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Attualità

In Italia è consuetudine che in un giorno tre persone muoiano di lavoro.

di Piero Santonastaso-Facebook.com/Mortidilavoo

Mario Angioletti, 35 anni, messinese, moglie e due figlie, ha lottato 4 giorni per la vita nell’ospedale Villa Sofia di Palermo, ma le sue condizioni, già gravi, si sono progressivamente deteriorate e venerdì 13 settembre i medici ne hanno accertato la morte cerebrale.

Angioletti, di professione elettricista, è stato vittima del cedimento di un ponteggio in un cantiere di Palermo.

Caduto da un’altezza di 4 metri, aveva riportato estese lesioni al cranio. I familiari hanno acconsentito alla donazione degli organi.

Nel fine settimana in tutti i campi di calcio della Sicilia gli arbitri e i loro assistenti porteranno il lutto al braccio per ricordare il collega, che era membro della sezione Aia di Messina.

Gian Calogero Cuntrera, 61 anni, anche lui siciliano (Porto Empedocle), ma da anni residente a Fiumicino, è morto venerdì 13 nell’ospedale San Camillo di Roma, dove era stato ricoverato giovedì 12 dopo essere rimasto ferito mentre lavorava in un’area logistica dell’aeroporto di Fiumicino.

Dipendente Adr, Cuntrera era stato ferito alla testa da un tubo metallico mentre scaricava un camion insieme ai colleghi.

Paolo Neroni, avvocato di 48 anni, è morto mercoledì 11 settembre a Milano, lungo il Naviglio Grande, mentre dallo studio in zona Brera tornava a casa a Gaggiano.

Ha perso il controllo della moto e si è schiantato contro una vettura parcheggiata. Soccorso e trasportato al Policlinico, è morto poco dopo il ricovero.

#marioangioletti#giancalogerocuntrera#paoloneroni#mortidilavoro

Settembre 2024: 36 morti (sul lavoro 24; in itinere 12; media giorno 2,7)

Anno 2024: 807 morti (sul lavoro 610; in itinere 197; media giorno 3,1)

122 Lombardia (84 sul lavoro – 38 in itinere)

82 Campania (67 -15)

74 Veneto (51 -23)

64 Sicilia (46 -18)

63 Emilia Romagna (49 -14)

62 Lazio (39 – 23)

52 Toscana (43 – 9), Puglia (35 – 17)

47 Piemonte (35 – 12)

28 Sardegna (25 – 3)

24 Abruzzo (19 – 5)

21 Marche (15 – 6),

20 Calabria (17 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

15 Estero (12 – 3)

14 Liguria (12 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Friuli V.G. (9 – 2), Umbria (11 – 0)

8 Basilicata (8 – 0)

6 Valle d’Aosta (6 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Burocrazia.

diYuval Noah Hariri

“Burocrazia è un neologismo che sta letteralmente per “potere degli uffici”.

Il termine è stato inventato nella Francia del XVIII secolo, quando il tipico funzionario sedeva accanto a una scrivania con i cassetti: il bureau.

Il cuore dell’ordine burocratico è quindi il cassetto.

La burocrazia cerca di risolvere il problema del recupero delle informazioni suddividendo il mondo in cassetti e sapendo quale documento in quale cassetto”.

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Attualità

La sicurezza sul lavoro è necessaria, dice il presidente Mattarella.

di Piero Santonastaso, Facebook.com/Mortidilavoro

Il presidente Mattarella ha riaffermato per l’ennesima volta che “la sicurezza nel lavoro è necessaria” affinché sia “effettivo il diritto fondamentale e inalienabile alla salute”, che non può essere limitato dalla “mancanza o inadeguatezza di misure idonee a rendere il lavoro e i luoghi ove si svolge sani e privi di pericoli. Non sarà mai sufficiente l’impegno a questo scopo delle istituzioni e delle parti sociali”.

Ci sentiamo di tranquillizzare il presidente: queste istituzioni, questa politica, queste parti sociali, segnatamente gli imprenditori, continueranno a sguazzare felici nell’insufficienza.

Prendiamo ad esempio Borgo Mezzanone, la baraccopoli nelle campagne del Foggiano sorta per ospitare le migliaia di braccianti immigrati che mandano avanti l’agricoltura pugliese.

È lì da anni e continua a esistere tra un proclama e l’altro di Emiliano e dei suoi predecessori. Mercoledì 11 settembre si è registrata l’ennesima vittima, il 28enne maliano Tounkara Karamoko, travolto all’alba da un pirata della strada mentre su uno scooter andava al lavoro insieme a un altro bracciante, rimasto gravemente ferito.

Franco Moscone, arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, ha usato parole di fuoco sul “dramma estremo che perdura da anni nelle campagne del nostro Tavoliere” e sulle “condizioni di vita, al limite dell’umano, sono una autentica vergogna che deve riguardare tutti”.

Anche questa volta nessuno alzerà un dito.

Ci sono i pirati della strada anche dietro la morte, quasi alla mezzanotte di domenica 8 settembre, della 39enne Daniela Circelli, travolta a Guidonia (Rooma), mentre attraversava la strada per farsi dare un passaggio verso il magazzino Amazon di Settecamini, dove aveva scelto il turno notturno perché con due figli da mantenere qualche euro in più faceva comodo.

Due auto impegnate in una gara di velocità sulla Tiburtina sono piombate su di lei, la prima vettura è riuscita a evitarla, la seconda l’ha presa in pieno, uccidendola.

Le ultime notizie dicono che i due pirati sono stati identificati. La notizia migliore sarebbe che l’Inail avesse deciso di rivedere la sua rigida normativa sugli incidenti in itinere e considerasse Daniela Circelli una vittima del lavoro.

Stefano Del Barba, operaio 55enne della Bettoni Plastiche di Torbole Casaglia (Brescia), è morto giovedì 12 settembre schiacciato da un carico di una tonnellata che stava movimentando in fabbrica, sganciatosi forse a causa di un inciampo del lavoratore.

Domenico Miglietta, 57enne di Trepuzzi (Lecce), è morto giovedì 12 settembre nell’ospedale del capoluogo, dove era stato trasportato d’urgenza a causa di una caduta da 7 metri di altezza per il cedimento di un lucernario di un magazzino. Troppo gravi le ferite riportate.

#tounkarakaramoko#Danielacircelli#stefanodelbarba#domenicomiglietta#mortidilavoro

Settembre 2024: 33 morti (sul lavoro 22; in itinere 11; media giorno 2,7)

Anno 2024: 804 morti (sul lavoro 608; in itinere 196; media giorno 3,1)

121 Lombardia (84 sul lavoro – 37 in itinere)

82 Campania (67 -15)

74 Veneto (51 -23)

63 Emilia Romagna (49 -14), Sicilia (45 -18)

61 Lazio (38 – 23)

52 Toscana (43 – 9), Puglia (35 – 17)

47 Piemonte (35 – 12)

28 Sardegna (25 – 3)

24 Abruzzo (19 – 5)

21 Marche (15 – 6),

20 Calabria (17 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

15 Estero (12 – 3)

14 Liguria (12 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Friuli V.G. (9 – 2), Umbria (11 – 0)

8 Basilicata (8 – 0)

6 Valle d’Aosta (6 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Cosa e perché non funziona nei fondi di coesione.

di Guglielmo Forges Davanzati, “GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO”, 12 settembre 2024

Sono stati resi pubblici i risultati di due importanti report sull’Unione Europea, redatti rispettivamente da Enrico Letta (Much more than a market, aprile 2024) e Mario Draghi.

Entrambi si sono soffermati sulla perdita di competitività dei Paesi che appartengono all’Unione rispetto agli altri grandi player su scala globale (USA, Cina, India), individuando una pluralità di cause: fra queste, in primo luogo, il ritardo tecnologico, l’eccessivo carico burocratico, la bassa qualità delle Istituzioni.

Secondo l’ultima rilevazione Eurostat del settembre 2024, il tasso di crescita dell’Eurozona a 27, nel secondo trimestre dell’anno, è stato solo dello 0.2%, a fronte della previsione dello 0.3%, aggiungendo la prevedibile recessione tecnica tedesca.

In queste ricerche, un tema rilevante attiene anche alla capacità dell’UME di generare convergenza.

Può essere, dunque, utile, avvalersi di queste analisi per provare a tracciare un bilancio degli effetti delle politiche per la convergenza – dopo tre cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020) – sullo sviluppo economico del Mezzogiorno.

L’Italia, per l’attuale ciclo di programmazione (2021-2017), è il Paese che riceve la dotazione maggiore di finanziamenti europei e di cofinanziamenti nazionali, con la Polonia, e, al tempo stesso, quello che ne fa l’uso peggiore e che impiega più tempo per realizzarne gli obiettivi.

Il dibattito italiano sui fondi europei è spesso concentrato sulla rapidità della spesa e poca attenzione è dedicata agli effetti macroeconomici che questi producono.

Occorre ricordare che le regioni oggetto dell’obiettivo convergenza sono quelle il cui Pil pro capite, misurato a parità di potere di acquisto, è inferiore al 75% della media comunitaria: si tratta di ciò che, nella terminologia della Commissione Europea, riguarda il NUTS-2 (“nomenclatura delle aree territoriali statistiche”).

Le regioni italiane interessate sono: Calabria, Campania, Puglia, Sicilia.

Prendiamo in considerazione due recenti studi empirici italiani: il primo dell’ufficio valutazione impatto del Senato della Repubblica (Assessing the impact of spillover effects in European Regional Policy: evidence from Southern regions, Documento di valutazione n.1, aprile 2023); il secondo dell’ISTAT del giugno 2023 (La politica di coesione e il Mezzogiorno: vent’anni di mancata convergenza).

Questi studi concordano su due evidenze:
1) In primo luogo, le politiche di coesione europee hanno avuto effetti molto eterogenei nelle aree nelle quali sono state realizzate, con effetti apprezzabili in molti Paesi dell’Europa dell’Est e, per converso, poco rilevanti per l’Italia meridionale.

In quest’ultimo caso, i trasferimenti non riescono a indurre meccanismi di crescita auto-propulsivi e, dunque, rendono il Mezzogiorno strutturalmente dipendente da fonti di finanziamento esterne. L’UVI rileva l’esistenza di effetti di spillover: macro-aree come il Mezzogiorno vicine a Paesi con Pil pro capite basso fanno registrare risposte peggiori ai finanziamenti europei rispetto a macro-aree per le quali i Paesi limitrofi hanno livelli di ricchezza superiori.

2) In secondo luogo, l’Italia è il Paese che fa registrare, fra i Paesi beneficiari, il più elevato grado di dispersione dell’allocazione dei fondi e gli effetti sul tasso di crescita decrescono al crescere di questi ultimi.

Occorre poi considerare che l’allargamento a Est dell’UME, riducendo il Pil pro capite della macro-area, espelle alcune regioni italiane dall’obiettivo 1, come è accaduto per la Basilicata. non a causa della loro crescita, ma come conseguenza puramente statistica della riduzione del valore medio del Pil pro capite europeo.

Il documento su “Aree tematiche e obiettivi strategici” dell’aprile 2022 (Comunicazione ai sensi dell’art.1, comma 178, Legge n.178/2020), in applicazione del ciclo di programmazione 2021-2027, propone una diagnosi condivisibile dello stato dell’economia meridionale: base industriale ristretta, poche imprese e troppo piccole, bassa propensione alle esportazioni e scarsa capacità innovativa.

Fra le principali criticità dell’attuazione dei programmi comunitari, a p.47, si legge: “la riduzione numerica del personale delle pubbliche amministrazioni, dovuta a protratti , che hanno determinato un conseguente innalzamento dell’età media dei dipendenti, e una composizione obsoleta e con modeste capacità di innovazione, incapace di fornire le nuove competenze richieste da un contesto in profonda trasformazione”.

Uno studio di Banca d’Italia (Aimone Gigio, L. e Camussi, S.A.M. Cambiamenti nella struttura qualitativa dell’occupazione, Banca d’Italia – occasional paper, Questioni di economia e finanza, 705, luglio 2022) evidenzia, che dal 2000 al 2020 i dipendenti pubblici nel nostro Paese sono diminuiti di circa 200.000 unità, collocando l’Italia ai livelli più bassi fra quelli europei per numero di dipendenti in rapporto alla popolazione (meno del 6%) e per età media del personale (superiore ai 50 anni: età eccessiva, peraltro, per gestire la transizione digitale del comparto).

Tenendo conto dei prossimi pensionamento, Unioncamere stima un fabbisogno, per il 2024, di 864mila nuovi ingressi.

Il costo dell’inazione, in questo caso, è altissimo: non solo si sprecherebbero ulteriori risorse comunitarie, con relativi cofinanziamenti nazionali, come in larga misura è già accaduto nei precedenti cicli di programmazione, ma si priverebbe il Sud di un importante sbocco occupazionale per le giovani generazioni, riducendo verosimilmente i flussi migratori, si metterebbe ulteriormente a rischio la realizzazione del PNRR (che, in larga misura, dipende proprio dall’efficienza della P.A.), si rinuncerebbe ad ampliare il mercato interno, e, non da ultimo, si priverebbero le imprese localizzate nel Mezzogiorno degli effetti di complementarietà derivanti dal miglioramento delle competenze amministrative e gestionali nel settore pubblico (si pensi alla riduzione dei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, a puro titolo esemplificativo).

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Attualità

Il primo scontro diretto Trump vs Harris.

di Jazmin Aguilera, The Boston Globe,

Il primo, e forse unico, dibattito Harris-Trump della corsa presidenziale del 2024 ha visto i candidati scontrarsi su immigrazione, economia, aborto, Obamacare, Ucraina, Israele, l’attacco del 6 gennaio al Campidoglio, armi e persino se i migranti haitiani in Ohio stiano mangiando i gatti e i cani dei residenti (ne parleremo più avanti, ma attenzione spoiler: non è così).

Per prima cosa, togliamoci di torno le cose importanti: Taylor Swift ha detto ai suoi 283 milioni di follower che avrebbe sostenuto Harris subito dopo la fine del dibattito, dicendo che Harris “combatte per i diritti e le cause che credo abbiano bisogno di un guerriero che li sostenga”.

E in una frecciatina alla scelta del vicepresidente di Trump JD Vance, Swift ha firmato il suo post “Gattara senza figli”.

Ma torniamo alla fase del dibattito.

Molte organizzazioni giornalistiche e commentatori hanno assegnato il dibattito a Harris, affermando che ha ripetutamente provocato Trump su una varietà di argomenti: le sue incriminazioni e condanne penali, come ha gestito la pandemia di COVID, la sua ammirazione per dittatori e autocrati, le dimensioni della folla ai suoi comizi e altro ancora.

E lui ha spesso risposto con rabbia.

Il New York Times ha affermato che Harris ha messo Trump sulla difensiva e Trump spesso ha abboccato, rispondendo alle critiche “con una grandinata di disinformazione e attacchi personali”.

In modo simile, il Washington Post ha affermato che Harris ha tentato di entrare nella pelle di Trump puntando a “innescarlo” durante il dibattito.

Anche Brit Hume della Fox News ha dato il via libera a Harris:

“Lo ha provocato con successo, che è la storia del dibattito secondo me”, ha affermato. “Quindi, secondo me, è uscita vincitrice in questo… senza dubbio”.

Idem il Wall Street Journal: “Harris ha provocato Trump con insulti e critiche, parte della sua strategia volta a far perdere la concentrazione all’ex presidente”.

E riferendosi agli inevitabili paragoni con la prestazione incerta del presidente Biden nel dibattito di giugno, l’Associated Press ha affermato che dalla stretta di mano iniziale, “Harris ha attaccato Trump in un modo in cui Biden non avrebbe potuto”.

La CNN ha affermato che era ovvio che Harris si era preparata ampiamente per il dibattito, “e ha condito quasi ogni risposta con un commento progettato per far infuriare l’ex presidente”.

E ha funzionato: “Trump era spesso fuori controllo. Ha insistito a gran voce e ripetutamente sul fatto che un’intera serie di falsità erano vere”.

Non tutti erano d’accordo.

James Pindell del Globe non è stato particolarmente colpito dalla prestazione di Harris, affermando che “si è abbassata a essere l’avversario di Trump” piuttosto che “mostrare qualcosa di molto diverso dai vecchi Biden e Trump di cui gli elettori sono stufi di sentire parlare”. Ha dato a entrambi i candidati voti mediocri.

E diversi commentatori della CNN hanno sottolineato che Trump è stato efficace quando ha chiesto perché Harris non ha implementato nessuno dei suoi piani durante i 3 anni e mezzo in cui è stata vicepresidente.

(A proposito, se volete sapere se le cose dette dai candidati erano vere o no, c’è stata una verifica dei fatti fatta da PolitiFact, Associated Press e CNN, tra gli altri.)

Tutto sommato, è stato un dibattito caratterizzato da esche, frecciate e fanfaronate, secondo Sam Brody del Globe, che ha fornito momenti memorabili e frammenti sonori, oltre ad alcune discussioni politiche sostanziali.

Ma ha anche consolidato “quanto sarà un periodo amaro, brutto e duramente combattuto”.

Ci sarà un secondo dibattito? Harris ne sta già chiedendo uno. Trump? Vedremo.

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Attualità

Il lutto.

“Certo, il sopravvissuto può dimostrarsi incapace di affrontare l’elaborazione psichica del lutto.

Il filosofo positivista – sembra continuare Adorno nel passo citato – liquida ogni dottrina della retta vita, anzi ogni riflessione filosofica sul soggetto, e finisce per nutrire «disprezzo intellettuale» verso chi si attarda nel rimpianto e nella nostalgia.

L’atteggiamento di Adorno è un altro.

La perdita dell’antica etica ha minacciato ma non ucciso il soggetto.

Nella misura in cui esso è ancora capace di lutto – quindi di riflessione, autoriferimento e linguaggio – l’etica defunta potrebbe rinascere in una forma trasfigurata.

Tutto dipende dalla scoperta di nuove vie con cui raggiungere la vecchia idea, ossia la facoltà dell’uomo di riferirsi al bene e all’assoluto, realizzandosi in una retta vita.

Dalle forme storiche dell’etica il discorso si trasferisce allora sul destino dell’uomo, sulla sua capacità di sopravvivere e rinascere, per cosí dire, a se stesso.

Ciò che sul piano psichico è il lutto – la plasmazione o restaurazione dell’Io sulla base delle perdute ma interiorizzate relazioni d’amore – sul piano filosofico è la riflessione dialettica di chi insiste a pretendere dal futuro l’esaudimento delle antiche promesse.

Il difficile è salvare in forma nuova l’identità del soggetto, ossia trasformare il trauma della perdita in occasione di ricupero e non di rimozione.

«Bisognerebbe fare come le due lepri; quando cala il colpo, cadere follemente come morti, raccogliersi e riprendere coscienza, e, se si è ancora in grado di respirare, scappare a tutta forza.

La forza dell’angoscia e della felicità sono la stessa cosa» (aforisma 128).” (da “Minima moralia: Meditazioni della vita offesa (Einaudi tascabili. Saggi Vol. 206)” di Theodor W. Adorno, Renato Solmi) 

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Attualità

Ottocento morti di lavoro. Ecco l’Italia del governo Meloni e della ministra Calderone.

Martedì 10 settembre 2024 sono stati raggiunti gli 800 morti di lavoro nell’anno.

Di che vergognarsi per tutte le entità coinvolte: padronato, sindacato, politica, amministrazioni varie, enti tecnici. A questo ritmo, a fine anno conteremo 1134 vittime, con buona pace di chi va cianciando di flessione nei numeri, in primis la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, un’altra che si fa un baffo del conflitto d’interessi (era capa dei consulenti del lavoro – incarico passato al marito – cioè una schierata con le imprese).

Augusto Bragantini aveva 80 anni, moglie, 3 figli e nipoti. Era in pensione dopo una vita da tassista e si era dato da fare nell’Avo, l’associazione dei volontari di Oppeano (Verona), che tra le altre cose si occupa di distribuire pasti caldi agli anziani del paese.

Martedì 10 settembre, nella tarda mattinata, ha caricato il furgoncino del Comune e ha iniziato il suo giro di consegne.

Ha però imboccato contromano lo svincolo per la Transpolesana – uno snodo che conosceva a memoria – e appena sull’arteria si è schiantato contro un tir, morendo sul colpo.

La seconda vittima nel Veneto (a settembre nella regione sono 9, quasi una al giorno), è il 60enne Lorenzo Morello, di Albignasego (Padova), che faceva consegne per una ditta di distribuzione gas di San Giorgio in Bosco.

Martedì 10 intorno alle 12 si è sentito male in un’azienda di Bussolengo (Verona) ed è crollato a terra. I soccorritori del Suem 118 ne hanno constatato la morte. La magistratura ha disposto l’autopsia.

Il 45enne Antonio La Vigna, che viveva con la moglie e i 3 figli a Montecalvo Irpino (Avellino), martedì 10 è stato colpito alla testa dal ramo di un pioppo tagliato durante le operazioni di pulizia di un suo terreno.

È morto sull’ambulanza che lo trasportava all’ospedale di Avellino.

#augustobragantini#lorenzomorello#antoniolavigna#mortidilavoro

Settembre 2024: 29 morti (sul lavoro 20; in itinere 9; media giorno 2,9)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 800 morti (sul lavoro 606; in itinere 194; media giorno 3,1)

120 Lombardia (83 sul lavoro – 37 in itinere)

82 Campania (67 -15)

74 Veneto (51 -23)

63 Emilia Romagna (49 -14), Sicilia (45 -18)

60 Lazio (38 – 22)

52 Toscana (43 – 9)

50 Puglia (34 – 16)

47 Piemonte (35 – 12)

28 Sardegna (25 – 3)

24 Abruzzo (19 – 5)

21 Marche (15 – 6),

20 Calabria (17 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

15 Estero (12 – 3)

14 Liguria (12 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Friuli V.G. (9 – 2), Umbria (11 – 0)

8 Basilicata (8 – 0)

6 Valle d’Aosta (6 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

“Cinque i morti di lavoro nel Veneto nelle ultime 72 ore”.

Con altre tre vittime tra sabato 7 e lunedì 9 settembre, salgono a cinque i morti di lavoro in Veneto nelle ultime 72 ore (al lordo di domenica 8, una delle rare giornate in cui in Italia non si sono registrati decessi legati al lavoro).

La regione arriva così a 72 morti nell’anno, con una tendenza in netto rialzo rispetto ai primi mesi del 2024.

Marco Ponzilacqua, 54 anni, di Badia Polesine (Rovigo), autista soccorritore della Croce Verde Adria, lunedì 9 settembre si è arreso dopo 54 giorni di lotta per la vita nella terapia intensiva neurochirurgica del Polo Confortini (Aoui Verona).

Vi era stato ricoverato il 17 luglio, dopo che un’automobile con targa tedesca era piombata a grande velocità sui mezzi di soccorso impegnati per un incidente stradale sulla Transpolesana, ai confini tra le province di Rovigo e Verona. Ponzilacqua e una sua collega avevano riportato i danni maggiori, mentre altri 4 operatori del Suem 118 se l’erano cavata con brevi ricoveri.

Tutti i mezzi della Croce Verde Adria saranno listati a lutto.

Sempre lunedì 9 settembre all’ospedale San Martino di Belluno si è spento il lattoniere 51enne Felice Pais, che viveva con la compagna e i due figli ad Auronzo di Cadore.

Giovedì 5 settembre era impegnato con alcuni colleghi sul tetto di un edificio quando a causa del cedimento di una trave è precipitato da un’altezza di 10 metri, riportando lesioni gravissime.

Sabato 7 settembre l’alpinista e fotografo Loris De Barba, 70 anni, era partito da Limana (Belluno), per un servizio fotografico al tramonto in cima alle Torri del Camp (2281 metri), sulla Moiazza (Dolomiti Agordine).

A tarda sera non era ancora rientrato e la moglie ha dato l’allarme.

Gli uomini del Soccorso Alpino nella notte hanno individuato il corpo senza vita 50 metri più in basso del punto da cui presumibilmente è precipitato.

La salma è stata recuperata domenica mattina.

Morte in itinere, lunedì 9 settembre, per il 28enne Salvatore Calaciura, residente con la famiglia a Butera (Caltanissetta).

Andando in macchina al ristorante in cui lavorava come cameriere, si è scontrato frontalmente con un camion sulla statale 626 ed è morto sul colpo.

#marcoponzilacqua#felicepais#lorisdebarba#salvatorecalaciura#mortidilavoro

Settembre 2024: 26 morti (sul lavoro 17; in itinere 9; media giorno 2,8)

(Courtesy bay Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 797 morti (sul lavoro 603; in itinere 194; media giorno 3,1)

120 Lombardia (83 sul lavoro – 37 in itinere)

81 Campania (66 -15)

72 Veneto (49 -23)

63 Emilia Romagna (49 -14), Sicilia (45 -18)

60 Lazio (38 – 22)

52 Toscana (43 – 9)

50 Puglia (34 – 16)

47 Piemonte (35 – 12)

28 Sardegna (25 – 3)

24 Abruzzo (19 – 5)

21 Marche (15 – 6),

20 Calabria (17 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

15 Estero (12 – 3)

14 Liguria (12 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Friuli V.G. (9 – 2), Umbria (11 – 0)

8 Basilicata (8 – 0)

6 Valle d’Aosta (6 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Cieca e incondizionata ostinazione.

Infatti non cambiò nulla. Le cose erano ormai troppo avanti (ossia troppo avanti nel modo di vivere delle due sorelle) perché potessero pensare, anche solo per un istante, che per loro avrebbe potuto esserci un destino diverso da quello di restare zitelle, continuare a condurre un’esistenza da bestie da soma, portare abiti rattoppati all’infinito e fare economie sufficienti per potergli mandare i vaglia che lui rimandava al mittente e che loro imperturbabilmente rispedivano sotto forma di tutto ciò che un giovanotto nella sua posizione (ossia nella posizione a cui ebbe accesso: quella di allievo ufficiale e poi di ufficiale nel corpo di fanteria di marina) aveva il dovere di possedere: dai guanti fino al completo da toeletta con molteplici e inutili accessori, passando per gli stivali di pelle morbida accompagnati da un biglietto che diceva: “Resta inteso che se non sono della tua misura potrai andarli a sostituire”, e portava nella loro calligrafia da maestrine l’indirizzo del fabbricanti alla modo che dal fondo della loro vallata e interrogano chissà chi avevano trovato il modo di procurarsi.

Poi erano passati degli anni e probabilmente la faccenda (l’incidente, le visite all’ospedale, la piega presa) era stata dimenticata (o almeno tacitamente eliminata dalle loro conversazioni, se non dalla loro memoria), messa, come la grandine o le inondazioni che erodevano i campi, nel conto profitti e perdite.

Claude Simon (1913-2005).

Adesso infatti con la stessa cieca e incondizionata ostinazione avevano trasferito quella specie di incestuosa e austera passione su quella che a loro doveva sembrare qualcosa come una apostasia.

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“Non frequento la Festa dell’Unità da quando avevo sedici anni nel 1966, quindi non sarebbero fatti miei. Lo ammetto.”

di Franco Berardi “Bifo”.

Eppure questa mattina quando mi hanno detto che nel programma della Festa provinciale bolognese, che dura una ventina di giorni ed è pieno di dibattiti e conferenze, non c’è neppure una piccola discussione dedicata a quel che succede a Gaza non ci ho creduto. Allora sono andato a cercare il programma e me lo sono sfogliato pagina dopo pagina, e alla fine ho dovuto riconoscerlo.

Non c’è nessun riferimento al fatto che da quasi un anno Israele – un paese nato da una guerra di sterminio e che negli ultimi anni è governato da una giunta apertamente fascista – sta perpetrando un genocidio.

Mi sono chiesto com’è possibile che non se ne parli all’interno di un evento che oltre alle tagliatelle dovrebbe anche occuparsi degli eventi del mondo?

Una prima risposta che mi è venuta alla mente è questa: i democratici bolognesi non ne sono stati informati, non ne sanno niente, nessuno glielo ha detto.

Allora sinteticamente ricapitolo per loro i fatti: rinchiusi da decenni in una prigione a cielo aperto, aggrediti a più riprese dalle forze preponderanti dell’esercito israeliano, umiliati e impoveriti da un blocco che impedisce loro di avere normali rapporti col mondo, i due milioni e mezzo di cittadini di Gaza hanno votato per un gruppo islamista radicale che il 7 ottobre del 2023 ha scatenato un pogrom non dissimile da quelli che nei secoli sono stati condotti contro le comunità ebraiche europee, e che da molti anni i coloni israeliani conducono contro i palestinesi della Cisgiordania.

Dopo questo atto di inaccettabile (ma purtroppo comprensibile) violenza, Israele ha risposto con una campagna di sterminio che ha colpito indiscriminatamente la popolazione di Gaza distruggendo ospedali scuole abitazioni centri dell’UNRWA e qualsiasi altro obiettivo civile, hanno ucciso oltre quarantamila persone di cui un terzo bambini e un terzo donne, hanno affamato la popolazione civile impedendo i rifornimenti di beni di prima necessità, e hanno murato i pozzi per impedire che la popolazione di Gaza possa avere l’acqua.

In seguito a questa punizione collettiva indiscriminata il Tribunale Internazionale ha condannato i governanti di Israele, in particolare Benjamin Netanyahu, per genocidio e crimini di guerra.

Inoltre migliaia di ebrei in tutti i paesi del mondo hanno manifestato contro il genocidio israeliano gridando not in my name, e partecipando alle manifestazioni e alle occupazioni dei campus americani.

Lo storico Omer Bartov, ebreo ed esperto sul tema del genocidio, ha dichiarato in un articolo pubblicato dal Guardian che i soldati dell’esercito israeliano manifestano comportamenti di violenza brutale e razzista che ricordano il comportamento dei militari della Wehrmacht nella seconda guerra mondiale.

Nel frattempo un razzista di nome Itamar Smotrich, che appoggia il governo Netanyahu, ha distribuito decine di migliaia di mitragliatrici a coloni israeliani che, in violazione delle leggi internazionali e di numerose deliberazioni dell’ONU, aggrediscono gli abitanti dei villaggi della Cisgiordania, distruggono le loro abitazioni e i loro pochi averi, e li cacciano per impadronirsi abusivamente delle loro terre.

Metà della popolazione israeliana – oltre a tutta la comunità internazionale, chiede al governo fascista di Netanyahu un cessate il fuoco per il rilascio degli ostaggi che i militanti di Hamas hanno sequestrato. 

Ma il fascista Netanyahu, consapevole del fatto che se l’aggressione finisce dovrà rendere conto di reati di cui lo accusa la magistratura del suo paese, oltre che delle sue responsabilità nella crescita di Hamas, e del disinteresse con cui ha lasciato che la tragedia palestinese incancrenisse, preferisce lasciare che gli ostaggi muoiano nelle segrete sotterranee di Gaza piuttosto che accettare un accordo.

Questi sinteticamente sono i fatti.

Se i democratici non ne sono informati qualcuno glielo dica.

Ma forse non è così. Non credo che siano così disinformati da non saperne niente.

E allora perché alla Festa de L’Unità non se ne parla?

Forse perché si tratta di un argomento, come suol dirsi, “divisivo”?

Cioè una parte dei democratici ritiene che non si possa discutere del comportamento dello stato di Israele anche se questo persegue da 75 anni una politica colonialista, e da undici mesi persegue un genocidio? Una parte dei democratici approva un genocidio, se ne fotte delle deliberazioni dell’ONU e del Tribunale internazionale?

Una parte? Cioè quanti? Un terzo, una metà?

Tre quarti? Quasi tutti?

Non lo so.

Però se così fosse sarebbe risolto il mistero per cui in Italia governano i fascisti.

* da Il Disertore

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“Diverse testate hanno rilanciato la notizia secondo la quale venerdì 6 e sabato 7 settembre sono morti quattro lavoratori. Noi ne abbiamo contati otto”.

Sui morti di lavoro i media continuano a dare numeri a casaccio, beninteso quando hanno modo e voglia di occuparsene. Diverse testate hanno rilanciato la notizia secondo la quale venerdì 6 e sabato 7 settembre sono morti 4 lavoratori.

Noi ne abbiamo contati 8 e non è stata certo un’impresa: basta setacciare le fonti a disposizione di tutti. Iniziamo dalle vittime dimenticate.

Il bracciante indiano Grewal Gagandeep Singh, 34 anni, è morto venerdì 6 settembre all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, dove era stato ricoverato dopo essere stato investito al km 44 della Pontina, nel territorio di Aprilia, alle 7,30 di giovedì 5 aprile mentre in bicicletta andava al lavoro sotto la pioggia.

Singh più che un cognome è un etnonimico, obbligatorio per ogni maschio Sikh, tant’è lo portavano anche le due precedenti vittime indiane nel territorio pontino, Satnam (19 giugno) e Dalvir (16 agosto).

Morte in bicicletta anche per il 26enne Marco Carraretto, barista al Galloway di Villorba (Treviso). A lavoro finito tornava a casa a Carbonera, passando per il capoluogo, quando intorno alle 2,30 è stato investito da un coetaneo ubriaco ed è morto sul colpo.

Sempre in Veneto, sabato 7 settembre il 49enne Andrea Griggio, operaio alla Omci di Camponogara (Venezia), è morto dopo essere stato investito da una pesante struttura metallica che stava movimentando con l’aiuto di un carroponte.

A Roma il 50enne Maurizio Amadori, tecnico di laboratorio alla Clinica Guarnieri, è morto sabato 7 settembre mentre andava al lavoro in scooter. In zona Tomba di Nerone è finito contro un furgone, riportando lesioni gravissime ed è morto sul posto. All’origine dell’incidente, probabilmente, l’asfalto fortemente ammalorato.

Le altre 4 vittime di cui parlano i media sono il 51enne Alberto Tedeschi, titolare di un’impresa edile, travolto dal crollo di alcune solette in un edificio in ristrutturazione ai Tignale (Brescia).

Un operaio che era con lui è rimasto gravemente ferito.

Antonio Bernardo, 60enne di Sant’Agata dei Goti (Benevento), è morto venerdì 6 settembre a Orta di Atella (Caserta), schiacciato da un cancello metallico uscito dalle guide.

L’operaio, dipendente della Eco Sistem di San Felice a Cancello, era impegnato nella bonifica dei capannoni di un’azienda fallita.

Vincenzo Prete, operaio 66enne di Nocera Inferiore (Salerno), prossimo alla pensione, è morto venerdì 6 settembre all’ospedale Umberto I, dove era stato ricoverato dopo una caduta da poco più di due metri di altezza mentre rimuoveva le gabbie in legno per una colata di cemento.

Giorgio Giberti, 77 anni, contitolare a Castelnuovo Rangone di un allevamento insieme ai due fratelli, è morto venerdì 6 settembre, schiacciato da una rotoballa in uno dei capannoni dell’azienda, dove si trovava da solo.

A scoprire l’uomo senza vita è stato uno dei fratelli.

#grewalgagandeepsingh#marcocarraretto#andreagriggio#maurizioamadori#albertotedeschi#antoniobernardo#vincenzoprete#giorgiogiberti#mortidilavoro

Settembre 2024: 22 morti (sul lavoro 14; in itinere 8; media giorno 3,1)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 793 morti (sul lavoro 600; in itinere 193; media giorno 3,1)

120 Lombardia (83 sul lavoro – 37 in itinere)

81 Campania (66 -15)

69 Veneto (46 -23)

63 Emilia Romagna (49 -14)

62 Sicilia (45 -17)

60 Lazio (38 – 22)

52 Toscana (43 – 9)

50 Puglia (34 – 16)

47 Piemonte (35 – 12)

28 Sardegna (25 – 3)

24 Abruzzo (19 – 5)

21 Marche (15 – 6),

20 Calabria (17 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

15 Estero (12 – 3)

14 Liguria (12 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Friuli V.G. (9 – 2), Umbria (11 – 0)

8 Basilicata (8 – 0)

6 Valle d’Aosta (6 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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La coazione a ripetere del Ministro Giorgetti.

di Guglielmo Forges Davanzati, da “GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO”, 8 settembre 2024.

Il Governo annuncia di voler riprodurre, nella prossima legge di bilancio, i principali provvedimenti adottati lo scorso anno, secondo un metodo che è in uso definire “a legislazione invariata”.

L’attenzione mediatica è prevalentemente concentrata, come quasi sempre accade in occasione dell’emanazione del più importante provvedimento di politica economica dello Stato italiano, sulla scarsità delle risorse che viene imputata all’eccessivo nostro debito pubblico e alle nuove procedure di rientro previste dal nuovo Patto di Stabilità e Crescita europeo.

È pressoché assente, nella pubblicistica di questi giorni, la memoria storica che, per contro, serve a dar conto della reale discontinuità delle politiche economiche del Governo Meloni rispetto ai suoi predecessori degli ultimi decenni.

Conviene allora soffermarsi sui principali provvedimenti che il Ministro Giorgetti sta prendendo in considerazione, per valutarne il grado di novità e la relativa efficacia nella Storia recente del nostro Paese. Ci si sofferma qui, per ragioni di spazio, sulle misure principali annunciate.

Il rinnovo della riduzione del cuneo fiscale. Si è trattato di un “cavallo di battaglia” di questo Governo, che riproduce in toto un’idea – e un conseguente provvedimento – del Governo Prodi dell’ormai lontano 2007.

La legge finanziaria (così era denominata) di quell’anno, elaborata da un esecutivo di centro-sinistra, impegnò circa 3 miliardi di euro (quasi 6 miliardi a partire dal 2008) di sconti Irap, riducendo del 5% la differenza fra salario lordo e salario netto dei lavoratori italiani.

Con importi leggermente diversi, la riduzione del cuneo fiscale verrà costantemente riprodotta negli anni successivi, in particolare con il Governo Monti, il Governo Renzi e con il Governo Draghi: esecutivi – vale la pena ricordarlo – rispetto ai quali il Partito di maggioranza che regge l’attuale Governo era all’opposizione.

È di un certo interesse osservare che l’effetto cumulato negli anni della riduzione del cuneo fiscale non è stato, come era invece nelle intenzioni, particolarmente apprezzabile sui consumi degli italiani: si calcola, a riguardo, che, nel nostro Paese, nel 2024 – con 21.778 euro pro capite – la spesa pro capite per consumi delle famiglie, sebbene abbia recuperato i livelli pre-pandemici, nel 2024 è ancora inferiore al picco raggiunto nel 2007 (-138 euro).

Ciò, peraltro, si è verificato nel più lungo periodo di deflazione della Storia italiana, dunque nel periodo nel quale ci sarebbe dovuto essere il maggior incremento del potere d’acquisto.

La lunga vicenda della riduzione del cuneo fiscale in Italia sembra, dunque, confermare l’ipotesi keynesiana per la quale, in regime di elevata incertezza, gli aumenti di reddito vengono destinati a risparmi precauzionali, senza effetti apprezzabili sulla domanda interna.

L’incertezza, a sua volta, è determinata dal fatto che queste misure sono state sempre temporanee ed è ancora temporanea (come lo è stata lo scorso anno), per la validità di un anno, quella prevista dal Governo Meloni, il che rende difficile per i lavoratori che percepiscono gli aumenti salariali pianificare incrementi di consumi nel più lungo periodo.

In questa dinamica, l’Italia non è neppure riuscita a guadagnare posizioni nella classifica OCSE dei Paesi con minore cuneo fiscale, ammesso che questo risultato sia desiderabile: il cuneo fiscale è maggiore del nostro in Belgio, Germania e Francia e tendenzialmente elevato nei Paesi scandinavi.

Ben pochi commentatori, poi, si sono interrogati sugli effetti collaterali del taglio del cuneo fiscale: il primo dei quali consiste nell’avere meno risorse disponibili per finanziare il Welfare, soprattutto in una fase – come questa – nella quale la Commissione Europea, dopo il Next Generation Europe, torna a chiedere ai Paesi molto indebitati (l’Italia fra questi) la massima disciplina fiscale. Quasi tutti i Paesi con basso cuneo fiscale hanno pressoché totalmente i servizi di Welfare privatizzati, come accade negli USA – uno dei Paesi, infatti, con minore cuneo fiscale al mondo.

Un aumento dei redditi monetari dei lavoratori può quindi essere più che compensato da maggiori spese per l’accesso a beni e servizi pubblici (si pensi, a riguardo, ai tagli alla sanità e all’istruzione degli ultimi decenni, reiterati e accelerati dal Governo Meloni).

Il secondo effetto collaterale risiede nella circostanza che, come mostrato dalla teoria economica e dall’evidenza empirica, la riduzione della tassazione ha effetti moltiplicativi sul Pil minori di quanto ne abbia l’aumento della spesa pubblica e ancora meno di quanto ne producano gli investimenti pubblici.

I prospettati tagli alle Università – altro recente tassello della manovra Meloni – riproducono una triste tradizione, ormai sufficientemente consolidata in Italia, che risale alla Legge finanziaria del 2009 del Governo Berlusconi (si ricorderà la tesi di Giulio Tremonti, per la quale “con la cultura non si mangia”), anche in questo caso con significativa continuità con gli esecutivi degli anni successivi, in particolare con quello – molto rilevante – del Governo Monti (Meloni all’opposizione).

Non è irrilevante considerare che, come ha fatto osservare di recente Fabio Panetta, Governatore della Banca d’Italia, con il Governo in carica la spesa pubblica per istruzione e ricerca scientifica tende a eguagliare quella per gli interessi sul debito pubblico (cioè, in ultima analisi, per accrescere le rendite finanziarie, di banche italiane e internazionali).

Le agevolazioni fiscali alle imprese – reiterate da Meloni anche quest’anno – hanno visto la loro massima accelerazione durante il Governo Renzi (anche in questo caso, con Meloni all’opposizione) e con il Decreto Poletti, in particolare.

L’annunciata spending review, inoltre, è stata sperimentata a partire dall’ormai lontano 1981, con significativa accelerazione negli anni del Governo Monti, peraltro senza risultati apprezzabili (sul tema si rinvia allo studio di Francesco Scinetti e Nicoletta Scutifiero, Perché in Italia le spending review non funzionano, Osservatorio CPI, 30 agosto 2023).

Infine, ma non da ultimo per importanza, l’autonomia differenziata è un prodotto bipartisan: prospettata dal Governo Gentiloni di centro-sinistra (Meloni e Salvini all’opposizione), reiterata dal Governo Draghi (Meloni all’opposizione), portata avanti da questo esecutivo, viene proposta dimenticando la tenace opposizione dell’MSI e di Giorgio Almirante a qualsiasi ipotesi di decentramento istituzionale.

Si può allora concludere che la principale novità della manovra in atto è l’assenza di novità; che questa dipende dalla completa omologazione di questo esecutivo a quello che viene definito il “pensiero unico” di matrice liberista (e, dunque, l’omologazione a teorie e politiche economiche discutibili e che, di norma, generano risultati poco rilevanti o addirittura controproducenti), secondo una linea di pieno conformismo che si collega alla rimozione pubblica della memoria di chi governa (si potrebbe, a riguardo, ricordare che Giorgia Meloni era favorevole all’abbandono unilaterale dell’euro da parte dell’Italia: tema non solo mai più ripreso, ma sostituito con l’entusiastica proposta del Ministro Fitto alla Commissione Europea).

L’assenza di elaborazione di un pensiero autonomo, la dipendenza da centri di elaborazione esterni delle principali linee di politica economica (si consideri che il documento programmatico di bilancio è oggetto di valutazione da parte della Commissione Europea), la superiorità gerarchica dei mercati finanziari sulle politiche nazionali (i primi funzionano come creditori dei Governi e, in larga misura, ne condizionano le scelte) possono forse contribuire a spiegare questi fenomeni.

Ma è probabilmente opportuno qui lasciare il campo alla politologia, limitandosi a richiamare l’adagio attribuito ad Albert Einstein, per il quale “è follia ripetere lo stesso errore aspettandosi risultati diversi”, giacché – continuava – “il progresso consiste nella deviazione dalla norma”.

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Crepa, lavoratore, crepa.

Alexandru Arteni aveva 18 anni e lavorava in una pizzeria di Ortona (Chieti). Nella notte di mercoledì 4 settembre tornando a casa in bicicletta è stato investito da un pirata della strada, che l’ha lasciato a terra agonizzante.

Non si conosce l’ora del fatto, si sa però che alle 3,30 un automobilista di passaggio ha trovato il ragazzo e ha dato l’allarme. Alexandru è morto giovedì 5 nell’ospedale di Pescara.

La famiglia ha deciso la donazione degli organi: cuore, fegato, pancreas e un rene sono andati a Roma, l’altro rene e le cornee a L’Aquila.

Il pirata, di cui non si conosce il nome, si è costituito proprio mentre veniva certificata la morte cerebrale del ragazzo.

Giovanni Canavera, 58 anni, moglie e tre figli, giovedì 5 settembre è stato travolto dalla piena del torrente Orco a Feletto (Torino), mentre su un trattore procedeva alla pulizia degli argini.

Il corpo dell’agricoltore di San Francesco al Campo non è stato ancora recuperato.

Giuseppe Pizzolato, 56 anni, operaio edile di Mazara del Vallo (Trapani), giovedì 5 si è sentito male ed è morto nel cantiere per il restauro di Villa Raffo a Palermo, lavori commissionati dalla Regione Sicilia, proprietaria dell’edificio.

L’autista 58enne di un furgone è morto giovedì 5 settembre in un incidente stradale in viale Stucchi a Monza: l’uomo, di cui non è ancora stato diffuso il nome, ha perso il controllo del mezzo e si è schiantato contro un pilastro in cemento.

Per la violenza dell’urto l’uomo ha sfondato il parabrezza ed è finito sull’asfalto diversi metri più avanti. È morto durante il trasporto all’ospedale San Gerardo.

#alexandruarteni#giovannicanavera#giuseppepizzolato#mortidilavoro

Settembre 2024: 14 morti (sul lavoro 9; in itinere 5; media giorno 2,8)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 785 morti (sul lavoro 595; in itinere 190; media giorno 3,1)

119 Lombardia (82 sul lavoro – 37 in itinere)

80 Campania (65 -15)

67 Veneto (45 -22)

62 Emilia Romagna (48 -14), Sicilia (45 -17)

57 Lazio (37 – 20)

52 Toscana (43 – 9)

50 Puglia (34 – 16)

47 Piemonte (35 – 12)

28 Sardegna (25 – 3)

24 Abruzzo (19 – 5)

21 Marche (15 – 6),

20 Calabria (17 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

15 Estero (12 – 3)

14 Liguria (12 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Friuli V.G. (9 – 2), Umbria (11 – 0)

8 Basilicata (8 – 0)

6 Valle d’Aosta (6 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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“I fascisti del governo israeliano amano presentare tutto questo come una guerra tra civiltà e barbarie. Finora, il potere occidentale non ha confutato questa brutale affermazione”.

di Iaim Chambers, Il manifesto

Siamo al punto che non ci è permesso condannare il caso di genocidio più pubblicizzato del secolo attuale. Anche solo nominarlo e sottolineare l’orrore e l’oscenità etica e politica di tutto ciò. Con alcune eccezioni, filosofi, accademici e rettori di università tacciono.

La comunità ebraica non permette alcuna critica; i partiti politici borbottano su soluzioni a due Stati che sono state strappate decenni fa dai coloni sionisti e schiacciate dai carri armati israeliani. Nel frattempo, i giornalisti mainstream e i commentatori televisivi trasmettono una narrazione mortale che rifiuta spazio alle voci palestinesi. I punti di vista alternativi sono considerati precursori del terrorismo e quindi triturati nella macchina mediatica prima di essere eliminati.

Il massacro in atto, la vita resa nuda e azzerata dallo Stato d’eccezione, la deliberata violazione del diritto internazionale e delle regole fondamentali dell’impegno militare e delle questioni umanitarie sono sotto i nostri occhi. Mentre l’«autodifesa» israeliana si trasforma in pulizia etnica, noi continuiamo a favorire il genocidio.

CONTINUA IL SOSTEGNO incrollabile al colonialismo impenitente dei coloni in Israele attraverso accordi commerciali, vendita di armi e programmi di ricerca accademica. Gaza è stata rasa al suolo e la Cisgiordania sta per essere ripulita dalla violenza sionista.

Il colonialismo, come ci ha informato molti decenni fa l’intellettuale ebreo tunisino Albert Memmi, è una forma di fascismo. Tutta questa violenza ora si ripiega su se stessa per suggerire che gli enti pubblici in Italia – università, partiti politici, media – stanno agendo in modo del tutto illegale. Secondo la legge italiana, l’apologia del fascismo è considerata un reato.

Le massicce dimostrazioni pubbliche di sdegno in tutto il mondo per i crimini di guerra commessi nel Mediterraneo orientale sottolineano che stanno anche perseguendo un mandato decisamente antidemocratico.

ANCHE NOI stiamo diventando Israele, una società controllata con una rigida ideologia militarizzata. Anche a noi viene chiesto di considerarci costantemente minacciati dai migranti, dall’Islam e dal mondo non bianco, mentre l’Occidente si contrappone al resto del pianeta. Questo fornisce la licenza per la violenza a cui si ricorre per proteggere l’autorità morale della nostra narrazione.

***

Nel frattempo, le argomentazioni liberali, che vedono due lati in ogni questione, come se il potere fosse equamente distribuito nel mondo, e che insistono sempre sul fatto che le questioni sono «complicate», ora vanno in fumo mentre la struttura sociale e le infrastrutture di Gaza e della Cisgiordania vengono bombardate e brutalmente fatte a pezzi.

Tutto ciò è accompagnato dalla cinica chiarezza delle analisi geopolitiche, che analizzano l’escalation di morti, feriti, mutilati e la pulizia etnica della Palestina.

MA LE VITTIME della mappa coloniale non sono né bianche né europee. Sono arabe. Considerati al di fuori dei confini della civiltà occidentale (anche se qualcuno potrebbe ammettere che storicamente hanno contribuito in modo significativo alla sua formazione), la razzializzazione tecnologica della morte e i profitti della guerra per conservare uno stile di vita occidentale sembrano inarrestabili. Il modello rimane al suo posto. Il fardello dell’uomo bianco non può essere abbandonato. La sua autorità patriarcale e l’ordine politico con cui disciplina il mondo devono continuare a qualsiasi costo.

COME MOLTI
 osservatori della situazione hanno osservato, Gaza e la Cisgiordania non sono realtà separate. Sono uniche, accorpate da mezzi e tempi differenziati per raggiungere un unico obiettivo: quello di eliminare la questione palestinese, strapparla dalla terra e sterminare per sempre i palestinesi. Non avrà successo.

Il potere coloniale, che sia in Algeria, in Vietnam o in Sudafrica, è sempre imploso in un’accelerazione di violenza. Da posizioni politiche molto diverse, sia lo storico israeliano dissidente Ilan Pappe che il generale Yitzhak Brick, intervistati da Haaretz, hanno recentemente affermato questo scenario.

I fascisti del governo israeliano amano presentare tutto questo come una guerra tra civiltà e barbarie. Finora, il potere occidentale non ha confutato questa brutale affermazione. Al contrario, continua ad avallarla pubblicamente e a capitalizzarla economicamente. Ma chi sono, in tutto questo, i veri barbari?

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Agosto chiude con 97 vittime, settembre comincia con 6 morti di lavoro. La ministra del Lavoro ha fatto buone ferie?

“Bilancio provvisorio”, scrivevamo a proposito dei 94 morti di lavoro di agosto conoscendo la lentezza con la quale circolano le notizie.

Rettifichiamo infatti il numero a 97, con l’aggiunta di tre vittime.

Il più giovane è Antonello Spada, 23 anni, famiglia di allevatori di Noragugume (Nuoro). Martedì 27 agosto stava accudendo con il padre il bestiame dell’azienda di famiglia quando è inciampato nel filo spinato ed è caduto, battendo la testa su un sasso.

Frattura della base cranica con emorragia dall’orecchio, ricovero in coma farmacologico all’ospedale di Sassari, situazione stabile, poi sabato 31 l’aggravamento e la dichiarazione di morte.

Visto il repentino peggioramento del quadro clinico si ipotizza anche un’infezione ospedaliera.

Venerdì 30 agosto, a Somendenna di Zogno (Bergamo), è morto l’artigiano 49enne Luigi Persico, vittima di una caduta da 5 metri di altezza mentre procedeva a un sopralluogo sul tetto di un’abitazione per programmare i lavori richiesti.

Sabato 31 agosto l’autista di un tir in sosta nell’area di servizio Esino ovest della A14, nel comune di Montemarciano (Ancona), è stato ritrovato senza vita.

L’uomo, un cittadino greco di 67 anni, si era fermato la sera precedente per riposare prima di affrontare il viaggio di ritorno in patria.

Il mese di settembre si è aperto con 6 morti di lavoro in due giorni. Gabriele Barbini, cuoco 27enne di San Donà di Piave (Treviso), è morto nelle prime ore di domenica 1° settembre ad Amsterdam, dove si trovava per lavoro, travolto in bici da un’auto pirata mentre tornava a casa.

Un pirata della strada anche per Umar Sufiyan, 35enne pakistano residente a Parma. Da 10 anni per conto della cooperativa Leonica consegnava in bici la Gazzetta di Parma agli abbonati, dalle 2 alle 10 del mattino.

Sabato intorno alle 4 è stato travolto da un’auto che non si è fermata. Umar, che mandava i suoi guadagni alla famiglia in Pakistan, è morto all’ospedale Maggiore domenica 1° settembre.

Il 31enne Simone Fant, istruttore di volo di Reana del Rojale (Udine), è morto lunedì 2 settembre schiantandosi con un ultraleggero poco dopo il decollo dalla superficie di volo di San Mauro di Premariacco.

Con lui ha perso la vita Alessandra Freschet, studentessa 15enne dell’Istituto aeronautico Volta di Udine.

Era il suo primo volo, organizzato dalla scuola come avvicinamento alla vita aeroportuale.

A tutto martedì pomeriggio nessuna voce scandalizzata sul rapporto mortale tra la scuola-azienda e il lavoro.

Gianluca Russo, barista 42enne di Cava de’ Tirreni (Salerno), è morto intorno alle 3 del mattino di lunedì 2 settembre mentre insieme ai colleghi sistemava il locale prima della chiusura.

Gianluca lamentava dal pomeriggio un dolore al petto, ma aveva voluto rimanere al suo posto.

Alle 3 si è acceso una sigaretta, il tempo di due boccate, poi è crollato a terra, colpito da infarto. Inutili i soccorsi.

Augusto Varisellaz, allevatore 69enne di Challand-Saint-Victor (Aosta), è morto uscendo di strada con la sua auto mentre rientrava dall’alpeggio in quota.

Nello stesso punto, esattamente due mesi fa, il 2 luglio, era morto un suo dipendente, il 36enne marocchino Mohammed Badi, sbalzato da un trattore.

Felice Cilio, 75enne piccolo imprenditore edile di Cusano Milanino, lunedì 2 settembre è morto cadendo da una scala a Cesano Maderno (Monza e Brianza), dove era al lavoro in un edificio di sua proprietà che stava trasformando in loft.

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Settembre 2024: 6 morti (sul lavoro 4; in itinere 2; media giorno 3)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 777 morti (sul lavoro 590; in itinere 187; media giorno 3,1)

118 Lombardia (81 sul lavoro – 37 in itinere)

80 Campania (65 -15)

66 Veneto (45 -21)

62 Emilia Romagna (48 -14)

60 Sicilia (43 -17)

56 Lazio (36 – 20)

52 Toscana (43 – 9)

50 Puglia (34 – 16)

45 Piemonte (34 – 11)

28 Sardegna (25 – 3)

23 Abruzzo (19 – 4)

21 Marche (15 – 6),

20 Calabria (17 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

15 Estero (12 – 3)

14 Liguria (12 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Friuli V.G. (9 – 2), Umbria (11 – 0)

8 Basilicata (8 – 0)

6 Valle d’Aosta (6 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Le uova con la pancetta.

di Jon Fosse

“(…) accendo al massimo il fornello grande su cui c’è la padella, poi taglio la pancetta a fette spesse, abbastanza da riempirci tutto il tegame, le dispongo sul fondo e cominciano subito a sfrigolare, così abbasso il calore e taglio delle fette di pane, due per Åsleik e due per me

Cucini sempre cose buonissime, Asle, dice Åsleik

Non saprei, dico e nella cucina si diffonde il buon odore della pancetta fritta e la giro in modo che si indori anche dall’altra parte, poi prendo due piatti, due coltelli e due forchette e Åsleik dice che i piatti sono vecchi, gli ricordano quelli dell’infanzia, ai tempi della vecchia Alise, dice

Che profumino meraviglioso, dice Åsleik e mi piazzo davanti ai fornelli e guardo la pancetta che frigge dentro la vecchia padella, che è così pesante che secondo Ales era troppo pesante per lei, se ne lamentava sempre e a suo dire faceva troppo fumo, per questo ne avevamo comprata una nuova che Ales usava sempre, mentre io ho sempre utilizzato quella vecchia di ferro

e ora la padella di Ales si trova nell’armadietto delle pentole vicino alla cucina e mi basta soltanto pensare all’altra padella che mi vengono le lacrime agli occhi e l’ho infilata il più possibile in fondo all’armadietto in modo da non vederla così facilmente perché mi ricorda sempre e così tanto Ales che sto male ogni volta che la vedo, sì mi si inumidiscono gli occhi, a dire la verità, ma adesso non ci voglio pensare,

a quando io e Ales l’avevamo comprata, perché adesso devo smetterla di continuare a pensare a questi ricordi, eppure li ho presenti come se fossero successi ieri, e continuo a ritornarci con la memoria, io che invece ce l’ho così scarsa,

sì a meno che non si tratti del deposito di immagini che ho impresse nella mente, sì tutte quelle che mi riempiono la testa, quelle le ricordo sempre, ma quei dettagli, come quando io e Ales avevamo comprato la padella, cose del genere, quelli me li ricordo in maniera perfettamente nitida

Adesso vedi di non dimenticarti la pancetta, dice Åsleik e sussulto e mi accorgo che si sente odore di bruciato e in un baleno tolgo la padella dal fornello, lo spengo e giro la pancetta che si è un po’ bruciacchiata, ma l’odore di bruciato è così forte che sembra quasi che si sia carbonizzata, invece non è così, è semplicemente ben cotta da un lato, si potrebbe dire

Venivo spesso dalla vecchia Alise, dice Åsleik ùE molte volte cucinava per me, dice e aggiunge che ha il sospetto che fosse convinta che a casa sua non avessero quasi di che mangiare e poi dice che in effetti durante la sua infanzia non erano messi molto bene,

però c’erano soltanto lui e Sorella, non bisognava sfamare un’orda di figli come avveniva spesso a quei tempi, per qualche motivo c’erano soltanto lui e Sorella sì, ma, sì dopo che il padre era scomparso in mare, sì, allora, dice Åsleik

e si interrompe e io suddivido la pancetta fritta nei due piatti e metto quella meno bruciacchiata su uno che darò a Åsleik, penso e dispongo le quattro fette di pane nella padella e le abbrustolisco un po’ nel grasso prima di metterle sui piatti,

poi prendo la cipolla, la sbuccio e l’affetto, la trito in pezzetti più piccoli che poi verso nella padella e li rigiro fino a quando non sono dorati, perché a me piace quando la cipolla non è troppo cotta, sì quando è morbida e appena appassita,

poi prendo quattro uova e le rompo una alla volta battendole sul bordo della padella prima di versarle sulla cipolla e rimango a guardare il tegame senza pensare a nulla, mentre Åsleik rimane in silenzio

Un attimo ed è pronto, dico e lo dico come per rompere il silenzio e penso che di solito non lo faccio quasi mai

E ho proprio fame, dice Åsleik

È la cipolla a dare quel gusto speciale, dice

Lo dà a tutto quanto, dice e Åsleik dice che uova e pancetta sono sempre buone, ma soprattutto quando c’è anche il gusto della cipolla, dice

e penso che ci sta proprio bene un po’ di cibo perché è sera e in tutto il giorno non ho mangiato quasi niente, penso, sì sento un brontolio allo stomaco, ci voleva proprio un boccone, penso

e Åsleik dice che quella è una pietanza degna di un re, e ripete degna di un re, una pietanza degna di un re, sì, dice e di nuovo è come se Åsleik fosse orgoglioso di conoscere quell’espressione,

perché lui è così, deve enfatizzare alcuni termini, articolarli con cura e forse ci sta anche con parole come croce di Sant’Andrea, perché non sono tanti a sapere cosa significa, ma quella della pietanza degna di un re è così comune, sì, in un certo senso così antiquata, perché inorgoglirsi tanto per il fatto di conoscerla?

penso e dico che adesso le uova sembrano cotte al punto giusto e suddivido uova e cipolla nei due piatti, poi ne prendo uno, quello con la pancetta meno bruciacchiata e lo poso davanti a Åsleik, infine vado a prendere coltello e forchetta e glieli porgo

Ha un aspetto davvero invitante” (da “L’altro nome. Settologia I-II” di Jon Fosse).

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Attualità

Il bilancio (provvisorio) delle vittime del lavoro nel mese di agosto 2024 è di 94 morti.

Si interrompe così una striscia di 4 mesi in cui è stata regolarmente superata quota 100 (105 ad aprile, 101 a maggio, 104 sia a giugno che a luglio).

Sembrerebbe una notizia vagamente positiva, non fosse che agosto è tradizionalmente il mese della chiusura di molte attività, e che in quelle aperte molti lavoratori sono in ferie.

Nulla di cui compiacersi, dunque, ammesso e non concesso che esista un numero “accettabile” di vittime del lavoro (tanto per rispondere agli stereotipati “inaccettabile” che condiscono le dichiarazioni di politici e sindacalisti dopo ogni omicidio sul lavoro).

Novantaquattro morti sono un numero semplicemente spaventoso. E nell’anno siamo arrivati a 769 vittime, un piccolo paese cancellato dalla faccia della terra.

Cos’è che fa più rabbia? La morte di Nicola Maddalozzo, che 28 anni li ha compiuti quando era in coma, dopo essere caduto da 6 metri di altezza montando un condizionatore a Limena (Padova) il 16 aprile 2023 e che si è spento venerdì 30 agosto in un hospice di Camposampiero senza aver mai ripreso conoscenza?

O quella di Agnese Milanese e Giuseppe Guadagnino, madre e figlio, 74 anni lei, 42 lui, travolti nel loro Apecar dalla frana che martedì 27 ha investito la frazione Talanico di San Felice a Cancello (Caserta) dopo un quarto d’ora di pioggia?

O la scomparsa di Alessio Pessina, tecnico IBM di 29 anni, che viveva con la compagna a Cernusco sul Naviglio (Milano) ed è morto schiantandosi con la moto contro un’auto mentre andava da un cliente? O quella di Vincenzo Mucciolo, 19 anni appena, vittima anche lui di un incidente con la moto tornando a casa a Capaccio Paestum (Salerno), sabato 31 agosto?

Interrogativi pleonastici, ci fermiamo qui. Completiamo l’elenco con i nomi delle altre vittime di questo fine settimana.

Antonio Gatto, 35enne di Galatone (Lecce), è morto sabato 31 agosto mentre andava al lavoro con lo scooter: a Sannicola, sulla provinciale 17, è andato a sbattere contro il guardrail ed è morto sul colpo.

Lo stesso giorno Raffaele De Musso, 58 anni, di Molfetta (Bari) ha perso la vita a Bisceglie per folgoramento: azionando il cestello della minigru sulla quale stava potando alcuni alberi, ha toccato con la testa i cavi della media tensione e ha subito una scossa mortale.

Luciano Callegaro, agricoltore 87enne di Pray (Biella), è morto venerdì 30 agosto per il ribaltamento del trattore con il quale stava lavorando i suoi terreni.

Giovedì 29 agosto il 26enne maliano Fily Keita, da anni residente a La Spezia, volontario della Croce Rossa, è morto sulla A12 a Sestri Levante andando a sbattere con il suo furgone contro un mezzo dei lavori stradali fermo sulla corsia di emergenza.

Pietro Alò, meccanico 48enne di Villa Castelli (Brindisi), è morto mentre rientrava con il furgone da un intervento, schiantandosi contro un muretto a secco nel territorio di Martina Franca.

Carlo Carcione, 55 anni, operaio edile, giovedì 29 stava rientrando con un furgone a Sant’Agata di Militello (Messina), quando ha avuto un incidente a Capo d’Orlando, scontrandosi con un minivan.

Nessuno sembrava aver riportato gravi danni, ma al pronto soccorso di Sant’Agata le condizioni di Carcione si sono improvvisamente aggravate e il lavoratore è morto nel giro di poco.

Organi di informazione locali ipotizzano la rottura della milza. La procura di Patti ha disposto l’autopsia.

Sebastiano Rimola, medico 62enne in servizio alla Grotta Giusti di Monsummano Terme (Pistoia), è morto giovedì 29 agosto dopo aver accusato un malore mentre visitava i pazienti nell’ambulatorio della struttura termale.

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Agosto 2024: 94 morti (sul lavoro 64; in itinere 30; media giorno 3)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 769 morti (sul lavoro 584; in itinere 185; media giorno 3,1)

116 Lombardia (79 sul lavoro – 37 in itinere)

79 Campania (64 -15)

66 Veneto (45 -21)

61 Emilia Romagna (47 -14)

60 Sicilia (43 -17)

56 Lazio (36 – 20)

52 Toscana (43 – 9)

50 Puglia (34 – 16)

45 Piemonte (34 – 11)

28 Sardegna (25 – 3)

23 Abruzzo (19 – 4)

20 Marche (14 – 6), Calabria (17 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

14 Liguria (12 – 2), Estero (12 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Umbria (11 – 0)

10 Friuli V.G. (8 – 2)

8 Basilicata (8 – 0)

5 Valle d’Aosta (5 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Ti ricordi di me?

di Jon Fosse

“(…) tanta è la fame che ho, e mi metto subito a mangiare e a bere il caffè e il sapore è meraviglioso, ero veramente affamato, penso e vedo la donna dai capelli biondi di media lunghezza seduta al tavolo davanti a me spegnere la sigaretta e alzarsi

e noto che è tutt’altro che sobria e penso che adesso verrà da me per parlare e abbasso lo sguardo e mi infilo tra le labbra un altro boccone di hamburger, cipolla fritta e pane

Ma sei proprio tu, dice e alzo gli occhi e guardo la donna dai capelli biondi di media lunghezza che in piedi davanti a me si tiene al bordo del tavolo e so di averla già vista, ma non riesco a ricordare quando, né dove

Non ti ricordi di me? dice e mi sforzo di farmi venire in mente chi sia Silje, dice e ride Davvero non ti ricordi di me? dice Non ricordi neanche il mio nome? dice e la donna che dice di chiamarsi Silje mi guarda quasi sorpresa e poi aggiunge di aver pensato molto a me,

di aver sperato spesso che ci saremmo incontrati, che è passato tanto tempo dall’ultima volta, ma allora ero sposato, giusto? e non sapeva dove vivevo, l’unica cosa che sapeva era che mi chiamavo Asle, dice

Ed eccoti qui, seduto proprio davanti a me, dice Finalmente, dice Quasi da non crederci, dice È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ti ho visto, dice

“Ti ricordi di me? dice Non eri così ubriaco, vero? dice

E sei stato a casa mia parecchie volte, dice e comincio a vedere davanti ai miei occhi un piccolo appartamento, un divano, una libreria, foto appese alle pareti e, no non ci voglio pensare Certo che ti ricordi di me, vero? dice

La mia casa in Vicolo? dice Al piano terra, dice e rimango in silenzio e vedo che ho mangiato tutto, accidenti se ero affamato, sì, me lo sono divorato, penso e appoggio sul piatto il coltello e la forchetta, uno accanto all’altra

Comunque è stato proprio bello rivederti, dice e annuisco, finisco il caffè e poi dico che purtroppo devo andare, ho una faccenda urgente da sbrigare, dico

e attiro l’attenzione di Barista con la mano e faccio finta di scrivere e lui annuisce e lei dice che devo andare a trovarla, abita ancora allo stesso indirizzo, in Vicolo 5, al piano terra,

dice e poi dice che sicuramente mi ricordo di lei, no? non potevo essere così ubriaco, ricordo certamente che lei è stata con me alla Pensione, no? lei, Silje, o come diavolo si chiama, forse qualcos’altro? magari Guro?

Sì, aveva addirittura dormito con me nello stesso letto alla Pensione, dice, e se lo ricorda, sì anche se è passato molto tempo, anche se allora avevo i capelli castani di media lunghezza che portavo sciolti e non come adesso che sono grigi e lunghi e legati sulla nuca con un elastico nero, dice e ride e dice di ricordarsi persino della mia data di nascita,

perché gliel’avevo detta in modo che potesse calcolare il mio numero fortunato, dice e mi chiede se ricordo qual era e dico che devo andare e dice che era otto oppure quattro per due

e poi dice che sarebbe molto felice se passassi a trovarla e arriva Barista e prendo il conto e tiro fuori il portafoglio, estraggo una banconota e gliela porgo e dico che va bene così e lui ringrazia

e mi alzo e avvicino la sedia al tavolo e lei lascia andare il bordo del tavolo e vedo che ondeggia e le dico che devo andare, sono di fretta, dico e dice di sapere che mi chiamo Asle e sono un artista e sa altro, dice, perché tutti gli anni durante il periodo dell’Avvento ha visto la mostra che tengo alla Galleria Beyer, dice e rimane in silenzio e assume un’aria sognante

e poi dice che è passato così tanto tempo, ma dopo che ci siamo conosciuti la prima volta ha visto tutte le mie esposizioni a Bjørgvin e spesso le è venuta voglia di comprare un quadro, ma non se lo poteva permettere, sì, i miei quadri le piacciono davvero, dice e le dico che ora la devo salutare

e dice che sarebbe felice se passassi da lei in Vicolo 5, perché mi ricordo bene dov’è, no? non ero mai così ubriaco, dice Silje, dice e ride e mi mette una mano sulla schiena O forse era Guro? dice Ma Vicolo 5, quello te lo ricordi” (da “L’altro nome. Settologia I-II” di Jon Fosse)

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La gazzetta dell’IDF.

Si legge su repubblica.it del 1 settembre, a firma Francesca Caferri: “…Fra loto c’è Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, cittadino israeliano e americano diventato uno dei volti della crisi.

Il giovane era stato rapito nei pressi del Nova party di Re’im, dopo essersi nascosto in un rifugio lungo la strada: durante l’attacco aveva perso un braccio.

E con un braccio amputato era apparso in un video di Hamas, chiedendo di essere riportato a casa.

La madre e il padre, Rachel e Jon, avevo girato il mondo per richiamare l’attenzione sul suo caso: avevano parlato alle Nazioni unite, con Elon Musk, con papa Francesco e da ultimo, alla convention democratica di Chicago”.

Domanda a Maurizio Molinari, direttore: come mai di questo caso il giornale non ne ha mai fatto menzione? Neppure quando Rachel e Jon sono venuti in Italia per incontrare Papa Francesco? Il quotidiano fondata da Eugenio Scalfari si è trasformato nella gazzetta dell’IDF?

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Attualità

“Israele sfrutta la guerra a Gaza per regolare vecchi conti coloniali in Cisgiordania, imponendo la sua sovranità, legittimando gli insediamenti e cacciando i palestinesi”.

di Alberto Negri, Il manifesto.

Israele è uno «stato canaglia» o fuorilegge che minaccia la pace mondiale? Si direbbe che lo è diventato, violando per decenni le leggi internazionali e stando anche a quanto scrive in una recente lettera indirizzata al premier Netanyahu lo stesso capo dei servizi dello Shin Bet, Ronen Bar.

Avvisando del pericolo rappresentato dai coloni israeliani armati, Bar afferma che «le armi ai civili sono state distribuite legalmente dallo stato israeliano».

Le forze armate israeliane, finanziate e rifornite a piene mani dagli Usa ma anche dagli europei e dall’Italia, hanno per altro inquadrato i coloni in una nuova unità la Desert Frontier Unit che recluta i suoi membri tra i più estremisti della destra israeliana.

Dietro l’escalation in Cisgiordania c’è assai di più della «lotta al terrorismo» palestinese o iraniano. C’è il progetto di arrivare all’annessione della West Bank e di tutte le terre bibliche di Giudea e Samaria.

Anzi tra gli arabi c’è chi parla di un «terrorismo israeliano sostenuto dallo stato» con l’obiettivo di spaventare le popolazioni locali palestinesi, distruggere le loro proprietà e trasferirle in enclave isolate e assediate.

Al massacro di oltre 40mila abitanti di Gaza, si è aggiunto il massacro della Cisgiordania che come scriveva ieri Chiara Cruciati è la vera posta in gioco per Israele.

La guerra a Gaza sta facendo da copertura per le costanti violenze e la continua espansione israeliana nella Cisgiordania occupata. Il ministro delle finanze israeliano di estrema destra, Bezalel Smotrich, ha annunciato nuovi progetti per espandere gli insediamenti nei territori palestinesi occupati, ignorando il diritto internazionale e il recente verdetto della Corte internazionale di giustizia secondo cui la presenza di Israele in quelle aree è illegale.

Israele persegue da decenni una politica di espansione in Cisgiordania, ma i vari governi hanno usato tattiche diverse. La coalizione di estrema destra oggi al potere ha accelerato il processo di occupazione della terra araba, con l’obiettivo di formalizzare quella che da tempo è una realtà di fatto.

Altro che due popoli e due stati, formula logora e sfiancante che serve soltanto alla diplomazia occidentale per trarsi d’impaccio ed eludere le domande scomode. Lo stato palestinese è stato fatto a brandelli.

Ridotto da una parte a Gaza, prima una prigione a cielo aperto trasformata adesso in un poligono di tiro dell’Idf; dall’altra a una Cisgiordania che confina i palestinesi in una sorta di bantustan dove per loro, assediati dagli insediamenti ebraici e dai coloni armati, c’è sempre meno spazio, con l’obiettivo evidente di soffocarli e compiere un pulizia etnica senza ritorno.

È a questi metodi da stato fuorilegge, contro ogni convenzione internazionale, quello cui assistiamo da anni senza fare nulla e di cui anzi siamo complici morali e materiali, giustificando sempre Israele e aiutandolo nel suo processo di colonizzazione.

Arrivano oggi tardive prese di posizione americane contro i coloni che resteranno, come sempre è accaduto, lettera morta.

I fatti ci raccontano tutta un’altra storia. Dal 7 di ottobre in Cisgiordania ci sono stati oltre 650 morti e 10mila arresti tra i palestinesi.

Gli attacchi dei coloni sono stati 1.200 con più di 120 morti. Secondo l’organizzazione Peace Now in pochi mesi Israele si è impadronito di 24 chilometri quadrati di territorio palestinese, più di quanto ne abbia sottratto negli ultimi vent’anni.

L’esercito israeliano e i coloni da ottobre scorso hanno distrutto oltre 1.400 case e infrastrutture lasciando senza abitazione e un rifugio almeno 3.200 palestinesi.

A loro posto in meno di un anno sono stati creati 44 avamposti di coloni, cinque volte di più che negli anni precedenti.

Israele sfrutta la guerra a Gaza per regolare vecchi conti coloniali in Cisgiordania, imponendo la sua sovranità, legittimando gli insediamenti e cacciando i palestinesi.

L’attuale governo israeliano, di cui oltre a Smotrich fa parte Itamar Ben Gvir, ministro della sicurezza nazionale e anche lui esponente dei coloni di estrema destra, ha dato un contributo decisivo a questa politica.

I due hanno fatto pressioni per aumentare gli insediamenti come tappa verso una piena annessione, e sono stati premiati da Netanyahu con maggiori poteri sulla Cisgiordania.

Così i coloni, godendo di una piena copertura politica da parte di questo governo, continuano a tormentare i palestinesi per cacciarli dalle loro terre, compiendo azioni di pulizia etnica con il sostegno dell’esercito, esattamente come ci racconta non uno qualunque ma proprio il capo dello Shin Bet che un tempo andava a Gaza a caccia dei capi di Hamas e in Cisgiordania soffocava la seconda Intifada.

In tutto questo noi qui in Occidente permettiamo a Israele di farla sempre franca. Quando qualcuno si spinge un po’ in là nelle critiche scatta l’accusa di antisemitismo.

Oppure viene ridicolizzato come ha fatto il ministro degli esteri italiano con l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Josep Borrell, quando ha chiesto agli stati membri di valutare sanzioni contro alcuni ministri israeliani per aver espresso «messaggi di odio» contro i palestinesi che si ritiene possano violare il diritto internazionale.

Israele, secondo i nostri politici, può permettersi tutto quello che vuole.

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