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Fini e Bossi come i fratelli Derege.

Non è una gag. Vittima di un’aggressione e dello scippo della borsa con l’attestato di attesa del permesso di soggiorno, va a denunciare e viene arrestata. E’ accaduto a una romena di 19 anni, compagna di un imprenditore romano, comparsa davanti al pm di Roma, per la convalida dell’arresto. Il pm ha dato corso al procedimento di violazione della Bossi-Fini e ha fatto le sue scuse per l’arresto.

Alla prossima udienza la donna presenterà il permesso di soggiorno e le accuse cadranno.

Ricapitoliamo: lei ha fatto il suo dovere, denunciando un furto. I poliziotti hanno fatto il loro dovere applicando la legge Fini-Bossi. Il pm ha fatto il suo dovere dando corso al procedimento penale.

Ha fatto anche il suo dovere di uomo e di cittadino, scusandosi per una legge ridicola e pericolosa: anche se c’è da dire che, forse, se la cittadina romena non fosse stata la compagna di un imprenditore romano, certo non sarebbe stata trattata con i guanti bianchi.

Se tiriamo le somme abbiamo un gran numero di persone che hanno perso tempo, che sarebbe stato meglio dedicare a un miglior uso delle Giustizia, per applicare una norma fessa, figlia di una Legge sbagliata. Bossi e Fini l’hanno scritta in due. Come i fratelli Derege, le cui gag cominciavano con la fatidica affermazione: “Vieni avanti, cretino.” Beh, buona giornata.

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Attualità

Non lo svegliate troppo presto.

Il presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi tiene costantemente informato degli sviluppi diplomatici della vicenda Libanese il capo dell’opposizione, Silvio Berlusconi.

Il quale però fa tardi tutte le sere, perché è molto impegnato in questi giorni d’estate, tra una festa mascherata da berbero, le nottate al Billionare e e in altri locali notturni, nonché il disturbo della queste pubblica, provocato da un “vulcano di fuochi d’artificio” nella sua villa in Sardegna.

Deve essere molto penoso svegliarlo la mattina presto per parlargli di cose serie, come la presenza di un contingente italiano nel Libano. Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Le guerre sono come le ciliegie, una tira l’altra.

Seymour Hersh ha scritto sul New Yorker che l’attacco israeliano al Libano era stato pianificato in anticipo con l’assenso della Casa Bianca.

Seymour Hersh è un accreditato giornalista investigativo americano, denunciò la strage a My Lai durante la guerra del Vietnam, nella quale i marines uccisero 500 civili. Denunciò il bombardamento di una fabbrica di medicinali in Sudan nel 1998, scambiata per un covo di Osama bin Laden ai tempi dell’amministrazione Clinton. Più recentemente, Hersh ha denunciato le torture americane nel carcere irakeno di Abu Ghraib. Hersh ha reso noti al mondo i piani di invasione americana dell’Iran.

Secondo la ricostruzione dei fatti, pubblicati sul New Yorker, di cui a un servizio di Anna Guaita per il Messaggero del 14 agosto, e a un trafiletto sul Corsera del 15 agosto, nella scorsa primavera, uomini del governo israeliano avrebbero sottoposto i piani di attacco del Libano al governo degli Usa, nella persona di Dick Cheney, di Condi Rice e di Donald Rumsfeld. Nonostante lo scetticismo di Rumsfeld, preoccupato che il via libera avrebbe indebolito l’importanza dell’impegno militare in Iraq, Cheney si sarebbe dimostrato entusiasta e insieme alla Rice hanno garantito l’appoggio del presidente Bush. Un buon argomento per le elezioni di medio termine, nella quali Bush è impegnato. Un invito a fare presto, prima che scada il mandato presidenziale.

Si trattava semplicemente di cogliere l’occasione adatta, viste le frequenti scaramucce al confine tra israeliani e hezbollah, il pretesto è stato scelto con la cattura dei due soldati israeliani, che ha dato il via all’attacco.

Secondo Hersh, per Cheney l’attacco al Libano poteva essere un ottimo test diplomatico-militare, propedeutico alla messa appunto dell’attacco all’Iran: una cocente sconfitta degli Hezbollah sarebbe stata utile per neutralizzare una eventuale rappresaglia degli sciiti del Libano contro Israele, in caso di attacco all’Iran. Non solo, l’attacco aereo contro il Libano sarebbe stata una prova generale dell’attacco aereo, previsto nei piani contro l’Iran.

Immediata la smentita del Pentagono, del Dipartimento di Stato e del Consiglio per la sicurezza. Hersh cita, però ben cinque fonti, di cui ovviamente non rileva l’identità. Ma che Hersh abbia messo il dito sulla piaga sembra avere un conferma da una dichiarazione dell’ex vicesegretario di stato Richard Armitage, di cui nell’articolo di Anna Guaita del Messaggero, vengono virgolettate le parole: “La campagna di Israele in Libano può essere un ammonimento per la Casa Bianca sull’Iran. Se la più grande forza militare della regione non può pacificare un paese come il Libano, che ha una popolazione di 4 milioni di persone, bisognerà pensare con cautela prima di applicare lo stesso paradigma in Iran, che ha grande profondità strategica e una popolazione di settanta milioni di persone.”

Il parziale fallimento dei piani militari israeliani sono talmente evidenti, da aver costretto l’amministrazione Bush, quanto meno a giocare su due tavoli. Quello dell’appoggio all’azione militare, rimandando per settimane la stesura della Risoluzione 1701 che ordina il cessate-il fuoco. Per poi scegliere di appoggiare la risoluzione, quando è stato chiaro il fallimento della strategia israeliana.

Questo è lo scenario nel quale i militari italiani saranno coinvolti, partecipando alla forza multinazionale in Libano. Il problema è solo apparentemente quello di poter effettivamente disarmare Hezbollah. Il vero problema è disarmare Dick Cheney e i suoi piani di attacco all’Iran. Per il momento sembrerebbero aver avuto una battuta d’arresto. Ma solo una battuta.

Hezbollah si sente più forte, ha dato filo da torcere a Israele. Israele si sente più debole, per la prima volta è stato frustrato il mito dell’invincibilità del suo esercito.

Dovrebbe essere chiaro che la sconfitta dell’unilateralità Usa, provocata dal fallimento sostanziale dell’attacco al Libano è solo un episodio. Importante, ma solo un episodio. Allo stesso modo di come il ritrovato baricentro dell’Onu e del ritorno del protagonismo della politica Ue è un episodio.

E’ un episodio anche l’azione diplomatica del governo italiano. Un episodio importante, ma pur sempre un episodio. Contro il quale continuano a congiurare le forze dell’ex maggioranza di governo, e il codazzo degli impiegati della guerra di civiltà: dal “liberale” Panebianco, al capo del servizio d’ordine della Cdl, Giuliano Ferrara.

Perché questo episodio dia la possibilità che si apra una finestra, e poi una porta, e poi un ponte verso l’intesa, il dialogo, la cooperazione contro i guerrafondai di Washington bisognerebbe non delegare la politica estera alla Farnesina, neanche se guidata da D’Alema.

Bisognerebbe tornasse con forza nelle mani, nelle menti, nell’azione politica dei movimenti per la Pace l’idea-forza della fine della guerra al terrorismo, che non ha esportato democrazia ma proprio e solo terrorismo. E’ l’unica vera barriera contro il terrorismo jiahdista, pronto ad essere rinfocolato da ogni ulteriore atto di guerra, che spinge verso la timidezza l’opinione pubblica europea, facile preda delle politiche sulla sicurezza, che altro non sono che la continuazione della guerra con le misure “straordinarie” contro il terrorismo.

L’opinione pubblica italiana ha recentemente stabilito un record di indifferenza verso la guerra in Libano, molto poco rassicurante: siamo stati forse l’unico paese europeo a non inscenare neanche una manifestazione pubblica contro la guerra, neppure dopo il massacro dei bambini di Cana. Forse è solo un brutto episodio. Ma dobbiamo fare in modo che non si ripeta. Mai più.

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Zidane è in testa.

Zinedine Zidane, il capocciatore di mondiali Germany 2006 (vedi “Tua sorella” del 13.07, in archivio Luglio) sorpassa Yannick Noah, tennista e conquista il primo posto della classifica Top 50 delle personalita’ preferite dai francesi.

La graduatoria è stata pubblicata da Le journal du dimanche. Nonostante l’ormai celebre testata, Zizou – che ha messo fine con un cartellino rosso a una grandissima carriera – ha tolto lo scettro all’ex campione di tennis, che ora si dedica soprattutto alla carriera di musicista pop. Yannick Noah era in testa alla Top 50 dallo scorso luglio.

Chissà come sarà contenta la sorella di Zizou. Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Gli jihadisti dell’occidente.

Ha indossato la mimetica, si è allaciato gli anfibi, a caracolla le giberne, si è messo l’elmetto. “Immaginiamo che tra qualche mese venga fuori che l’Apocalisse dei cieli, il grande attentato destinato a oscurare persino gli attacchi dell’undici settembre, con migliaia di vittime innocenti, sia stato sventato solo grazie alla confessione, estorta dai servizi segreti anglo-americani, di un jhadista coinvolto nel complotto, magari anche arrestato (sequestrato) illegalmente. Chi se la sentirebbe in Europa di condannare quei torturatori? La risposta è: un gran numero di persone. In Italia più che altrove.”

Angelo Panebianco postula questa macabra tesi sulla prima pagina del Corriere della Sera di domenica.

Per sostenere il ripugnante principio secondo la quale ci vuole un “compromesso tra lo stato di diritto e la sicurezza nazionale. “ Questo è non solo il provincialissimo vizio di scimmiottare le tesi dei neo-con americani, sport preferito, quello di scopiazzare tesi americane, praticato dal capo del servizio d’ordine dell’ex maggioranza, Giuliano Ferrara.

Questa è una pantomima della jihad all’occidentale, brutale, sconcia come quella islamica, che sgozza in diretta tv i rapiti, ma che si sente al di sopra e al di fuori di ogni convenzione. C’è del grottesco: Panebianco sa qualcosa che noi non sappiamo? Che dopo essere stata bruciata la copertura “giornalistica” dell’agente Betulla, Panebianco abbia preso il suo posto, magari con il soprannome di “Gramigna”?. C’è sentore di messa in scena, e allora bisogna correre ai ripari, prima che venga fuori qualche mezza verità, che mandi in vacca il tripudio di congratulazioni per la brillante operazione di Scotland Yard? Perché accenna a una “confessione, estorta dai servizi segreti anglo-americani, di un jhadista coinvolto nel complotto”. E’ questo quello che è successo?

Quando, ci dica quando la tortura ha prodotto la verità dei fatti, che non sia stata sempre e solo la verità che faceva comodo ai torturatori e ai loro mandanti. I torturatori fanno schifo, sono dei vigliacchi perché si ritengono al di sopra di ogni regola, anche quelle della guerra. Quelli che ne immaginano il valor militare, magari a futura memoria, sono dei reietti: usano le parole come gli elettrodi sul corpo martoriato del reo. Si auto proclamano, di volta in volta difensori della patria, della civiltà, dei valori democratici, (Panebianco riesce addirittura a richiamarsi ai valori liberali), ma usano le tesi di Torquemada: se resisti alla tortura sei posseduto dal demonio, se cedi vuol dire che la tortura ha sconfitto il demonio. Comunque colpevole, nemico da annientare.

“In questa casa si mangia pane e veleno”. “Quale pane, solo veleno”.(Miseria e nobiltà di Edoardo Scarpetta). Ogni riferimento a Panebianco e soci è assolutamente intenzionale, lui che nella miseria del veleno e dell’odio ci fa, qui ci sta proprio bene, la scarpetta.

La domanda è: da che parte sta Angelo Panebianco? Dalla parte dell’Italia che ha cercato in ambito europeo una ritrovata centralità dell’azione dell’Onu, come la Risoluzione 1701 sul Libano starebbe a dimostrare? O sta dalla parte dell’unilateralismo Usa, dei Bush, dei Cheney, dei Rumsfled? Panebianco si sbatte per la sicurezza nazionale del suo paese e dei cittadini della Ue o della supremazia diplomatico-militare degli Usa?

Perché è chiaro che quel “compromesso necessario” di cui parla è una tesi cara, ma forse ormai logora, all’amministrazione Bush e ha una precisa collocazione storico-geografica: si tratta di Guantamano Bay, dove anche il suicidio dei prigionieri, illegalmente detenuti, secondo la stessa giurisprudenza americana, viene considerata dai militari un crimine contro la sicurezza nazionale.

Quello sarebbe il modello di riferimento del compromesso tra stato di diritto e sicurezza? Se è così, altro che la vicenda di Abu Omar, se è così fa proprio Kaghan, e proprio per questo puzza di già visto, già detto, in via di definitivo fallimento.
Se avesse funzionato, perché invece di sconfiggere il terrorismo in Afghanistan e in Iraq, dopo cinque anni di guerra ci troveremmo alle prese con “il fronte interno”, come lo chiama Ferrara, delle cellule terroristiche islamiche in Europa?

I fatti danno torto marcio a chi propugna lo scontro di civiltà, e alla conseguente necessità di sospendere le regole della civiltà del diritto. Ciò che ci rimane è la constatazione di una tristezza intellettuale che rasenta il ribrezzo.

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Dobermann.

Abbaiare è un ‘diritto esistenziale’ dei cani. Con questa motivazione un giudice di pace di Rovereto ha respinto il ricorso di un pensionato.
L’uomo, esasperato dal continuo abbaiare dei due dobermann dei vicini, aveva chiesto un risarcimento danni, rigettato dal giudice.

Una buona notizia per Fabrizio Cicchitto e Sandro Bondi, dobermann dell’ex presidente del consiglio.
Beh, buona giornata.

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Toglietemi le mani di dosso, o non prendo più un aereo.

Non metto in dubbio che una ventina di cittadini britannici di origine pakistana abbiamo progettato un attentato eclatante. So, però, che la brillante operazione antiterrorista di Londra è un falso, ma non ho le prove. Per poterle avere, dovrei aspettate settimane, mesi, come è stato dichiarato dalle autorità. Vorrei anche dire che se da circa un mese, grazie alla soffiata di un infiltrato, i componenti della banda che voleva far saltare in aria da sei a dieci aerei diretti negli Usa era sotto controllo, tanto che a un certo punto è stato deciso di arrestarli tutti, che bisogno c’era della messa in scena dell’allarme negli aeroporti londinesi? Propaganda, pura e semplice propaganda: siccome siamo minacciati, la guerra al terrorismo deve continuare, in Iraq, in Afghanistan, in Libano.

Un paio di giorni orsono, oltre ventimila manifestanti pacifisti hanno sfilato per le vie della capitale londinese, lasciando davanti all’ambasciate Usa e a Down Street decine di bambole e peluche, a significare ciò che resta dei bambini uccisi dalle bombe, come è avvenuto a Cana. L’enfasi della brillante operazione condotta da Scotland Yard appare come una contromanifestazione della necessità dell’impegno britannico, a fianco degli Usa, nei teatri di guerra in Medioriente. Più in generale, sembra essere un imponente spot, per disorientare l’opinione pubblica europea, che non ha mostrato affatto di gradire lo sbriciolamento del Libano da parte di Israele, con l’acquiescenza dilatoria degli Usa, che stanno prendendo il tempo necessario all’iniziativa militare israeliana, prima di sottoscrivere una risoluzione all’Onu che imponesse il cessate- il- fuoco.

Fa effetto vedere migliaia di passeggeri, costretti a buttare nel cestino bottigliette di acqua, a consegnare tutti i bagagli, a svuotare le tasche e mettere gli effetti personali in un sacchetto trasparente. Fa l’effetto che vuole ottenere: dare il senso dell’assedio, del pericolo imminente, di fronte al quale il rispetto per la persona e per la propria privacy può lasciare il posto alle misure di sicurezza. Il direttore dell’orchestra del teatro moscovita Bolshoi ha detto che i suoi musicisti, a Londra per una stagione concertistica, non sono disposti a imbarcarsi sull’aereo senza i loro strumenti, come invece vorrebbero le nuove disposizioni di sicurezza anti-terrorismo, imposte ieri agli aeroporti britannici. Piuttosto, ha spiegato Alexander Vedernikov, i maestri “raggiungerebbero Parigi in treno e da lì si imbarcherebbero per Mosca. Al check-in ho visto due violini spediti come bagagli, è inaccettabile”.

Un gesto di una poesia sproporzionata all’abitudine, all’assuefazione di cui ognuno di noi si è nutrito in questi anni di politiche della sicurezza. Talmente sproporzionato che varrebbe la pena di imitarlo: sarebbe un bello smacco a chi usa la sicurezza come strumento di coinvolgimento dei cittadini nelle guerre decise dai governi, sarebbe un gesto di ribellione contro chi ha deciso di usarci come scudi umani nella lotta contro la presenza militare occidentale nei paesi arabi. La parola d’ordine potrebbe essere forte: toglietemi le mani di dosso o non prendo più un aereo. Beh, buona giornata.

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Gli impiegati della guerra.

Basta leggere sul Corsera quello che scrive in prima pagina Magdi Allam per capire a che punto siamo. “Continuano purtroppo a sbagliare-scrive Allam- coloro che immaginano che questo terrorismo sia una reazione all’occupazione israeliana e all’imperialismo americano.” Ecco fatto: finché c’è guerra c’è speranza di sconfiggere il male, di respingere l’assalto alla civiltà occidentale, di sconfiggere l’odio culturale e religioso che anima gli jahdisti.

Per la teoria dell’esportazione della democrazia, per la tesi degli stati canaglia, per la pratica della guerra al terrorismo islamico, i fatti di Londra sono una “mano santa”. Un sostegno, fortemente sperato, pervicacemente perseguito al ruolo di reggi-coda della politica estera Usa, dell’appiattimento inglese sulle politiche della Casa Bianca, una messa cantata all’invasione israeliana in Libano. Con il naturale corollario della messa in mora dell’azione dell’Onu, dell’indebolimento strutturale della diplomazia europea, nonché del disorientamento dell’opinione pubblica e del movimento pacifista.

“Queste anime ingenue –sono sempre le parole di Allam – hanno eretto una cappa di mistificazione della realtà che, tra i suoi effetti più deleteri, ha sortito delle sentenze emesse dai tribunali italiani che legittimano e nobilitano i reclutatori nostrani di kamikaze quali ‘resistenti’ e gli assassini dei soldati della forza multinazionale in Afghanistan, italiani compresi, quali ‘martiri’”. Tipico meccanismo del rovesciamento delle responsabilità: la dimostrazione che non la democrazia, bensì il terrorismo è stato esportato in questi sei anni di amministrazione Bush.

E i paesi europei oggi il terrorismo lo stanno importando nelle loro città, nei loro aeroporti, nella vita di tutti i giorni, sociale, politica, giuridica. Se a questo aggiungiamo l’infaticabile lavoro degli impiegati della guerra, Allam in questo senso è un impiegato modello, il gioco può continuare. Fino al prossimo atto di guerra, fino al prossimo simmetrico atto di terrorismo. Beh, buona giornata.

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I giorni dell’Ira.

La morte è brutta, anche se a morire è uno che ha il sangue blu. Le madri piangono i figli morti, anche se non muoiono in Libano, ma in un carcere tailandese, come è successo a Christoff Hohenloe (per gli amici Kiko), il figlio cinquantenne di Ira Furstenberg.

Arrestato perché: “invece di comprarsi un altro visto, ha cambiato la data a quello che aveva… da lì loro hanno fatto una storia sostenendo che si trattava di un crimine rilevante e lo hanno messo in prigione. Ma è chiaro che non è che ci sia stata un’offesa così grande per finire così male”, come ha detto il fratello Hubertus Hohenlohe.

Secondo il principe Giovannelli: “speriamo che questa tragedia sia utile a far intervenire le organizzazioni internazionali sulle condizioni terribili in cui vivono i detenuti in certe carceri”.

Ha ragione il principe: paese che vai leggi Fini-Bossi sull’immigrazione che trovi. Finire in carcere per un visto d’ingresso falsificato non è degno di un paese civile, dunque neanche per il nostro. Morire in carcere per aver varcato illegalmente i confini è barbaro, proprio come da noi.

Condoglianze a tutte le madri dei figli del mondo, morti per il diritto a camminare liberamente sulla Terra.
Beh, buona giornata.

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Mostri la Luna, guardano il dito, e ti insegnano pure come tagliarti l’unghia dell’indice.

“Quando la maggior parte di una società è stupida allora la prevalenza del cretino diventa dominante ed inguaribile.” (Carlo M. Cipolla,”Le Leggi fondamentali delle stupidità umana”)

A proposito della pillola della stupidità, di cui mi sono occupato qualche giorno fa,
almeno una dovrebbe essere offerta a chi avversa l’idea del federalismo, con la certezza che gli stupidi sono pervicaci, quindi capace che la danno al gatto, invece che assumerla per via orale.
Perché, come scriveva in un famoso, ma non per gli stupidi, ovviamente, libretto di qualche anno fa Carlo M. Cipolla, Professore Emerito di storia Economica a Berkeley, gli stupidi sono quelli che fanno e dicono cose talmente stupide da essere loro stessi la prima vittima della loro stupidità, secondo i dettami della Terza Legge delle Stupidità Umana: “Una persona stupida è chi causa un danno ad un altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita. “

Per capirsi, lo stupido crede, perché lo stupido è un credulone, arrogante e prosaico, che federalismo si pronunci con uno spiccato accento del nord Italia. Nella sua polemica, dotta e piena di citazione contro il federalismo, l’antifederalista cita la tesi secondo la quale il federalismo è male, dimostrazione è nel fatto che ha un accento, udite udite, lombardo-veneto. E’ una tesi tisica, ma è caldeggiata con foga: insomma, “calderoleggiata”. Gli stupidi, come gli estremi si toccano. O meglio, fanno Lega.

Volete un esempio? Renato Soru, presidente, non del lombardo-veneto, ma della Regione Sardegna ha varato una legge “federalista”: nuove tasse su case al mare, yacht e aerei. Si capisce: chi usa la risorsa Sardegna, lasci alla Sardegna risorse per chi vive e lavora in Sardegna.

Ribattezzate “imposte sul lusso”, le leggi della Regione Sardegna hanno provocato la rivolta del popolo vip di Porto Cervo e dintorni. Leader della protesta, un ragioniere che di cognome fa Briatore: che, chiamati a raccolta i clienti (noti e meno noti) del suo locale, Billionaire, ha deciso di passare al contrattacco. Con tanto di campagna di inserzioni sui giornali – locali e nazionali – per dire a tutti che quelle tasse sono ingiuste, punitive.

Perché, a suo parere, penalizzano gravemente il turismo sardo. Come sono altruisti gli evasori fiscali! E con una festa che si terrà al Billionaire (ma và!) per sensibilizzare la gente, quella ricca, contro i provvedimenti di Soru.

Però, a giudizio di Soru, Billionaire o no, quei soldi – da parte di proprietari di case e yacht – vanno versati all’erario. Punto e basta.

Perché? Il capo dell’esecutivo regionale, interpellato dai cronisti, si limita a ricordare che, dal punto di vista suo e della sua giunta, “la tassa sul lusso non è una tassa sul lusso ma per l’ambiente”.

Vorrei anche ricordare agli avversari del federalismo, che lo sono tanto per dire qualcosa che faccia almeno finta di essere di sinistra, che Soru ha anche imposto la dipartita delle basi militari americane dall’isola: la fine delle servitù militari potrebbe avvenire tra breve.

Toh, vuoi vedere che il federalismo fiscale ha anche dei risvolti positivi in politica estera? Lo dico per pura cattiveria contro gli stupidi: almeno qualche senso di colpa “pacifista” gli dovrà pur venire!

Forse, ma dico forse, perché con gli stupidi non si sa mai, tanto che è stata appena inventata una cura, dire Lega Nord e dire federalismo sono due cose diverse. Forse, e dico forse, perché gli stupidi sono immarcescibili, togliere dalle mani di quei buzzurri che hanno inventato la Padania il concetto stesso di federalismo, che ha padri nobili, come ci viene ricordato spesso a sproposito, sarebbe, ma è meglio dire è, la cosa migliore che si possa fare per sconfiggere il berlusconismo: nel sociale, dopo averlo fatto, di stretta misura nel politico.

C’è una malattia antropologica nel fare politica: la stupidità, appunto. Perché, detto in una pillola, l’intelligenza (politica) è la capacità veloce di adattarsi a ogni nuova situazione (politica). La stupidità in politica è pericolosa come mettere un’ arma da fuoco in mano a un bambino. Come sostiene Cipolla: la persona stupida è il tipo di persona più pericolosa che esista. Te la trovi dove meno te l’aspetteresti. Beh, buona giornata.

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La pillola contro la stupidità.

E’ l’evento più importante del Terzo Millennio: è stata portata a termine con successo la sperimentazione della ‘pillola contro la stupidità”.

E’ una scoperta destinata sconvolgere le sorti del mondo occidentale e a dare nuovo impulso alle nostre democrazie, all’informazione, alle relazioni umane.

La scoperta è del genetista berlinese, Hans-Hilger Ropers. Chi non si è mai chiesto, a torto o a ragione, se sarà mai possibile curare la stupidità delle persone che ci stanno intorno? Chi non ha sperato che Bush la smettesse di dire pericolose stronzate, bullshit appunto? Chi non si è mai chiesto che diavolo avesse in testa, oltre che capelli posticci Berlusconi? E, più recentemente, chi non si è chiesto perché Mastella per svuotare le carceri ha inventato un indulto per quelli che in galera non ci sono mai finiti, come concussori, corruttori, evasori fiscali? Chi non si sta chiedendo in queste ore che razza di cosa stupida è l’idea di Rutelli di invitare Berlusconi alla Festa della Margherita? Chi, infine, non si è chiesto in questi primi ottanta giorni di Prodi perché tanti stupidi nella compagine di governo?

Bene, forse ora una speranza c’é. “Ropers – dice il quotidiano tedesco ‘Bild’ – ha sperimentato in vivo su cavie un farmaco che aiuterebbe l’organismo umano contro le difficoltà nell’apprendimento e la propensione a dimenticare le cose.”

Ci sarebbe da renderla obbligatoria, almeno nei consigli di amministrazione delle multinazionali, nelle segreterie di partito, alla Rai, nelle redazioni dei giornali, nei reparti marketing, nelle agenzie di pubblicità, nelle trasmissioni sportive, nelle caserme, nelle assemblee di condominio.

Grazie alla liberalizzazione dei farmaci, c’è da augurarsi che la pillola contro la stupidità venga messa sugli scaffali dei supermercati di tutta Italia. Così uno ne può fare acquisti importanti, con la spesa settimanale. Beh, buona giornata.

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La pace è più conveniente.

La bolletta petrolifera italiana, ovvero la spesa per l’approvvigionamento di oro nero dall’estero, rischia di schizzare quest’anno sopra i 30 miliardi di euro, registrando un rincaro di oltre 8 miliardi – vale a dire oltre 15 mila miliardi di vecchie lire – rispetto all’anno scorso.
La stima, confermata da fonti di settore, di una fattura sopra i 30 miliardi di euro – contro i 22,23 miliardi del 2005 – si basa sulle quotazioni del barile di greggio nei primi 7 mesi dell’anno, proiettata per il prossimo semestre: su una media cioè di 74 dollari al barile anche nella seconda parte del 2006.

La vertiginosa crescita delle quotazioni internazionali del barile ha un forte impatto su un’economia, quale quella italiana, che dipende per l’85% dal petrolio contro una media degli altri Paesi europei del 50%. In termini di peso sul Pil la fattura energia, l’intero costo cioè per l’approvvigionamento di tutte le fonti (e non solo il petrolio) dall’estero, rappresenta infatti oggi – secondo gli ultimi dati dell’Unione Petrolifera – il 2,9% del prodotto nazionale lordo (era del 2,2% nel 2004).

Gli effetti delle impennate del petrolio sono da tempo ‘visibili’: le bollette della luce e del gas registrano da oltre un anno e mezzo successivi rincari. Più in generale – ha ricordato di recente anche il presidente dell’Authority per l’energia, Alessandro Ortis – l’aumento di un dollaro del prezzo del barile in Europa ”genera oltre 5 miliardi di dollari di maggiori costi annuali, che si riflettono per circa un terzo nei settori dell’elettricità e del gas”. Come dimostra l’andamento delle bollette che riceviamo, da alcuni bimestri, in costante salita.

Anche sul fronte dei carburanti, in Italia i listini dei distributori sono da giorni sui massimi di 1,409 euro al litro, vale a dire quasi 2.800 lire. E sulla carta, secondo le stime degli operatori, ci potrebbero essere anche nuove cattive sorprese per il prossimo futuro: i rialzi delle quotazioni internazionali dei carburanti degli ultimi mesi non sono ancora state trasferite completamente sui prezzi alle pompe di benzina.

Per i fautori del nucleare, questi dati sono una manna, per insistere sulla necessità di riavviare la costruzione di centrali per la produzione di energia atomica.

La verità è che il rialzo parossistico del prezzo del greggio è direttamente proporzionale alle guerre in Medioriente: Iraq, Afghanistan e Libano. Basti ricordare che prima dell’invasione in Iraq, il prezzo del petrolio era di 22 dollari al barile.

Fatevi due conti: quanti soldi ci è già costata l’avventura militare americana in giro per il Medioriente, l’esportazione della democrazia, lo scontro di civiltà? Quanti soldi costa ai cittadini europei la debolezza diplomatica della Ue nello scenario internazionale? Quanti soldi ci è costato mettere all’angolo l’Onu? Quanti soldi ci costa il lasciar fare la guerra contro il Libano?

Anche chi non vuole metter mano alla coscienza è comunque costretto a metterla sul portafoglio, ogni volta che paga un bolletta, ogni volta che fa il pieno. Non è allora, la pace, oltre che più giusta e lungimirante, anche molto più conveniente? Beh, buona giornata.

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Chi si fa pecora il lupo se lo mangia.

La guerra è una cosa troppo importante per lasciarla fare ai militari, figuriamoci a un avventuriero della politica del calibro di Donald Rumsfeld, uomo di punta di George W. Bush, il portavoce alla Casa Bianca del vice presidente Dick Cheney.

Secondo fonti del Pentagono, complice il conflitto in Libano nelle ultime settimane la situazione nella città irachene sembrava migliorata.

Di conseguenza, gli americani hanno recentemente annunciato il ritiro da Mosul di 3.500 uomini della 172esima brigata “Stryker” per rafforzare il dispositivo di sicurezza a Bagdad.

Se non che la guerriglia ha sferrato un violento attacco proprio a Mosul. La terza città del Paese in mattinata è stata teatro di un violento assalto dei ribelli che ha avuto come obiettivo principale le caserme della polizia.

Tre auto imbottite di esplosivo e altrettante mine sono state fatte esplodere in diversi punti della città mentre colpi di mortaio sono stati sparati contro postazioni delle forze dell’ordine. Una delle auto-bombe ha ucciso il colonnello Jassim Muhammad Bilal e due delle sue guardie del corpo. Negli scontri, che hanno impegnato militari iracheni e statunitensi, sono stati uccisi altri sei poliziotti e diversi guerriglieri.

Ciò che appare evidente, e sembra essere la caratteristica principale, il minimo comune denominatore tra gli scenari bellici iracheno, afgano e libanese è la totale mancanza di senso della realtà, anche del teatro bellico

A parte il fatto che in queste guerre moderne muoiono più civili che militari, e tra i civili, più donne e bambini, la potenza di fuoco è simmetrica all’impotenza dei risultati sul campo.

Zero controllo del territorio, zero successi militari, zero normalizzazione dei rapporti politici locali, zero capacità di individuare sbocchi, sia sul piano politico che su quello diplomatico. 100% di propaganda: ciò nonostante, l’esportazione della democrazia, dopo essere stata un’ insopportabile menzogna è un flop. Con il risultato, ogni giorno è più evidente che è più facile cominciare una guerra, sempre più difficile condurla verso un risultato credibile, quasi impossibile concluderla in modo vantaggioso.

In Afghanistan nessuno sa quale prospettiva si possa aprire al paese, a parte i Taleban che hanno ripreso quasi tutto il controllo del sud del paese e costretto Karzai agli “arresti domiciliari” a Kabul.

In Iraq occupazione militare, resistenza, terrorismo sono un tutt’uno, una palla di fuoco incandescente e indistinta: quando si mettono bombe nei campi di calcio, vuol dire che si sta facendo “pulizia etnica” tra sciiti e sanniti. Altro e più grave di guerra civile.

In Libano l’obiettivo tattico di una fascia di sicurezza oltre il confine libanese è in realtà un obiettivo strategico: la sopravvivenza della Stato ebraico. Ma, neanche tanto paradossalmente la potenza militare mostra anche ampi scorci di debolezza: una reazione militare lampo al sequestro di due militari israeliani si è trasformata in una guerra di posizione, mettendo in crisi il mito dell’invincibilità dell’apparato bellico.

Proprio come sta succedendo agli Usa in Afghanistan e in Iraq. Sembra un paradosso: fanno la guerra senza sapere fare la guerra. Per il semplice, seppur drammatico fatto che fanno la guerra, ma non sanno come continuare la politica.

Questi sono i tratti salienti che caratterizzano le politiche della Casa Bianca, di Down Street e oggi anche del gabinetto Olmert.

Una specie di “bolla speculativa”, come quella di Wall Street alla fine del 2000. Si sono accumulati valori, distruggendo il valore. Cioè: accumulando presunti valori occidentali, distruggiamo i valori della democrazia occidentale. La differenza è che quelli erano soldi, spesso virtuali. Morti, feriti e profughi sono veri, anche se li vediamo solo in tv.

Si rovesciano così i termini dello scontro tra pacifisti e guerrafondai: all’accusa di volere la pace senza sapere come realizzarla, si sostituisce il semplice dato di fatto che chi fa la guerra, fa la guerra senza sapere come andrà a finire. Come il pugile suonato che non sa più quale ripresa stia combattendo.

“Se sei pazzo puoi chiedere visita medica, ma se chiedi visita medica vuol dire che non sei pazzo”, recita il famoso Comma 22.

L’amministrazione Bush ha da tempo emanato il primo emendamento del Comma 22: se sei pazzo puoi chiedere la fine della guerra, ma se chiedi la fine della guerra non sei pazzo, sei un nemico.

Sta ai governi europei, a cominciare dal governo Prodi e al ministro D’Alema decidere: pazzi per la pace o nemici della guerra? Senza troppa diplomazia: negli Usa siamo alla campagna elettorale per le elezioni di medio termine, George W. Bush sta per scadere.

Non sarebbe neanche una grande gesto di coraggio politico, ma semplicemente il sottrarsi a quel detto popolare che dice: chi si fa pecora, il lupo se lo mangia.

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Apprendere aiuta la memoria.

Migliorare la memoria è possibile. Basta ‘nutrire’ il cervello con l’apprendimento. A svelarlo una ricerca dello University College di Londra. Secondo gli autori dello studio, l’apprendimento accende i centri di motivazione e gratificazione e questi, forse tramite il rilascio di dopamina, stimolano apprendimento e memoria.

E’ una buona notizia per gli italiani: se non volete dimenticare i guasti provocati al paese dal precedente governo, dovrete apprendere più cose. Per esempio, leggere di più, comprare almeno un libro al mese, e un paio di giornali al giorno. Dice: ma dove lo trovo il tempo di leggere? Spegni al tv, vedrai quanto tempo ti avanza.

Secondo uno dei ricercatori dello University College di Londra, Nico Bunzeck, curare i pazienti con problemi mnemonici sarà possibile senza stimolare comportamenti basati sulla ripetizione. Sforziamoci, dunque di apprendere più cose possibili, terremo in esercizio la memoria e non saremo costretti a comportamenti basati sulla ripetizione, tipo un altro governo di centro destra. Ma neppure alla dimenticanza del programma di Prodi. Sempre più spesso bisogna ricordarglielo il programma ai ragazzi del centro sinistra. Beh, buona giornata

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Trarre vantaggi dalle insufficienti basi legali.

Il Milan parteciperà alla Champions League.

“Il Milan ha tratto vantaggio dalla carenza da parte della Uefa di basi legali sulle quali fondare il rifiuto della richiesta di ammissione”. E “non ha ancora percepito nella maniera giusta i problemi in cui si trova e il danno che ha già causato al calcio europeo”.

Il Milan dunque parteciperà al terzo turno preliminare della più importante competizione continentale per club, anche perché la Uefa “non aveva altra scelta se non quella di ammettere il Milan a causa delle insufficienti basi legali nel regolamento che avrebbero consentito la non ammissione del Milan viste le specifiche circostanze”.
Trarre vantaggi dalle insufficienti basi legali: in questa nota l’Uefa traccia la biografia politica e imprenditoriale di Silvio Berlusconi.
Beh, buona giornata.

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Te lo do io l’indulto.

Erano usciti dal carcere di Macomer alle 18, beneficiando dell’indulto, ma alle 23 sono stati nuovamente arrestati per resistenza a pubblico ufficiale, minacce, violenza e danneggiamento. Protagonisti Massimiliano Formula, 32 anni e Raimondo Muntoni, 28.

Formula, di Sassari, e Muntoni, di Tula, sono usciti nel tardo pomeriggio dall’istituto di pena di Macomer e hanno pensato di andare a festeggiare la ritrovata libertà in un bar poco distante. Ma la gioia è stata talmente incontenibile che i due hanno esagerato con l’alcol, attirando l’attenzione di una pattuglia della polizia che è intervenuta chiedendo le loro generalità. A quel punto i due uomini si sono rifiutati di fornire i documenti e di seguire gli agenti al commissariato. Per contro, gli ex carcerati hanno aggredito i poliziotti, assalendoli con calci e pugni.

Il risultato è che Formula e Muntoni sono finiti di nuovo in prigione, a Oristano, in attesa del processo per direttissima. La loro libertà è durata cinque ore.

Il vecchio trucco della resistenza e oltraggio, una brillante operazione di polizia. In Sardegna si può far bisboccia solo al Billionaire: se non sei un Vip, un calciatore con velina, un militare americano o un ex presidente del consiglio è meglio andare a letto presto. Beh, buona giornata.

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Davide mi ha scritto ancora.

Ancora niente.
Anzi il premier Olmert ha dato il via alla più vasta operazione terrestre dall’inizio del conflitto, e dichiara — Nessuna tregua nei prossimi giorni —.
Intanto si continua a scavare e a recuperare cadaveri.
Il tuo articolo l’ho trovato molto ironico, esplicativo ed anche un po’ arrabbiato, forse non abbastanza, (ma io sono un impulsivo), però continuo a pensare che questa guerra è iniziata in un momento sbagliato, per ricevere aiuti concreti.
Ci sono le vacanze!
Le manifestazioni, lo scendere in piazza, l’urlare lo sdegno la vergogna come esseri umani, la rabbia… non è il momento. Forse se la cosa fosse iniziata verso metà ottobre il pubblico sarebbe stato più coinvolto, ma ora proprio no.
D’altra parte questo periodo dell’anno è agognato da troppe persone. Interi armadi e cassetti ricolmi con costumi e vestiti trattenuti con forza nei cassetti o dietro sportelli per almeno sei mesi aspettano di esplodere in tutti i loro toni di colore e fantasie stilistiche; e che mi perdo un occasione così. Sfoggiare, finalmente mostrarmi al meglio, dopo giorni e giorni di sacrifici, alimentari, o ginnici per dire “beccati questo”!
Quindi cari bambini e povera gente che ogni minuto del giorno e della notte riuscite ancora a vivere, è vita in più, resistete, e sperate solo in voi stessi.
Nel frattempo speriamo che il teatrino diplomatico si rimbocchi le maniche e s’incazzi di brutto e faccia capire che il tempo dei pupazzi è finito!

Questione di razza

-Che cane buffo! E dove l’ hai trovato? –
Er vecchio me rispose: -é brutto assai,
ma nun me lascia mai: s’ é affezzionato.
L’ unica compagnia che m’ é rimasta,
fra tanti amichi, é ‘ sto lupetto nero:
nun é de razza, é vero,
ma m’ é fedele e basta.
Io nun faccio questioni de colore:
l’ azzioni bone e belle
vengheno su dar core
sotto qualunque pelle.

Trilussa

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Popoli e politiche

Al ristorante con gli amici.

Il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, a margine di un incontro in un ristorante di Miami con i leader della comunità cubana in esilio ha detto:
“Vi assicuro che lavoreremo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un piano che affronti alla radice le cause del problema, di modo che qualsiasi cosa ne esca sia duraturo e consenta ai libanesi e agli israeliani di restare in pace. Vogliamo che in quella regione vi sia una pace duratura, sostenibile.”

Non si sa se ha parlato con la bocca piena, si sa che anche questa volta ha evitato di esprimersi a favore di un immediato cessate-il-fuoco, nonostante le pressioni della comunità internazionale all’indomani della strage israeliana nella cittadina libanese di Cana.

Non si sa neanche se ha alzato il calice per brindare al petrolio, in rialzo in apertura a New York, a 73,6 dollari, +0,5%. Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Cana.

La nostra diplomazia è nei guai perché abbiamo avuto cinque anni di Governo Berlusconi. Che fece scappare subito il ministro degli esteri Ruggero. Che giocò alla grande diplomazia con l’interim di Berlusconi. Che nominò poi un certo Frattini. Che lasciò il posto a Fini, che aveva studiato geopolitica sulle istruzioni del Risiko.

La nostra diplomazia è nei guai perché si è schierata contro l’Europa, ha denigrato l’Onu, ha accettato di andare in Afghanistan con la Nato. Ha mandato in Iraq i nostri soldati con gli Usa. Abbiamo fatto lutti, abbiamo ricevuto lutti: la nostra è stata la diplomazia dei funerali di Stato.

Abbiano giocato alle prove tecniche degli attentati, mentre pagavamo i sequestratori dei cittadini rapiti in Iraq. Abbiamo accettato che si denigrasse la memoria Enzo Baldoni, abbiamo accettato la medaglia d’oro a Quattrocchi.

La diplomazia italiana è nei guai, perché si è inimicata i governi arabi. La nostra diplomazia è nei guai perché l’unico gesto diplomatico verso Israele è stata la keppah indossata una volta da Fini.

La nostra diplomazia è nei guai perché è stata la diplomazia del mio amico George, del mio amico Tony. Del mio amico Putin. La nostra diplomazia è nei guai perché i nostri servizi segreti hanno fatto talmente casino da non meritarsi il rispetto neanche della Cia.

Oggi paghiamo quei guai: piangere i bambini di Cana non serve a niente, finché rimarremo davanti alla tv. E’ lì che ci volevano Berlusconi, Blair e Bush. Perché siamo rimasti davanti alla tv? La nostra diplomazia è nei guai perché stiamo a guardare, invece di fare come i pacifisti israeliani, i giovani di Beirut, i ragazzi dei Territori occupati, le mamme contro la guerra negli Stati Uniti.

Asciugate le lacrime di commozione, spegnete la tv: dove sono finite le bandiere della pace che sventolavano dai nostri balconi? Portiamole in piazza. E portiamo anche i nostri bambini in piazza, diamogli un bel cartello colorato: sono un bambino di Cana, volete uccidere anche me?

La guerra non si sconfigge col telecomando. La nostra diplomazia è nei guai: l’unica soluzione siamo noi. Beh, buona giornata.

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Natura

Ma guarda un Po.

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al provvedimento per lo stato di emergenza per la siccità nel fiume Po. Lo annuncia il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Letta, parlando di una ‘cabina di regia che consentirà l’attivazione delle riserve idriche per fare fronte all’emergenza’.

A che serve una cabina di regia? Il motivo per cui il Po è secco è tutta colpa della Lega e dei suoi grotteschi riti celtici, con tanto di ampolla. Un’ampolla oggi una domani, ecco che il Po è rimasto a secco. In verità è rimasta a secco di voti pure la Lega: il Po si deve essere stufato di essere considerato il confine tra la Padania e il resto del mondo.

Anzi, il Po si è anche stufato di essere un neologismo geografico per dare il nome a un territorio che esiste solo nei brutti sogni di Bossi, di Castelli e di Calderoli, menti inquinate e aride proprio come il fiume più lungo d’Italia.

Quanto alla moda delle cabine di regia, questo film lo abbiamo già visto: è brutto, recitato male e non produce successi, né di pubblico né di critica. Beh, buona giornata.

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