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I cittadini de L’Aquila non derogano: rivogliono la loro città.

(fonte: AGI).
Un migliaio di cittadini dell’Aquila hanno manifestato forzando la zona rossa del centro storico e appendendo le chiavi dei propri appartamenti che devono ancora essere ristrutturati. Questa la protesta simbolica per la ricostruzione del centro storico del capoluogo abruzzese, fortemente danneggiato dal sisma del 6 aprile 2009 . Beh, buona giornata.

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A che serve portare il G8 in mezzo ai disagi del terremoto?

Terremoto, Abruzzo/ Lontano dai riflettori, il G8 all’Aquila: esibizione e umiliazione
di Luigi Zanda da blitzquotidiano.it
L’idea di Silvio Berlusconi, il nostro primo ministro, di non tenere più la riunione del G8 in Sardegna, alla Maddalena, ma a l’Aquila, è certamente affascinante e suggestiva, è quel che si dice un colpo di genio. Porta i potenti del mondo dove l’Italia ha più sofferto negli ultimi tempi. Il messaggio, sotto elezioni, è forte e chiaro: I care, sembra voler dire. Tradotto, Berlusconi dice: ora che ci sono io, qualcuno si occupa di voi.

Gli abruzzesi sanno bene come stanno le cose, specie quei terremotati che vivono nelle tende, dimenticati da tutti. Ma il resto degli italiani, per i quali il terremoto è ormai un lontano ricordo, provano sollievo nel pensare che ora loro non si devono più preoccupare, perchè c’è lui che provvede.

Ma se vogliamo ragionare in termini non di colpi di teatro e di campagne elettorali ma di buona e sana amministrazione del paese, allora servono spiegazioni precise, perché i conti non tornano.

Fino all’altro ieri governo e protezione civile invitavano tutti – parlamentari compresi – a non andare in Abruzzo per non intralciare i soccorsi e la risistemazione provvisoria del territorio dopo il disastro. Adesso sappiamo che tra qualche settimana arriveranno alla periferia dell’Aquila otto capi di stato e di governo, tremila delegati, tremila giornalisti e sedicimila uomini delle forze dell’ordine.

In questa decisione, c’è qualcosa che non quadra.

Intanto sul piano dei costi, perché è difficile credere che garantire la sicurezza di tutta quella gente sia più facile e meno costoso tra le tendopoli che non su un’isola, dove peraltro, molto di quel denaro che si asserisce di volere risparmiare è stato nel frattempo speso.

Poi sul piano dell’immagine e della solidarietà. Gli abruzzesi sono gente seria e orgogliosa, come i sardi. Non amano mettere in piazza i loro sentimenti. Sono riservati e misurati. Hanno creduto nelle promesse del governo e aspettano che Berlusconi ora le mantenga. Non si aspettavano certo di essere esibiti, nel disagio che vivono ogni giorno, nelle tante piccole umiliazioni che subisce chi vive in modo precario e provvisorio.

Molto di quel che dice Berlusconi è pura immagine, perché lontano dai riflettori della tv la cose stanno diversamente e la gente sta male, c’è da chiedersi cosa proveranno gli abruzzesi quando vedranno che il frenetico vai e vieni di capi di stato e ministri e attendenti comporterà un ulteriore aggravio del ritardo e dell’abbandono. (Beh, buona giornata).

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Il sindaco de L’Aquila:«E’ un fatto che interi pezzi di strada, costruti nello stesso periodo e dagli stessi costruttori sono venute giù. Mentre altre, accanto, sono rimaste in piedi».

di Claudia Fusani da unita.it

Un’indagine amministrativa interna, tra i dipendenti del Comune, da avviare il prima possibile per capire chi e come ha truccato le carte all’ospedale S. Salvatore. O alla città giudiziaria, tribunale e procura. E in ogni altro edificio pubblico e scuola dove i tecnici comunali incaricati hanno di volta in volta certificato la congruità dei lavori e dei materiali impiegati. La macchina del comune dell’Aquila rimasta orfana di sede e documentazione, l’archivio di Stato e notarile è perso così come buona parte di tutta la documentazione, sta piano piano ricominciando a funzionare in strutture provvisorie, soprattutto asili, strutture basse, sicure, dove le scosse si fanno sentire ma non fanno danni.

La verità sui crolli
Ma la verità sui crolli è una priorità anche per il sindaco Massimo Cialente e i suoi collaboratori ora tutti suddivisi in “funzioni” essenziali, dai materiali alla logistica, dal censimenti dei danni alla verifica degli stabili, come prevede il Piano anticrisi. Così, lascia trapelare il direttore generale del comune Massimiliano Cordeschi, una delle prime iniziative sarà proprio quella di avviare un’indagine aministrativa sul «rilascio delle congruità dei vari stati di avanzamento dei lavori e dei materiali usati». La città giudiziaria, inagibile e in parte crollata all’interno, risale agli anni settanta e comunque negli anni dovrebbe aver avuto varie verifiche statiche. L’ospedale, storia kafkiana di assurdi e bugie, è iniziato nel ’72, è terminato nel 1996 ed è finito sotto inchiesta più volte per i giri di soldi e i materiali considerati scadenti. «Abbiamo un contenzioso antico con la ditta», spiega l’assessore ai Lavori Pubblici Ermanno Lisi «che non abbiamo mai voluto chiudere. Così adesso potremmo rivalerci noi nei loro confronti per i danni subiti». Per la vergogna, invece, non c’è prezzo. L’ospedale è stato evacuato, definito non agibile, sono venuti giù anche i controsoffitti.

Intanto va avanti l’inchiesta della magistratura sui crolli dei palazzi, come ha spiegato ieri all’Unita il procuratore Rossini, ma anche su eventuali sottovalutazioni del rischio sismico. Rossini ha dato incarico ai vigili del fuoco di repertare pezzi di cemento di ogni palazzo crollato e di quelli più gravemente lesionati costruiti di recente. Ogni singolo reperto sarà poi periziato e sottoposto ad indagine granulometrica. Non è tanto un problema di sabbia di mare («mi sembra strano – dice Livi – per i costruttori da queste parti costa molto meno il materiale inerte che trovano in loco, ad esempio abbondiamo di ghiaia») quanto semmai la composizione del calcestruzzo, la percentuale di acqua, la costituzione granulometrica dell’inerte e il cemento che poi sono le tre componenti del calcestruzzo. E può essere un problema di tipologia del ferro (tondino), il liscio garantisce meno dello zigrinato, e di distanze tra una sbarra e l’altra nel blocco di cemento. Il sindaco Massimo Cialente crede molto nell’inchiesta: «Voglio sapere la verità», dice. «E’ un fatto che interi pezzi di strada, costruti nello stesso periodo e dagli stessi costruttori sono venute giù. Mentre altre, accanto, sono rimaste in piedi». I vigili del fuoco sono al lavoro. Ma anche i cittadini hanno fatto parte del lavoro. Un padre ha raccolto un pezzo di cemento della Casa dello Studente crollata in via XX Settembre. Dove è morto suo figlio. (Beh, buona giornata).

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