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Italia d’Autunno: “Figlio mio, lascia questo Paese”.

di PIER LUIGI CELLI (*)-da repubblica.it

Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.

Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l’idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.

Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l’affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.

Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all’attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E’ anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l’Alitalia non si metta in testa di fare l’azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell’orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d’altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l’unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.

Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po’, non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato – per ragioni intuibili – con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all’infinito, annoiandoti e deprimendomi.

Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell’estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.

Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.

Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.

Preparati comunque a soffrire.

Con affetto,
tuo padre

(*) L’autore è stato direttore generale della Rai. Attualmente è direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli.
(30 novembre 2009)
Beh, buona giornata,

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La tv e le donne: un documentario da non perdere.

http://tv.repubblica.it/copertina/il-corpo-delle-donne-il-documentario/36834?video&ref=hpmm. (Beh, buona giornata).

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Le dieci nuove domande al Cavaliere, proposte dal quotidiano la Repubblica.

Le mancate risposte di Silvio Berlusconi: dalle veline a Noemi Letizia, fino alle accuse di Patrizia D’Addario di GIUSEPPE D’AVANZO-Repubblica.

La sera del 26 aprile Silvio Berlusconi festeggiava Noemi a Casoria. È giunto il tempo, due mesi dopo, di tirare le somme. Bisogna annotare con cura le bugie ascoltate; interrogarsi sulle ragioni dei troppi silenzi; afferrare il filo rosso che da una storia (le «veline») ci ha condotto in un’altra (Noemi) e in un’altra ancora (le prostitute a Palazzo Grazioli) fino alla soglia di una quarta (le feste del presidente).

Giorno dopo giorno, si è definita sempre meglio la «licenziosità» del capo del governo, «la scelta sciagurata degli amici di bisboccia, la sciatteria in certe relazioni e soprattutto la caratterizzazione ostentatoria di tutti i suoi comportamenti privati» (Giuliano Ferrara, Panorama, 26 giugno). Quel filo si riannoda intorno a un «grandioso sé», lascia nudo un potere e un abuso di potere che si immagina senza contrappesi e irresponsabile.

Da due mesi, Berlusconi parla senza dire. Ci scherza su alquanto imbarazzato e come ossessivo, ma tace l’essenziale. Il tempo non è passato invano, però. Le dieci domande che Repubblica ha ritenuto di rivolgergli il 14 maggio hanno trovato più di una risposta, nonostante il loquace mutismo del presidente del consiglio. A volte, anche i silenzi sanno parlare. C’è oggi materia viva per eliminare qualche interrogativo e proporne altri, nuovi e dunque necessari e urgenti.

«Chi è incaricato di una funzione pubblica deve chiarire», dice Silvio Berlusconi (Porta a Porta, 5 maggio). All’alba di questa storia, il premier sembra sapere che il significato etico e politico di accountability presuppone trasparenza; impegno a dichiararsi; rendiconto di quel che si è fatto e si fa; assunzione di responsabilità; censurabilità delle condotte riprovevoli – anche private – perché è chiaro a tutti che non ci può essere una radicale contrapposizione «tra il modo in cui un uomo di potere tratta coloro che gli sono vicini (la sua morale) e il modo in cui governa i cittadini e risponde a loro (la sua politica)»(Carlo Galli, Repubblica, 22 giugno).

Berlusconi, in apparenza, è animato da buone intenzioni, dunque. Deve, presto e in fretta, liberarsi di tre grattacapi che gli vengono dalla famiglia (con le accuse di Veronica Lario), dalla sua area politica (con i rilievi critici di farefuturo). Gli rimproverano di voler candidare alle elezioni per il parlamento di Strasburgo “veline”, giovani o giovanissime donne che egli ha già promosso nello spettacolo e gli tengono compagnia con assiduità nel tempo libero, a Villa Certosa, a Palazzo Grazioli. Gli si contesta la frequentazione di minorenni e un’ossessione per il sesso che pregiudica il suo equilibrio (Veronica Lario, Repubblica, 3 maggio). Gli si chiede dei rapporti con la minorenne di Napoli di cui ha voluto festeggiare il 18° anno (Repubblica, 28 aprile).

Berlusconi è tentato dal rovesciare il tavolo, come gli è abituale. Parla di “complotto”. Di fronte all’evidenza che il fuoco è “amico”, lascia perdere e appronta una difesa che vuole essere conclusiva. Concede due interviste ufficiali (Corriere, Stampa, 4 maggio, 4 maggio). Chiacchiera ufficiosamente e in libertà (ancora Corriere e Stampa, nei giorni successivi al 4 maggio). Si confessa alla tv pubblica francese durante il tg delle 20 (France 2, 6 maggio). Rifiuta – è vero – un’intervista a Repubblica (13 maggio), ma promette di «spiegare tutto» (Cnn International, 25 maggio).

Berlusconi è categorico, quasi minuzioso nella ricostruzione delle sue mosse. «Non avevamo messo in lista nessuna velina» (Corriere, 4 maggio). «Io frequenterei delle diciassettenni? E’ una cosa che non posso sopportare. Io sono amico del padre [di Noemi], punto e basta. Lo giuro!» (Stampa, 4 maggio). «Sono andato a Napoli per discutere di candidature con il padre di Noemi» (Porta a Porta, 5 maggio), con cui «ho un’antica amicizia di natura politica», peraltro «Noemi, la figlia dei miei amici, l’ho vista tre, quattro volte, sempre accompagnata dai genitori» (France 2, 6 maggio).

Le affermazioni del capo del governo non reggono alla verifica dei fatti.

Repubblica scopre (21 maggio) che il 19 novembre 2008, a Villa Madama, la minorenne Noemi siede al tavolo presidenziale, in occasione della cena offerta dal governo alle griffe del made in Italy, raccolte nella Fondazione Altagamma. La ragazza è sola, non accompagnata da alcun familiare, accanto al presidente del consiglio e a Leonardo Ferragamo, Santo Versace, Paolo Zegna, Laudomia Pucci. Sola e minorenne – e non accompagnata dai suoi genitori ma da un’amica minorenne (Roberta O.) – Noemi è anche a Villa Certosa, a ridosso del Capodanno, tra il 26/27 dicembre 2008 e il 4/5 gennaio 2009. Lo rivela a Repubblica (24 maggio) Gino Flaminio, un operaio di 22 anni legato sentimentalmente a Noemi dal 28 agosto 2007 al 10 gennaio 2009.

Gino, in contrasto con le dichiarazioni del Cavaliere, svela anche quando Berlusconi si mette in contatto con la minorenne Noemi. Che sia la prima volta glielo racconta lei stessa. Accade nell’autunno del 2008 (ultimi giorni di ottobre, primi di novembre). Soltanto otto mesi fa. Berlusconi telefona direttamente alla ragazza alle prese con i compiti di scuola. Nessuna segreteria. Nessun centralino. Nessun legame con la famiglia della ragazza. Berlusconi (che ha davanti una collezione di foto di Noemi) le dice parole di ammirazione per la sua «purezza», per il suo «volto angelico». Dopo quel primo contatto, ne seguono altri (Gino ascolta la voce del premier in tre o quattro telefonate) fino all’invito a trascorrere dieci giorni – senza i genitori – a Punta Lada.

Le rivelazioni raccolte da Repubblica costringono il premier a correggere precipitosamente il tiro. Non può negare la presenza di Noemi a Villa Madama. Ammette che la minorenne, anzi le due minorenni hanno festeggiato il Capodanno con lui, non accompagnate dai familiari. Non può confessare però che – uomo di 73 anni, con impegnative responsabilità pubbliche – trascorre il pomeriggio a telefonare a minorenni che conosce soltanto attraverso book fotografici fornitigli dagli uomini di Mediaset (nel caso di Noemi è Emilio Fede, dice Flaminio). Appresta allora una nuova favoletta per spiegare come, quando e perché ha conosciuto il padre di Noemi, Elio Letizia, e cancellare l’imbarazzante ma decisivo ricordo di Gino.

E’ la quarta versione che, nel corso del tempo, ci viene proposta. Ricordiamo le precedenti.

* 1. «Era l’autista di Bettino Craxi» (Ansa, 29 aprile, l’agenzia di stampa rimuoverà poi la pagina dall’archivio in rete);

* 2. «Elio è un mio amico da tanti anni, con lui ho discusso delle candidature europee« (Porta a Porta, 5 maggio);

* 3. «Conosco i genitori, punto e basta» (France 2, 6 maggio).

Anche la quarta ricostruzione di quell’amicizia viene cucinata in malo modo.

Berlusconi scarica su Elio Letizia l’onere del racconto. Elio Letizia liquida per intero lo sfondo politico dell’amicizia. Non azzarda a dire che è stato un militante socialista né conferma di aver discusso con il presidente del consiglio chi dovesse essere eletto a Strasburgo. Dice Letizia che la «vera conoscenza [con Silvio] ci fu nel 2001». Elio sa – racconta – che a Berlusconi piacciono «libri e cartoline antiche» e nelle sale dell’hotel Vesuvio di Napoli (maggio 2001) gli propone di regalargliene qualche esemplare. Nasce così un legame che diventa un’affettuosa amicizia quando Anna e Elio Letizia sono colpiti dalla sventura di perdere il figlio Yuri in un incidente stradale. Berlusconi si fa vivo con una «lettera accorata e toccante». Letizia decide di presentare la sua famiglia al presidente del consiglio nel «dicembre del 2001»: «A metà dicembre io e mia moglie andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro storico, pensai che fosse la volta buona per presentare a Berlusconi mia moglie e mia figlia» (il Mattino, 25 maggio). Dunque: il capo del governo «per la prima volta vide Anna e Noemi» nel dicembre del 2001 non in pubblico ma nella residenza privata del premier, a palazzo Grazioli, o a Palazzo Chigi. Noemi ha soltanto dieci anni.

Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Silvio Berlusconi. Nello stesso giorno, la memoria del capo del governo disegna un’altra scena decisamente differente da quella che ha in mente Elio Letizia. Quando Berlusconi ha incontrato per la prima volta Noemi? «La prima volta che ho visto questa ragazza è stato a una sfilata», risponde il premier (Corriere, 25 maggio). Quindi, in un luogo pubblico e non nei suoi appartamenti pubblici o privati. Non nel 2001, come dice Elio, ma più avanti nel tempo perché Noemi avrebbe avuto l’età adatta per «sfilare» (quattordici, quindici, sedici anni, 2005, 2006, 2007).

Le «bugie bianche» di Berlusconi (il Foglio, 25 maggio) non possono nascondere qualche sconcertante punto fermo. È vero, il capo del governo «frequenta minorenni», come ha detto Veronica Lario e dimostrato Repubblica. Il presidente del consiglio non riesce con qualche attendibilità a dire come ha conosciuto i Letizia cosicché le parole di Gino Flaminio acquistano più credibilità e maggiore verosimiglianza.

Il quadro compromesso e degradato dell’accountability del capo del governo è confermato addirittura dal racconto di Noemi, mai smentito (e oggi è troppo tardi per farlo).

«[Berlusconi, “papi”] mi ha allevata (…) Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo a Roma, a Milano. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che desidera da me. Poi, cantiamo assieme. (…) [Da grande vorrò fare] la showgirl. Mi interessa anche la politica. Sono pronta a cogliere qualunque opportunità. (…) Preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà papi Silvio» (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile).

Noemi conferma non solo l’abitudine di Berlusconi a frequentare minorenni, ma rafforza anche l’altra questione decisiva di questa storia: la pretesa di «far uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno nulla a che fare». Manovra che denota «l’impoverimento della qualità democratica di un Paese» (FFWebMagazine, periodico della fondazione Farefuturo). Come – per fare solo tre nomi – Angela Sozio (Grande Fratello), Chiara Sgarbossa (miss Veneto), Cristina Ravot (cantante ammiratissima da Berlusconi che la voleva imporre al festival di Sanremo prima che al parlamento di Strasburgo), Noemi ritiene di poter ottenere da Berlusconi l’opportunità di fare spettacolo o, in alternativa, di essere eletta in parlamento. Televisione o seggio in parlamento, uguali sono. Le aspettative di Noemi, sollecitate dalle promesse di Berlusconi, sono in linea con le riflessioni critiche della signora Lario («Ciarpame senza pudore»). È documentata, allora, anche la seconda accusa che colpiva il capo del governo: per lui il corpo delle donne è «un gingillo» utile per «proiettare una (falsa) immagine di freschezza e rinnovamento» politico. S’invera lo «scarso rispetto per le istituzioni e per la sovranità popolare» del leader del Popolo della Libertà (Fondazione farefuturo).

Di fronte a due punti fermi (è vero, frequenta minorenni; è vero, candida nelle assemblee elettive i «bei corpi» che gli sono stati vicini), incalzato da domande a cui non può rispondere, Berlusconi si corregge di nuovo per tirarsi fuori da una catastrofe politica e comunicativa, domestica e internazionale. A Palazzo Chigi, dunque in un luogo che più ufficiale non si può, dice: «Non ho detto niente» (Ansa e Agi, 28 maggio). Pretende che gli si creda. Lo abbiamo sentito dire, spiegare, ricordare in pubblico, in voce e in video – e sempre mentire. Ora, con quattro parole («Non ho detto niente»), intende resettare la storia così come egli stesso ce l’ha raccontata. Esige che il potere delle sue parole sia, per noi, indiscusso. Comanda di dimenticare ciò che ricordiamo e ci impone di credere vero ciò che egli dice vero (e noi sappiamo bugiardo). «Non ho detto niente» dovrebbe ripulire dalla lavagna le sue menzogne. Gli interessa ora andare al sodo per salvare la faccia e – forse – un destino politico che vede compromesso (compromessa appare la sua ascesa al Quirinale). Vuole rispondere soltanto a una domanda: ha avuto «rapporti piccanti» con Noemi? Se la pone da solo. Risponde: «Assolutamente no, ho giurato sulla testa dei miei figli e sono consapevole che se fossi uno spergiuro mi dovrei dimettere, un minuto dopo averlo detto» (Radiocor, 28 maggio). Non chiarisce che cosa siano i «rapporti piccanti», per il lessico e la fantasia erotica di uomo come lui.

Sesso e politica. Politica e sesso. “Privato” che si fa “pubblico”. “Pubblico” che deve subire gli abusi di potere di un privato. Di questo impasto ci parlano le pratiche del Cavaliere che rinviano con immediatezza al suo dispositivo di governo, e quindi alla cosa pubblica e non soltanto ai comportamenti privati di un uomo. Lo “scandalo” dell’affare è in queste relazioni scorrette compensate da promesse di incarichi pubblici, è nelle accertate menzogne che screditano chi governa e il Paese che da lui è governato. Di questo dovrebbe rispondere il premier in pubblico se davvero avesse compreso che accountability è l’esatto contrario di arbitrio e menzogna.

Il capo del governo vive un clima psichico alterato. È la terza accusa della moglie: «[Silvio] non sta bene» (Repubblica, 3 maggio). La patologica sexual addiction di Berlusconi si sfoga in festicciole viziose. Anima “spettacolini” affollati da venti, trenta, quaranta ragazze: “farfalline” coccolate mentre il “sultano” indossa un accappatoio di un bianco accecante; “tartarughine” travestite da Babbo Natale; “bamboline” che mimano, in villa e tra i fiori, il matrimonio con «papi» (Repubblica, 12 giugno). Frequente la presenza di “squillo”, “escort”, “ragazze immagine” abituate a incontrare sceicchi sulle rive del Golfo Persico.

La scena, accennata esplicitamente da Veronica Lario, ancora sfumata nei contorni con Noemi, si definisce con nitore quando prende la parola Patrizia D’Addario, “escort di lusso”, un modo per dire prostituta di caro prezzo. Il palcoscenico, anche acusticamente esplorato, è illuminato a giorno, ora. Si possono vedere con chiarezza i gesti, sentire le parole, ascoltare le voci anche nelle stanze più intime e protette (il bagno, la camera da letto) del palazzo presidenziale. Il linguaggio si fa esplicito, crudo. Come, senza sottintesi, sono le condotte, le logiche, gli esiti.

Patrizia è ingaggiata (2000 euro) da un amico del Cavaliere che ingrassa i suoi affari e la sua influenza pagando “squillo” da accompagnare alle feste del presidente a Roma, in Sardegna.

Patrizia varca, per la prima volta, la soglia di Palazzo Grazioli il 15 ottobre 2008.

Patrizia, «una volta entrata in una stanza affrescata all’interno della residenza del presidente del Consiglio, si trova davanti venti ragazze e il suo primo pensiero è: ‘Ma questo è un harem!’». (Sunday Times, 21 giugno).

Patrizia osserva, curiosa: «Mentre la gran parte di noi, come ci era stato detto, indossava abiti neri corti e trucco leggero, due ragazze che stavano sempre vicine, avevano pantaloni lunghi (…) Erano due escort lesbiche che lavorano sempre in coppia» (Repubblica, 25 giugno).

Patrizia, quella sera, non resta a Palazzo. Ci ritornerà, il 4 novembre. «Sono tornata dopo un paio di settimane, esattamente la sera dell’elezione di Barack Obama» (Corriere, 17 giugno).

Patrizia registra quel che sente. Fotografa – appena può – quel che vede. Lo fa sempre, con tutti, da sempre. Questa volta, la seconda volta da Berlusconi, Patrizia rimane a Palazzo per una notte di sesso con il capo del governo. Il Cavaliere – dopo cena, visione dei film che lo mostrano accanto ai potenti della Terra, le solite canzoni e la ola – chiede alla donna di aspettarlo nel «letto grande» (Repubblica, 20 giugno).

«Berlusconi mi ha telefonato la sera stessa, appena sono arrivata a Bari. E qualche giorno dopo Gianpaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho rifiutato (…) Gianpaolo ha voluto il mio curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle Europee (…) Quando sono cominciate le polemiche sulle veline, il segretario di Gianpaolo mi ha chiamata per dirmi che non era più possibile (…) [mi è stata allora] proposta la lista “La Puglia prima di tutto” [per il rinnovo del consiglio comunale]. Io ho accettato subito» (Corriere, 17 giugno).

I ricordi di Patrizia sono confermati dalle due «ragazze-immagine» (qualsiasi cosa significhi l’eufemismo) che sono con lei: Lucia Rossini (Repubblica, 21 giugno) e Barbara Montereale. Che dice: «Sapevano tutti a quella cena che lei [Patrizia] era una escort. Presumo anche il presidente». (Repubblica, 20 giugno). Le due ragazze ridono, scherzano, si fotografano allegre nella toilette del presidente del consiglio, come padrone del campo.

Le parole, le testimonianze incrociate, le immagini, i documenti fonici non possono più confondere quel che abbiamo sotto gli occhi. Quel che la signora Lario chiama “malattia”, l’effetto distruttivo di un narcisismo sgomento dinanzi alla vecchiaia, un’autostima che esige sempre, a ogni occasione l’ammirazione riservata alla giovinezza, alla celebrità, al fascino rendono vulnerabile e gravemente indifeso il capo del governo e l’autorevolezza del suo ufficio. C’è un fondo di onnipotenza nei suoi comportamenti, come se ogni azione gli fosse consentita. È circondato da prosseneti che lucrano vantaggi personali cercandogli in angoli d’Italia ragazze sempre nuove, sempre più giovani, sempre più rapaci e spregiudicate, spesso sostenute nella loro cinica ambizione dalle famiglie, da mammà e papà. Vogliono un successo dove che sia, in tivvù o nella politica. Il premier può concederglielo con una telefonata, se vuole. Gli danno pressione. Lo pretendono. E’ il quadro che ha già proposto Veronica Lario. «Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile» (Repubblica, 3 maggio).

La difesa di Berlusconi, di fronte a questa rappresentazione di se stesso e della fenomenologia del suo potere, è violenta fino alla spietatezza contro i testimoni della sua vita; è prepotente contro l’informazione che non sceglie la taciturnità imposta al servizio pubblico radiotelevisivo e accettata – con l’eccezione del Tg3 – di buon grado. E tuttavia, quando affronta le circostanze che sono emerse, quella manovra è maldestra.

Niccolò Ghedini, avvocato del Cavaliere, nell’ansia di sfuggire al reato ora che una prostituta parla di tariffe, trattative e pagamenti, ammicca complice agli italiani che si sentono “puttanieri” irredimibili, anche se spesso soltanto fantasiosi, nella convinzione che quel peccato possa essere presto perdonato urbi et orbi. Il lemma che adopera (gli appare il più onesto e concreto) peggiora il clima e deteriora ancor più l’immagine del premier. «Ancorché fossero vere le indicazioni di questa ragazza [Patrizia], e vere non sono, il premier sarebbe, secondo la ricostruzione, l’utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile». (Affari italiani, 17 giugno).

Come se l’affare fosse legale e non politico. L’errore dell’avvocato convince Berlusconi a muovere in prima persona. Lo fa secondo le sue prassi consolidate. Dai fogli patinati di un settimanale di famiglia, nega quel che è accaduto. «Non c’è nulla nella mia vita privata di cui io mi debba scusare (…) Non ho [di Patrizia] alcun ricordo. Ne ignoravo il nome e non ne avevo in mente il viso. Non mi ero reso conto [che fosse una prostituta]» (Chi, 24 giugno). Tace che ancora il 27 gennaio, il suo amico di Bari chiama Patrizia per dirle (la telefonata è registrata): «[Il presidente] ti vuole vedere la prossima settimana a Roma» (Corriere, 21 giugno). Vedere lei, proprio lei: Patrizia, con quella faccia che ora non ricorda, con quel nome che ha dimenticato, forse ripensando soltanto al suo corpo.

Questa volta – direttamente e non attraverso i suoi giornali e attaché (lo ha fatto per Gino Flaminio) – scatena l’ordinaria menzogna distruttiva contro Patrizia D’Addario: «[Le è stato] dato un mandato molto preciso e benissimo retribuito» (Chi, 24 giugno). Dovrebbe offrire un riscontro anche labile della sua accusa anche perché ha avuto il tempo e ha le risorse per raccoglierlo. Non lo fa. Dovrebbe comprendere che la denunzia, anche se inventata, conferma la sua vulnerabilità. La mostra, la dimostra. Se c’è un ricattatore dietro le parole di Patrizia D’Addario, la responsabilità è soltanto di chi dissennatamente le ha aperto le porte di casa. Dice: «Può capitare di sbagliare ospiti» (Ansa, 25 giugno), ma il punto è proprio questo: quanti sono gli “ospiti sbagliati” che si sono seduti alla sua tavola? E che intenzioni hanno?

Il fatto è che il Cavaliere si tiene lontano da fatti che, per la loro solidità, possono fulminarlo. Preferisce scavare nella differenza tra sé e gli altri, tutti gli altri che soltanto ricordano quel che ha detto e giurato o le menzogne che ha sottoscritto con la sua faccia, i suoi discorsi. Non pare curarsene. Dice: «Io sono fatto così. E gli italiani così mi vogliono. Ho il 61 per cento. Io sono buono, generoso, leale, (attenzione) sincero, mantengo le promesse, sono un mattatore, un intrattenitore» (Ansa, 25 giugno).

Soltanto un malvagio può non amarlo. In fondo, la politica è questo per il capo del governo: la legittimità del suo potere lo autorizza – crede – a creare un’ostilità interna, un conflitto permanente tra chi è con lui e chi, perché lontano da lui o critico, deve essere considerato “estraneo”, “nemico”, ”eversore”. È «odio e invidia» (Ansa, 24 giugno) chiedergli conto delle sue condotte pubbliche, del suo stato di salute, di una vita spericolata, delle contraddizioni radicali del suo agire: ha prostitute nel suo letto, ma legifera per punire chi frequenta le prostitute; invoca per sé la privacy ma vuole scrivere le norme della nostra privacy, dalla procreazione al “fine vita”.

È un «progetto eversivo» contro il suo governo e contro il Paese chiedergli di essere trasparente. «Le calunnie contro di me, le veline, le minorenni, Mills (è un testimone che ha corrotto salvandosi da una condanna), i voli di Stato (che utilizza per trasferire amiche, musici, ballerine) , hanno costituito una campagna di scandalo molto negativa all’estero per il nostro paese e credo sia un comportamento colpevole da chi l’ha pensato e organizzato, [credo che sia] un progetto eversivo perché la finalità è quella di costringere a far decadere un presidente del consiglio eletto dagli italiani (…). Se questa non è eversione, ditemi voi cos’è». (Adnkronos, 13 giugno).

La sola soluzione che intravede alla crisi che lo affligge è la riduzione al silenzio o la rovina economica della stampa che non racconta come vere le sue fiabe. «Bisognerebbe non avere dei media che tutti i giorni cantano la canzone del catastrofismo e credo che anche voi [imprenditori] dovreste operare di più in questa direzione. Per esempio: non date pubblicità a chi si comporta così» (Asca, 13 giugno).

Il rosario di incoerenze, menzogne, abusi di potere di Silvio Berlusconi sollecita a rinnovargli alcune domande che possono essere conclusive:

* 1. Quando, signor presidente, ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? Quante volte ha avuto modo d’incontrarla e dove? Ha frequentato e frequenta altre minorenni?

* 2. Qual è la ragione che l’ha costretta a non dire la verità per due mesi fornendo quattro versioni diverse per la conoscenza di Noemi prima di fare due tardive ammissioni?

* 3. Non trova grave, per la democrazia italiana e per la sua leadership, che lei abbia ricompensato con candidature e promesse di responsabilità politiche le ragazze che la chiamano «papi»?

* 4. Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4 novembre 2008 e sono decine le “squillo” che, secondo le indagini della magistratura, sono state condotte nelle sue residenze. Sapeva che fossero prostitute? Se non lo sapeva, è in grado di assicurare che quegli incontri non l’abbiano resa vulnerabile, cioè ricattabile – come le registrazioni di Patrizia D’Addario e le foto di Barbara Montereale dimostrano?

* 5. È capitato che “voli di Stato”, senza la sua presenza a bordo, abbiano condotto nelle sue residenze le ospiti delle sue festicciole?

* 6. Può dirsi certo che le sue frequentazioni non abbiamo compromesso gli affari di Stato? Può rassicurare il Paese e i nostri alleati che nessuna donna, sua ospite, abbia oggi in mano armi di ricatto che ridimensionano la sua autonomia politica, interna e internazionale?

* 7. Le sue condotte sono in contraddizione con le sue politiche: lei oggi potrebbe ancora partecipare al Family Day o firmare una legge che punisce il cliente di una prostituta?

* 8. Lei ritiene di potersi ancora candidare alla presidenza della Repubblica? E, se lo esclude, ritiene che una persona che l’opinione comune considera inadatta al Quirinale, possa adempiere alla funzione di presidente del consiglio?

* 9. Lei ha parlato di un «progetto eversivo» che la minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti?

* 10. Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute? (Beh, buona giornata).

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Berlusconi e le “quattro calunnie”.

Le menzogne del Cavaliere da Noemi al caso Mills di GIUSEPPE D’AVANZO-Repubblica.

Dice Berlusconi a Santa Margherita Ligure: “Su quattro calunnie messe in fila – veline, minorenni, Mills e voli di Stato – è stata fatta una campagna che è stata molto negativa per l’immagine all’estero dell’Italia”. Il significato di calunnia è “diceria o imputazione, coscientemente falsa e diretta ad offendere l’integrità o la reputazione altrui” (Devoto e Oli). Per comprendere meglio quali siano, per il premier, le “dicerie o imputazioni coscientemente false” raccolte contro la sua reputazione bisogna leggere il Corriere della sera di ieri.

Nel colloquio il Cavaliere spiega quali sono le quattro menzogne, strumenti del fantasioso “progetto eversivo”. Qui si vuole verificare, con qualche fatto utile e ostinato, se la lamentazione del Cavaliere ha fondamento e chi alla fine mente, se Berlusconi o chi oppone dei rilievi alla “verità” del capo del governo.

1 “Hanno iniziato scrivendo che c’erano “veline” nelle liste del Pdl alle Europee. Non erano “veline” e sono state tutte elette”. (Berlusconi al Corriere, 13 giugno, pagina 9)

I ricordi del Cavaliere truccano quel che è accaduto e banalizzano una questione che, fin dall’inizio, è stata esclusivamente politica, per di più sollevata nel suo campo. Sono i quotidiani della destra, e quindi da lui controllati direttamente o indirettamente influenzati, a dar conto dell’affollamento delle “veline” nelle liste europee del Popolo della Libertà. Comincia il Giornale della famiglia Berlusconi, il 31 marzo. Ma è il 22 aprile, con il titolo “Gesto da Cavaliere. Le veline azzurre candidate in pectore” – sommario, “Silvio porta a Strasburgo una truppa di showgirl” – che Libero rivela i nomi del cast in partenza per Strasburgo: Angela Sozio, Elisa Alloro, Emanuela Romano, Rachele Restivo, Eleonora Gaggioli, Camilla Ferranti, Barbara Matera, Ginevra Crescenzi, Antonia Ruggiero, Lara Comi, Adriana Verdirosi, Cristina Ravot, Giovanna Del Giudice, Chiara Sgarbossa, Silvia Travaini, Assunta Petron, Letizia Cioffi, Albertina Carraro. Eleonora e Imma De Vivo e “una misteriosa signorina” lituana, Giada Martirosianaite.

Contro queste candidature muove la fondazione Farefuturo, presieduta da Gianfranco Fini. Il pensatoio, diretto dal professor Alessandro Campi, denuncia l'”impoverimento della qualità democratica del paese” e, con un’analisi della politologa Silvia Ventura, avverte che “l’uso strumentale del corpo femminile (…) denota uno scarso rispetto (…) per le istituzioni e per la sovranità popolare che le legittima” (www.ffwebmagazine. it).

Queste scelte sono censurate, infine, anche da Veronica Lario che le definisce “ciarpame senza pudore del potere” (Ansa, 29 aprile). Il “fuoco amico” consiglierà Berlusconi a gettare la spugna, nella notte del 29 aprile. In una telefonata da Varsavia alle 22,30 in viva voce con i tre coordinatori del Pdl, La Russa, Bondi e Verdini, il premier dice: “E va bene, bloccate tutto. Togliete quei nomi. Sostituitele”. Molte “veline”, in interviste pubbliche, diranno della loro amarezza per l’esclusione.

2 “Poi hanno tirato in ballo Noemi Letizia, come se fossi una persona che va con le minorenni. In realtà sono solo andato a una festa di compleanno, e per me – che vivo tra la gente – è una cosa normale”. (Berlusconi al Corriere, 13 giugno, pagina 9).

Non c’è un grano di “normalità” nei rapporti tra il Cavaliere e i Letizia. Dopo 31 giorni, è ancora oscuro (e senza risposta) come sia nato il legame tra Berlusconi e la famiglia di Noemi. L’ultima versione ascoltata è contraddittoria come le precedenti. Elio Letizia sostiene di aver presentato la figlia al capo del governo in un luogo privato, nel suo studio a Palazzo Grazioli, alla vigilia del Natale del 2001. Berlusconi, nello stesso giorno, ha ricordato di averla conosciuta in un luogo pubblico, “a una sfilata”. Ma la “diceria” che il capo del governo denuncia è di “andare con minorenni”. E’ stata Veronica Lario per prima a svelare che il marito “frequenta minorenni” (Repubblica, 3 maggio). La circostanza è stata confermata dall’ex-fidanzato di Noemi (Gino Flaminio) che colloca il primo contatto telefonico tra il capo del governo e la ragazza nell’autunno del 2008. Le parole di Gino costringono Berlusconi – contrariamente a quanto fino a quel momento aveva detto (“Ho visto sempre Noemi alla presenza dei genitori”) – ad ammettere di aver avuto Noemi ospite a Villa Certosa per dieci giorni a cavallo del Capodanno 2009, accompagnata da un’amica (Roberta O.) e senza i genitori. Nel gennaio del 2009, Noemi come Roberta, era minorenne. Dunque, è corretto sostenere che Berlusconi frequenti minorenni.

3 “Nel frattempo si sono scatenati sul “caso Mills”, un avvocato che non conosco di persona” (Berlusconi al Corriere, 13 giugno, pagina 9)

Negli atti del processo contro David Mills (teste corrotto, condannato a 4 anni e 6 mesi di carcere) e Silvio Berlusconi (corruttore, ma immune per legge ad personam), sono dimostrati con documenti autografi, per ammissione dell’imputato, con le parole di testimoni indipendenti, gli incontri del Cavaliere con l’avvocato inglese che gli ha progettato e amministrato l’arcipelago delle società off-shore All Iberian, il “gruppo B di Fininvest very secret”. Un documento scovato a Londra dà conto di un incontro al Garrick Club di Garrick Street (discutono delle società estere e Berlusconi autorizza Mills a trattenere 2 milioni e mezzo di sterline parcheggiati sul conto dell’Horizon Limited). Un altro documento sequestrato a Mills fa riferimento a una “telefonata dell’altra notte con Berlusconi”. Mills, interrogato, ammette di aver parlato con il Cavaliere la notte del 23 novembre 1995. Ancora Mills, il 13 aprile 2007, conferma di aver incontrato Berlusconi ad Arcore. L’avvocato “descrive anche la villa” (dalla sentenza del tribunale di Milano).

Due soci di Mills nello studio Withers, ascoltati da una corte inglese, così rispondono alla domanda: “C’è stata mai una riunione tra Mills e Berlusconi?”. Jeremy LeM. Scott dice: “So che c’è stato un incontro per mettersi d’accordo sul dividendo”. A Virginia Rylatt “torna in mente che lui [Mills] era ritornato dal signor Berlusconi”. E’ una menzogna, forse la più spudorata, che il capo del governo non abbia mai conosciuto David Mills.

4 “Infine hanno montato un caso sui voli di Stato che uso solo per esigenze di servizio” (Berlusconi al Corriere, 13 giugno, pagina 9).

In una fotografia scattata dal fotografo Antonello Zappadu si vede lo stornellatore del Cavaliere, Mariano Apicella, scendere da un aereo di Stato. Dietro di lui, una ballerina di flamenco. Il fotoreporter sostiene che l’immagine è stata scattata il 24 maggio 2008. In quel giorno era ancora in vigore un decreto del governo Prodi che limitava l’uso degli aerei di Stato “esclusivamente alle personalità e ai componenti della delegazione della missione istituzionale”. Si può sostenere che Apicella e la ballerina facevano parte di una “missione istituzionale”? E’ quanto dovrà accertare il Tribunale dei ministri sollecitato dalla Procura di Roma a verificare, per il capo del governo, l’ipotesi di abuso d’ufficio. Infatti soltanto due mesi dopo, il 25 luglio 2008, il presidente del consiglio ha cambiato le regole per i “voli di Stato” prevedendo “l’imbarco di personale estraneo alla delegazione”, ma “accreditato su indicazione dell’Autorità in relazione alla natura del viaggio, al rango rivestito dalle personalità trasportate, alle esigenze protocollari e alla consuetudini anche di carattere internazionale”. Il caso sui “voli di Stato”, che è poi un’inchiesta giudiziaria dovrà accertare se musici, ballerine, giovani ospiti del presidente viaggiano in sua compagnia (con quale rango?) o addirittura in autonomia, nel qual caso l’abuso d’ufficio può essere evidente.

Quindi, quattro “calunnie” o quattro menzogne presidenziali? Si può concludere che Berlusconi, a Santa Margherita Ligure, ancora una volta ha precipitato coscientemente la vita pubblica nella menzogna nella presunzione di abolire l’idea stessa di verità. (Beh, buona giornata).

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democrazia Leggi e diritto

“In realtà Berlusconi minaccia soprattutto se stesso, rivelando questa sua instabilità, questa paura.”

Il Cavaliere e il suo fantasma di EZIO MAURO-Repubblica.

Dunque siamo giunti al punto in cui il Presidente del Consiglio denuncia pubblicamente un vero e proprio progetto eversivo per farlo cadere e sostituirlo con “un non eletto dal popolo”. Un golpe, insomma, nel cuore dell’Europa democratica, come epilogo dell’avventura berlusconiana, dopo un quindicennio di tensioni continue introdotte a forza nel discorso pubblico italiano: per tenere questo sventurato Paese nella temperatura emotiva più adatta al populismo che può dominare le istituzioni solo sfidandole, fino a evocare il martirio politico.

È proprio questa l’immagine drammatica dell’Italia che l’uomo più ricco e più potente del Paese porta oggi con sé in America, all’incontro con Obama.

Solo Berlusconi sa perché dice queste cose, perché solo lui conosce la verità, che non può rivelare in pubblico, della sciagura che lo incalza. Noi osserviamo il dramma di un leader prigioniero di un clima di sconfitta anche quando vince perché da quindici anni non riesce a trasformarsi in uomo di Stato nemmeno dopo aver conquistato per tre volte il favore del Paese.
Quest’uomo ha con sé il consenso, i voti, i numeri, i fedeli. Ma non ha pace, la sicurezza della leadership, la tranquillità che trasforma il potere in responsabilità. Lo insegue l’altra metà di se stesso, da cui tenta di fuggire, sentendosi ghermito dal fondo oscuro della sua stessa storia. E’ una tragedia del potere teatrale e eccessiva, perché tutto è titanico in una vicenda in cui i destini personali vengono portati a coincidere col destino dell’Italia. Una tragedia di cui Berlusconi, come se lo leggesse in Shakespeare, sembra conoscere l’esito, sino al punto da evocare la sua fine davanti al Paese.

In realtà, come è evidente ad ogni italiano di buon senso, non c’è e non ci sarà nessun golpe. C’è invece un rapido disfacimento di una leadership che non ha saputo diventare cultura politica ma si è chiusa nella contemplazione del suo dominio, credendo di sostituire lo Stato con un uomo, il governo con il comando, la politica con il potere assoluto e carismatico.

Oggi quel potere sente il limite della sua autosufficienza. Ciò che angoscia Berlusconi è il nuovo scetticismo istituzionale che avverte intorno a sé, il distacco internazionale, il disorientamento delle élite europee, le critiche della stampa occidentale, la freddezza delle cancellerie (esclusi Putin e Gheddafi), lo sbigottimento del suo stesso campo: dove la regolarità istituzionale di Fini risalta ogni giorno di più per contrasto.

Il Cavaliere sente di aver perso il tocco, che aveva quando trasformava ogni atto in evento, mentre lo spettacolo tragicomico dei tre giorni italo-libici dimostra al contrario che le leggi della politica non sono quelle di uno show sgangherato.

Soprattutto, Berlusconi capisce che la fiaba interrotta di un’avventura sempre vittoriosa e incontaminata si è spezzata, semplicemente perché gli italiani improvvisamente lo vedono invece di guardarlo soltanto, lo giudicano e non lo ascoltano solamente. E’ in atto un disvelamento. Questa è la crepa che il voto ha aperto dentro la sua vittoria, e che è abitata oggi da queste precise inquietudini.

Il Cavaliere ha infatti ragione quando indica i quattro pilastri che perimetrano il campo della sua recente disgrazia: le veline, le minorenni, lo scandalo Mills e gli aerei di Stato. Giuseppe D’Avanzo, che su questi temi indaga da tempo con risultati che Berlusconi conosce benissimo, spiega oggi perché siano tutt’altro che calunnie come dice il premier. Sono quattro casi che il Cavaliere si è costruito con le sue mani, che lo perseguitano perché non può spiegarli, che lui evoca ormai quotidianamente mentre tenta di fuggirli, e che formano insieme uno scandalo pubblico, tutt’altro che privato: perché dimostrano, l’uno insieme con l’altro, l’abuso di potere come l’opinione pubblica comprende ogni giorno di più.

E’ proprio questo il sentimento del pericolo che domina oggi Berlusconi. Incapace di parlare davvero al Paese, di confrontarsi con chi gli pone domande, di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti, reagisce alzando la posta per trascinare tutto – le istituzioni, lo Stato – dentro la sua personale tragedia: di cui lui solo (insieme con la moglie che di questo lo ha avvertito, pochi giorni fa) conosce il fondo e la portata. Reagisce minacciando: l’imprenditore campione del mercato invita addirittura gli industriali italiani a non fare pubblicità sui giornali “disfattisti”, quelli che cioè lo criticano, perché la sua sorte coincide col Paese. Poi si corregge dicendo che voleva invitare a non dar spazio a Franceschini, come se non gli bastasse il controllo di sei canali televisivi ma avesse bisogno di un vero e proprio editto. E’ qualcosa che non si è mai visto nel mondo occidentale, anche se la stampa italiana prigioniera del nuovo conformismo preferisce parlar d’altro, come se non fosse in gioco la libertà del discorso pubblico, che forma l’opinione di ogni democrazia.

In realtà Berlusconi minaccia soprattutto se stesso, rivelando questa sua instabilità, questa paura. Se sarà coerente con le sue parole, c’è da temere il peggio. Cosa viene infatti dopo la denuncia del golpe? Quale sarà il prossimo passo? E se c’è una minaccia eversiva, allora tutto è lecito: dunque come userà i servizi e gli altri apparati il Cavaliere, contro i presunti “eversori”? Come li sta già usando? Chi controlla e chi garantisce in tempi che il premier trasforma in emergenza?

Attendiamo risposte. Per quanto ci riguarda, continueremo a comportarci come se fossimo in un Paese normale, dove la dialettica e anche lo scontro tra la libera stampa e il potere legittimo del Paese fanno parte del gioco democratico. Poi, ognuno giudicherà dove saprà fermarsi e dove potrà arrivare questo uso privato e già violento del potere statale da parte di un uomo che sappiamo pronto a tutto, anche a trasformare la crisi della sua leadership in una tragedia del Paese. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

“Berlusconi mente nelle vicende private come in quelle pubbliche.”

“Berlusconi mente nelle vicende private come in quelle pubbliche. Questo non è accettabile. Decideranno
gli italiani se a loro questo comportamento piace o no. Nei paesi civili, di solito, un presidente del Consiglio che mente non piace agli elettori…”. Massimo D’Alema dixit. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Società e costume

L’intervista all’ex fidanzato della fanciulla che chiama papi il premier: un colpo durissimo al consenso in vista delle elezioni.

Parla Gino, l’ex fidanzato della ragazza di Portici. La prima telefonata del Cavaliere: “Sono colpito dal tuo viso angelico”. “Così papi Berlusconi entrò nella vita di Noemi” di GIUSEPPE D’AVANZO e CONCHITA SANNINO-la Repubblica

NAPOLI – Il 14 maggio Repubblica ha rivolto al presidente del consiglio dieci domande che apparivano necessarie dinanzi alle incoerenze di un “caso politico”. Veronica Lario, infatti, ha proposto all’opinione pubblica e alle élites dirigenti del Paese due affermazioni e una domanda che hanno rimosso dal discreto perimetro privato un “affare di famiglia” per farne “affare pubblico”. Le due, allarmanti certezze della moglie del premier – lo ricordiamo – descrivono i comportamenti del presidente del Consiglio: “Mio marito frequenta minorenni”; “Mio marito non sta bene”.

Al contrario, la domanda posta dalla signora Lario – se ne può convenire – è crudamente politica e mostra le pratiche del “potere” di Silvio Berlusconi, pericolosamente degradate quando a rappresentare la sovranità popolare vengono chiamate “veline” senza altro merito che un bell’aspetto e l’amicizia con il premier, legami nati non si sa quando, non si sa come. “Ciarpame politico” dice la moglie del premier.
Silvio Berlusconi non ha ritenuto di rispondere ad alcuna delle domande di Repubblica.

E, dopo dieci giorni, Repubblica prova qui a offrire qualche traccia e testimonianza per risolvere almeno alcuni dei quesiti proposti. Per farlo bisogna raggiungere Napoli, una piccola fabbrica di corso San Giovanni e poi un appartamento, allegramente affollato di amici, nel popolare quartiere del Vasto a ridosso dei grattacieli del Centro Direzionale. Sono i luoghi di vita e di lavoro di Gino Flaminio.

Gino, 22 anni, operaio, una passione per la kickboxing, è stato per sedici mesi (dal 28 agosto del 2007 al 10 gennaio del 2009) l'”amore” di Noemi Letizia, la minorenne di cui il premier ha voluto festeggiare il diciottesimo anno in un ristorante di Casoria, il 26 aprile. Gino e Noemi si sono divisi, per quel breve, intenso, felice periodo le ore, i sogni, il fiato, le promesse. “Quando non dormivo da lei a Portici – è capitato una ventina di volte – o quando lei non dormiva qui da me, il sabato che non lavoravo mi tiravo su alle sei del mattino per portarle la colazione a letto; poi l’accompagnavo a scuola e ci tornavo poi per riportarla indietro con la mia Yamaha. Lei qualche volta veniva a prendermi in fabbrica, la sera, quando poteva”.

Gino Flaminio è in grado di dire quando e come Silvio Berlusconi è entrato nella vita di Noemi. Come quel “miracolo” (così Gino definisce l’inatteso irrompere del premier) ha cambiato – di Noemi – la vita, i desideri, le ambizioni e più tangibilmente anche il corpo, il volto, le labbra, gli zigomi; in una parola, dice Gino, “i valori”. Il ragazzo può raccontare come quell’ospite inaspettato dal nome così importante che faceva paura anche soltanto a pronunciarlo nel piccolo mondo di gente che duramente si fatica la giornata e un piatto caldo, ha deviato anche la sua di vita. Quieto come chi si è ormai pacificato con quanto è avvenuto, Gino ricorda: “Mi è stato quasi subito chiaro che tra me e la mia memi non poteva andare avanti. Era come pretendere che Britney Spears stesse con il macellaio giù all’angolo…”.

È utile ricordare, a questo punto, che il primo degli enigmi del “caso politico” è proprio questo: come Berlusconi ha conosciuto Noemi, la sua famiglia, il padre Benedetto “Elio” Letizia, la madre Anna Palumbo?
A Berlusconi è capitato di essere inequivocabile con la Stampa (4 maggio): “Io sono amico del padre, punto e basta. Lo giuro!”. Con France2 (6 maggio), il capo del governo è stato ancora più definitivo. Ricordando l’antica amicizia di natura politica con il padre Elio, Berlusconi chiarisce: “Ho avuto l’occasione di conoscere [Noemi] tramite i suoi genitori. Questo è tutto”.

Un affetto che il presidente del consiglio ha ripetuto ancor più recentemente quando ha presentato Noemi “in società”, per così dire, durante la cena che il governo ha offerto alle “grandi firme” del made in Italy a Villa Madama, il 19 novembre 2008: “È la figlia di miei cari amici di Napoli, è qui a Roma per uno stage” (Repubblica, 21 maggio). All’antico vincolo politico, accenna anche la madre di Noemi, Anna: “[Berlusconi] ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista”.

Berlusconi, qualche giorno dopo (e prima di essere smentito da Bobo Craxi), conferma. “[Elio] lo conosco da anni, è un vecchio socialista ed era l’autista di Craxi”. (Ansa, 29 aprile, ore 16,34). Più evasiva Noemi: “[Di come è nato il contatto familiare] non ricordo i particolari, queste cose ai miei genitori non le ho chieste”. (Repubblica, 29 aprile). Decisamente inafferrabile e chiuso come un riccio, il padre Elio (ha rifiutato di prendere visione di quest’ultima ricostruzione di Repubblica). Chiedono a Letizia: ci spiega come ha conosciuto Berlusconi? “Non ho alcuna intenzione di farlo” (Oggi, 13 maggio).

Gino ascolta questa noiosa tiritera con un sorriso storto sulle labbra, che non si sa se definire avvilito o sardonico. C’è un attimo di silenzio nella stanza al Vasto, un silenzio lungo, pesante come d’ovatta, rispettato dagli amici che gli stanno accanto; dalla sorella Arianna; dal padre Antonio; dalla madre Anna. È un silenzio che si fa opprimente in quella cucina, fino a un attimo prima rumorosa di risate e grida. La madre, Anna, si incarica di spezzarlo: “Quando un giorno Gino tornò a casa e mi disse che Noemi aveva conosciuto Berlusconi, lo presi in giro, non volli chiedergli nemmeno perché e per come. Mi sembrava ridicolo. Berlusconi dalle nostre parti? E che ci faceva, Berlusconi qui? Ripetevo a Gino: Berlusconi, Berlusconi! (gonfia le guance con sarcasmo). Un po’ ne ridevo, mi sembrava una buffonata di ragazzi”.

Gino la guarda, l’ascolta paziente e finalmente si decide a raccontare:
“I genitori di Noemi non c’entrano niente. Il legame era proprio con lei. È nato tra Berlusconi e Noemi. Mai Noemi mi ha detto che lui, papi Silvio parlava di politica con suo padre, Elio. Non mi risulta proprio. Mai, assolutamente. Vi dico come è cominciata questa storia e dovete sapere che almeno per l’inizio – perché poi quattro, cinque volte ho ascoltato anch’io le telefonate – vi dirò quel che mi ha raccontato Noemi. Il rapporto tra Noemi e il presidente comincia più o meno intorno all’ottobre 2008. Noemi mi ha raccontato di aver fatto alcune foto per un “book” di moda. Lo aveva consegnato a un’agenzia romana, importante – no, il nome non me lo ricordo – di quelle che fanno lavorare le modelle, le ballerine, insomma le agenzie a cui si devono rivolgere le ragazze che vogliono fare spettacolo. Noemi mi dice che, in quell’agenzia di Roma, va Emilio Fede e si porta via questi “book”, mica soltanto quello di Noemi. Non lo so, forse gli servono per i casting delle meteorine. Il fatto è – ripeto, è quello che mi dice Noemi – che, proprio quel giorno, Emilio Fede è a pranzo o a cena – non me lo ricordo – da Berlusconi. Finisce che Fede dimentica quelle foto sul tavolo del presidente. È così che Berlusconi chiama Noemi. Quattro, cinque mesi dopo che il “book” era nelle mani dell’agenzia, dice Noemi. È stato un miracolo, dico sempre. Dunque, dice Noemi che Berlusconi la chiama al telefono. Proprio lui, direttamente. Nessuna segretaria. Nessun centralino. Lui, direttamente. Era pomeriggio, le cinque o le sei del pomeriggio, Noemi stava studiando. Berlusconi le dice che ha visto le foto; le dice che è stato colpito dal suo “viso angelico”, dalla sua “purezza”; le dice che deve conservarsi così com’è, “pura”. Questa fu la prima telefonata, io non c’ero e vi sto dicendo quel che poi mi riferì Noemi, ma le credo. Le cose andarono così perché in altre occasioni io c’ero e Noemi, così per gioco o per convincermi che davvero parlava con Berlusconi, m’allungava il cellulare all’orecchio e anch’io sentii dalla sua voce quella cosa della “purezza”, della “faccia d’angelo”. E poi, una volta, ha aggiunto un’altra cosa del tipo: “Sei una ragazza divina”. Berlusconi, all’inizio, non ha detto a Noemi chi era. In quella prima telefonata, le ha fatto tante domande: quanti anni hai, cosa ti piacerebbe fare, che cosa fanno tua madre e tuo padre? Studi? Che scuola fai? Una lunga telefonata. Ma normale, tranquilla. E poi, quando Noemi si è decisa a chiedergli: “Scusi, ma con tutte queste domande, lei chi è?”, lui prima le ha risposto: “Se te lo dico, non ci credi”. E poi: “Ma non si sente chi sono?”. Quando Noemi me lo raccontò, vi dico la verità, io non ci credevo. Poi, quando ho sentito le altre telefonate e ho potuto ascoltare la sua voce, proprio la sua, di Berlusconi, come potevo non crederci? Noemi mi diceva che era sempre il presidente a chiamarla. Poi, non so se chiamava anche di suo, non me lo diceva e io non lo so. Lei al telefono lo chiamava papi tranquillamente. Anche davanti a me. Magari stavamo insieme, Noemi rispondeva, diceva papi e io capivo che si trattava del presidente. Quando ho assistito ad alcune telefonate tra Berlusconi e Noemi, ho pensato che fosse un rapporto come tra padre e figlia. Una sera, Emilio Fede e Berlusconi – insieme – hanno chiamato Noemi. Lo so perché ero accanto a lei, in auto. Ora non saprei dire perché il presidente le ha passato Emilio Fede, non lo so. Pensai che Fede dovesse preparare dei “provini” per le meteorine, quelle robe lì”. (Ieri, a tarda sera, durante Studio Aperto, Fede ha affermato di aver conosciuto la nonna di Noemi. Repubblica ha chiesto a Gino se, in qualche occasione, Noemi avesse fatto cenno a questa circostanza. “Mai, assolutamente”, è stata la risposta del ragazzo).

“Comunque, quella sera, sentii prima la voce del presidente e poi quella di Emilio Fede – continua Gino – Non voglio essere frainteso o creare confusione in questa tarantella, da cui voglio star lontano. Nelle telefonate che ho sentito io, Berlusconi aveva con Noemi un atteggiamento paterno. Le chiedeva come era andata a scuola, se studiava con impegno, questa roba qui. Io però ho cominciato a fuggire da questa situazione. Non mi piaceva. Non mi piaceva più tutto l’andazzo. Non vedevo più le cose alla luce del giorno, come piacevano a me. Mi sentivo il macellaio giù all’angolo che si era fidanzato con Britney Spears. Come potevo pensare di farcela? Gliel’ho detto a Noemi: questo mondo non mi piace, non credo che da quelle parti ci sia una grande pulizia o rispetto. Mi dispiaceva dirglielo perché io so che Noemi è una ragazza sana, ancora infantile che non si separa mai dal suo orsacchiotto, piccolo, blu, con una croce al collo, “il suo teddy”. Una ragazza tranquilla, semplice, con dei valori. Con i miei stessi valori, almeno fino a un certo punto della nostra storia”.

Intorno a Gino, questo racconto devono averlo già sentito più d’una volta perché ora che il ragazzo ha deciso di raccontare a degli estranei la storia, la tensione è caduta come se la famiglia, i vicini di casa, gli amici già l’avessero sentita in altre occasioni o magari a spizzichi e bocconi. C’è chi si distrae, chi parlotta d’altro, chi parla al telefono, chi si prepara a uscire per il venerdì notte. Gino sembra non accorgersene. Non perde il filo e a tratti pare ricordare, ancora una volta, a se stesso come sono andate le cose.

“Ho cominciato a distaccarmi da Noemi già a dicembre. Però la cosa che proprio non ho mandato giù è stata la lunga vacanza di Capodanno in Sardegna, nella villa di lui. Noemi me lo disse a dicembre che papi l’aveva invitata là. Mi disse: “Posso portare un’amica, un’amica qualunque, non gli importa. Ci saranno altre ragazze”. E lei si è portata Roberta. E poi è rimasta con Roberta per tutto il periodo. Io le ho fatto capire che non mi faceva piacere, ma lei da quell’orecchio non ci sentiva. Così è partita verso il 26-27 dicembre ed è ritornata verso il 4-5 gennaio. Quando è tornata mi ha raccontato tante cose. Che Berlusconi l’aveva trattata bene, a lei e alle amiche. Hanno scherzato, hanno riso… C’erano tante ragazze. Tra trenta e quaranta. Le ragazze alloggiavano in questi bungalow che stavano nel parco. E nel bungalow di Noemi erano in quattro: oltre a lei e a Roberta, c’erano le “gemelline”, ma voi sapete chi sono queste “gemelline”? Penso anche che lei mi abbia detto tante bugie. Lei dice che Berlusconi era stato con loro solo la notte di Capodanno. Vi dico la verità, io non ci credo. Sono successe cose troppo strane. Io chiamavo Noemi sul cellulare e non mi rispondeva mai. Provavo e riprovavo, poi alla fine mi arrendevo e chiamavo Roberta, la sua amica, e diventavo pazzo quando Roberta mi diceva: no, non te la posso passare, è di là – di là dove? – o sta mangiando: e allora?, dicevo io, ma non c’era risposta. Per quella vacanza di fine anno, i genitori accompagnarono Noemi a Roma. Noemi e Roberta si fermarono prima in una villa lì, come mi dissero poi, e fecero in tempo a vedere davanti a quella villa tanta gente – giornalisti, fotografi? – , poi le misero sull’aereo privato del presidente insieme alle altre ragazze, per quello che mi ha detto Noemi… Al ritorno, Noemi non è stata più la mia Noemi, la mia alicella (acciuga, ndr), la ragazza semplice che amavo, la ragazza che non si vergognava di venirmi a prendere alla sera al capannone. A gennaio ci siamo lasciati. Eravamo andati insieme, prima di Natale, a prenotare per la sua festa di compleanno il ristorante “Villa Santa Chiara” a Casoria, la “sala Miami” – lo avevo suggerito io – e già ci si aspettava una “sorpresa” di Berlusconi, ma nessuno credeva che la sorpresa fosse proprio lui, Berlusconi in carne e ossa. Ci siamo lasciati a gennaio e alla festa non ci sono andato. L’ho incontrata qualche altra volta, per riprendermi un oggetto di poco prezzo ma, per me, di gran valore che era rimasto nelle sue mani. Abbiamo avuto il tempo, un’altra volta, di avere un colloquio un po’ brusco. Le ho restituito quasi tutte le lettere e le foto. Le ho restituito tutto – ho conservato poche cose, questa lettera che mi scrisse prima di Natale, qualche foto – perché non volevo che lei e la sua famiglia pensassero che, diventata Noemi Sophia Loren, io potessi sputtanarla. Oggi ho la mia vita, la mia Manuela, il mio lavoro, mille euro al mese e va bene così ché non mi manca niente. Certo, leggo di questo nuovo fidanzato di Noemi, come si chiama?, che non s’era mai visto da nessuna parte anche se dice di conoscerla da due anni e penso che Noemi stia dicendo un sacco di bugie. Quante bugie mi avrà detto sui viaggi. A me diceva che andava a Roma sempre con la madre. Per dire, per quella cena del 19 novembre 2008 a Villa Madama mi raccontò: “Siamo stati a cena con il presidente, io, papà e mamma allo stesso tavolo”. Non c’erano i genitori seduti a quel tavolo? Allora mi ha detto un’altra balla. Quella sera le sono stati regalati una collana e un bracciale, ma non di grosso valore. E il presidente ha fatto un regalo anche a sua madre. Sento tante bugie, sì, e comunque sono fatti di Noemi, dei suoi genitori, di Berlusconi, io che c’entro?”.

Le parole di Gino Flaminio appaiono genuine, confortate dalle foto, dalla memoria degli amici (che hanno le immagini di Noemi e Gino sui loro computer), da qualche lettera, dai ricordi dei vicini e dei genitori, ma soprattutto dall’ostinazione con cui il ragazzo per settimane si è nascosto diventando una presenza invisibile nella vita di Noemi. Repubblica lo ha rintracciato con fatica, molta pazienza e tanta fortuna nella fabbrica di corso San Giovanni dove tutti i suoi compagni di lavoro conoscono Noemi, la storia dell’amore perduto di Gino. Compagni di lavoro che – fino alla fine – hanno provato a proteggerlo: “Gino? E chi è ‘sto Gino Flaminio?” e Gino se ne stava nascosto dietro un muro.

La testimonianza del ragazzo consente di liquidare almeno cinque domande dalla lista di dieci che abbiamo proposto al capo del governo. La ricostruzione di Gino permette di giungere a un primo esito: Silvio Berlusconi ha mentito all’opinione pubblica in ogni passaggio delle sue interviste. Nei giorni scorsi, come quando disse a France2 di aver “avuto l’occasione di conoscere [Noemi] tramite i suoi genitori”. O ancora ieri a Radio Montecarlo dove ha sostenuto di essersi addirittura “divertito a dire alla famiglia, di cui sono amico da molti anni, che non desse risposte su quella che è stata la nostra frequentazione in questi anni”. Come di cartapesta è la scena – del tutto artefatta – disegnata dalle testate (Chi) della berlusconiana Mondadori.

Il fatto è che Berlusconi non ha mai conosciuto Elio Letizia né negli “anni passati”, né negli “ambienti socialisti”. Mai Berlusconi ha discusso con Elio Letizia di politica e tantomeno delle candidature delle Europee (Porta a porta, 5 maggio). Berlusconi ha conosciuto Noemi. Le ha telefonato direttamente, dopo averne ammirato le foto e aver letto il numero di cellulare su un “book” lasciatogli da Emilio Fede. Poi, nel corso del tempo, l’ha invitata a Roma, in Sardegna, a Milano.
Le evidenti falsità, diffuse dal premier, gli sarebbero costate nel mondo anglosassone, se non una richiesta di impeachment, concrete difficoltà politiche e istituzionali. Nell’Italia assuefatta di oggi, quella menzogna gli vale un’altra domanda: perché è stato costretto a mentire? Che cosa lo costringe a negare ciò che è evidente? È vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l’accesso alla scena politica (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile)? Dieci giorni dopo, ci sono altre ragionevoli certezze. È confermato quel che Veronica Lario ha rivelato a Repubblica (3 maggio): il premier “frequenta minorenni”. Noemi, nell’ottobre del 2008, quando riceve la prima, improvvisa telefonata di Berlusconi ha diciassette anni, come Roberta, l’amica che l’ha accompagnata a Villa Certosa. La circostanza rinnova l’ultima domanda: quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio? (Beh, buona giornata).

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Attualità

Il contrattacco mediatico non si è fatto attendere: il premier accusa sua moglie si essere stata “sobillata” in campagna elettorale.

di f. de b.- corriere.it

Arcore, domenica sera. Una domenica molto diversa da tutte le al­tre. Silvio Berlusconi è amareggiato. «Sono indignato». Ha letto, con sorpre­sa, dell’intenzione di sua moglie di di­vorziare. Prima, afferma, non ne sapeva nulla. «Veronica è caduta in un tranello. E io so da chi è consigliata. Meglio, so­billata. La verità verrà fuori, stia tran­quillo». Presidente, e lei pensa che si possa, come in altre occasioni, riconciliare un rapporto che dura da quasi trent’anni, di cui diciannove di matrimonio? «Non credo, non so se lo vo­glio io questa volta. Veronica dovrà chiedermi scusa pubbli­camente. E non so se basterà. È la terza volta che in campagna elettorale mi gioca uno scher­zo di questo tipo. È davvero troppo».

E i figli? Non dovete pensare ai tre figli, e poi c’è un altro ni­potino in arrivo? «I figli sono solidali con me». «Sa come chiamo io tutto quello che è ac­caduto in questi giorni? Crimi­nalità mediatica». Non esageri, presidente, Repubblica e Stam­pa hanno fatto semplicemente il loro lavoro. E non le dico la mia sofferenza. No, sostiene il Cavaliere che c’è un disegno. Una manovra per metterlo in difficoltà ed esporlo persino al ridicolo, proprio nel momento in cui la sua popolarità è al massimo. E sua moglie ne sa­rebbe diventata complice in­consapevole. «Veronica è sem­plicemente caduta in un tranel­lo mediatico». Sì, ma le veline le avete messe in lista e poi, do­po la lettera di sua moglie al­l’Ansa («Ciarpame senza pudo­re, io e i miei figli siamo vitti­me… ») le avete tolte? «Guardi, direttore, voglio dirlo una vol­ta per tutte, e chiaramente: non avevamo messo in lista nessuna velina e quelle tre che sono state escluse all’ultimo minuto erano bravissime ragaz­ze, con ottimi studi. Altro che veline. Veronica ha creduto al­le tante cose inesatte scritte sul­la stampa, purtroppo».

E le tre ragazze entrate effetti­vamente nelle liste delle candi­dature per le europee? «Lara Comi ha due lauree, ha coordi­nato i giovani del Pdl in Lom­bardia, è dirigente della Giochi Preziosi. Mai andata in tv. Licia Ronzulli è una manager della sanità di altissimo livello, è re­sponsabile delle professioni sa­nitarie e delle sale operatorie del Galeazzi; l’imprenditore della sanità Giuseppe Rotelli la stima molto, va due volte l’an­no in Bangladesh. Barbara Ma­tera è laureata in scienze politi­che, me l’ha consigliata Gianni Letta, è la fidanzata del figlio di un prefetto suo amico. Ecco, ha fatto una parte in Carabinie­ri 7 su Canale 5, ma mai la veli­na. Insomma, mi creda, è una montatura. Parliamo di tre ra­gazze in gamba su settantadue candidati. E che male c’è se so­no anche carine? Non possia­mo candidare tutte Rosy Bin­di… ».

Presidente, e poi c’è la fe­sta napoletana della giovanis­sima Noemi Letizia, alla qua­le lei ha partecipato a sorpre­sa. «Anche qui sono state scrit­te cose inesatte. Le racconto come è andata veramente. Quel giorno mi telefona il pa­dre, un mio amico da tanti an­ni. E quando sa che in serata sarei stato a Napoli, per controllare lo stato di avan­zamento del progetto per il termovalorizzatore, insiste perché passi almeno un attimo al compleanno della figlia. So­lo due minuti, mi assicura. La casa è vicina all’aeroporto. Mi faresti un grande regalo. Non molla. Io non so dire di no. Era­vamo in anticipo di un’ora e ci sono andato. Nulla di strano, è accaduto altre volte per com­pleanni e matrimoni. Pensi che ho fatto le fotografie con tutti i partecipanti, i camerieri, persi­no i cuochi. Le pubblicherà Chi sul prossimo numero perché me le ha chieste quel diavolo di Signorini». D’accordo, pre­sidente, ma perché quella ragazza Noemi la chiama papi? «Ma è un scherzo, mi volevano dare del nonno, meglio mi chia­mino papi, non crede?».

Quell’episodio, dice Berlusconi, è stato mon­tato ad arte. E Veronica avrebbe creduto a mol­te delle versioni, false, sulla serata napoleta­na, domenica 26 aprile, conclusa con un incon­tro con Aurelio De Lauren­tiis. Quella sera il suo Napo­li aveva battuto l’Inter, fa­cendo un favore al Milan nel­l’inseguimento impossibile alla capolista. «Ho ringraziato De Laurentiis che si è fatto per­donare a metà l’eliminazione dalla Champions’ League che ci inflisse, battendoci, nello scorso campionato».

Amareggiato e deluso, Silvio Berlusconi non pensa che que­sta volta sia possibile una ri­conciliazione. Arcore e Mache­rio, dove risiede la moglie, so­no vicine. Gli amici comuni se lo augurano. Basterebbe poco. Una spiegazione franca, come succede fra coniugi. Ma nella domenica quasi estiva di Arco­re l’aria è molto diversa dalle al­tre volte. E il Cavaliere è offe­so. Chi lo conosce bene dice che questa volta, per ricon­quistare Veronica, non andrà di sorpresa al suo compleanno a Marrakesh, avvici­nandola vestito da berbero per poi sve­larsi di colpo con un bellissimo gioiello in re­galo. Ma non si sa mai. Il nostro modesto auspicio è che ciò avvenga. Magari in forma del tutto privata. (Beh, buona giornata).

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Veronica Lario chiede la separazione: stavolta il terremoto Berlusconi ce l’ha in casa.

(fonti: Reuters, Ansa, La Stampa, Repubblica)

Veronica Lario si prepara a chiedere il divorzio dal marito, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Lo scrivono oggi i quotidiani La Repubblica e La Stampa, aggiungendo che la moglie del premier avrebbe già individuato un avvocato donna cui far preparare le pratiche per mettere fine al matrimonio celebrato nel 1990.

Palazzo Chigi al momento non ha voluto commentare la notizia, ma l’avvocato del premier Niccolò Ghedini ha precisato che si tratta di una “vicenda squisitamente personale che attiene ai sentimenti”.

“Tutte le vicende di questo tipo sono personali e dolorose, soprattutto quando implicano rapporti familiari”, ha spiegato a Reuters il legale, che è anche un deputato del Pdl. “Quindi ad oggi il presidente non ha nessuna dichiarazione da fare”.

Alla Stampa, la fist lady ha spiegato di essere “stata costretta a questo passo”.

“Non voglio aggiungere altro”, ha detto al quotidiano, dopo la lettera scritta all’Ansa martedì scorso in cui descriveva “ciarpame senza pudore” la possibile candidatura alle elezioni europee di cosiddette ‘veline’.

“Voglio che sia chiaro che io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione”, aveva scritto nella lettera. “Dobbiamo subirla e ci fa soffrire”.

Secondo il quotidiano torinese, non ci sono possibilità che Veronica Lario cambi idea, soprattutto dopo la partecipazione di Berlusconi alla festa per i 18 anni a Napoli di una ragazza, nonostante lui non abbia mai partecipato a quelle dei suoi figli, “pur essendo stato invitato”.

“La strada del mio matrimonio è segnata, non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni”, avrebbe detto la donna al suo entourage nei giorni scorsi, secondo Repubblica.

Il quotidiano scrive che la first lady avrebbe preso contatti il primo maggio con un avvocato donna, “una persona di cui mi posso fidare fino in fondo”, spiegandole che “finalmente posso tirare giù il sipario, ma voglio fare una cosa da persona comune e perbene, senza clamore. Vorrei evitare lo scontro”.

Già due anni fa Veronica Lario aveva critico l’atteggiamento del premier in fatto di donne in una lettera a Repubblica, dopo alcuni apprezzamenti rivolti da Berlusconi ad alcune signore, tra cui il futuro ministro Mara Carfagna in occasione di una cena di gala.

Secondo quanto scrive oggi Luca Ubaldeschi su La Stampa, la vicenda-elezioni, nel ragionamento della moglie del premier, è servita per la coincidenza temporale. Mentre leggere sui giornali «che frequenta una ragazza minorenne, perché la conosceva anche prima che compisse 18 anni», leggere «che lei lo chiama “papi” e racconta dei loro incontri a Roma o Milano, con i genitori che evidentemente non hanno da obiettare, ecco, quello sì che è inaccettabile. Come si può restare con un uomo così?». Con una postilla: «Che nonostante tutto questo mio marito abbia ancora un gradimenti altissimo e quindi non sia stato danneggiato dalla vicenda». Nei commenti dei giorni scorsi, per altro, sono rimbalzate ipotesi e illazioni, molte legate proprio a quell’espressione confidenziale pronunciata dalla ragazza, «papi». Chi glielo ha fatto notare ha avuto in risposta da Veronica Berlusconi poche parole: «Magari fosse sua figlia».

Dario Cresto-Dina ricostruisce su Repubblica gli avvenimenti degli ultimi giorni. Di fronte alla nuova pubblica offesa, Veronica Lario sceglie di replicare pubblicamente con una dichiarazione che manda all’agenzia Ansa soltanto dopo le dieci di sera dello scorso mercoledì. La misura è colma, il “ciarpame” non è soltanto politico.
La mattina successiva Berlusconi dalla Polonia attiva la cortina fumogena e la contraerea dopo una notte di rabbia. Ordina che le “veline” spariscano quasi tutte dalle liste europee, ridimensiona il rapporto con Noemi a una antica conoscenza con il padre ex autista di Craxi (notizia poi smentita da Bobo Craxi e cancellata comicamente addirittura da un comunicato di Palazzo Chigi) e liquida con una battuta maschilista e greve l’indignazione della moglie, evitando di pronunciarne il nome e il ruolo: “La signora si è fatta ingannare dai giornali della sinistra. Mi spiace”. Rientrato a Roma, annulla un incontro in calendario per il giorno successivo con il presidente della Camera Gianfranco Fini.

La sua intenzione è di andare a Milano, come fece due anni or sono, per ricucire lo strappo con Veronica. Non ci andrà, lo ferma la sua fidatissima segretaria Marinella. Veronica Lario, infatti, l’ha appena chiamata: riferisca a mio marito che non mi si avvicini, non ho più nulla da dire e nulla da ascoltare, tutte le parole sono state consumate.

Giovedì i giornali del Cavaliere e i blog del Pdl fanno capire all’ex first lady di Macherio che aria tira. Dietro al “come si permette?” si scatena una minacciosa muta di cani. Il quotidiano “Libero” pubblica nella testata di prima pagina tre fotografie in bianconero della giovane attrice Veronica Lario a seno nudo. Il messaggio è più che mai trasparente, sembra arrivata l’ora dell’olio di ricino. Quando vede quelle fotografie la moglie del premier capisce, se ce ne fosse ancora bisogno, di essere davvero sola e di essere minacciata. In quelle foto si sente “come davanti a un plotone di esecuzione qualche secondo prima della fucilazione”.

“Mi domando in che paese viviamo – ha raccontato Veronica l’altro giorno a un’amica, secondo quanto scrive Cresto-Dina su Repubblica – , come sia possibile accettare un metodo politico come quello che si è cercato di utilizzare per la composizione delle liste elettorali del centrodestra e come bastino due mie dichiarazioni a generare un immediato dietrofront. Io ho fatto del mio meglio, tutto ciò che ho creduto possibile. Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile. Credevo avessero capito, mi sono sbagliata. Adesso dico basta”.
Intanto, l’Agenzia Ansa conferma la notizia. “La signora Veronica Lario, interpellata dall’ANSA, ha confermato la sua intenzione di divorziare dal marito, Silvio Berlusconi. E’ stato confermato, quindi, il contatto già avviato con l’avvocato per le pratiche di separazione. Il matrimonio tra Veronica Lario e Silvio Berlusconi era stato celebrato nel dicembre 1990. La coppia ha tre figli, Barbara, Eleonora e Luigi”. Beh, buona giornata).

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democrazia Popoli e politiche Società e costume

«Ma smettetela di parlare di Berlusconi; con tutti i problemi che affliggono l’Italia, le sue gag e le sue gaffes sono cose di nessuna importanza».

Berlusconi/ Silvio & Veronica e l’opposizione di Sua Maestà -blitzquotidiano.it
Che l’Italia sia ormai una repubblica monarchica e che re Silvio I sia già informalmente insediato lo dimostra la vicenda delle veline che il premier voleva mettere in lista. Una cosa che nemmeno il defunto dittatore del Turkmenistan, Saparmyrat Nyýazow, avrebbe mai osato. Segno che il potere e il successo ormai rischiano di ottenebrare, almeno di tanto in tanto, la fertile e geniale mente di uno dei più abili e capaci imprenditori e politici della storia d’Italia.

Ne è derivata una sceneggiata napoletana, con la sinistra che strillava e la signora Veronica (ex attrice a sua volta; «più fortunata delle altre», come una velina del presente le ha fatto notare) che richiamava il marito all’ordine. Infine l’urlo di trionfo dell’opposizione, quando Berlusconi ha dato il contrordine compagni, in un diktat da Varsavia (sempre dall’estero arrivano i diktat: ma se deve occuparsi delle cose italiane anche quando è in viaggio, perché si sposta?). Tutto ciò costituisce un indice di quanto in Italia si sia persa la bussola.

Ha scritto un lettore di Blitzquotidiano: «Ma smettetela di parlare di Berlusconi; con tutti i problemi che affliggono l’Italia, le sue gag e le sue gaffes sono cose di nessuna importanza». E ha pienamente ragione. Purtroppo però gag e gaffes sono sintomi di un malessere più grave e profondo.

La storia delle veline dimostra che la legge elettorale è una legge che rafforza la partitocrazia, cioè il super potere dei partiti. Sull’onda di quel movimento politico di massa che ai primi anni novanta portò alla fine della Dc e del Psi per darci il regime di Berlusconi, si era parlato di apertura dei partiti alla società civile, di avvicinamento dei parlamentari agli elettori e sul tema c’erano stati anche referendum e leggi. Poi, con un colpo di mano, Berlusconi ha fatto la sua legge elettorale, che andava benissimo anche alla sinistra orfana del centralismo democratico, in base alla quale chiunque andava bene, anche il cavallo di Caligola.

Nessuno però se ne preoccupa. Gli unici che, in qualche modo, puntano a un avvicinamento della politica agli elettori sono quelli della Lega, che ottengono la vittoria nell’imporre il federalismo fiscale, ma se si accontentano di questo rischiano una vittoria monca.

E intanto Berlusconi dice di voler mettere le veline in lista. Vede l’aria che tira, capisce che non gli conviene, fa marcia indietro. Non è escluso che la sua intelligenza abbia previsto tutto e che magari il caos sulle veline gli sia servito per far passare sotto silenzio qualche altro più importante problema: un po’ come il calciatore che, dovendo battere il rigore, fa la finta per mandare il portiere dall’altra parte.

Il silenzio della destra sulla vicenda nasconde non l’imbarazzo, ma il totale asservimento dello schieramento al volere del Capo.

E il caos sollevato dalla sinistra dimostra che l’opposizione c’è e lotta per lui: è l’opposizione di sua maestà. Infatti, con i suoi strepiti e urla, cosa ha ottenuto l’opposizione? Una bella vittoria di carta. I giornali esultano, e poi?

A Berlusconi è stata risparmiata una ciclopica sciocchezza, che avrebbe costituito un piccolo, forse, ma significativo argomento in campagna elettorale. Invece è stata tolta una castagna dal fuoco alle tante persone benpensanti della destra, è stato fatto capire al Cavaliere che se avesse insistito la storia gli si sarebbe ritorta contro. E ora potrà felicemente inserire delle persone più presentabili, con tante grazie all’opposizione. Di sua maestà, re Silvio I. (Beh, buona giornata).

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