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I soldi finti del governo: terremoto in Abruzzo.

Il sindaco Cialente (Pd): “Tra 15 giorni l’Aquila sarà come Napoli per l’emergenza rifiuti”-da blitzquotidiano.it

«Tra 15 giorni avremo un’emergenza rifiuti come quella napoletana, perché il Comune non ha i soldi per poter pagare l’azienda municipalizzata che si occupa della raccolta». È l’allarme lanciato dal sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, che ha partecipato a un incontro sulla Sanità abruzzese tra il viceministro Ferruccio Fazio e i medici. Sarà emergenza, ha sottolineato Cialente, «anche per il ciclo delle acque, visto che nessuno ovviamente paga più la bolletta. Faremo venire il G8 in questa situazione?».

La situazione finanziaria del Comune, ha ribadito il sindaco, è drammatica: «Non abbiamo più l’entrata dell’Ici, né la Tarsu. Non abbiamo più i soldi. Tra due mesi non potrò più pagare gli stipendi».(Beh, buona giornata).

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“Gli abruzzesi hanno preso il decreto, lo hanno letto, lo hanno studiato, e hanno scoperto che quasi metà di loro passerà l’inverno in tenda e che il soldi delle case ci saranno solo a metà”.

Terremoto Abruzzo/ Non ci sono le case, mancano i soldi: solo promesse di cartapesta
di Alessandro Duchi-blitzquotidiano.
Pezzo a pezzo, la cartapesta del mito ricostruzione abruzzese viene giù.

Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi aveva esordito alla grande, con una regia perfetta: nascosto dietro una gigantografia di se stesso in maglioncino blu e sorriso rilassato, che faceva da sfondo al salotto di Bruno Vespa convocato d’emergenza in luogo del consiglio dei ministri, dava ordini a destra e a manca, compreso al ministro dell’interno Roberto Maroni, cui Berlusconi ingiungeva: domattina voglio 1.500 pompieri all’Aquila.

Chi ha una minima idea, e per questo basta leggere i giornali, del tempo che ci vuole a spostare un reparto incluse le truppe d’assalto aviotrasportate americane, per non dire una semplice pattuglia di vigili urbani quando uno li chiama, sa bene che l’eordine era impossibile da eseguire, a meno che non fosse stato già dato ore prima e ripetuto in tv solo per la delizia degli spettatori.

Berlusconi aveva capito che il terremoto era una grande occasione di campagna elettorale, un mega spot gratuito, con i costi di produzione a carico del contribuente: la chiave era dare l’impressione che tutto era sotto controllo, che la macchina dello stato girava come un diesel, per la prima volta dal 1870, meglio anche di come girava quando c’era l’altro Lui, quello dei treni in orario; perché ora c’è un altro Lui, che non è un maestro elementare,ex caporale, ma è laureato e uno degli imprenditori di maggioiri genio e successo della storia d’Italia.

Quello che i pubblicitari chiamano “pay off”, il messaggio finale, era: italiani, dormite tranquilli, non disturbate il manovratore, votatelo e dategli quel 51% dei suffragi che gli permetterà di fare ancor meglio.

Il primo intoppo è venuto con Michele Santoro, il quale, con i suoi modi che non sono studiati per generare simpatia, ha dimostrato una banalità: che mentre all’Aquila tutto girava al meglio, bastava allontanarsi di qualche chilometro per scoprire che c’erano ritardi, che i mezzi di aiuto lasciavano a desiderare, che c’era gente che si lamentava. Gli abruzzesi sono gente di montagna, dura, orgogliosa, grandi lavoratori, testa bassa, denti stretti. I lamenti erano critiche e osservazioni puntuali, precise.

Le spiegazioni erano semplici, ma Berlusconi ha perso la testa, dando una prova di come un liberale del profondo nord può mutare se i voti lo sostengono. Se in quel momento avesse avuto la maggioranza assoluta, Santoro, se ancora fosse stato a libro paga Rai (aveva tra l’altro appena vinto una causa per una precedente estromissione, sempre ordinata da Berlusconi), sarebbe stato cacciato; l’ordine dei giornalisti, meravigliosa invenzione di Benito Mussolini che nemmeno Stalin è stato capace di uguagliare, lo avrebbe convocato, ammonito e espulso.

Berlusconi ha perso la testa perché una piccola macchietta, sotto specie di una trasmissione che non è certo nelle corde della maggioranza degli italiani, e che sarebbe passata sconosciuta ai più se Berlusconi non avesse fatto il diavolo a quattro che ha fatto, gli è schizzata sullo sparato bianco della festa della ricostruzione.

Poi via con i funerali, momento culminante del cordoglio nazionale.

Poi l’assurda pretesa di portare i capi degli otto paesi più ricchi e potenti del mondo in Abruzzo per la già programmata, in Sardegna, riunione di settembre. C’è da prevedere che sarà una catastrofe, e anche una um,iliazione per i poveri abruzzesi esibiti come scimmie allo zoo davanti a decine di migliaia di stranieri al seguito dei potenti della terra.

Infine, gli italiani tornavano alla vita normale, e anche gli abruzzesi della costa si rivolgevano ai loro affari quotidiani, e anche gli abruzzesi del terremoto cercavano di recuperare un minimo di normalità, confidando nelle promesse del Politico numero uno. In quel momento prendeva il via la gestazione del piano per la ricostruzione.

Si era parlato prima di dodici miliardi di euro, scesi a otto ma finanziati non con nuove tasse e imposte, ma con una serie di spostamenti di voci del bilancio, cosa possibile visto che nell’enorme massa di soldi che la macchina dello stato macina, otto miliardi sono poca cosa e ci sono notevoli quantità di soldi che non sono utilizzati.

Ma si era anche parlato, da parte di Berlusconi, di tempi e scadenze. L’impegno più importante riguardava le case: quelle provvisorie, necessarie per togliere gli abruzzesi dalla precarietà delle tende, quelle definitive, che ciascun terremotato si sarebbe costruito sulle macerie della vecchia distrutta o dove più avrebbe gradito, purché sempre, rigorosamente antisismiche.

Berlusconi aveva rinnovato le sue promesse non più tardi di martedì sera, 5 maggio, in Tv, nel solito salotto di Vespa, davanti alla nazione,convocata col pretesto del bilancio di un anno del suo governo, ma interessata soprattutto a sentire la sua versione della sua privata vicenda matrimoniale, tra Veronica, Noemi e le veline.

Incaute affermazioni, clamorosamente smentite. Ora dall’Abruzzo comincia a trapelare la verità sulla ricostruzione. L’Italia è un paese approssimativo, dove dei documenti si leggono solo i titoli, se si leggono. Andiamo per slogan, votiamo per emozioni e quindi siamo esposti a promesse e imbonimenti di ogni genere. Non ci dobbiamo buttare troppo giù, peraltro, perché se pensiamo che gli americani hanno votato George Bush e i francesi Nicolas Sarkozy, allora il nostro Berlusconi è un gigante, purtroppo per lui anche nel volere essere sempre il primo della classe, anche quando non ha studiato.

Gli abruzzesi, però, sono gente seria. Hanno preso il decreto, lo hanno letto, lo hanno studiato, e hanno scoperto che quasi metà di loro passerà l’inverno in tenda e che il soldi delle case ci saranno solo a metà.

È a questo punto che un grande pezzo del fondale di cartapesta, stile western di Hollywood anni ‘50, è venuto giù. Il governo può insistere nelle sue illusioni. C’è ancora tempo per rimediare, siamo in primavera, piani alternativi si possono elaborare, i bisogni elementariu degli abruzzesi possono essere affrontati. Berlusconi, se ci si applica Lui personalmente, ha genio e inventiva per fare le cose bene.

Se no, chiunque ci sia al governo, il potere poltico ancora una volta avrà dimostrato di essere permeato dello stesso spirito sabaudo – borbonico di sempre, che tanto male ci ha fatto. E la scarsa fiducia dei cittadini nello stato, che Berlusconi ha eroicamente cercato di ricostruire, magari personalizzando un po’ troppo, ma con la carta pesta invece che con il cemento. Scenderà ancore di più. E sarà male per tutti. (Beh, buona giornata).

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