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La mappa delle alleanze: ecco quello che farà la Sinistra alle elezioni regionali 2010.

da Liberazione di giovedì 18 febbraio 2010

Il punto sulle regionali. La Federazione della Sinistra va da sola anche in Lombardia e Marche
Campania, contro le due destre si candida Paolo Ferrero

Checchino Antonini-da Liberazione

E’ stato lo stesso Paolo Ferrero a dare la notizia al suo arrivo a Napoli nel pomeriggio di ieri: sarà proprio il segretario nazionale del Prc, il candidato Presidente della Federazione della Sinistra alla guida della regione Campania.
“De Luca non è un candidato di sinistra – spiega a Liberazione – invece in Campania c’è bisogno di sinistra. Le critiche e la discontinuità che abbiamo chiesto spesso a Bassolino non si risolvono tornando ad Achille Lauro (controversa figura di armatore e sindaco populista e reazionario di Napoli negli anni ‘50, ndr), ma guardando al meglio di ciò che la sinistra ha prodotto in Campania e quindi guardando a Maurizio Valenzi (prestigiosa figura di sindaco comunista di Napoli negli anni ‘70, ndr)”.
Con la candidatura di un leader nazionale, per di più piemontese, “vogliamo sollevare il problema politico di una regione dove si sfidano due candidati di destra – conclude Ferrero – non mi pare un fatto amministrativo”.

La genesi della decisione nelle parole di Tommaso Sodano, ex presidente della commissione ambiente del Senato: “Avevamo chiesto discontinuità con la stagione di Bassolino, ma il Pd non ha mai dato segnali di disponibilità in questo senso”.

Infatti, in una prima fase s’erano profilate primarie tutte dentro lo scontro nel Pd: l’assessore bassoliniano Marone contro De Luca, sindaco a Salerno. “De Luca è l’uomo che si richiama alla destra europea, che prova a incarnare il peggiore populismo – continua Sodano – avevamo rotto con lui già a Salerno dopo varianti urbanistiche in odore di speculazione. In quella città ha sfidato il suo stesso partito, correndo con una lista contrapposta. E’ lui che scendeva dalla macchina dei vigili per buttare all’aria le bancarelle dei senegalesi o che, di fronte al municipio, strapppava i manifesti di Rifondazione, che lo criticavano”.

Ora De Luca è molto indietro nei sondaggi e tenta di spostare a destra la sua campagna con dichiarazioni clamorose, come quelle veicolate nelle ultime ore.
“E’ stato chiesto a S&L (Sinistra e Libertà, il partito di Vendola, ndr) e a Idv (il partito di Di Pietro, ndr) – ricorda Sodano – di mettere insieme un polo alternativo. Ma la plateale assoluzione di De Luca al congresso dipietrista marca la mastellizzazione di quel partito. Non si può sempre vivere con il ricatto del meno peggio. E’ quell’idea che porterà alla sconfitta un centrosinistra che governa in Campania dal ‘93. Con questa operazione, invece, si prova a restituire dignità alla parola sinistra”.

“La vicenda campana assume un valore quasi paradigmatico, con il Pd che impone una sua candidatura rispetto alle resistenze sia degli alleati ma anche di un pezzo di quel partito. E, con De Luca, avanza una candidatura francamente indigeribile al di là delle sue vicende giudiziarie. Il sindaco di Salerno non fa mistero di un suo “leghismo meridionale”. Una candidatura che di per sé rompe a sinistra. Appare grave il ritorno indietro di S&L e di Idv e, per tutto questo scende in campo Ferrero a indicare una questiona nazionale: non tutto è digeribile in nome dell’unità”. Così spiega Gianluigi Pegolo, responsabile dipartimento Democrazia e Istituzioni, facendo il punto sulla partecipazione della Federazione alle imminenti regionali.

Se le cose dovessero restare così, a 39 giorni dall’apertura delle urne, Rifondazione corre da sola in tre regioni. La Campania, appunto, ma anche in Lombardia con Agnoletto, candidato presidente e nelle Marche dove la Federazione è apparentata con una lista di S&l e Massimo Rossi sfida Pd e destre. Rossi, già sindaco di grottamare e presidente della provincia di Ascoli, è stato il primo amministratore pubblico a praticare la strada della democrazia partecipata.

In Umbria la trattativa è in corso ma è assai probabile che si chiuda con un accordo di centrosinistra. E’ tramontata, infatti, l’ipotesi di una associazione dell’Udc alla compagine di centrosinistra e sembra che Casini voglia candidare a Presidente Paola Binetti.

L’accordo tecnico elettorale è stato siglato in tre regioni: in caso di vittoria non prevede una collocazione della Federazione al governo. Succede in Piemonte, Lazio e Basilicata. Spiega ancora Pegolo che questi accordi parziali scaturiscono dall’esigenza di impedire un successo delle destre.

Sette, invece, gli accordi organici. Se si vincesse ci saranno assessori espressione della Federazione. Si va dal Veneto – guidato da tempo dal centrodestra – dove la Federazione è in una coalizione di forze di opposizione a Toscana, Emilia, Umbria e Liguria, regioni in cui “veniamo fuori da esperienze di governo comune”.

E poi ci sono Puglia e Calabria.

In Puglia e Toscana la Federazione è in lista coi verdi. In Puglia la “bicicletta” (due simboli a indicare la lista) è un esito che contraddice i propositi di S&l (il partito di Vendola, ndr) prima delle primarie.

Dopo la vittoria di Vendola, difatti, gli ex Prc e l’ex Sd prova a spendersi il logo da sola.

Più in generale, dove non è stato possibile un centrosinistra organico è stato per via dell’ indisponibilità del Pd su programma e candidature – continua Pegolo – in alcune regioni sarebbe stato possibile dare vita a poli alternativi ed è avvilente constatare come in Campania Idv e S&l siano rientrati nell’alveo o trovarsi davanti alle pulsioni anticomuniste di Penati in Lombardia.

Nelle Marche, invece, non è stata lanciata alcuna discriminante contro di noi da parte di S&l, e lì la sinistra di alternativa è riuscita a non accettare i dictat del Pd che ha espresso posizione intollerabile”.
Infatti, dopo aver aperto un tavolo ditrattativa con le sinistre, i democratici hanno preteso che si facessero da parte, dopo un lungo periodo di governo comune, per far posto a un’alleanza con l’Udc.
(Beh, buona giornata).

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Elezioni europee 2009: che succede a sinistra?

di Antonio Funiciello-Liberal

Secondo tutti sondaggi recenti, il nuovo partito della sinistra non supererà Io sbarramento. Questo metterebbe in grande difficoltà i leader

ROMA, Sinistra e libertà non ce la fa. I sondaggi sono impietosi e la danno ferma tra il 2% e il 3%: i voti in uscita dal Pd sono tutti per Di Pietro e Rifondazione, così che alla seconda versione di quello che fu l’Arcobaleno (vedi Politiche 2008) non restano che briciole. I fattori di debolezza si sommano inesorabili.

Anzitutto un leader, Nichi Vendola, che non indovina una mossa.
Prima manda a quel paese in diretta televisiva Gasparri, poi scrive una lettera a tutti i leader dell’opposizione per un fronte comune contro il rischio democratico berlusconiano e nessuno gli risponde. Tranne il capo dei comunisti Ferrero, contro cui Vendola ha perso l’ultimo congresso di
Rifondazione: una risposta che suona come una beffa. Gli altri dirigenti sinistri e liberi non si muovono meglio e vivono con inquietudine l’attesa della sconfitta. Ieri Fabio Mussi si è rivolto direttamente agli ex elettori dei Ds con un appello accorato, cercando di irretire a sé chi nel Pd non si sente a casa. I Verdi restano i più perplessi. Oltre alla infausta leadership di Pecoraro Scanio, hanno riposto in soffitta anche il loro simbolo, perdendo un richiamo identitario che forse da solo avrebbe ottenuto lo stesso risultato che farà tra due settimane Sinistra e libertà. Paolo Cento, già sottosegretario all’Economia a favore della decrescita, è tra i più perplessi della strategia elettorale del nuovo cartello, tanto che ha chiesto ufficialmente meno riunioni e più iniziative di piazza.

Meno riunioni, certo.
Perché Sinistra e libertà non riesce a darsi una guida unitaria e per ogni decisione si ritrova costretta a riunire le quattro componenti che le hanno dato vita: i mussiani ex Ds, i socialisti che furono di Boselli, i Verdi che furono di Pecoraro Scanio e i rifondaroli scissionisti. Riunioni occupate a litigare su tutto: dalle questioni macropolitiche, alle faccende di bottega come l’applicazione del manuale Cencelli su chi mandare in televisione. Una babele che si riflette sui media e nel dibattito politico e rappresenta una zavorra pesantissima da scaricare prima e dopo il voto.

Già, perché dopo il 7 giugno, che fine farà Sinistra e libertà?
Le divisioni interne di oggi attengono molto al destino che arriderà al cartello elettorale nella torrida estate che lo attende. E’ noto il teorema del vignettista Sergio Staino, in lista con Vendola ma fondatore e iscritto del Pd, per cui la propria candidatura in Sinistra e libertà servirebbe in realtà per rafforzare i democratici. A tutti è sembrata una boutade. Eppure rivela la trama su cui si giocheranno i destini della formazione dopo il mancato scavalcamento dello sbarramento del 4%, ovvero il rapporto politico col Pd.
Se è vero che la lista di Ferrero e Diliberto, comunque andrà, avrà un futuro, lo stesso non si può dire per i dirigenti di Sinistra e libertà.
Domenica scorsa Franceschini ha auspicato che coloro che, tra questi, vengono dalla vicenda dell’Ulivo rientrino presto nel Pd. In Sinistra democratica, l’anima mussiana dei fuoriusciti diessini, ci pensa ormai più d’uno. Anche perché l’idea di fare la minoranza moderata di una formazione di estrema sinistra è meno allettante di quella di fare la minoranza estrema di un partito di centrosinistra moderato. Anche i socialisti di Nencini sono su questa lunghezza d’onda. I Verdi paiono, invece, intenzionati a rilanciare il loro autonomismo con un irrigidimento ideologico del loro credo ambientalista.
Più difficile da decifrare la sorte di Vendola e dei pochi che per lui hanno lasciato Rifondazione, anche se è probabile che molti torneranno con Ferrero, lasciando Nichi a presiedere la Puglia ancora per qualche mese.
Fino a quando il Pd non gli darà il benservito, scegliendosi per il centrosinistra un altro candidato presidente per le regionali del 2010. (Beh, buona giornata).

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