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Condoleeza Rice non sa spiegare a un bimbo americano perché il «waterboarding» era una tortura giustificabile.

Scolaro di 9 anni mette in crisi Condy Rice, di Umberto De Giovannangeli-l’Unità

Lezione di giornalismo. E di coraggio civile. A impartirla è un bambino di nove anni. A riceverla è Condoleezza Rice. L’ex segretaria di Stato Usa «interrogata» da un bambino di quarta elementare sul «waterboarding» e le altre torture adottate dalla Cia con i sospetti terroristi. Quella che fino a pochi mesi fa è stata tra le donne più potenti del mondo si è trovata a dover affrontare imbarazzanti, ed effettivamente non previste domande, sui metodi duri di interrogatorio approvati, tra gli altri, anche da lei durante l’amministrazione Bush, in occasione della sua visita ad una scuola elementare ebraica di Washington, prima sua uscita pubblica nella capitale dall’insediamento del presidente Barack Obama.

Dopo prevedibili domande sulla sua infanzia nell’Alabama segregazionista, è arrivata quella di Misha Lerner che ha chiesto cosa ne pensasse la Rice delle critiche espresse da Obama sui metodi di interrogatorio duro adottati dall’amministrazione Bush. In realtà, ha raccontato al Washington Post la mamma del bambino, Imma Lerner, originariamente la domanda del piccolo Misha era ancora più dura e le maestre lo hanno convinto a formularla in modo diverso evitando la parola tortura. «Fatemi dire subito una cosa – è stata la risposta della un po’ spiazzata Rice – il presidente Bush è sempre stato molto chiaro nel dire che avrebbe fatto di tutto per proteggere il Paese dopo l’11 settembre. Ma allo stesso tempo è stato sempre molto chiaro nell’affermare che non avrebbe mai fatto niente, proprio niente che fosse contrario alla legge ed i nostri obblighi internazionali e che era disposto ad autorizzare solo pratiche legali per difendere il Paese». Ai bambini ha ricordato che «eravamo tutti terrorizzati dall’idea che il Paese potesse essere attaccato di nuovo, l’11 settembre è stato il giorno più brutto del mio mandato di governo, costretta a vedere 3mila americani morire: ed in quelle condizioni difficili il presidente non era pronto a fare qualcosa di illegale, spero che la gente capisca che stavamo cercando di difendere il Paese».

Non è la prima volta che la Rice è costretta a difendere in pubblico le controverse pratiche di interrogatorio, equiparate a vere e proprie torture ora anche da esponenti dell’amministrazione Obama, adottate da Bush e che lei è stata una dei primi ad approvare, secondo quanto emerge da documenti pubblicati recentemente. L’altra settimana si era trovata sotto il fuoco di fila delle domande degli studenti della sua Stanford, l’università della California dove la Rice è tornata ad insegnare conclusa l’esperienza a Washington. Interrogata sullo stesso argomento, «Condi» aveva dato una risposta che aveva suscitato qualche perplessità, affermando che «noi non abbiamo mai torturato nessuno: per definizione, se autorizzata dal presidente, questa non è una violazione dei nostri impegni con la Convenzione Contro la Tortura» una frase che presentava qualche somiglianza con la famosa affermazione di Richard Nixon, dopo le dimissioni per il Watergate, nella sua intervista con David Frost, che «quando il presidente Usa fa qualcosa, per definizione non è illegale». Invece quelle pratiche sono illegali. A testimoniarlo sono anche le foto, il cui contenuto l’Unità ha anticipato nei giorni scorsi, che il Pentagono si è impegnato a rendere pubbliche entro il 28 maggio. Foto di abusi, di torture. Che rispondono alla domanda del piccolo Misha molto più delle giustificazioni di Condi Rice. (Beh, buona giornata).

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Società e costume

Area 51: svelato il segreto della base segreta.

da lastampa.it

L’aereo più veloce del mondo, successive generazioni di velivoli-spia, la capsula lunare Apollo e una base sotto il sito dei test nucleari dove l’accesso è proibito: sono le prime, scarne, notizie sui segreti dell’Area 51 che emergono da documenti del governo Usa declassificati dalla Cia, che ha anche autorizzato a parlare alcuni dei tecnici che vi hanno lavorato.

L’Area 51, a poco più di un’ora di auto a nord-ovest di Las Vegas in Nevada, è la base aerea della quale il governo non riconosce neanche l’esistenza ma dove gli esperti di Ufo ritengono che siano nascosti, dalla fine degli Anni 40, dischi volanti e corpi di extraterrestri. Le testimonianze di tecnici ed esperti della base lasciano aperta tale ipotesi perché, come dice lo scienziato Stanton Friedman, «c’è una base sotterranea» sotto il sito nucleare Jackass Flats nella quale entrano in pochi e «l’esistenza di segreti governativi è un fatto della vita come tanti altri».

Ciò che accomuna i documenti declassificati è come il personale dell’Area 51 si sia giovato negli anni delle voci sulla presenza di Ufo al fine di celare i progetti che il Pentagono stava realizzando nel massimo della segretezza. Fra questi il primo aereo-razzo degli Stati Uniti, l’X-15, la capsula spaziale Apollo che venne adoperata per raggiungere la Luna e anche i veicoli che servirono ai primi astronauti per atterrare e spostarsi sul Pianeta sconosciuto. In ogni occasione, racconta Thornton Barnes, ex ingegnere dei progetti speciali dell’Area 51, «i veri Ufo eravamo noi» perché i team tecnici lavoravano con la sicurezza che quanto di più anomalo fosse stato osservato da lontano sarebbe stato scambiato per una traccia di esistenza extraterrestre.

«I miti degli Ufo resero molto più agevole il nostro lavoro», ammette Barnes, che ha collaborato anche al progetto A-12 Oxcart che la Cia ha deciso iniziare a svelare ad oltre 50 anni dalla realizzazione. Si tratta di un aereo superveloce Mach-3, che nel bel mezzo della Guerra Fredda venne realizzato dalla Lockheed al termine di una fase di sperimentazione molto lunga e faticosa. Vennero fatti 2850 test di volo con l’impiego di centinaia di tecnici e alla fine il Pentagono riuscì ad avere quanto cercava: un velivolo in grado di viaggiare a 2200 miglia orarie e 30 mila metri di altezza, ovvero l’aereo più veloce del mondo che nessun sistema di sorveglianza dell’Urss sarebbe mai riuscito a intercettare e neanche a vedere.

Barnes, che era un esperto di Mig sovietici, venne scelto dalla Cia per seguire il progetto Oxcart al fine di bucare le difese aeree sovietico e l’intento venne raggiunto a metà degli Anni 60 moltiplicando test di volo talmente anomali da dare l’impressione di essere dei sorvoli di Ufo perché da lontano si vedevano solo lunghe scie di luce che sparivano immediatamente. Poiché Oxcart era un segreto gelosamente custodito da Cia e aviazione, spesso i suoi voli di prova facevano scattare l’allarme Ufo da parte di altre agenzie governative. Oxcart fu in quel periodo un fiore all’occhiello della Difesa americana, confermò di essere un’arma che metteva in difficoltà i sovietici e per l’ex supervisore di voli Harry Martin, che oggi ha 77 anni, coincise con «il periodo più bello della mia carriera» perché fu il frutto del lavoro «del migliore gruppo di persone con le quali abbia mai lavorato». I racconti dei tecnici, che la Cia ha autorizzato a parlare con il «Los Angeles Times», convergono nello spiegare che l’Area 51 servì alla Cia soprattutto per realizzare e testare diverse generazioni di aerei spia destinati a sorvegliare dall’alto il territorio dell’Unione Sovietica dopo l’abbattimento nel 1960 dell’U2 che obbligò a una rapida sostituzione. Il caccia F-117 Stealth, invisibile ai radar e adoperato nei conflitti degli ultimi anni, è il diretto discendente di questa tecnologia. (Beh, buona giornata).

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