecia ci stanno truffando-paoloferrero.it

La vicenda della crisi greca è un esempio da manuale di una grande truffa in cui la speculazione guadagna e i lavoratori pagano. I giornali dicono che i governi europei stanno lottando contro gli speculatori e i mercati finanziari per difendere l’Euro. Si tratta di una balla colossale. In realtà i governi e i mercati finanziari stanno tutti dalla stessa parte contro i lavoratori. Vediamo perché:

In seguito all’attacco fatto dagli speculatori alla Grecia, i governi europei hanno dato un prestito alla Grecia condizionato al fatto che in Grecia si taglino i salari, le pensioni, lo stato sociale. Il governo Greco, con i soldi del prestito pagherà gli interessi sul suo debito a Banche e speculatori, interessi che sono aumentati a causa dell’attacco speculativo. Il governo Greco restituirà i soldi del prestito ai governi europei grazie ai sacrifici imposti ai lavoratori greci. In pratica i soldi del prestito vanno a banche e speculatori e quei soldi li mettono i lavoratori greci.

Dopo la Grecia, i governi europei hanno stanziato 600 miliardi di euro per far fronte ad eventuali speculazioni verso altri paesi e le borse hanno festeggiato crescendo del 10%. E’ evidente che gli speculatori fanno bene a festeggiare perché questo vuol dire che dopo aver guadagnato sulla Grecia, adesso potranno ripetere l’offensiva su altri paesi avendo a disposizione 600 miliardi su cui fare affari. Dappertutto si ripeterà lo stesso scenario: attacco speculativo su un paese per volta (Spagna, Portogallo, Irlanda, Italia o Gran Bretagna), richiesta di pesanti sacrifici ai lavoratori per poter accedere al prestito europeo e conseguente versamento del prestito nelle tasche delle banche e degli speculatori. Si tratta di una truffa colossale che pagheranno innanzitutto i lavoratori dei paesi sottoposti ad attacchi speculativi, ma che avrà effetti negativi sui lavoratori di tutti i paesi. Infatti se si peggiorano le condizioni di lavoro in un paese queste si diffondono anche negli altri.

Ci sono soluzioni alternative: certo!

1) Il modo più semplice per bloccar questo gioco al massacro sulle spalle dei lavoratori è che la Banca Centrale Europea, quando un paese è sottoposto ad un attacco speculativo, intervenga immediatamente e senza condizioni ad acquistare i titoli di stato di quel paese. In questo modo l’attacco speculativo risulta inefficace, gli speculatori ci perdono e i lavoratori non devono fare nessun sacrificio per ingrassare i banchieri.
2) L’immediata rottura di ogni rapporto con i paradisi fiscali.
3) L’immediata nazionalizzazione degli istituti bancari di rilevanza nazionale che sono risultati impegnati in attività speculative
4) L’immediata modifica del Trattato di Maastricht, sostituendo le politiche restrittive di bilancio, alibi usato per tagliare servizi sociali e pensioni, distruggere diritti dei lavoratori, precarizzare il lavoro, con politiche finalizzate a redistribuire la ricchezza e a creare posti di lavoro, attraverso la riconversione ambientale dell’economia e la riduzione dell’orario di lavoro.

Per questo ci opponiamo a questo piano europeo approvato dal governo Berlusconi e chiediamo ai sindacati di costruire la mobilitazione. Occorre bloccare questo nuovo attacco ai lavoratori e ai pensionati che oggi avviene in Grecia e domani in Italia. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Finanza - Economia Lavoro

Bonus ai top manager Fiat: “Se siamo tutti sulla stessa barca, come ci dicono sempre, come mai in due guadagnano quanto 3/400 operai?”

FIAT: FERRERO, VERGOGNOSI STIPENDI MARCHIONNE E MONTEZEMOLO (fonte: AGI)
‘I dieci milioni di euro regalati dalla FIAT a Marchionne e Montezemolo sono una vergogna in una situazione caratterizzata da Cassa integrazione e chiusura di stabilimenti. Se siamo tutti sulla stessa barca, come ci dicono sempre, come mai in due guadagnano quanto 3/400 operai? La Federazione della Sinistra propone che il governo metta un tetto alle retribuzioni dei manager delle aziende in crisi che utilizzano la cassa integrazione. Lo stipendio piu’ alto non puo’ essere piu’ di dieci volte lo stipendio dell’operaio che guadagna meno’. Lo afferma il portavoce della Federazione della Sinistra, Paolo Ferrero. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Lavoro

La Fiat manda la polizia contro gli operai di Avellino.

Tensione a Pratola Serra davanti alla “Fabbrica motori Avellino” della Fiat, dove questa mattina circa 200 poliziotti in assetto antisommossa hanno sgomberato il presidio di lavoratori per far entrare nello stabilimento alcuni camion porteranno i motori negli stabilimenti del gruppo a Cassino e in Turchia. Poco dopo i lavoratori hanno bloccato i tir ma, anche in questo caso, l’intervento delle forze dell’ordine, ha messo fine alla protesta.

Gli operai della Fma sono stati messi in cassa integrazione già da novembre e fino al mese di gennaio scorso. A febbraio hanno lavorato una sola settimana, per poi tornare in cassa integrazione. Da questo la scelta di presidiare la fabbrica fino a questa mattina. “La questione da porre – dice il coordinatore nazionale auto della Fiom Cgil Enzo Masini – è quella che la Fiat per l’ennesima volta di fronte a lavoratori che chedono di conoscere il loro futuro e avere certezza della loro occupazione, risponde facendo intervenire la polizia e, cosa ancora più grave, senza aver chiesto un confronto su eventuali urgenze di consegna motori. Poteva almeno porre il problema, prima di far ordinare uno sgombro”.

Dura la reazione del segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini: “L’atteggiamento della Fiat ha superato ogni limite di decenza e di possibili relazioni sociali e sindacali”.

Per Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista “è vergognoso l’impegno delle forze di polizia contro la lotta dei lavoratori FIAT di Pratola Serra (AV), che stanno praticando il blocco delle merci per impedire, come forma di lotta, lo smantellamento dello stabilimento, il licenziamento degli addetti delle ditte esterne e la messa in cassa integrazione dei lavoratori FIAT”. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità democrazia

La mappa delle alleanze: ecco quello che farà la Sinistra alle elezioni regionali 2010.

da Liberazione di giovedì 18 febbraio 2010

Il punto sulle regionali. La Federazione della Sinistra va da sola anche in Lombardia e Marche
Campania, contro le due destre si candida Paolo Ferrero

Checchino Antonini-da Liberazione

E’ stato lo stesso Paolo Ferrero a dare la notizia al suo arrivo a Napoli nel pomeriggio di ieri: sarà proprio il segretario nazionale del Prc, il candidato Presidente della Federazione della Sinistra alla guida della regione Campania.
“De Luca non è un candidato di sinistra – spiega a Liberazione – invece in Campania c’è bisogno di sinistra. Le critiche e la discontinuità che abbiamo chiesto spesso a Bassolino non si risolvono tornando ad Achille Lauro (controversa figura di armatore e sindaco populista e reazionario di Napoli negli anni ‘50, ndr), ma guardando al meglio di ciò che la sinistra ha prodotto in Campania e quindi guardando a Maurizio Valenzi (prestigiosa figura di sindaco comunista di Napoli negli anni ‘70, ndr)”.
Con la candidatura di un leader nazionale, per di più piemontese, “vogliamo sollevare il problema politico di una regione dove si sfidano due candidati di destra – conclude Ferrero – non mi pare un fatto amministrativo”.

La genesi della decisione nelle parole di Tommaso Sodano, ex presidente della commissione ambiente del Senato: “Avevamo chiesto discontinuità con la stagione di Bassolino, ma il Pd non ha mai dato segnali di disponibilità in questo senso”.

Infatti, in una prima fase s’erano profilate primarie tutte dentro lo scontro nel Pd: l’assessore bassoliniano Marone contro De Luca, sindaco a Salerno. “De Luca è l’uomo che si richiama alla destra europea, che prova a incarnare il peggiore populismo – continua Sodano – avevamo rotto con lui già a Salerno dopo varianti urbanistiche in odore di speculazione. In quella città ha sfidato il suo stesso partito, correndo con una lista contrapposta. E’ lui che scendeva dalla macchina dei vigili per buttare all’aria le bancarelle dei senegalesi o che, di fronte al municipio, strapppava i manifesti di Rifondazione, che lo criticavano”.

Ora De Luca è molto indietro nei sondaggi e tenta di spostare a destra la sua campagna con dichiarazioni clamorose, come quelle veicolate nelle ultime ore.
“E’ stato chiesto a S&L (Sinistra e Libertà, il partito di Vendola, ndr) e a Idv (il partito di Di Pietro, ndr) – ricorda Sodano – di mettere insieme un polo alternativo. Ma la plateale assoluzione di De Luca al congresso dipietrista marca la mastellizzazione di quel partito. Non si può sempre vivere con il ricatto del meno peggio. E’ quell’idea che porterà alla sconfitta un centrosinistra che governa in Campania dal ‘93. Con questa operazione, invece, si prova a restituire dignità alla parola sinistra”.

“La vicenda campana assume un valore quasi paradigmatico, con il Pd che impone una sua candidatura rispetto alle resistenze sia degli alleati ma anche di un pezzo di quel partito. E, con De Luca, avanza una candidatura francamente indigeribile al di là delle sue vicende giudiziarie. Il sindaco di Salerno non fa mistero di un suo “leghismo meridionale”. Una candidatura che di per sé rompe a sinistra. Appare grave il ritorno indietro di S&L e di Idv e, per tutto questo scende in campo Ferrero a indicare una questiona nazionale: non tutto è digeribile in nome dell’unità”. Così spiega Gianluigi Pegolo, responsabile dipartimento Democrazia e Istituzioni, facendo il punto sulla partecipazione della Federazione alle imminenti regionali.

Se le cose dovessero restare così, a 39 giorni dall’apertura delle urne, Rifondazione corre da sola in tre regioni. La Campania, appunto, ma anche in Lombardia con Agnoletto, candidato presidente e nelle Marche dove la Federazione è apparentata con una lista di S&l e Massimo Rossi sfida Pd e destre. Rossi, già sindaco di grottamare e presidente della provincia di Ascoli, è stato il primo amministratore pubblico a praticare la strada della democrazia partecipata.

In Umbria la trattativa è in corso ma è assai probabile che si chiuda con un accordo di centrosinistra. E’ tramontata, infatti, l’ipotesi di una associazione dell’Udc alla compagine di centrosinistra e sembra che Casini voglia candidare a Presidente Paola Binetti.

L’accordo tecnico elettorale è stato siglato in tre regioni: in caso di vittoria non prevede una collocazione della Federazione al governo. Succede in Piemonte, Lazio e Basilicata. Spiega ancora Pegolo che questi accordi parziali scaturiscono dall’esigenza di impedire un successo delle destre.

Sette, invece, gli accordi organici. Se si vincesse ci saranno assessori espressione della Federazione. Si va dal Veneto – guidato da tempo dal centrodestra – dove la Federazione è in una coalizione di forze di opposizione a Toscana, Emilia, Umbria e Liguria, regioni in cui “veniamo fuori da esperienze di governo comune”.

E poi ci sono Puglia e Calabria.

In Puglia e Toscana la Federazione è in lista coi verdi. In Puglia la “bicicletta” (due simboli a indicare la lista) è un esito che contraddice i propositi di S&l (il partito di Vendola, ndr) prima delle primarie.

Dopo la vittoria di Vendola, difatti, gli ex Prc e l’ex Sd prova a spendersi il logo da sola.

Più in generale, dove non è stato possibile un centrosinistra organico è stato per via dell’ indisponibilità del Pd su programma e candidature – continua Pegolo – in alcune regioni sarebbe stato possibile dare vita a poli alternativi ed è avvilente constatare come in Campania Idv e S&l siano rientrati nell’alveo o trovarsi davanti alle pulsioni anticomuniste di Penati in Lombardia.

Nelle Marche, invece, non è stata lanciata alcuna discriminante contro di noi da parte di S&l, e lì la sinistra di alternativa è riuscita a non accettare i dictat del Pd che ha espresso posizione intollerabile”.
Infatti, dopo aver aperto un tavolo ditrattativa con le sinistre, i democratici hanno preteso che si facessero da parte, dopo un lungo periodo di governo comune, per far posto a un’alleanza con l’Udc.
(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Finanza - Economia Lavoro

C’è chi fa qualcosa per la crisi economica in Italia.

(fonte: il blog di paolo ferrero):

ARANCIA METALMECCANICA IN TUTTA ITALIA. DOMANI ALLE 10.00 A TORINO A PIAZZA CASTELLO IL PORTAVOCE DELLA FEDERAZIONE PAOLO FERRERO A VENDERE LE ARANCE IL CUI RICAVATO SOSTIENE LE LOTTE DELLE/I LAVORATRICI/ORI
13 Febbraio 2010

Arancia Metalmeccanica continua a svilupparsi in tutta Italia. Da oggi, e per tutta la settimana, si venderanno in molte parti d’Italia 10 mila kg di arance il cui ricavato servirà a sostenere le casse di resistenza dei lavoratori in lotta.
Arancia Metalmeccanica ha fino ad oggi venduto circa 50 mila kg di arance in tutta Italia per sostenere le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici, per portarle con i banchetti dai presidi delle fabbriche in lotta al centro delle città.
La Federazione della Sinistra ha scelto di essere utile nella crisi e di rimettere al centro la solidarietà tra le/i lavoratrici/ori e tra queste/i ed il territorio, motivo per cui l’iniziativa riscuote successo.
La scorsa settimana a Bergamo e provincia sono stati fatti 12 banchetti vendendo 3000 kg di arance con i lavoratori della Pigna e della Frattini.
Questa settimana i banchetti di Arancia Metalmeccanica saranno in Sicilia per sostenere la lotta dei lavoratori di Termini imerese, in Umbria per sostenere la lotta dei lavoratori della Merloni, nel Lazio a Civitavecchia, a Milano per i lavoratori di MAFLOW (Trezzano sul Naviglio), METALLI PREZIOSI (Paderno Dugnano), LARES (Paterno Dugnano), MARCEGAGLIA (Milano) e OMNIA SERVICE (Milano). in Toscana per i lavoratori di Agile ex Eutelia.
A Brescia per alimentare le casse di resistenza dei lavoratori in lotta.

Domani mattina, a Torino, in p.zza Castello, dalle 10.00 in poi sarà presente il portavoce della Federazione della Sinistra Paolo Ferrero.
Le/i lavoratrici/ori di Agile ex Eutelia e la Federazione della Sinistra oltre ad organizzare l’iniziativa per la vertenza in attto, vogliono ricordare a tutti che non si può morire di lavoro o di non lavoro.

Per questo hanno deciso di dedicare l’iniziativa ad Emanuele, il ragazzo suicidatosi ieri a Torino dopo aver saputo del suo licenziamento.
(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Natura Salute e benessere

La questione nucleare in Italia. Una tesi critica.

da rispondeferrero.com •Massimo Zucchetti scrive:
La questione del ritorno al nucleare – specie in Italia – e’ davvero molto complessa, ed e’ difficile essere esaurienti senza diventare lunghi e noiosi. Ma dato che Paolo Ferrero, che politicamente stimo, mi ha chiesto un intervento, provero’ a scrivere alcuni spunti di discussione.

Mi presento: sono Massimo Zucchetti, sono docente di Impianti Nucleari al Politecnico di Torino, e attualmente mi trovo per un periodo al MIT di Boston (zucchetti@polito.it). Ah, fra parentesi, sono politicamente molto a sinistra e lo dico pubblicamente.

Molte delle evidenze tecniche che Christian (da Berkeley: tra l’altro, complimenti per il tuo curriculum!) cita nel suo intervento sono vere e condivisibili in linea di principio. Effettivamente, per riassumere, l’energia nucleare sembra essere innegabilmente in ripresa in tutto il mondo: oltre alle ottime prestazioni e alla sicurezza dei reattori nucleari negli ultimi 25 anni, un motivo di rilancio è costituito dal fatto che l’energia nucleare non emette praticamente CO2 e quindi il suo uso al posto dei combustibili fossili contribuisce a ridurre le preoccupazioni relative all’effetto serra. Il costo del kWh nucleare, inclusi anche i costi della parte finale del ciclo del combustibile, si aggira intorno a valori comparabili o inferiori a quello delle fonti energetiche convenzionali secondo le stime piu’ aggiornate. Le riserve stimate di uranio nel mondo, poi, sono ampiamente sufficienti a garantire l’approvvigionamento dei reattori nucleari per parecchi decenni.

Sembra in sostanza che il nucleare sia almeno l’ideale soluzione-ponte in attesa dell’arrivo di altre fonti, in primis quelle rinnovabili, sulle quali deve, a mio avviso, appuntarsi il nostro sguardo per il futuro.

Tuttavia, proprio un quarto di secolo nell’esercizio del “mestiere” di impiantista nucleare mi hanno pero’ insegnato che nessuna questione e‘ mai “bianca o nera”, e vorrei percio’ provare a portare anche alcuni altri argomenti alla discussione:

1)Le riserve di uranio sono comunque limitate e la tecnologia di estrazione dall’acqua di mare e’ tutt’altro che matura. La soluzione a questo problema verra’ forse naturalmente dall’aumento del prezzo del minerale d’uranio e quindi dal divenire sfruttabili i depositi uraniferi ora non economicamente convenienti. Ma sarebbe invece raccomandabile evitare, come fanno ora gli USA, di scartare il combustibile esaurito senza riciclarne le parti ancora utili con gli impianti di riprocessamento. Questa scelta e’ sbagliata, spreca combustibile prezioso e aumenta la quantita’ di scorie da smaltire.

2)Proprio la questione dello smaltimento delle scorie radioattive, specie quelle ad elevata attivita’, se non e’ un problema tecnico, lo e’ pero’ dal punto di vista pratico e politico. Christian sa bene che la costruzione dell’unico grande deposito di scorie nucleari USA di Yucca Mountain – dopo anni ed anni di dibattiti – e’ stata abbandonata dopo molte opposizioni e difficolta’. Il problema delle scorie, ripeto piu’ pratico e politico che tecnico, resta percio’ aperto. Pensiamo poi alla brutta vicenda accaduta qualche anno fa in Italia a Scanzano Ionico, ed avremo un assaggio di quelle che potranno essere le difficolta’ future. Forse la soluzione puo’ venire dallo sviluppo dei nuovi reattori “bruciatori di scorie”, dai cosiddetti “veloci” agli “ibridi” fissione-fusione fino al sottocritico inettato ADS proposto anni fa da Carlo Rubbia, tutti reattori che dovrebbero utilizzare come combustibile proprio le scorie degli attuali reattori, bruciandole e trasformandole in materiali meno radiotossici.

3)Proprio la fusione nucleare appare una tecnologia sulla quale occorrerebbe puntare maggiormente, ma, secondo me, “rovesciando il tavolo” e abbandonando una visione troppo tradizionale del suo sviluppo. Non parlo quindi del progetto ITER, che secondo me soffre di elefantiasi ed ha costi eccessivi, ma dello sviluppo di reattori a fusione che si basino su reazioni “pulite”, come ad esempio quella fra deuterio ed elio3, reattori intrinsecamente sicuri e che evitino il piu’ possibile la presenza di materiali radioattivi, allontanandosi nettamente dai vecchi paradigmi dei reattori nucleari convenzionali. Io qui al MIT sto lavorando a questi progetti sulla fusione nucleare, che, ammetto, sono molto a lungo termine, ma anche perche’ sono scarsamente finanziati in quanto non nel “mainstream” di quella che e’ ritenuta la ricerca “competitiva”, che vuole poi dire quella sponsorizzata dalle grandi lobby nucleari. L’esperienza ci insegna che invece occorrerebbe lasciare piu’ spazio all’inventiva e alla ricerca di soluzioni veramente innovative.

4)Per quanto riguarda l’Italia, poi, metto solo in evidenza come una stasi di un quarto di secolo nel nucleare abbia provocato, anche se meno di quello che si poteva temere, una pericolosa perdita di “know-how”, cioe’ di conoscenza. Molti dei giovani migliori hanno dovuto cercar fortuna all’estero, come chi vi ha scritto da Berkeley e – cercando invece fra i vecchi e mediocri – anche il sottoscritto che vi scrive da Boston. Questa tendenza andra’ in qualche modo invertita, “rifondando” (e questo e’ un termine cui sono affezionato…) innanzitutto la conoscenza nucleare in Italia: questo processo non potra’ avvenire istantaneamente, anche se le nostre universita’, in tempi molto bui, hanno mantenuto accesa una “fiammella nucleare” di conoscenza che adesso puo’ tornare molto utile, anche soltanto per gestire al meglio lo smantellamento dei vecchi impianti e la questione delle scorie, e per rimpolpare di buoni tecnci enti come l’ENEA.

Mi fermo qui. Ma io ritengo in sostanza che – forse – occorrerebbe abbandonare queste contrapposizioni. Io ho vissuto per anni la contraddizione di essere di sinistra ma di non oppormi al nucleare per partito preso, in un momento nel quale l’antinuclearismo era forse l’unica e ultima cosa che vedesse d’accordo tutta la sinistra, di qualunque sfumatura! Mi sono laureato in ingegneria nucleare un mese dopo l’incidente di Chernobyl e credo in questi anni di aver cercato di sviluppare un atteggiamento articolato verso questo problema, basato sui dati tecnici, uniti pero’ ad una presa di coscienza dovuta alla mia natura di “concerned scientist”. Ho denunciato con libri e conferenze, nella mia qualita’ di membro del “Comitato Scienziati e Scienziate contro la guerra”, l’utilizzo criminale dell’uranio impoverito a scopo militare e in generale i disastri che succedono quando il nucleare viene lasciato in mano ai militari.

Ma verso il nucleare civile – che pure con il nucleare militare ha una pericolosa cuginanza – occorre avere un atteggiamento differente: esso si sviluppera’ credo inevitabilmente nei prossimi anni, e sara’ un FATTO che ci dovremo trovare a fronteggiare al meglio: ci sara’ bisogno, magari proprio da parte di chi e’ stato contrario in passato, di una forte sorveglianza per evitare storture, abusi, cattiva gestione, sempre possibili soprattutto quando chi dovrebbe gestirlo – diciamoci la verita’ – ha una tradizione di corruzione, malgoverno, inefficienza, come l’attuale compagine governativa italiana.

Trovarmi, come mi e’ successo, nei dibattiti pubblici sul nucleare dalla stessa parte del signor Scajola, lo confesso, mi ha dato un brivido fastidioso: preferisco davvero trovarmi invece qui a confrontarmi con Paolo Ferrero, e con Christian, al quale faccio i migliori auguri per il futuro! (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità Natura Salute e benessere

La questione nucleare. Una tesi a favore.

da rispondeferrero.com, •Christian scrive:
28 gennaio 2010 alle 10:43

Caro Ferrero e cari tutti,
Mi scuso innanzitutto per il mio primo post un po’ aggressivo. Sono un Ingegnere Nucleare. Mi sono laureato in Ingegneria Energetica, studiando eolico e solare. Ho proseguito i mie studi negli stati uniti sulla fusione nucleare, son una tesi presso il MIT. Ho poi fatto un Master a UCLA e sto ora concludendo un dottorato all’Universita’ di Berkeley (tra le prime nel mondo per qualita’). Queste non sono proprio universita’ comuni, e conosco molto bene l’argomento nucleare e energie alternative. Sono un ricercatore e “un tecnico”. Premetto di non condividere nessuna delle politiche del governo Berlusconi e di non rispecchiarmi nella parte politica di berlusconi.

E’ vero che pero’ la politica nucleare non e’ sbagliata. Vi spieghero’ i motivi punto per punto e vi ringrazio se avrete la pazienza di seguirmi in questo post molto lungo. Spero anche che Ferrero possa seguirlo e avere la cortesia di rispondermi (con dati scientifici) non ideologicamente.
Allora innanzitutto dobbiamo chiarire che il referendum non dichiaravano la chiusura delle centrali, ne’ eliminavano la possibilita’ di costruirne nuove. Rendevano solo il quadro normativo piu’ difficile. I quesiti erano:

1. abolizione dell’intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l’apertura di una centrale nucleare nel suo territorio

2. Veniva chiesta l’abrogazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nucleari e di centrali a carbone

3. Veniva chiesta l’abrogazione della possibilità per l’Enel di partecipare all’estero alla costruzione di centrali nucleari.

Potete controllare questo su http://it.wikipedia.org/wiki/Referendum_abrogativi_del_1987_in_Italia , ma anche http://www.corriere.it/cronache/09_febbraio_24/scheda_referendum_nucleare_6865d61c-02b2-11de-adb7-00144f02aabc.shtml

I quesiti dunque eliminavano i finanziamenti alle comunita’ vicino alle centrali e davano il potere ai sindaci di opporsi alla costruzione delle centrali. Ma niente avrebbe vietato la costruzione di nuove centrali con un evenetuale sindaco favorevole. Di conseguenza la costruzione di nuove centrali nucleari in Italia non viola tecnicamente la volonta’ espressa dai cittadini col referendum. Le centrali furono poi messe in smantellamento dai governi Craxi e Andreotti, provocando una perdita di 50 miliardi di euro. Craxi prese poi tangente per la “riconversione” delle centrali nucleari. Oggi paghiamo ancora la penale all’enel per aver rotto il contratto, poiche’ non ha potuto produrre energia con le centrali costruite. Per paragone, in Svezia hanno avuto un referendum simile, ma hanno lasciato le centrali funzionare fino al loro naturale spegnimento proprio per non perdere i soldi della costruzione.

Vediamo ora le grandi critiche all’energia nucleare.
-Innanzitutto, ogni analisi economica sul nucleare include TUTTI i costi dall’estrazione dell’uranio, alla costruzione, allo smaltimento delle scorie. Questo perche’ le industrie devono pagare lo smaltimento delle scorie che e’ incluso nel costo di produzione, e soprattutto le industrie vogliono sapere esattamente quale sara’ il ritorno economico quindi i piani devono tener conto id tutto. In America, il nucleare e’ gestito esclusivamente dai privati che pagano i costi di costruzione, smantellamento e smaltimento scorie. Questi vogliono sapere esattamente dove andranno a finire, altrimenti non se ne fa nulla.

-Ma allora perche’ non si son costruite centrali negli ultimi anni? Per prima cosa, l’impatto delle politiche ambientaliste ha reso la costruzione assai meno accettabile dalla popolazione. Seconda cosa, le centrali a gas e olio sono piu’ facili da costruire, una volta raggiunto un 20% di energia da nucleare si e’ ritenuto che questo mix potesse essere sufficiente. Terzo fattore, le centrali durano per anni, le centrali negli USA hanno raggiunto i 40 anni di funzionamento e gli e’ stato dato il permesso per continuare a funzionare fino a 60 anni!! Le compagnie intanto parlano gia’ di potenziare i miglioramenti facendole durare fino a 80 anni! E’ per questo che l’investimento nel nucleare diventa conveniente, perche’ i costi di costruzione sono molti ma sono spalmati in un arco dai 40 agli 80 anni. Di solito, questi sono ammortizzati nell’arco di 15 anni, dopo i quali una centrale produce energia a basso costo.

-altra legittima domanda: l’uranio costa? Da dove viene? E per quanto bastera’? Innanzitutto si deve precisare che il costo dell’uranio incide sull’energia da nucleare solo per il 5-7%, il resto e’ dovuto ai costi di costruzione. Questo perche’ di uranio se ne consuma molto poco. In genere un reattore ha bisogno di un terzo di nuovo combustibile una volta ogni due anni! Inoltre, i maggiori produttori di uranio sono Canada e Australia, paesi amici e democratici, conseguentemente passare all’uranio eliminerebbe la corsa al petrolio nei paesei mediorientali. L’uranio si calcola basterebbe per 100 anni, ma il vero obiettivo non e’ andare tutto a uranio, ma produrre da nucleare un 30%, il che lo farebbe bastare per 300 anni. Inoltre, e’ gia’ commerciale la tecnologia per estrarre uranio dall’acqua di mare (l’acuqa di mare contiene piccole quantita’ di uranio) questo attualmente costa 3 volte l’uranio da miniera, ma considerando che l’uranio incide poco sul prezzo dell’energia nucleare, avremmo un aumento di questa pari solo al 10-20% in confronto alle centrali a gas e metano il cui prezzo energetico cresce in maniera diretta col costo del combustibile. Estrarre uranio dal mare equivale a usare una risorsa enorme e sempre disponibile.

-Chernobyl: l’incidente di Chernobyl e’ stao disastroso e credo sia la vergogna della pazzia e criminalita’ umana. Bisogna pero’ fare un po’ di informazione su questo. Innanzitutto la centrale era progettata con tecnolgia filo-russa che gia’ allora nell’europa occidentale era fuori legge per scarsa sicurezza. La notte dell’incidente i tecnici, assai inesperti, disattivarono tutti i sistemi di sicurezza per condurre test. Ora al di la’ della follia della disattivazione dei sistemi, e’ pura follia anche quella di condurre test in centrali di potenza funzionanti. La cosa che pero’ ha inciso di piu’ e’ che il reattore non era dotato di guscio di protezione. Ogni reattore ha un guscio esterno di protezione, che in caso anche del piu’ grave incidente possibile, tiene qualsiasi gas e radiazione all’interno della centrale, quindi la conseguenza di questo e’ che il peggior danno sia la non utlizzabilita’ della centrale. A Chernobyl per risparmiare non avevano fatto questo guscio (pazzi!) ma un soffitto del tipo di quello delle nostre case… Cosi’ i gas hanno sfondato il soffitto fuoriuscendo e contaminando l’area. Inoltre si era ai tempi dell’URSS, una dittatura che non ha avuto nessun interesse a proteggere i propri cittadini, li ha lasciati li’ per tre interi giorni nascondendo quel che era successo… Se fossero scappati subito, nel giro di poche ora, molti si sarebbero salvati. I danni da radiazione sono proporzionali a quanto si resta esposti…

– le energie rinnovabili: chiariamo subito non siamo indietro in questo settore. Andate su http://www.energy.eu il portale ufficiale dell’energia della UE e vi accorgerete che alla voce Renewables L’italia e’ la prima in Europa per idroelettrico e la terza per solare istallato e per eolico istallato! L’italia ha complessivamente piu’ eolico istallato della Danimarca! E la Danimarca riesce a raggiungere il 15-20% di produzione da eolico. Il fatto e’ che non si puo’ paragonare l’economia energetica della Danimarca un piccolo paese con quella dell’Italia, grande paese con grandi industrie manifatturiere. Se si vuole fare un paragone si deve paragonare l’Italia agli altri paesi del G8 e vi accorgerete che nessuno produce meno del 15-20% da nucleare.

-quale e’ la situazione del nucleare del mondo? Per chi lavora nel campo dal 2002 si parla di “rinascita del nucleare”. Perche’? beh sembra che il nucleare sia la scelta energetica di motti paesi: la Germania ha deciso di non chiudere le centrali, la Spagna di Zapatero ha appena prolungato il funzionamento delle centrali nucleari esistenti, la Francia sta costruendo nuovi reattori, UK ha in progetto la costruzione di 9 reattori, gli USA di 30 reattori, India e Cina una ventina a testa…E la Cina ha il piano ambizioso di costruirne 100. Obama che pur sta andando avanti molto sulle rinnovabili, ha detto che l’energia nucleare dovra’ passare dal 20% al 30% di produzione entro il 2030. Nucleare e rinnovabili non sono in competizione esse sono entrambe parte della soluzione, se davvero ci si vuole liberare dai combustibili fossili. Informazioni sulla politica dei paesi li trovate su http://www.world-nuclear.org cercando il nome del paese. Purtroppo sembra impossibile trovare informazioni scientifiche in italiano.

-ma le rinnovabili? Buona domanda. Allora se pensiamo che la CO2 sia il vero problema la risposta sono rinnovabili e nucleare. Innanzitutto e’ bene precisare che queste non sono in conflitto, non lo sono in nessun paese solo in italia piace metterle l’uno contro l’altro… creando una battaglia che non ha senso. Innanzitutto credo che il nucleare non debba aver nessun finanziamento pubblico in USA e’ un mercato economico che non ha bisogno di soldi pubblici. L’eolico e solare sono finanziati molto dallo stato, altrimenti sono affari in perdita, guardate uno dei depliant per istallare i pannelli solari e controllate i contributi statali. Questo perche’ l’Italia non e’ una zona ventosa tranne forse sardegna e sicilia e l’eolico produce molto poco…Il solare e’ costoso circa tre volte il nucleare (si veda su internet “the MIT study on nuclear power”) perche’ gli impianti durano solo 20 anni e l’efficienza si aggira sul 17-20% e di notte non produce…Inoltre non si aspettano grandi progressi o diminuzioni di costi perche’ la tecnolgia e’ ormai matura. Insomma le rinnovabili hanno grandi possibilita’ di sviluppo su scala piccola e locale. Si puo’ pensare di mandare una casa a solare, ma non certo un industria come la FIAT. Nelle migliore previsioni dei tecnici le rinnovabili potrebbero raggiungere un 15% in un paese sviluppato e di grande popolazione.

-terza, quarta generazione? Allora chiarifichiamo una volta per tutte la quarte generazione non esiste! Ci sto lavorando anch’io su questi progetti. La quarta generazione sara’ forse commerciale nel 2040. Quindi vuol dire che in questi 30 anni possiamo usare la terza, o per la verita’ il suo avanzamento la 3+. I reattori 3+ sono sostanzialmente due: la tecnologia francese EPR, e l’americana-giapponese AP1000. EPR e’ quello che vorrebbero costruire in Italia, si tratta dle top della tecnologia che e’ possibile costruire oggi.

-danni alla salute: le centrali nucleari sono studiate per non emettere radiazioni sulle abitazioni circostanti, sono completamente schermate per tale scopo. C’e’ anche da ricordare che la radiazione per fare danni deve essere significativa, almeno deve essere paragonabile alla radiazioni di background cioe’ quella che il terreno sprigiona normalmente. Questa non e’ uguale in tutto il territorio, ad esempio nel viterbese e’ 4 volte superiore alla media, e in India 50 volte superiore all’Italia, senza che questo abbia effetti sulla popolazione. Ora ci sarebbe da preoccuparsi invece delle malattie respiratorie dovute alla centrali a olio, ma soprattutto delle emissioni delle centrali a carbone (che in italia producono il 16% dell’energia). Il carbone bruciando contiene particelle di uranio che bruciando immette nell’aria dando una radioattivita’ non trascurabile alla popolazione. Si veda a tal proposito http://www.scientificamerican.com/article.cfm?id=coal-ash-is-more-radioactive-than-nuclear-waste su Scientific American. Ma perche’ nessun ambientalista si scaglia contro il carbone? O fa un referendum contro le centrali a carbone? Mistero…

-Domanda finale: le scorie? Ecco questo puo’ il problema sul quale discutere seriamnete sul nucleare. Allora innanzitutto cerchiamo di quantificarle. Se usiamo il riciclaggio delle scorie come fanno in Francia una centrale da 1000MW produce circa 1 metro cubo di scorie da paragonare con 2000 milioni di tonnellate di CO2 per la stessa produzione di energia. Dove le mettiamo? Negli USA le stanno mettendo in depositi salini. Questi depositi slaini sono stati stabili per 250 milioni di anni. Se le scorie vengono interrate in questi depositi, resteranno confinate dal peso del sale intorno e sono confinate al sicuro. Per avere un’idea si puo’ guardare il video (in inglese) del deposito di scorie tarnsuraniche USA: http://www.wipp.energy.gov/general/general_information.htm

Spero di avervi dato un quadro piu’ completo e spero di ricevere domande e interesse, senza usare ideologia contro il nucleare, potete contattarmi su christiandis@yahoo.it
(beh, buona giornata)

Share
Categorie
Attualità democrazia

AAA Partito democratico Vendola(si).

Lettera aperta a Nichi Ve (da il manifesto del 27 gennaio 2010)

Caro Nichi, colgo l’occasione di questo comune giorno di festa per porti una domanda: perché la positiva dinamica che abbiamo messo in moto in Puglia non può essere ripetuta anche nelle altre parti d’Italia?

Nella tua regione, di fronte all’arroganza del gruppo dirigente del PD abbiamo fatto fronte comune. Prima rifiutando la proposta che tu non venissi candidato e poi con il comune sostegno alla tua candidatura nelle primarie. Questo fronte comune ha vinto e il tuo splendido risultato ne è la testimonianza.

In Puglia ha cioè funzionato nei fatti una coalizione di sinistra di alternativa, in grado di tenere un profilo politico autonomo dal PD, che è riuscito, come riuscimmo nel 2005, a vincere le primarie. Una coalizione di sinistra di alternativa che ha aperto contraddizioni nel PD proprio in quanto ha saputo agire con una soggettività propria, non subalterna o manovriera. Si è fatta una battaglia limpida, senza sotterfugi, sia sul piano politico che su quello dei contenuti e la chiarezza ha pagato.

Del resto quando ci siamo visti e sentiti nelle settimane scorse proprio questo punto avevamo messo al centro. Di fronte ad un PD che è caratterizzato da una deriva centrista, con tratti di vera e propria subalternità all’UdC, abbiamo convenuto sulla necessità di coordinare le forze della sinistra al fine di incidere positivamente nella discussione in tutte le regioni. Nella reciproca autonomia avevamo individuato la necessità di unire gli sforzi, di fare una battaglia comune, di evitare che il PD potesse metterci gli uni contro gli altri nella ridefinizione moderata del suo asse politico.

In tutta franchezza , proprio questa battaglia comune a me pare sia venuta meno. Mentre in Puglia abbiamo agito concordemente, questo non avviene nelle altre regioni d’Italia.

Non ho lo spazio per fare una disanima complessiva per cui mi soffermerò solo sul caso della Lombardia, che a me pare emblematico. In questa regione Sinistra e Libertà ha deciso di sostenere Penati a candidato a Presidente proprio mentre questo ha posto un veto sulla presenza della Federazione della Sinistra nella sua coalizione. Qui ci troviamo in una situazione incredibile: il candidato del PD decide di porre una discriminante anticomunista per far parte della sua coalizione e si caratterizza su contenuti che sono grosso modo l’opposto dei contenuti che tu hai sostenuto nelle primarie pugliesi. Sinistra e Libertà, invece di fare battaglia politica e di rompere con Penati, decide di partecipare alla sua coalizione. Mentre in Puglia la sinistra, insieme, ha ottenuto un risultato straordinario, in Lombardia Sinistra e Libertà si fa strumento del tentativo di distruzione della sinistra da parte di Penati.

Caro Nichi ti chiedo quindi di battere un colpo. Se i ricatti non si possono accettare in Puglia, non debbono essere accettati nemmeno in Lombardia. Se è possibile lavorare per l’alternativa in Puglia, deve essere possibile farlo anche altrove. La primavera non la si costruisce in una regione sola.

Paolo Ferrero
(Beh, buona giornata)

Share
Categorie
Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Una fotografia della carta stampata a sinistra in Italia.

(fonte: blitzquotidiano.it)
Le voci della sinistra si sono moltiplicate e l’offerta in edicola è ampia e variegata. Si espande infatti la galassia di carta con risultati sorprendenti (anche se non tutti i giornali sono certificati), e con una nuova platea che si fa largo: Il Fatto è la sorpresa di quest’anno, l’Unità è in buona salute e cresce rispetto all’anno scorso, più o meno stabili Liberazione e il Manifesto così come il Riformista.

Nell’elenco ci sono anche Gli altri di Piero Sansonetti (4000 copie vendute), e Terra che rappresenta l’istanza ecologista. Il Fatto è l’ultimo arrivato, seguito – ma solo in questo – nella sua scelta di rinunciare ai finanziamenti pubblici – dal Clandestino, il quotidiano di David Parenzo e Pierluigi Diaco in edicola da qualche giorno.

Il giornale fondato da Antonio Padellaro e Marco Travaglio – considerando i dati – è il fenomeno dell’anno: nato il 23 settembre, dopo una campagna di promozione che ha attraversato tutta l’Italia, si è assestato nell’ultimo mese su una media di 65 mila copie vendute. Nei suoi primi trenta giorni di vita la media è stata di 75 mila. In più ci sono i quarantunomila abbonamenti postali e on line.

Un giornale da centomila copie: il picco con 133 mila l’8 ottobre, il giorno dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il Lodo Alfano. Dieci redattori, venti pagine, tante firme, collaboratori autorevoli e free lance anche all’estero, Il Fatto rappresenta un nuovo pubblico e ‘pesca’ in una inedita fetta di mercato: i lettori mostrano di apprezzare il giornale con le sue scelte nette e per la riuscita integrazione con Internet.

Nel momento della sua uscita, l’idea comune era che avrebbe portato via copie ai suoi ‘fratelli’, primo fra tutti l’Unità, ma questo non è accaduto. L’Unità, firmata da Concita De Gregorio dal 25 agosto 2008, è in crescita: a ottobre l’indice positivo è del 9,8 %, 55.672 copie di media giornaliera contro le 50.716 dell’ottobre del 2008 (dati Fieg).

Il Fatto ha quindi raccolto consensi in altri e inesplorati ambiti: i suoi lettori – secondo gli analisti – sono giovani, più vicini ad Antonio Di Pietro che a Pierluigi Bersani, quelli che riempiono teatri e piazze alle presentazioni dei libri di Marco Travaglio e agli spettacoli di Sabina Guzzanti, lontani dai partiti tradizionali e contro Silvio Berlusconi. Una conferma a questa tesi arriva dai dati riguardanti gli altri giornali.

Il Manifesto, storica testata diretta da Valentino Parlato e gestita da un collettivo di giornalisti, secondo i dati forniti dal giornale, vende circa 24 mila copie giornaliere (primo semestre 2009) , senza registrare particolari fluttuazioni rispetto al 2008. Né rispetto all’uscita del Fatto: nei giorni successivi al 23 settembre ha accusato un calo temporaneo di 400-500 copie.

Stabile Liberazione, organo di Rifondazione Comunista: le vendite – spiegano al giornale – sono di circa 10 mila copie al giorno. Un nocciolo duro di lettori rimasti fedeli alla linea del direttore Dino Greco subentrato a Piero Sansonetti, rimosso dal suo incarico per volontà della segreteria di Rifondazione guidata da Paolo Ferrero.

Sansonetti, per cinque anni alla guida di Liberazione, ha dato vita a Gli Altri. Il primo numero è uscito il 12 maggio di quest’anno: la vendità è di circa 4000 copie. Il Riformista completa il puzzle: il quotidiano, fondato da Antonio Polito e ideato dall’ex consigliere politico di Massimo D’Alema, Claudio Velardi, è stabile su 12-15 mila copie vendute, secondo le cifre fornite dallo stesso giornale. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità democrazia Media e tecnologia

No B Day, sale dal web la protesta contro il governo Berlusconi.

Il comitato “No Berlusconi Day”, nato su Facebook per iniziativa di un gruppo di blogger democratici, indice per il prossimo 5 dicembre, a Roma, una manifestazione nazionale per chiedere le dimissioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.-nobdaysupporto@gmail.com

ILTESTO DELL’APPELLO
A noi non interessa cosa accade se si dimette Berlusconi e riteniamo che il finto “Fair Play” di alcuni settori dell’opposizione, costituisca un atto di omissione di soccorso alla nostra democrazia del quale risponderanno, eventualmente, davanti agli elettori. Quello che sappiamo è che Berlusconi costituisce una gravissima anomalia nel quadro delle democrazie occidentali -come ribadito in questi giorni dalla stampa estera ce definisce la nostra “una dittatura”- e che lì non dovrebbe starci, anzi lì non sarebbe nemmeno dovuto arrivarci: cosa che peraltro sa benissimo anche lui e infatti forza leggi e Costituzione come nel caso dell’ex Lodo Alfano e si appresta a compiere una ulteriore stretta autoritaria come dimostrano i suoi ultimi proclami di Benevento.

Non possiamo più rimanere inerti di fronte alle iniziative di un uomo che tiene il Paese in ostaggio da oltre15 anni e la cui concezione proprietaria dello Stato lo rende ostile verso ogni forma di libera espressione come testimoniano gli attacchi selvaggi alla stampa libera, alla satira, alla Rete degli ultimi mesi. Non possiamo più rimanere inerti di fronte alla spregiudicatezza di un uomo su cui gravano le pesanti ombre di un recente passato legato alla ferocia mafiosa, dei suoi rapporti con mafiosi del calibro di Vittorio Mangano o di condannati per concorso esterno in associazione mafiosa come Marcello Dell’Utri.

Deve dimettersi e difendersi, come ogni cittadino, davanti ai Tribunali della Repubblica per le accuse che gli vengono rivolte.

Per aderire alla manifestazione, comunicare o proporre iniziative locali e nazionali di sostegno o contattare il comitato potete scrivere all’indirizzo e-mail: nobdaysupporto@gmail.com
(Beh, buona giornata)

Share
Categorie
Finanza - Economia Lavoro Pubblicità e mass media

Per uscire dalla crisi bisogna rilanciare i consumi. Come si rilanciano i consumi? Aumenti salariali uguali per tutti.

Paolo Ferrero (prc) e le gabbie salariali: 200 euro netti di più per tutti, in busta paga, come aumenti di paga e minori tasse-blitzquotidiano.it
Il segretario del Prc, Paolo Ferrero, non solo è contro il ripristino delle gabbie salariali, ma vuole un aumento per tutti. Che poi “tutti” voglia dire che ne sono esclusi i dipendenti senza contratto regolare, non tutelati dallo statuto dei lavoratori né iscritti al sindacato, conta poco. Di fronte all’estremismo della proposta della Lega, una reazione altrettanto netta e estremista ci voleva.

Se si legge la dichiarazione di Ferrero controluce, ci si trova il riferimento a uno degli ostacoli principali dello sviluppo italiano, la scarsa capacità di spesa delle classi alla base della piramide sociale.

La ricetta di Ferrero, al di là della provocazione, tocca quindi il cuore del problema: o si aumentano gli stipendi o si riducono le tasse. In ogni caso è un fatto che può riguardare solo chi è già inserito nel mondo del lavoro con un regolare contratto, che poi vuole dire la maggioranza dei dipendenti italiani. Chi lavora in “nero” non ha, se non altro, problemi di tasse.

Ha dichirato Ferrero: «La discussione sulle differenziazioni dei salari che il governo continua a alimentare, oggi con il ministro Sacconi, serve in realtà soltanto a abbassare il livello medio dei salari stessi. La vera questione non è introdurre differenziazioni, che servono solo a mettere i lavoratori gli uni contro gli altri: la questione è aumentare i salari in modo generalizzato di 200 euro al mese, da introdurre in busta paga sia attraverso detrazione fiscali sia con maggiori erogazioni». (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Finanza - Economia Lavoro

Dopo la Innse di Milano, ora tocca al Lasme di Melfi: la calda estate della classe operaia italiana.

Melfi/ Ferrero esprime solidarietà ai lavoratori del Lasme, un’azienda in crisi. “La lotta dell’Innse sia da esempio”-blitzquotidiano.it

Paolo Ferrero esprime solidarietà ai lavoratori del Lasme, un’azienda in crisi che si trova vicino Melfi, in Basilicata. «Quanto accade alla Lasme, ci parla ancora una volta di come in Italia la politica e il padronato intendano affrontare la crisi – ha detto il segretario di Rifondazione Comunista – riversando i suoi costi sempre e solo sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori. Sono ben 174 i lavoratori a cui è stato comunicato che rischiano il posto di lavoro».

Continua Ferrero, affermando che «la Lasme, in gran segreto, nelle ultime settimane, si era trasformata in S.r.l. con l’evidente intento ad aggirare alcuni degli obblighi previsti per la messa in liquidazione di una società per azioni».

Per l’esponente di Rifondazione «sembra, a prima vista, una storia industriale come tante: una famiglia industriale che arriva nel Mezzogiorno grazie agli incentivi statali e regionali, apre la sua azienda, si avvantaggia della diversificazione contrattuale e, alla prima occasione, chiude per spostare la produzione altrove».

«Il sostegno del partito della Rifondazione comunista non è solo un fatto formale – ha concluso Ferrero – Stiamo partecipando con i lavoratori al presidio permanente organizzato per impedire al padrone di portarsi via i macchinari. La lotta dell’Innse non è che un esempio di quello che i lavoratori italiani possono fare: la crisi se la paghino i padroni». (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Popoli e politiche Società e costume

Elezioni europee, ecco parole buone e nutrienti come la Nutella Ferrero.

Comunicato stampa. Dichiarazione di Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc-Se.-da unaltraeuropa.eu

Basta con le chiacchiere sulle amanti e le amiche del premier, basta con i gossip e le polemiche da salotto. La politica italiana deve tornare a misurarsi con i problemi reali del Paese, in particolare con la crisi economica, sempre più grave.
Come lista comunista avanziamo una proposta concreta, fattibile e dalla rapida applicazione: usare i fondi già stanziati per il Ponte sullo Stretto di Messina, i tanti miliardi spesi per comprare cacciabombardieri F35 e quelli previsti per costruire centrali nucleari per un fine dal fortissimo impatto sociale ed economico, ridurre le tasse ai lavoratori e ai pensionati e garantire la cassa integrazione all`80% per tutti coloro che hanno perso il posto di lavoro. Governo e forze politiche si misurino con questa e altre proposte concrete sul tappeto, non con le polemicucce fatte a colpi di gossip e di retroscena pruriginosi.(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità Lavoro Leggi e diritto Popoli e politiche

Come si chiama il segretario di Rifondazione comunista: Ferrero o Tafazzi?

Terremoto, Abruzzo, Tasse e Imposte/ Ferrero (Prc): tassare i ricchi (cioè quelli sopra i 4.500 euro netti mese) da blitzquotidiano.it

Tassare i ricchi, è lo slogan di Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista. Principio sul quale quasi tutti convengono. Ma quando passa a definire chi è ricco, Ferrero indica la soglia di 100 mila euro lordi annuo di reddito lordo. Data l’attuale pressione fiscale diretta oggi in Italia, la cifra si traduce in uno stipendio intorno ai i.500 euro netti al mese. E si dice stipendio, perché di solito le imposte sul reddito colpiscono soprattutto i dipendenti, cui vengono prelevate direttamente dalla busta paga: anzi, i dipendenti, quei soldi manco li vedono. Invece gli autonomi e i commercianti si arrangiano e i padroni pagano solo il 20% sui dividendi. E con i padroni, nemmeno il comunista Vincenzo Visco, che pure ha infierito sui dirigenti d’azienda, non ha avuto il coraggio di prendersela.

E questi sono i concetti di Ferrero, come riportato dall’agenzia di stampa Agi:” Altro che spostare capitoli e voci di spesa. Per finanziare la spesa necessaria per la ricostruzione del post-terremoto in Abruzzo, il ministro Tremonti vuole mettere a repentaglio la spesa pubblica, possibilmente tagliandola ancora di più di quanto non abbia già fatto il suo governo, ma si tratta di una misura del tutto sbagliata e inutile. Per finanziare la ricostruzione c’è una strada, ed è molto semplice: basta aumentare le tasse ai ricchi, introdurre una tassa sui grandi patrimoni, tassare le rendite finanziarie, aumentare le tasse per i redditi sopra i 100 mila euro. Ecco un modo semplice ed efficace per garantire la ricostruzione”. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità

Paolo Ferrero e il “benaltrismo”.

di IAIA VANTAGGIATO il manifesto.it

L’argomento riguardava Dario Franceschini e la sua proposta di tassare, una tantum, i redditi più alti. Ma nel mirino è finito soprattutto Paolo Ferrero. Molti dei post inviati a commento del nostro articolo sulla proposta Franceschini, infatti, se la sono presa con il segretario del Prc e con le critiche da lui rivolte al collega segretario del Pd. Per l’occasione, gli internauti del “manifesto”, hanno coniato un brillante neologismo – “benaltrismo” – per definire l’abitudine a disprezzare ogni piccolo passo impugnando la necessità di fare molto di più: “ben altro”, appunto. Inevitabile, dunque, chiedere anche al leader del Prc, oltre che a quello del Pd, di rispondere direttamente alle critiche. Ferrero ha risposto subito. Fanceschini è titubante, ma lo attendiamo fiduciosi.
Cosa risponde Paolo Ferrero a Roberto Grienti, che per criticare Ferrero risale addirittura al Lenin secondo cui “tutto ciò che riusciamo a strappare alla borghesia lo pigliamo come acconto di quanto ci è dovuto”? A mettere in discussione Lenin, il segretario di Rifondazione comunista non ci pensa neppure. Però precisa: “L’elemosina è meglio di un calcio nello stomaco ma la pesantezza della crisi è tale che, se anche una proposta di questo tipo fosse realizzata, avrebbe effetti limitati. All’origine della crisi c’è la cattiva distribuzione del reddito.Per uscirne è necessario proporre misure continuative e non la solita ‘una tantum’. Essere solidali con i più poveri non basta”.
Ma sul leader rifondatore piovono accuse ben più pesanti, prima fra tutte quella di essere stato succube di Padoa Schioppa e “della scellerata politica antipopolare del governo Prodi”. La risposta, qui, è immediata: “Ho sempre contrastato le politiche di liberismo moderato del governo, tant’è che non ho votato il Dpf , nemmeno quello del 2006. Ma ci tengo anche a sottolineare che non è vero che Rifondazione, come dice qualcuno, si è pronunciata contro il salario sociale ai disoccupati. Al contrario: l’abbiamo riproposto. E tuttavia, almeno in parte, condivido la provocazione implicita nell’accusa: la nostra partecipazione al governo Prodi è stata fallimentare proprio perché non siamo riusciti a far rispettare il programma e dunque a ottenere risultati concreti”.
Fede (si firma così) giura di “non capire” Ferrero: “Non gli è bastata la batosta elettorale? Devono sempre rilanciare perchè loro sono ‘veramente’ di sinistra? Questo è il modo per ricevere il massimo consenso con una richiesta popolare ma non troppo onerosa. Ma a noi di sinistra ci fa veramente schifo vincere?”. “Ma Berlusconi – risponde Ferrero – ha fatto il contrario”. Il contrario? “Certo, ha fatto cose molto più radicali, dalla legge 30 al federalismo alla demolizione del contratto nazionale di lavoro. Berlusconi si muove in modo più radicale e, sul terreno minimalista, vince perché non c’è differenza tra la proposta di Franceschini e la ‘social card’, neanche dal punto di vista quantitativo. Lo voglio ripetere: sulla gestione minimalista della crisi vince Berlusconi perché è il più radicale. Quanto alla batosta elettorale, secondo me è derivata dal non essere riusciti a portare a casa nulla nei venti mesi del governo Prodi”.
Sia chiaro, c’è anche chi, come Ida, concorda con la tesi di fondo del segretario di Rifondazione: “Anch’io sono convinta, come Ferrero, che sono indispensabili riforme strutturali”. Però, aggiunge, “ci sta cadendo addosso qualcosa di talmente grande e spaventoso che qualunque misura va bene. Quella di Franceschini “in fondo è una proposta che toglie ai ricchi per dare ai poveri”. Insomma, come commentava Alberto Piccinini, sulle pagine del manifesto di oggi, “E’ finito il tempo del benaltrismo”. Benaltrismo? E che vuol dire? Lo spiega, tra gli altri, Guido: “Bravo Ferrero, continua così, ‘il problema è un altro’, bisogna sempre sentirsi più a sinistra degli altri, oltre, nel blu dipinto di blu”. Ma Ferrero si sente almeno un po’ ‘benaltrista’? Proprio no: “Io penso solo che bisogna porre in modo radicale il tema della redistribuzione del reddito, magari ottenendo risultati limitati ma avendo sempre chiara la grandezza del problema. Questo voi lo chiamate ‘benaltrismo’?” Scusi segretario, ma per una volta siamo innocenti: il termine l’hanno coniato i nostri lettori.
Neologismi a parte, c’è davvero una differenza rilevante tra quel che fa la Rifondazione di Ferrero e la proposta del segretario piddino? In fondo, chiede Adolfo Miglio, “cosa voleva fare lui di diverso con la vendita del pane ad un prezzo politico?” . “In quell’iniziativa – risponde il segretario di Rifondazione comunista – giocava un principio di organizzazione popolare di tipo mutualistico. Il mutualismo sta assieme e non al posto delle lotte radicali per il reddito e per il potere. Se domani la proposta di Franceschini venisse approvata ci troveremmo di fronte a un fatto positivo e non negativo. Però sempre di elemosina si tratta, perché dietro quella proposta manca una piattaforma di redistribuzione strutturale del reddito. Per amore di cronaca vorrei, inoltre, aggiungere che anche noi proponemmo la tassazione delle rendite finanziarie. Un provvedimento che il governo Prodi aveva approvato, ma che proprio Franceschini bloccò in aula quando era capogruppo del Pd”.
Non sarà che Ferrero teme – come scrive Gianni 46 – che il Pd diventi di sinistra? Macché: “Io spero che il Pd diventi di sinistra e che, ad esempio, appoggi la Cgil per difendere il contratto nazionale di lavoro che vale un po’ di piu di 500 milioni di euro”.
L’ultima provocazione arriva da Carlo M. : “Ferrero è contrario alla proposta? Che dire? Anche Berlusconi è contrario. Del resto Ferrero era quello che da ministro manifestava contro il proprio governo…”. A provocazione secca, risposta secca: “Non ho mai manifestato contro il governo. A differenza di Mastella e di Fioroni. Resto tuttavia convinto che se durante quel governo ci fossero stati più scioperi e più manifestazioni sindacali forse sarebbe andata meglio”.
La parola, se vuole, a Franceschini. (Beh, buona giornata).

Share
Follow

Get every new post delivered to your Inbox

Join other followers: