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Qualità della vita e vite di qualità.

Henry Allingham, reduce della Prima guerra mondiale e uomo più anziano di tutta la Gran Bretagna, ha festeggiato un altro compleanno spegnendo, sulla torta, ben 112 candeline.

“Il mio segreto?”, ha scherzato Allingham, “sigarette, whisky e donne focose”. Nato a Londra il 6 giugno del 1896, ovvero quando regnava ancora la regina Vittoria, Henry Allingham ha visto passare davanti ai suoi occhi sei monarchi e 21 primi ministri

“Tutti mi chiedono come ho fatto”, ha dichiarato felice Henry Allingham, “e io dico che ho solo desiderato vedere sempre sorgere il sole”. Considerando le usuali condizioni meterologiche della Gran Bretagna, si può capire con quanta determinazione l’uomo, che ha attraversato tre secoli, abbia voluto vivere.

Una vecchia storiella racconta di un uomo che raggiunta la veneranda età di cento anni viene intervistato da un’emittente televisiva. Alla domanda “come ha fatto a vivere così a lungo?” l’uomo rispondeva che mangiava poco, dormiva molto, faceva moto, non fumava, non beveva.

A un certo punto l’intervista viene interrotta dal frastuono di una porta che sbatte, dal vocione di un uomo e dalle risa sgangherate di una donna. “Che succede?” chiede allarmato l’intervistatore. “Nulla di grave” risponde serafico il centenario. “E’ solo mio padre che come al solito rincasa sbronzo in compagnia dell’amichetta occasionale che rimorchia nei bar”.

In barba ai precetti salutisti, alle stesse campagne pubblicitarie di prodotti che promettono di allungare la vita, l’impressione che si ricava è che è la vita, non noi, che decide per quanto tempo vuole continuare a stare dentro il nostro corpo, il nostro organismo, nella nostra lucidità mentale.

E’ la vita che decide quanto tempo vuole vivere con noi. A noi rimane spendere bene questo tempo: vivere intensamente la vita è meglio che lasciarsi vivere. Che la vita magari si annoia e se ne va.

Conoscete tutti la famosa battuta di Woody Allen: “Smetterò di fumare, vivrò una settimana in più. E pioverà tutto il giorno.” Beh, buona giornata.

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Mica si spreca così il vino rosso.

Non è la prima volta che sentiamo dire da autorevoli fonti scientifiche che bere vino rosso allunga la vita. Stavolta la prova provata delle proprietà mirabolanti del vino rosso è stata riscontrata in una sostanza, il ‘resveratrol’, presente in un’alta percentuale nel vino rosso.

Pare che il resveratrol sia capace di proteggere il cuore dall’invecchiamento, attivando l’agente proteico ‘sirtuins’ che rallenta la degenerazione dei tessuti.

La scoperta si deve a un gruppo di scienziati americani dell’Università del Wisconsin che hanno pubblicato il rapporto sulla rivista scientifica ‘PloS One’.

Apparentemente è una buona notizia, se non che nel rapporto si scopre che il vino rosso, oggetto della sperimentazione sarebbe stato somministrato a topi di laboratorio, addirittura topi di mezza età.

“In vino veritas”: dunque, per la verità bisogna dire che passare mezza vita in un laboratorio a subire esperimenti di ogni tipo non è una bella vita. Lo credo bene che un sorso di vino ha dato a quei tapini di topini qualche attimo di ebbrezza, come dire? una sferzata di vitalità.

Ma il problema è: che se ne fanno quei poverini di topi di laboratorio di una vita più longeva? Per essere sottoposti per qualche anno in più alle angherie della sperimentazione? Ai voglia a bere per dimenticare. Va bene che un topo è destinato a fare la fine del topo, ma che razza di cattiverie è procrastinare la fine del topo?

Ma la cosa più grave di tutte è la sola idea di degradare il vino a liquido di laboratorio, come fosse una soluzione chimica, nata tra alambicchi e provette, invece che tra vigne, botti e calici. Il vino nasce per l’amicizia e l’allegria, per il buon cibo e il buon gusto. Non vi sembra di pessimo gusto usarlo per sbronzare cavie da laboratorio? Produrre vino è un mestiere difficile, lo sanno bene i produttori indipendenti e le grandi marche. Mica si spreca così il vino rosso. Beh, buona giornata.

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Attualità Natura Salute e benessere Società e costume

La birra fa fare pipì ecologica.

Lo so, lo so che lo sanno tutti che la birra è diuretica. Quello che non sapevo è che la birra diminuisce il contenuto salino nelle urine. Come lo so? Lo hanno detto gli esperti dell’università di agronomia di Vienna, che hanno lanciato un allarme inquinamento da urina a Euro 2008 in Austria.

Gli esperti temono infatti danni per alberi e cespugli nelle zone frequentate dai tifosi che potrebbero cercare di evitare le file davanti alle toilette pubbliche e urinare nel verde.

Secondo gli esimi scienziati della pipì, il ‘problema delle acque gialle’ riguarda soprattutto la cosiddetta ‘fan-zone’ di Vienna, un’area con maxi-schermi e gastronomia lungo il ‘Ring’, lo storico viale verde che delimita il centro, dove sono attesi 70.000 tifosi per ogni partita.

Grazie ai loro studi, apprendiamo che l’urina umana di per sé non è velenosa per le piante, ma il sale in essa contenuto potrebbe costituire una vera minaccia per gli ippocastani ultracentenari che punteggiano il Ring, ma anche per l’erba, i fiori e altre piante storiche dei giardinetti dell’area che sarà frequentata dai tifosi, perché la loro abbondante pipì potrebbe ostacolare l’assorbimento di acqua dal terreno.

È a questo punto che fa il suo ingresso la buona notizia: il consumo abbondante di birra diminuisce il contenuto salino nell’urina. Dunque, ora che lo sapete, potete farla fuori senza problemi ecologici. Ah, che sollievo.

A parte ogni altra considerazione di ordine pubblico, tipo quelle cose che hanno a che vedere con la buona educazione, il pudore, per non dire il convitato di pietra dell’epoca moderna, vale a dire il buon senso, questa straordinaria scoperta degli ineffabili esperti viennesi significa almeno un paio di cose: la prima è che sarebbe meglio aumentare il numero di vespasiani; la seconda è che sarebbe meglio aumentare la vendita e il consumo di birra.

La cosa di per sé fa scompisciare dal ridere. Però, è una buona opportunità per le marche di birra a Euro 2008, i campionati europei di calcio. O no?! Beh, buona giornata.

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Pubblicità e mass media

Quando un apostrofo sbagliato manda in vacca la festa.

E’ un vero peccato. I news magazine italiani pubblicano questa settimana un annuncio in pagina singola di una famosa e molto prestigiosa marca di orologi svizzeri. L’annuncio in questione è quello che ci si aspetta da un prodotto di lusso: rigoroso, pulito nella grafica, arguto nel titolo.

Però, c’è un brutto però: c’è uno stupido errore di grammatica. È stato proditoriamente apostrofato l’articolo indeterminativo singolare maschile. Insomma, c’è scritto: “un’ altro”.

Che peccato. L’allure della prestigiosa marca, la percezione dell’assoluta precisione dei maestri orologiai svizzeri, la reputazione della cura maniacale nella soddisfazione del cliente, tutto in vacca per un maledetto apostrofo. Che uno dice: ma se siete davvero così precisi come mai non lo siete stati nello scrivere, nell’impaginare, nel controllare l’esecutivo, nel darlo alle stampe?

Ad aggravare la situazione, l’annuncio pubblicitario in questione celebra quasi un secolo e mezzo di vita e di successi, con una preziosa riedizione di un modello di alto prestigio. Ecco come, dunque, l’apostrofo sbagliato ha mandato in vacca una bella festa.

Lo sappiamo tutti che gli errori sono sempre in agguato, come i briganti con lo schioppo gli errori tentano di tagliarti la gola quando meno te lo aspetteresti. Magari dell’apostrofo galeotto se n’è accorto qualcuno e la regola grammaticale verrà ripristinata prontamente nelle prossime uscite.

Rimane il fatto. Quando una marca è sinonimo di precisione, lo deve essere anche la pubblicità firmata dalla marca. A questa precisione devono concorrere tutti. Se no la pubblicità è capace di vendicarsi, vale a dire riesce in una frazione di secondo a creare più danni che benefici.

Non so se un apostrofo è l’equivalente di un centesimo di secondo. In ogni caso, perdere un centesimo di secondo è grave per una prestigiosa marca di orologi svizzeri, esattamente come mettere un apostrofo nel posto sbagliato, nel momento sbagliato. Beh, buona giornata.

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