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Il governo italiano comunica il vaccino contro l’influenza A: perché trattare i cittadini di oggi come i bambini di ieri? Perché la pubblicità italiana accetta di essere trattata male? E’ più bella che intelligente?

Ma noi facciamo un altro mestiere – dicono i pubblicitari, di PIA ELLIOTT.

Mi sembra di sentirli, i colleghi in pubblicità, che di questi tempi hanno ben altro per la testa che Topo Gigio, appena ricomparso come testimonial della campagna governativa per la prevenzione dell’influenza.

Mi sembra di sentirli mentre dicono che il mestiere del pubblicitario è altra cosa e che quello che ogni tanto si vede in televisione non c’entra nulla con la comunicazione, anzi che è “Pubblicità Progresso”.

Invece, quella con Topo Gigio è la campagna ufficiale per la prevenzione dell’influenza A, promossa dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e realizzata dal DIE, Dipartimento Informazione Editoria della Presidenza del Consiglio. Infatti, la campagna è stata presentata il 6 ottobre a Palazzo Chigi dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Buonaiuti, responsabile della comunicazione di governo.

Dicono i pubblicitari: ma queste cose succedono solo a Roma, noi facciamo un altro mestiere. Vero anche questo, ma intanto gli spot con il topo redivivo vanno in onda sulle reti nazionali, in spazi assai ambiti ed è certo che qualcuno li vedrà e penserà “ma tu guarda cosa sono andati a ripescare per farci sentire ancora più cretini del solito”.

Perché non è vero che quello che resta (se resta) nella memoria collettiva deve essere per forza buono e degno. Molte cose si ricordano con fastidio, altre mettono a disagio perché irrimediabilmente datate. E sarebbe anche ora di finirla di credere che tutto ciò che è associabile a Carosello sia lodevole e appropriato. Carosello è cult solo per chi alla pubblicità non ha mai creduto.

Topo Gigio è nato cinquantanni fa, insieme col mago Zurlì e il piccolo coro dell’Antoniniano, per divertire i bambini che guardavano una televisione povera e in b/n.

Poi è ricomparso qualche volta in pubblicità, probabilmente ha anche avuto fortuna all’estero, forse c’è ancora qualcuno che sa rifargli il verso, ma i bambini di oggi prendono il treno al binario 9¾. E in ogni caso: cosa c’entra tutto questo con l’influenza e l’informazione che bisognerebbe fare per prevenirla ed, eventualmente, per vaccinarsi ?

C’entra che, come al solito, si è rinunciato a priori a cercare soluzioni adeguate, ignorando addirittura che tali soluzioni esistono, come esistono professionisti ed agenzie che sanno trovarle.

Ricorrere a Topo Gigio, nel 2009 vuol dire non rispettare l’intelligenza media degli spettatori e dei cittadini e non prendere sul serio un problema che probabilmente lo è.

La campagna di prevenzione dell’influenza A é costata circa 2,5 milioni di euro, ha detto il sottosegretario Bonaiuti, che non sono neanche pochi in questi tempi grami, considerando che Maria Perego ha ceduto gratis il topo e che la messa in onda, almeno sulle reti RAI, avviene negli spazi riservati dal servizio pubblico alla Presidenza del Consiglio: signori spazi, a costo zero.

Altri spot seguiranno – dice giulivo Paolo Buonaiuti, aggiungendo che gli spot con topo Gigio sono stati addirittura richiesti da un grande network latino americano, come si trattasse di un dato di merito e non di livellarsi alle peggiori televisioni del pianeta. (Beh, buona giornata)

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Finanza - Economia Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Dice che da settembre ci saranno segnali di ripresa. A forza di tagliare, mi chiedo che cosa ci sarà da riprendersi.

Una scombinata combriccola di incapaci entra notte tempo all’Ikea vicino Napoli, piazza una carica davanti alla cassaforte e boom! manda a puttane tutto l’incasso del week end. Tanto rumore per nulla: hanno mandato in fumo un paio di centinai di migliaia di euro.

I giornali ci hanno scherzato su, citando il famoso film “Audace colpo dei soliti ignoti” di Nanni Loy. A me è venuto in mente un altro film, che va in loop da tempo. Un manipolo di audaci manager della pubblicità italiana da qualche anno a questa parte entra in ufficio e patatrac! perde clienti, manda a casa gente, distrugge valori economici e professionali.
I “soliti ignoti” dell’arcinoto film si accontentarono di un piatto di pasta e ceci. Questi qui sono insaziabili come locuste: triturano tutto quello che capita loro sotto i denti, lasciandosi dietro un desolante panorama di distruzione. Ma cècati! se a qualcuno viene in mente che distruggendo non si costruisce un bel niente, men che meno un’onorevole via d’uscita dalla crisi che incombe pesante come il coperchio di un tombino di ghisa sulla pubblicità e sui media.

Ma, tant’è, questo è quello che ci offre questa arida estate della pubblicità italiana. Se tutto va bene, attenzione, ho detto proprio tutto, l’obiettivo è al massimo proteggere i margini e registrare un calo minore rispetto alla media del mercato. E a culo tutto il resto! Il che è un bel paradosso. In un momento in cui i clienti, come minimo, sono sparagnini, dunque anch’essi, per proteggere i propri margini non investono in comunicazione, che cosa fanno le Agenzie?: semplice, fanno lo stesso.

Però, se tutti fanno la stessa cosa, come si crede di uscire dalla crisi? Va avanti tu che a me mi scappa di ridere? Se ognuno aspetta che sia l’altro a fare la prima mossa, stiamo davvero freschi. Sarà pure un’estate calda, ma questo modo di stare freschi ve lo potete pure tenere. Dice che da settembre ci saranno segnali di ripresa. A forza di tagliare, mi chiedo che cosa ci sarà da riprendersi. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Pubblicità e mass media

Quante favole sentiamo ogni giorno?

Uno studio della Boston School of Medicine dimostrerebbe che leggere ad alta voce ai bimbi in età prescolare aumenta lo sviluppo del loro linguaggio, dandogli un bagaglio linguistico migliore, con vantaggi che perdurano negli anni.

Inoltre, il racconto del genitore al bambino ha un effetto prodigioso in quanto sarebbe un mezzo fortissimo di scambio emotivo.

Insomma, leggere le fiabe ai bimbi li aiuta ad andare meglio a scuola, ad acquistare l’arte del linguaggio prima e in modo migliore. Forse gli aiuterebbe a sviluppare la fantasia, sapendo riconoscere il vero dal falso, l’immaginifico dal reale.

Forse a tutti quelli che vanno in giro a raccontare panzane sulla pubblicità italiana sono mancati genitori che gli leggevano le favole da piccoli. E allora, per far vedere che sono grandi, le favole se le raccontano da soli. Con l’aggravante che lo fanno ad alta voce davanti al taccuino del cronista o al microfono di una qualche emittente.

Le favole per bambini sono quelle storie che cominciano con “c’era una volta” e finiscono con “e vissero felici e contenti”. Le favole raccontate dai grandi cominciano male: vogliono subito dirti che sono felici e contenti. Come tutte le bugie, queste sono storie che finiscono prima ancora di incominciare. Beh, buona giornata.

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