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3DNews/Lusi e Margherita: una nuova versione della famosa canzone di Cocciante.

“ Margherita”, scoperta una versione hard. Cocciante fa causa a Lusi
di Velociraptor

Dopo la guerra delle battute rubate tra Crozza e il web, arriva la battaglia delle canzoni sul caso Lusi. Ci si divide tra chi aveva intuito tutto da anni leggendo i testi di “ Lucy in the sky with diamonds “ e chi invece sostiene che Parisi aveva denunciato tutto in anticipo perchè da sempre è stato un appassionato di Cocciante. Gli ultimi ritrovamenti dei magistrati, ovvero una sceneggiatura inedita della videoclip di “Margherita”, ritrovata nascosta in un ripostiglio dell’ultima villa comprata da Lusi, sembrano avvalorare la seconda tesi. Ecco infatti lo script originale con i suggerimenti delle inquadrature per il video, per il quale Cocciante ha già diffidato Lusi. Senza sapere che è già pronta per un’edizione della sora Cesira :

“ Margherita” di Cocciante- Lusi- Fioroni

Io non posso stare fermo
con le mani nelle mani,
tante cose devo fare
prima che venga domani…

vediamo firme in veloce successione su assegni bancari

E se Rutelli sta dormendo
io non posso riposare,
farò in modo che al risveglio
non mi possa più scordare.

Lusi al computer di notte che scorre indici di Borsa

Perché questa brutta Borsa
non sia nera più del nero,
comprerò una bella casa
e risparmierò sul serio

vediamo una delle case di Lusi dall’esterno

E perché l’orrido spead
possa non tornare no fax payday loans canada ancora,
spendo soldi domattina
come non ho fatto ancora…

vediamo macchine contasoldi in azione frenetica

E per poi farli incantare
senza avermi mai sgamato
io mi muoverò in silenzio
che nessuno ha mai sentito…

vediamo Rutelli, Marini e Franceschini che parlano con Lusi

Sveglierò tutti gli agenti
e promotori finanziari
investiamo ancor più soldi
perché lei vuole un villone.

Scorrono immagini della moglie di Lusi in Agenzie immobiliari

Poi corriamo per le strade
e mettiamoci a cercare,
perché qui non serve gloria,
ma bensì un restauratore,
poi con secchi di vernice
ripittiamo tutti i muri,
case, vicoli e palazzi,
perché salgon di valore

in successione, cartelli di vendesi di case

raccogliamo tutti i soldi
che può darci questa sigla,
costruiamoci una villa,
per tornarci quando è sera.

Immagini di manifesti in campagna elettorale

Poi saliamo in direzione
e contiamole una balla,
perché Margherita è buona,
perché Margherita è bella,
perché Margherita è dolce,
perché Margherita è scema,
perché Margherita paga,
e lo fa una vita intera.

Vediamo Parisi arrabbiato che lascia un riunione

Perché Margherita è un sogno,
perché Margherita è soldi,
perché Margherita è un conto
che non può mai andare male,
perché Margherita è tutto,
ed è lei la mia pazzia.
Margherita, Margherita,
Margherita adesso è mia,
Margherita è mia…

Lusi porta un mazzo di margherite al manifesto della Margherita.

Soldi che vanno, soldi che vengono.
(Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

Partito democratico: Romano Prodi giubila Luigi Bersani.

di Romano Prodi-ilmessaggero.it
I lettori mi perdoneranno se, di fronte all’ennesima discussione sulla riforma del Partito democratico, mi permetto di riprendere, con solo qualche aggiornamento, le proposte che, meno di un anno fa, ho fatto sulle colonne di questo stesso giornale. Il rumoroso dibattito post-elettorale sul ruolo dei partiti politici e sul loro rapporto con i cittadini mi riporta infatti indietro di qualche decennio quando, di fronte all’irreversibile crisi della Democrazia cristiana, proposi di costruire il partito su base strettamente regionale ma con un forte patto federativo nazionale. In poche parole si sarebbe dovuto dare vita al Partito popolare lombardo, emiliano, laziale o siciliano ma tutti questi partiti sarebbero stati obbligatoriamente federati alla Democrazia cristiana italiana. Non se ne fece nulla perché gli avvenimenti presero la mano prima ancora che il dibattito potesse essere nemmeno iniziato. E forse non sarebbe comunque iniziato.

Mi sembra oggi utile per il Partito democratico dare spazio a questo dibattito che si è finalmente riaperto. Il risultato delle elezioni è stato infatti inferiore alle attese e la comune interpretazione di questo risultato è che la struttura del partito stesso sia diventata fortemente autoreferenziale, con rapporti troppo deboli con il territorio e con i problemi quotidiani degli italiani, messi in secondo piano dai ristretti obiettivi dei dirigenti e delle correnti.

Per questo motivo sento che sia opportuno ritornare su quella vecchia idea. Gli iscritti al Partito democratico di ogni regione italiana dovrebbero cioè eleggere, naturalmente tramite le primarie, il proprio segretario regionale. L’esecutivo nazionale dovrebbe essere semplicemente formato dai venti segretari regionali, avendo il coraggio di cancellare gli organi nazionali che si sono dimostrati inefficaci. A questi venti “uomini forti” dovrebbe essere demandato il compito di eleggere il segretario nazionale, di decidere sulle grandi strategie politiche del partito e, naturalmente insieme agli organi regionali, le candidature per le rappresentanze parlamentari. La forza dei segretari regionali dovrebbe essere ponderata non in base agli iscritti ma in base ai voti riportati alle elezioni politiche, perché il raccolto di un partito non si basa sulle tessere ma sui voti.

Penso quindi a un esecutivo del partito formato esclusivamente dai segretari regionali, senza le infinite code di benemeriti e aventi diritto, compresi gli ex segretari del partito e gli ex presidenti del Consiglio. La politica del partito deve essere infatti esclusivamente decisa da coloro che, essendo scelti tramite elezione, rispondono direttamente alla base del partito.

È evidente che tutto questo corrisponde alla necessità di un serio federalismo nel quale Nord e Sud siano correttamente rappresentati e in cui si discuta in modo chiaro e definitivo la linea da seguire oggi in Parlamento e, domani, al governo.

Se si pensa in modo coerente ad un’Italia federale, questo federalismo deve infatti partire dai partiti che, nonostante la generale crisi in cui versano, sono anche oggi l’insostituibile fondamento di ogni sistema democratico.

Questa riflessione sul federalismo non vale naturalmente solo per il Partito democratico: ritengo infatti che nessuna grande decisione sul futuro del Paese possa essere presa senza che ad essa partecipino in modo determinante i rappresentanti di tutte le regioni italiane. Ritengo però che sia ancora più necessaria per il Partito democratico che, per completare le fusione delle radici storiche che lo compongono, ha più degli altri bisogno di rinnovare i modelli di reclutamento della sua classe dirigente e di costruire un luogo in cui le decisioni prese non possano più essere messe in discussione. Non si può infatti continuare con dibattiti senza fine nei quali si ritorna sempre al punto di partenza e ogni decisione viene sentita come provvisoria, per cui, ad esempio, dopo avere optato per il cancellierato si ritorna al presidenzialismo e dal presidenzialismo si finisce con la scelta di non cambiare nulla, senza che si capisca come e da chi tutto questo venga deciso. La trasparenza esige che ci sia una sede in cui si discuta in modo aperto e si decida la linea del partito senza che essa possa essere messa in discussione da interviste o dichiarazioni di leader o di notabili.

Certamente questo implica un cambiamento radicale della vita del partito e della formazione della sua classe dirigente e accentra sui venti segretari regionali poteri e responsabilità alle quali il Partito democratico non è familiare. Questo mi sembra tuttavia l’unica soluzione per fare funzionare un partito in modo trasparente ed efficiente in un momento in cui tutti dicono di volere il federalismo ma in cui nessuno lo vuole costruire in modo democratico e rispettoso delle esigenze di tutto il Paese.

Naturalmente tutto questo può funzionare solo se si impongono durissime regole di pulizia e di trasparenza nelle procedure di tesseramento. Tutto questo potrebbe sembrare una banalità ma, a oltre 60 anni dall’approvazione della Costituzione non si è ancora dato concreta realizzazione all’art. 49, che dice con estrema chiarezza che i cittadini hanno diritto di associarsi in partiti per concorrere “con metodo democratico” a determinare la politica nazionale. Cominci quindi il Partito democratico a volere l’attuazione di questo articolo, se non altro perché i suoi elettori sono più vigili di tutti gli altri quando si tratta di trasparenza e di democrazia. Questo non è un vizio ma una virtù.

Mi accorgo che queste osservazioni sono guidate dall’astrattezza di chi è ormai fuori dalla politica. Esse mi sembrano tuttavia utili per spingere all’approfondimento di un indispensabile dibattito. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

La mappa delle alleanze: ecco quello che farà la Sinistra alle elezioni regionali 2010.

da Liberazione di giovedì 18 febbraio 2010

Il punto sulle regionali. La Federazione della Sinistra va da sola anche in Lombardia e Marche
Campania, contro le due destre si candida Paolo Ferrero

Checchino Antonini-da Liberazione

E’ stato lo stesso Paolo Ferrero a dare la notizia al suo arrivo a Napoli nel pomeriggio di ieri: sarà proprio il segretario nazionale del Prc, il candidato Presidente della Federazione della Sinistra alla guida della regione Campania.
“De Luca non è un candidato di sinistra – spiega a Liberazione – invece in Campania c’è bisogno di sinistra. Le critiche e la discontinuità che abbiamo chiesto spesso a Bassolino non si risolvono tornando ad Achille Lauro (controversa figura di armatore e sindaco populista e reazionario di Napoli negli anni ‘50, ndr), ma guardando al meglio di ciò che la sinistra ha prodotto in Campania e quindi guardando a Maurizio Valenzi (prestigiosa figura di sindaco comunista di Napoli negli anni ‘70, ndr)”.
Con la candidatura di un leader nazionale, per di più piemontese, “vogliamo sollevare il problema politico di una regione dove si sfidano due candidati di destra – conclude Ferrero – non mi pare un fatto amministrativo”.

La genesi della decisione nelle parole di Tommaso Sodano, ex presidente della commissione ambiente del Senato: “Avevamo chiesto discontinuità con la stagione di Bassolino, ma il Pd non ha mai dato segnali di disponibilità in questo senso”.

Infatti, in una prima fase s’erano profilate primarie tutte dentro lo scontro nel Pd: l’assessore bassoliniano Marone contro De Luca, sindaco a Salerno. “De Luca è l’uomo che si richiama alla destra europea, che prova a incarnare il peggiore populismo – continua Sodano – avevamo rotto con lui già a Salerno dopo varianti urbanistiche in odore di speculazione. In quella città ha sfidato il suo stesso partito, correndo con una lista contrapposta. E’ lui che scendeva dalla macchina dei vigili per buttare all’aria le bancarelle dei senegalesi o che, di fronte al municipio, strapppava i manifesti di Rifondazione, che lo criticavano”.

Ora De Luca è molto indietro nei sondaggi e tenta di spostare a destra la sua campagna con dichiarazioni clamorose, come quelle veicolate nelle ultime ore.
“E’ stato chiesto a S&L (Sinistra e Libertà, il partito di Vendola, ndr) e a Idv (il partito di Di Pietro, ndr) – ricorda Sodano – di mettere insieme un polo alternativo. Ma la plateale assoluzione di De Luca al congresso dipietrista marca la mastellizzazione di quel partito. Non si può sempre vivere con il ricatto del meno peggio. E’ quell’idea che porterà alla sconfitta un centrosinistra che governa in Campania dal ‘93. Con questa operazione, invece, si prova a restituire dignità alla parola sinistra”.

“La vicenda campana assume un valore quasi paradigmatico, con il Pd che impone una sua candidatura rispetto alle resistenze sia degli alleati ma anche di un pezzo di quel partito. E, con De Luca, avanza una candidatura francamente indigeribile al di là delle sue vicende giudiziarie. Il sindaco di Salerno non fa mistero di un suo “leghismo meridionale”. Una candidatura che di per sé rompe a sinistra. Appare grave il ritorno indietro di S&L e di Idv e, per tutto questo scende in campo Ferrero a indicare una questiona nazionale: non tutto è digeribile in nome dell’unità”. Così spiega Gianluigi Pegolo, responsabile dipartimento Democrazia e Istituzioni, facendo il punto sulla partecipazione della Federazione alle imminenti regionali.

Se le cose dovessero restare così, a 39 giorni dall’apertura delle urne, Rifondazione corre da sola in tre regioni. La Campania, appunto, ma anche in Lombardia con Agnoletto, candidato presidente e nelle Marche dove la Federazione è apparentata con una lista di S&l e Massimo Rossi sfida Pd e destre. Rossi, già sindaco di grottamare e presidente della provincia di Ascoli, è stato il primo amministratore pubblico a praticare la strada della democrazia partecipata.

In Umbria la trattativa è in corso ma è assai probabile che si chiuda con un accordo di centrosinistra. E’ tramontata, infatti, l’ipotesi di una associazione dell’Udc alla compagine di centrosinistra e sembra che Casini voglia candidare a Presidente Paola Binetti.

L’accordo tecnico elettorale è stato siglato in tre regioni: in caso di vittoria non prevede una collocazione della Federazione al governo. Succede in Piemonte, Lazio e Basilicata. Spiega ancora Pegolo che questi accordi parziali scaturiscono dall’esigenza di impedire un successo delle destre.

Sette, invece, gli accordi organici. Se si vincesse ci saranno assessori espressione della Federazione. Si va dal Veneto – guidato da tempo dal centrodestra – dove la Federazione è in una coalizione di forze di opposizione a Toscana, Emilia, Umbria e Liguria, regioni in cui “veniamo fuori da esperienze di governo comune”.

E poi ci sono Puglia e Calabria.

In Puglia e Toscana la Federazione è in lista coi verdi. In Puglia la “bicicletta” (due simboli a indicare la lista) è un esito che contraddice i propositi di S&l (il partito di Vendola, ndr) prima delle primarie.

Dopo la vittoria di Vendola, difatti, gli ex Prc e l’ex Sd prova a spendersi il logo da sola.

Più in generale, dove non è stato possibile un centrosinistra organico è stato per via dell’ indisponibilità del Pd su programma e candidature – continua Pegolo – in alcune regioni sarebbe stato possibile dare vita a poli alternativi ed è avvilente constatare come in Campania Idv e S&l siano rientrati nell’alveo o trovarsi davanti alle pulsioni anticomuniste di Penati in Lombardia.

Nelle Marche, invece, non è stata lanciata alcuna discriminante contro di noi da parte di S&l, e lì la sinistra di alternativa è riuscita a non accettare i dictat del Pd che ha espresso posizione intollerabile”.
Infatti, dopo aver aperto un tavolo ditrattativa con le sinistre, i democratici hanno preteso che si facessero da parte, dopo un lungo periodo di governo comune, per far posto a un’alleanza con l’Udc.
(Beh, buona giornata).

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