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Attualità democrazia

La lista del Pdl non è stata ammessa a Roma e provincia: “I notabili del Pdl hanno fatto flop sull’abc di un professionista della politica, la presentazione delle liste alle elezioni.”

Il Parapiglia della libertà. da il blog di marco Damilano-http://damilano.blogautore.espresso.repubblica.it/

«Siamo in una situazione paradossale: nella capitale d’Italia il Pdl non esiste». Paradossale, soprattutto, che a dirlo sia il coordinatore regionale del partitone berlusconiano che-tremare-il-mondo-fa, l’ex an Vincenzo Piso. Però la notizia è vera: a un mese dal voto, il Pdl a Roma non c’è. La sua lista non è stata ammessa. Se non ci saranno novità gli elettori berlusconian-aennini dovranno trovarsi un altro partito da votare.

Disguidi burocratici, giurano, e tanta confusione. Dopo la rissa al tribunale di Roma di ieri, la conferma che per ora il Pdl è fuori. E surreale conferenza stampa al comitato di Renata Polverini all’ora di pranzo, in una Roma domenicale sonnacchiosa e deserta. Nel quartier generale della destra romana, invece, gli animi sono surriscaldati. C’è tutto lo stato maggiore schierato in prima fila: il sindaco Alemanno e la moglie Isabella Rauti, il capogruppo Fabrizio Cicchitto, il ministro Giorgia Meloni, il senatore Andrea Augello. La candidata Polverini con le Hogan ai piedi e il coordinatore laziale, il buon Piso. Nervi a fior di pelle. La deputata Saltamartini aggredisce i giornalisti: per forza, il marito Pietro Di Paolo candidato alle regionali ha già mandato in fumo svariate centinaia di migliaia di euro in manifesti. Minacce: «non indietreggeremo». Applausi della claque prontamente convocata. E ricostruzione della vicenda affidata a un comunicato ufficiale. «Alcuni soggetti, urlando in maniera scomposta, creavano un clima di forte tensione e confusione. A seguito del parapiglia…». Una prosa da un giorno in questura, che non nasconde la verità. I notabili del Pdl hanno fatto flop sull’abc di un professionista della politica: la presentazione delle liste alle elezioni.

Colpa dei poveri Milioni e Polesi, i due incaricati di presentare le liste che si sono assentati al momento sbagliato, due militi ignoti come Gassman e Sordi nella Grande Guerra, spediti sul fronte della battaglia elettorale: «due persone perbene che si sono fatti intimorire da alcuni facinorosi» per la Polverini, «due coglioni», per tutti gli altri. Colpa del «parapiglia», insomma. Ma il caos è politico, tutto interno al Pdl. È bastata una buccia di banana per scatenare la resa dei conti tra le varie anime del partito: il ministro Rotondi contro «la banda di incapaci» che guida il Pdl, Fini furibondo, Berlusconi che alcuni raccontano «fuori dalla grazia di Dio» e altri intimamente soddisfatto per una debacle che in fin dei conti riguarda il partito romano, cioè An, dunque Fini.
Solo Renata Frangetta Nera, beata lei, è contenta: «se non c’è il Pdl si potrà votare la lista Polverini». Vallo a dire ai candidati che si sono già indebitati per manifesti e cene e si ritrovano fuori dalla competizione.

Fino a ieri i radicali rompevano le scatole sugli autenticatori delle liste e tutti ad alzare le spalle, Alemanno in testa. Ora è il Pdl a radicalizzarsi: i capi del primo partito italiano annunciano gazebo, una maratona oratoria dei parlamentari fino a quando «la democrazia non sarà ripristinata», la Polverini si trasforma in Bonino, si appella a Napolitano in nome della legalità e chissà che non arrivi anche lei a digiunare.
Di certo, il Pdl per ora a Roma non c’è. Al suo posto, il Parapiglia della libertà.
(Beh, buona giornata).

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Attualità Natura

Quell’iceberg alla deriva che sembra un’allegoria della deriva della democrazia italiana.

Un gigantesco iceberg è alla deriva al largo dell’Antartide. Si e’ staccato dal ghiacciaio Mertz, nel territorio antartico di competenza australiana.

Lungo 78 chilometri, con una larghezza compresa fra 33 e 39 chilometri, uno spessore di 400 chilometri e una superficie di 2.550 chilometri quadrati, il nuovo iceberg si è staccato dal ghiacciaio perché e’ stato urtato da un altro gigante, l’iceberg B-9B. Sulla base delle immagini rilevate dai satelliti, la collisione sarebbe avvenuta fra il 12 e il 13 febbraio.

Lo sta studiando il gruppo di ricerca franco-australiano del centro di ricerca australiano Antarctic Climate and Ecosystems (Ace), che tiene d’occhio il ghiacciaio Mertz dal 2007, nell’ambito di un progetto varato nell’Anno Polare Internazionale.

Questo grande ghiacciaio è infatti noto da tempo agli esperti per essere a rischio di rottura a causa di due grandi crepe che negli anni si sono andate progressivamente avvicinando.

La collisione con l’iceberg B-9B, quindi, non ha fatto che rompere il “filo” di ghiaccio che ancora teneva unito il Mertz.

In passato un altro grande iceberg si era staccato da questa lingua di ghiaccio che ogni anno riversa in mare da 10 a 12 miliardi di tonnellate di ghiaccio.

Prima della formazione del nuovo iceberg la parte del ghiacciaio che si estendeva in mare era lunga oltre 100 chilometri; adesso è stata ridotta a circa 25 metri.

Quanto al B-9B, non è che un frammento dello storico iceberg B9, dal 1987 alla deriva nel Mare di Ross e che nel 1992 aveva raggiunto una zona a un centinaio di chilometri a Est del Mertz. Ogni riferimento alla politica, l’economia, la democrazia italiana è puramente intenzionale. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Media e tecnologia Salute e benessere

Qui lo dico e qui lo nego, qui lo nego e poi ti frego: il nucleare nel Lazio e l’inquinamento da Polverini sottile.

Greenpeace prende in giro Polverini “Basta con l’ipocrisia sul nucleare”.
Manifesti simili agli originali della campagna della candidata del Pdl Renata Polverini ma polemici e ironici sul tema del nucleare. Lungo le strade di Roma sono apparsi decine di cartelloni ma con la scritta: “Sicuramente il nucleare. A Montalto di Castro e Latina (ma dopo le elezioni!)”. L’iniziativa – spiegano gli attivisti – serve a svelare l’ “ipocrisia nucleare” della candidata Pdl, che nei giorni scorsi ha espresso il suo appoggio ai piani nucleari del governo, ma ha dichiarato allo stesso tempo che il Lazio “non ha bisogno” di centrali nucleari . Vedi: (http://roma.repubblica.it/multimedia/home/23295174/1/9). Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia

L’appello di Andrea Camilleri, Margherita Hack e Paolo Flores d’Arcais: “No all’illegittima impunità, tutti in piazza il 27 febbraio”.

“No all’illegittima impunità, tutti in piazza il 27 febbraio”
Pubblico l’appello inviato da Andrea Camilleri, Margherita Hack e Paolo Flores d’Arcais a 120 personalità del mondo della scienza, della cultura e dello spettacolo perchè aderiscano alla manifestazione del “popolo viola” contro il legittimo impedimento.

Per sabato 27 febbraio numerosi siti del “popolo viola” hanno indetto manifestazioni in numerose città italiane (l’appuntamento principale sarà a Roma, piazza del Popolo, dalle ore 14), con lo slogan “la legge è eguale per tutti” e la volontà di opporsi alla “illegittima impunità” che la legge berlusconiana ad personas sul “legittimo impedimento” imporrà al paese, stravolgendo la Costituzione.

I promotori hanno rivolto un accorato appello: “invitiamo tutti gli esponenti della cultura e dell’informazione, della scienza e dello spettacolo, delle forze democratiche e del lavoro, ad aderire e partecipare alla nostra nuova iniziativa”.

Di fronte al drammatico degrado dell’Italia, il “Bel Paese” che un malo governo sta riducendo a macerie morali, istituzionali, culturali, sociali, economiche, calpestando la Costituzione repubblicana anziché realizzarla, crediamo nostro elementare dovere aderire con il massimo dell’impegno.

Speriamo che siano tante, tantissime, una crescente “valanga”, le adesioni nei prossimi giorni di scienziati e scrittori, intellettuali e protagonisti dello spettacolo, che con la loro indignazione e passione democratica sapranno difendere la Costituzione nata dalla Resistenza, a conferma di una “società civile” degna dell’aggettivo, che non si piega né rassegna alla marcia totalitaria di un regime orwelliano.

Andrea Camilleri
Margherita Hack
Paolo Flores d’Arcais
(Beh, buona giornata).

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Attualità Finanza - Economia Popoli e politiche

I frutti acidi del berlusconismo: “Se l’Italia non trova più un investitore che voglia rischiare i suoi soldi imprestandoli all’Italia a tassi convenienti, il coro della finanza mondiale e dei suoi sicofanti nazionali sarà: “Privatizzate” che tradotto in latino vuol dire “vendete a buon prezzo per gli stranieri”.

Attacco degli hedge fund Usa contro l’euro e delle banche contro Grecia, Spagna e Italia-blitzquotidiano.it

Dalle segrete stanze della grande finanza americana è partita una nuova guerra contro l’Europa. Secondo il quotidiano Wall Street Journal di venerdì 26 febbraio, i maggiori hedge fund americani stanno scommettendo alla grande e di concerto sulla debolezza dell’euro. I colossi del Sac Capital Advisors e il Soros Fund Management sarebbero in prima fila nello sviluppo di questa azione speculativa. E il nome di Soros rimanda alla grande speculazione che aggredì la sterlina nel 1992.

L’attacco alla moneta unica europea (dei grandi, solo la Gran Bretagna non aderisce all’euro) sembra rientrare in un disegno globale del grande capitalismo americano, che operando come un gigantesco granchio, con l’altra chela ha aggredito la credibilità (i tecnici la chiamano rating) dei paesi deboli: Grecia, Spagna, Italia.

Questi paesi sono stati aiutati, dalle grandi banche americane, le stesse che sono all’origine della grande crisi iniziata nel 2008 e che ci fa soffrire ancora oggi, a taroccare i propri conti nascondendo le reali dimensioni dei propri debiti per entrare a testa alta nell’euro, senza essere costretti a misure feroci di risparmio, altamente impopolari.

Che le misure di rientro del debito siano ferocemente osteggiate dai cittadini lo dimostrano i disordini che tormentano in questi giorni proprio la Grecia. Che sotto ci possa essere una manovra studiata a tavolino e non solo crudeltà, spietatezza e cinismo da parte dei banchieri trova sostegno in un ragionamento che chiunque può fare. I paesi deboli, quelli del “ventre molle” dell’Europa, tra cui l’Italia, conservano alcune attività tra le più redditizie in società controllate dallo Stato. In Italia le tre principali sono Eni, Enel e Finmeccanica. L’interesse dei partiti che controllano lo Stato perché lo Stato tenga in pugno i cordoni di controllo di quante più industrie possibile è dimostrato abbastanza chiaramente ad ogni scandalo che si abbatte su politica e dintorni. L’ultimo esempio viene dalla Protezione civile.

L’interesse del grande capitale americano, che domina la finanza mondiale, in una crisi della capacità di indebitamento di un paese come l’Italia sono altrettanto evidenti: se l’Italia non trova più un investitore che voglia rischiare i suoi soldi imprestandoli all’Italia a tassi convenienti, il coro della finanza mondiale e dei suoi sicofanti nazionali sarà: “Privatizzate” che tradotto in latino vuol dire “vendete a buon prezzo per gli stranieri”. E di bocconi buoni, come s’è visto, ce ne sono ancora.

Sul fronte dell’attacco all’euro, il Wall Street Jourrnal riporta importanti indiscrezioni raccolte durante un esclusivo incontro ospitato da una banca di investimenti a Manhattan: l’”idea dinner” della serata era per l’appunto scommettere sul probabile collasso dell’euro, in previsione di un suo riavvicinamento al dollaro, se non sulla loro parità. L’euro, che veniva scambiato a 1,51 dollari a dicembre, è sceso attualmente 1,355 e le recenti crisi dei debiti sovrani europei ne accentuano la caduta.

Secondo il quotidiano newyorkese i vertici degli hedge fund avrebbero deciso di concordare una serie di mosse per speculare al ribasso sulla moneta unica, mettendo così ancora più sotto pressione l’Europa alle prese con i rischi di un default greco. La prova che il quotidiano porta a supporto del suo scoop è il livello record di contratti futures ribassisti sulla moneta unica (che garantiscono un premio in caso la valuta scenda oltre una certa soglia) acquistati a partire dalla settimana successiva alla cena: circa 60mila secondo dati Morgan Stanley. Si tratta del livello più alto dal 1999.

La previsione della parità tra le valute americane e europee è un’occasione unica per gli investitori per realizzare enormi profitti. Il gioco al ribasso dei trader segnala una tendenza: e se tutti gli investitori seguono questa dinamica sono guai. La convergenza speculativa su un’unica valuta può addirittura affossarla a dispetto di fondamentali economici sostanzialmente sani. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Leggi e diritto

Il viola contro le violazioni.

Domani il popolo viola è a piazza del Popolo alle 15. Sono previsti numerosi interventi e iniziative. Dallo striscione per ricordare i venti anni dalla scomparsa di Sandro Pertini, fino alla distribuzione – a pagamento – di spille, felpe e magliette. Tutto rigorosamente viola.

Online continuano a risuonare appelli affinché “i personaggi dell’informazione e della cultura partecipino alla protesta contro il governo”. Già pervenute le adesioni di Mario Monicelli, Alberto Asor Rosa, Margherita Hack, Andrea Camilleri, Giorgio Bocca, Moni Ovadia e Dario Fo.

E dal palco sarà letto l’articolo in cui Roberto Saviano ha invitato i cittadini italiani a ribellarsi allo scandalo della corruzione. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto

Sentenza Mills: “La sentenza conferma non solo che Berlusconi è stato il corruttore di Mills, ma che la sua imprenditorialità, l’efficienza, la mitologia dell’homo faber, l’intero corpo mistico dell’ideologia berlusconiana ha il suo fondamento nel malaffare, nell’illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.”

La prova delle menzogne di GIUSEPPE D’AVANZO-repubblica.it
DAVID MILLS è stato corrotto. È quel che conta anche se la manipolazione delle norme sulla prescrizione, che Berlusconi si è affatturato a partita in corso, lo salva dalla condanna e lo obbliga soltanto a risarcire il danno per il pregiudizio arrecato all’immagine dello Stato. Questa è la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione. Per comprenderla bisogna sapere che la corruzione è un reato “a concorso necessario”: se Mills è corrotto, il presidente del Consiglio è il corruttore.

Per apprezzare la decisione, si deve ricordare che cosa ha detto, nel corso del tempo, Silvio Berlusconi di David Mills e di All Iberian, l’arcipelago di società off-shore creato dall’avvocato inglese. “Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politico responsabile quindi di fronte agli elettori, che di questa All Iberian non conosco neppure l’esistenza. Sfido chiunque a dimostrare il contrario” (Ansa, 23 novembre 1999). “Non conosco David Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l’Italia” (Ansa, 20 giugno 2008). Bisogna cominciare dalle parole – e dagli impegni pubblici – del capo del governo per intendere il significato della sentenza della Cassazione.

Perché l’interesse pubblico della decisione non è soltanto nella forma giuridica che qualifica gli atti, ma nei fatti che convalida; nella responsabilità che svela; nell’obbligo che oggi incombe sul presidente del Consiglio, se fosse un uomo che tiene fede alle sue promesse.

Dunque, Berlusconi ha conosciuto Mills e, come il processo ha dimostrato e la Cassazione ha confermato (il fatto sussiste e il reato c’è stato), All Iberian è stata sempre nella sua disponibilità. Sono i due punti fermi e fattuali della sentenza (altro è l’aspetto formale, come si è detto).

Da oggi, quindi, il capitolo più importante della storia del presidente del consiglio lo si può raccontare così. Con il coinvolgimento “diretto e personale” del Cavaliere, David Mills dà vita alle “64 società estere offshore del group B very discreet della Fininvest”. Le gestisce per conto e nell’interesse di Berlusconi e, in due occasioni (processi a Craxi e alle “fiamme gialle” corrotte), Mills mente in aula per tener lontano il Cavaliere da quella galassia di cui l’avvocato inglese si attribuisce la paternità ricevendone in cambio “somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali” che lo ricompensano della testimonianza truccata.

Questa conclusione rivela fatti decisivi: chi è Berlusconi; quali sono i suoi metodi; che cosa è stato nascosto dalla testimonianza alterata dell’avvocato inglese. Si comprende definitivamente come è nato, e con quali pratiche, l’impero del Biscione; con quali menzogne Berlusconi ha avvelenato il Paese.

Torniamo agli eventi che oggi la Cassazione autentica. Le società offshore che per brevità chiamiamo All Iberian sono state uno strumento voluto e adoperato dal Cavaliere, il canale oscuro del suo successo e della sua avventura imprenditoriale. Anche qui bisogna rianimare qualche ricordo.

Lungo i sentieri del “group B very discreet della Fininvest” transitano quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che ricompensano Bettino Craxi per l’approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi (trasformati in Cct) destinati non si sa a chi mentre, in parlamento, è in discussione la legge Mammì. In quelle società è occultata la proprietà abusiva di Tele+ (viola le norme antitrust italiane, per nasconderla furono corrotte le “fiamme gialle”); il controllo illegale dell’86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l’acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche.

Da quelle società si muovono le risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma (assicurano al Cavaliere il controllo della Mondadori); gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favoriscono le scalate a Standa e Rinascente. Dunque, l’atto conclusivo del processo Mills documenta che, al fondo della fortuna del premier, ci sono evasione fiscale e bilanci taroccati, c’è la corruzione della politica, delle burocrazie della sicurezza, di giudici e testimoni; la manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio in Italia e in Europa.

La sentenza conferma non solo che Berlusconi è stato il corruttore di Mills, ma che la sua imprenditorialità, l’efficienza, la mitologia dell’homo faber, l’intero corpo mistico dell’ideologia berlusconiana ha il suo fondamento nel malaffare, nell’illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.

E’ la connessione con il peggiore passato della nostra storia recente che, durante gli interminabili dibattimenti del processo Mills, il capo del governo deve recidere. La radice del suo magnificato talento non può allungarsi in quel fondo fangoso perché, nell’ideologia del premier, è il suo trionfo personale che gli assegna il diritto di governare il Paese. Le sue ricchezze sono la garanzia del patto con gli elettori e dell’infallibilità della sua politica; il canone ineliminabile della “società dell’incanto” che lo beatifica.

Per scavare un solco tra sé e il suo passato e farsi alfiere credibile e antipolitico del nuovo, deve allontanare da sé l’ombra di quell’avvocato inglese, il peso di All Iberian. È la scommessa che Berlusconi decide di giocare in pubblico. Così intreccia in un unico nodo il suo futuro di leader politico, responsabile di fronte agli elettori, e il suo passato di imprenditore di successo.

Se quel passato risulta opaco perché legato a All Iberian, di cui non conosce l’esistenza, o di David Mills, che non ha mai incontrato, egli è disposto a lasciare la politica e addirittura il Paese. Oggi dovrebbe farlo davvero perché la decisione della Cassazione conferma che ha corrotto Mills (lo conosceva) per nascondere il dominio diretto su quella macchina d’illegalità e abusi che è stata All Iberian (la governava).

Il capo del governo non lo farà, naturalmente, aggrappandosi come un naufrago al legno della prescrizione che egli stesso si è approvato. Non lascerà l’Italia, ma l’affliggerà con nuove leggi ad personam (processo breve, legittimo impedimento), utili forse a metterlo al sicuro da una sentenza, ma non dal giudizio degli italiani che da oggi potranno giudicarlo corruttore, bugiardo, spergiuro anche quando fa voto della “testa dei suoi figli”.

© Riproduzione riservata (26 febbraio 2010). Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto Sport

Il metodo Berlusconi-Bertolaso: l’assegnazione di un hotel è uguale a terremoto?

Appalti Maddalena: assegnazione diretta per ex ospedale-blitzquotidiano.it

Per una ironia della sorte, se di sorte si tratta o non di pura presa in giro, a chi affidare la gestione dell’ex ospedale militare della Maddalena, oggi riconvertito in hotel con i soldi della Regione e di proprietà della Regione, lo deciderà Guido Bertolaso.

Sì, proprio il Bertolaso dei massaggi al centro Salaria, accusato di corruzione, in compagnia di amici e colleghi alcuni dei quali in carcere.

Senza una gara, ma con «ogni iniziativa finalizzata ad assicurare il suo pieno utilizzo, anche in una prospettiva di valorizzazione economica». Il potere glielo dà Berlusconi, con un’ordinanza firmata il 5 febbraio (prima che scoppiasse l’inchiesta sul G8) e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dello scorso 18 febbraio.

Bertolaso, è scritto nell’ordinanza, «procede, laddove necessario, con i poteri, le procedure e le deroghe previste per il commissario delegato», funzione che gli venne assegnata, e che non ha mai perso, per i lavori del G8.

Il grimaldello con cui il Governo e Bertolaso sottraggono potere alla Regione è la Vuitton Cup, la regata di maggio classificata grande evento, proprio come il G8. È scritto infatti nell’ordinanza che, fallita la prima gara per l’ex ospedale militare, «rimane tuttora insoddisfatta l’esigenza di assicurare l’immediata redditività degli investimenti effettuati». E’ ancora: «Ai fini dell’ottimale svolgimento della Vuitton Cup, emerge l’esigenza di incrementare la capacità ricettiva». E dunque – «acquisita l’intesa della Regione Sardegna» scrive Berlusconi – Bertolaso, nelle «particolari condizioni di urgenza che la materia riveste», è autorizzato ad assumere ogni iniziativa finalizzata ad assicurare il pieno utilizzo» dell’ex ospedale, ribattezzato «Forte Carlo Felice».

L’ordinanza non chiarisce nulla. Né se dovrà esserci una gara, anche informale. Né per quanto tempo sarà assegnato il bene. Bertolaso può fare qualunque cosa, ancora una volta con i pieni poteri, come l’assegnazione di un hotel fosse uguale a terremoto. (Beh, buona giornata).

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Leggi e diritto Media e tecnologia Pubblicità e mass media

No, non si fa così.

(fonte: repubblica.it)
Il tribunale di Milano ha condannato tre dirigenti di Google per violazione della privacy, per non avere impedito nel 2006 la pubblicazione sul motore di ricerca di un video che mostrava un minore affetto da autismo (e non da sindrome di Down come erroneamente comunicato in un primo tempo ndr) insultato e picchiato da quattro studenti di un istituto tecnico di Torino. Ai tre imputati sono stati inflitti sei mesi di reclusione con la condizionale; i dirigenti sono stati invece assolti dall’accusa di diffamazione, un quarto dirigente che era imputato è stato assolto. Si tratta del primo procedimento penale anche a livello internazionale che vede imputati responsabili di Google per la pubblicazione di contenuti sul web. Durissima la reazione della società: “Un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito internet” spiega il portavoce di Google, Marco Pancini. “Siamo negativamente colpiti dalla decisione”, dice in un comunicato l’ambasciatore americano a Roma David Thorne.

I dirigenti coinvolti sono David Carl Drummond, ex presidente del cda di Google Italy ora senior vice presidente, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italy ora in pensione, e Peter Fleischer, responsabile delle strategie per la privacy per l’Europa di Google Inc. I tre sono stati condannati per il capo di imputazione di violazione della privacy. Assolto Arvind Desikan, responsabile del progetto Google video per l’Europa, cui veniva contestata la sola diffamazione. Nei loro confronti l’accusa aveva chiesto pene comprese tra 6 mesi e un anno di reclusione.

Il video venne girato a fine maggio 2006 e caricato su Google l’8 settembre: rimase online due mesi, fino al 7 novembre, prima di essere rimosso, totalizzando 5500 contatti. Nel filmato si vedono una decina di compagni di classe che stanno a guardare, mentre uno dei ragazzi indagati sferra qualche pugno e qualche calcio al compagno disabile, un altro è intento a riprendere la scena con la telecamera, un terzo che disegna il simbolo “SS” sulla lavagna e fa il saluto fascista. Il ragazzo aggredito rimane immobile. Al giovane disabile vengono anche tirati oggetti e per ripararsi lui perde gli occhiali e si china a cercarli affannosamente. Nell’indifferenza del resto della classe.

Nel corso del processo i legali del ragazzino disabile avevano ritirato la querela nei confronti degli imputati. Nulla di fatto per il comune di Milano per l’associazione ViviDown che si erano costituite come parti civili. La loro posizione era legata al reato di diffamazione per cui gli imputati sono stati assolti. “Faremo appello contro questa decisione che riteniamo a dir poco sorprendente, dal momento che i nostri colleghi non hanno avuto nulla a che fare con il video in questione, poiché non lo hanno girato, non lo hanno caricato, non lo hanno visionato – dice il portavoce di Google – se questo principio viene meno, cade la possibilità di offrire servizi su internet”.

Opposta la reazione di pm milanesi. “Con questo processo abbiamo posto un problema serio, ossia la tutela della persona umana che deve prevalere sulla logica di impresa” affermano il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il pm Francesco Cajani. Nell’annunciare l’intenzione di appellare la sentenza di condanna, i legali dei dirigenti condannati, Giuseppe Bana e Giuliano Pisapia, affermano: “Google si è comportato correttamente, perché non aveva alcun obbligo di controllo preventivo sui video e i messaggi messi in Rete, mentre invece dal momento in cui è stato informato di quel filmato ignobile l’ha subito eliminato”. “Non ci sono né vinti né vincitori”, aggiungono i legali, che poi interpretano l’assoluzione dall’accusa di diffamazione come “la non esistenza dell’obbligo giuridico di controllo preventivo da parte di Google su cosa viene messo in Rete”.

Gli Stati Uniti, per bocca dell’ambasciatore americano a Roma David Thorne, esprimono il proprio disagio per la decisione giudiziaria. “Siamo negativamente colpiti dall’odierna decisione di condanna di alcuni dirigenti della Google inc. per la pubblicazione su Google di un video dai contenuti offensivi”, afferma in un comunicato Thorne. “Pur riconoscendo la natura biasimevole del materiale – precisa l’ambasciatore – non siamo d’accordo sul fatto che la responsabilità preventiva dei contenuti caricati dagli utenti ricada sugli internet service provider”.

“Il principio fondamentale della libertà di internet è vitale per le democrazie che riconoscono il valore della libertà di espressione e viene tutelato da quanti hanno a cuore tale valore”, dice Thorne ricordando che “il segretario di Stato Hillary Clinton lo scorso 21 gennaio ha affermato con chiarezza che internet libero è un diritto umano inalienabile che va tutelato nelle società libere”. “In tutte le nazioni – conclude il comunicato – è necessario prestare grande attenzione agli abusi; tuttavia, eventuale materiale offensivo non deve diventare una scusa per violare questo diritto fondamentale”. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: come dimostra il Gruppo Espresso, continuano le difficoltà degli editori italiani.

I ricavi netti consolidati del Gruppo Espresso ammontano a 886,6 milioni di euro, registrando una flessione del 13,5% rispetto all’esercizio precedente (1.025,5 milioni di euro). I ricavi diffusionali, esclusi i prodotti opzionali, sono pari a 274,2 milioni di euro, mostrando una buona tenuta (-0,8% rispetto all’anno precedente), in un contesto di mercato in flessione.

In particolare, i ricavi diffusionali de la Repubblica mostrano un’evoluzione positiva (+1,4%), grazie al buon andamento delle vendite in edicola; la diffusione totale del quotidiano presenta,
invece, una flessione, interamente dovuta all’eliminazione o riduzione delle iniziative di distribuzione ad alto contenuto promozionale, il cui contributo ai ricavi era marginale.

I ricavi diffusionali dei quotidiani locali, così come la diffusione in numero di copie, sono in linea con quelli registrati nel 2008, riflettendo la buona tenuta del portafoglio di testate del Gruppo.
Infine, i periodici, che rappresentano meno del 10% dei ricavi diffusionali del Gruppo, mostrano una flessione del 7,4%, in linea con le tendenze di mercato.

I ricavi pubblicitari, pari a 496,9 milioni di euro, hanno registrato una riduzione del 18,3% rispetto all’esercizio precedente, riflettendo fondamentalmente l’evoluzione generale dei mercati in cui
opera il Gruppo.

Nel settore principale per il Gruppo, quello della stampa quotidiana, la raccolta ha mostrato una flessione (-14,9%) sensibilmente inferiore a quella del mercato di riferimento; le quote di mercato del Gruppo, sia per i quotidiani locali che per la Repubblica, sono aumentate, riflettendo il progressivo miglioramento della performance della concessionaria. Da segnalare ugualmente la tenuta, in rapporto al mercato, della raccolta pubblicitaria su Radio Deejay (-6,7%) nonché la sostenuta crescita su Repubblica.it (+9,0%).

Infine, i ricavi dei prodotti opzionali sono scesi del 12,4% a 100,6 milioni di euro, andamento da considerarsi comunque positivo in quanto conseguito in un contesto di mercato che continua a registrare un trend significativamente negativo.

I costi operativi sono stati ridotti dell’11,9% rispetto all’esercizio 2008, avendo realizzato già nel 2009 risparmi per 97,6 milioni di euro grazie al piano di riorganizzazione aziendale che a regime prevede un decremento pari a 140 milioni di euro. Da notare che gli oneri straordinari legati alla realizzazione del piano sono stati interamente spesati nell’esercizio (31,7milioni di euro).

Il margine operativo lordo consolidato è pari a 106,7 milioni di euro, in flessione del 25,2% rispetto ai 142,5 milioni del 2008. L’impatto della drastica riduzione della raccolta pubblicitaria è stato compensato in misura significativa dalla riduzione dei costi.

Il risultato operativo consolidato è pari a 63,9 milioni (95,3 milioni nel 2008) e il risultato netto consolidato, scontando accantonamenti straordinari di natura tributaria per 11,4 milioni, ammonta a 5,8 milioni di euro (20,6 milioni nell’esercizio precedente).

L’indebitamente finanziario netto consolidato al 31 dicembre 2009 è sceso a 208,2 milioni, dai 278,9 milioni di fine 2008; il saldo finanziario dell’esercizio è stato positivo per 70,8 milioni. L’organico del Gruppo a fine dicembre 2009, inclusi i contratti a termine, ammonta a 3.116 dipendenti, con una riduzione di 228 unità (-6,8%) rispetto alla chiusura del 2008 che riflette, anche
se ancora parzialmente, gli effetti dei piani di riorganizzazione avviati.

Il fatturato della Capogruppo è stato pari a 494,2 milioni di euro, -13,9% rispetto ai 575,4 milioni del 2008. Sul risultato operativo, che si è attestato a 22,1 milioni, in diminuzione rispetto ai 37,9 milioni nel 2008, ha influito la flessione dei ricavi pubblicitari solo in parte compensata dalle misure di contenimento costi adottate. Il risultato netto è stato pari a 30,4 milioni (49,5 milioni di euro nel 2008).

Principali eventi successivi alla chiusura dell’esercizio e prevedibile evoluzione della gestione
Non si rilevano eventi significativi successivi alla chiusura dell’esercizio. L’evoluzione del quadro macro-economico nel corso del 2010 resta caratterizzata da scarsa visibilità; in tutti i casi, le aspettative di debole crescita dell’economia italiana, e perciò dei consumi interni, non consentono di prevedere una netta ripresa degli investimenti pubblicitari.

Pertanto, malgrado la tendenza positiva registrata dalla raccolta pubblicitaria del Gruppo nel corso dei primi mesi del 2010, le prospettive sull’anno restano incerte. In questo contesto, comunque, il Gruppo raccoglierà ulteriori e significativi effetti positivi dal piano di riduzione dei costi nonché dal nuovo impulso dato all’attività della concessionaria, che sta
consentendo di registrare un recupero di competitività nel mercato pubblicitario.

Infine, il Gruppo è impegnato nella realizzazione di un intenso piano di sviluppo editoriale sui nuovi media, che comporterà una sempre maggiore distribuzione dei propri contenuti attraverso tutte le nuove piattaforme.

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media Società e costume

Il televoto, quel modo “gelatinoso” di fare tv.

La fabbrica dei “televoti”: i soldi, i clan, gli “Amici”-blitzquotidiano.it

Poichè mancano efficaci strumenti di verifica, è facile truccare questo sistema di votazione: in alcuni casi basta allertare tutti i conoscenti, in altri casi i diretti interessati utilizzano call center che incrementano il numero di telefonate a favore di un determinato concorrente – Dietro il fenomeno del televoto esiste un business che fa avere ottimi ritorni economici alle compagnie telefoniche

Il televoto è “democrazia”? Mica tanto, non solo perché votano relativamente in pochi, m soprattutto perché chi vuole vota di fatto quante volte gli pare. Nella democrazia funziona secondo “una testa, un voto”. Nel televoto funziona secondo “un telefono, tanti voti…”. Se non è proprio democrazia, di certo il televoto è un affare per chi lo organizza e le propone, ci si guadagna. Ed è certamente “costume”, un modo di ritrovarsi tra simili, fare gruppo e “promuovere” gli uomini e le donne cari ai vari “clan” di televotanti. E il meccanismo, tecnologico e culturale mediante il quale gli eroi dei “talent show” televisivi diventano i cantanti vincitori a Sanremo, il meccanismo attraverso il quale per due anni consecutivi ha vinto un concorrente proveniente dalla “Amici Spa” di Maria De Filippi, l’anno scorso Marco Carta, quest’anno Valerio Scanu.

Il televoto è infatti uno degli strumenti di votazione preferiti per concorsi e trasmissioni televisive. Con il televoto il telespettatore può esprimere la sua preferenza attraverso il telefono: tradizionalmente l’utente si esprimeva attraverso una telefonata ad un numero di riferimento. Con la diffusione dei cellulari, però, è possibile votare anche tramite Sms.

Il televoto viene appaltato dalla produzione della trasmissione televisiva a società esterne esperte nella gestione di Sms e telefonate: è compito di queste società quello di immagazzinare ed elaborare i dati ricevuti. A queste società i singoli operatori telefonici fanno confluire gli sms e le telefonate ricevute. Tutto viene conservato in un “cervellone”, quando poi il televoto viene chiuso si legge il risultato che viene trasmesso allo studio televisivo. Un notaio deve garantire la correttezza dell’intera operazione.

Ogni voto ha un costo: in Italia il prezzo per un televoto è di circa 1 euro. La società che gestisce tutto il sistema invia poi al votante un Sms di conferma: nella notifica la società fa sapere all’utente che il suo voto è stato regolarmente espresso. Ognuno di questi Sms ha un ulteriore costo di 12 centesimi. Se il proprio televoto, tuttavia, è giunto fuori tempo massimo si pagano comunque i 12 centesimi del messaggio di conferma.

Il guadagno viene diviso tra gli operatori telefonici, le reti tv, il titolare del format, i produttori del programma e le società che gestiscono il televoto. Ma a trarre il maggior profitto sono gli operatori telefonici, che in media incassano tra il 40 e il 50 per cento del totale. Motivi che inducono a parlare di “business” legato a questo fenomeno.

Teoricamente il televoto è riservato solo ai maggiorenni, ma non esistono strumenti in grado di poter effettuare una corretta verifica. E proprio la mancanza di mezzi adatti alla verifica rende difficile stabilire la “validità” del televoto. Per esempio, uno dei principali limiti nell’utilizzo del televoto è rappresentato dalla possibilità del singolo votante di inviare un infinito numero di voti: il rischio concreto è che i risultati risultino alterati.

Uno dei casi più celebri di “televoto truccato” è stato rivelato da Lele Mora: in un’intervista rilasciata a “Striscia la notizia”, l’agente confessò di aver investito 25 mila euro in televoti per aiutare Walter Nudo (che era suo cliente) a vincere il reality show “L’isola dei famosi”. Anche altri partecipanti ai reality hanno candidamente ammesso che per assicurarsi “pacchetti di voti” basta poco: c’è il classico “telefono senza fili”, con parenti, amici e amici di amici allertati mediante passaparola. Ma c’è anche, a quanto pare, chi versa somme di denaro ai call center per assicurarsi un certo numero di preferenze.

Proprio il sospetto di irregolarità ha spinto il Codacons a chiedere la sospensione dei risultati del Festival di Sanremo. L’associazione che difende i diritti dei consumatori ha chiesto alla Guardia di Finanza di Sanremo e all’Autorità Garante per le Comunicazioni di sequestrare i tabulati dei televoti relativi ai primi tre classificati. Il Codacons teme che ci sia lo “zampino” di agenzie specializzate nel campo. Secondo l’associazione, la Guardia di Finanza dovrà verificare anche se le società private che gestiscono il televoto abbiano interessi o rapporti economici con alcuni dei partecipanti alla gara. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia Lavoro

“Siamo tutti operai”. Ieri gli operai Fiat a Sanremo, oggi gli operai Alcoa in campo a Cagliari.

(fonte:la nuova sardegna).
Dopo la partecipazione di tre operai della Fiat di Termini Imerese al festival di Sanremo, approda oggi sui campi della serie A la protesta dei lavoratori dell’Alcoa. Prima dell’inizio di Cagliari-Parma, una delegazione degli operai sardi dello stabilimento di Portovesme, impegnati da mesi in una mobilitazione a sostegno della vertenza per il mantenimento della produzione di alluminio della multinazionale americana, ha sfilato per il campo con uno striscione, mentre dalle gradinate altri 200 operai, con il caschetto in testa, cantavano “Non molleremo mai”.

Applausi da tutto lo stadio mentre dalla Curva Nord gli ultras rossoblu, in segno di solidarietà, hanno risposto cantando “Siamo tutti operai”.

I lavoratori dell’Alcoa non sono nuovi a questo tipo di proteste, stavolta autorizzata dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni e con la collaborazione del Cagliari Calcio.

Recentemente hanno occupato l’aeroporto di Cagliari, bloccato la Statale 131 in Sardegna e manifestato per le vie di Roma e con presidi sotto Palazzo Chigi in occasione degli incontri nella Capitale per lo sblocco della vertenza. Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia Lavoro

Bonus ai top manager Fiat: “Se siamo tutti sulla stessa barca, come ci dicono sempre, come mai in due guadagnano quanto 3/400 operai?”

FIAT: FERRERO, VERGOGNOSI STIPENDI MARCHIONNE E MONTEZEMOLO (fonte: AGI)
‘I dieci milioni di euro regalati dalla FIAT a Marchionne e Montezemolo sono una vergogna in una situazione caratterizzata da Cassa integrazione e chiusura di stabilimenti. Se siamo tutti sulla stessa barca, come ci dicono sempre, come mai in due guadagnano quanto 3/400 operai? La Federazione della Sinistra propone che il governo metta un tetto alle retribuzioni dei manager delle aziende in crisi che utilizzano la cassa integrazione. Lo stipendio piu’ alto non puo’ essere piu’ di dieci volte lo stipendio dell’operaio che guadagna meno’. Lo afferma il portavoce della Federazione della Sinistra, Paolo Ferrero. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Lavoro

La Fiat manda la polizia contro gli operai di Avellino.

Tensione a Pratola Serra davanti alla “Fabbrica motori Avellino” della Fiat, dove questa mattina circa 200 poliziotti in assetto antisommossa hanno sgomberato il presidio di lavoratori per far entrare nello stabilimento alcuni camion porteranno i motori negli stabilimenti del gruppo a Cassino e in Turchia. Poco dopo i lavoratori hanno bloccato i tir ma, anche in questo caso, l’intervento delle forze dell’ordine, ha messo fine alla protesta.

Gli operai della Fma sono stati messi in cassa integrazione già da novembre e fino al mese di gennaio scorso. A febbraio hanno lavorato una sola settimana, per poi tornare in cassa integrazione. Da questo la scelta di presidiare la fabbrica fino a questa mattina. “La questione da porre – dice il coordinatore nazionale auto della Fiom Cgil Enzo Masini – è quella che la Fiat per l’ennesima volta di fronte a lavoratori che chedono di conoscere il loro futuro e avere certezza della loro occupazione, risponde facendo intervenire la polizia e, cosa ancora più grave, senza aver chiesto un confronto su eventuali urgenze di consegna motori. Poteva almeno porre il problema, prima di far ordinare uno sgombro”.

Dura la reazione del segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini: “L’atteggiamento della Fiat ha superato ogni limite di decenza e di possibili relazioni sociali e sindacali”.

Per Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista “è vergognoso l’impegno delle forze di polizia contro la lotta dei lavoratori FIAT di Pratola Serra (AV), che stanno praticando il blocco delle merci per impedire, come forma di lotta, lo smantellamento dello stabilimento, il licenziamento degli addetti delle ditte esterne e la messa in cassa integrazione dei lavoratori FIAT”. Beh, buona giornata.

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Attualità

I cittadini de L’Aquila non derogano: rivogliono la loro città.

(fonte: AGI).
Un migliaio di cittadini dell’Aquila hanno manifestato forzando la zona rossa del centro storico e appendendo le chiavi dei propri appartamenti che devono ancora essere ristrutturati. Questa la protesta simbolica per la ricostruzione del centro storico del capoluogo abruzzese, fortemente danneggiato dal sisma del 6 aprile 2009 . Beh, buona giornata.

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Attualità Media e tecnologia Pubblicità e mass media Società e costume

Anche al festival di Sanremo va in scena “la deroga” alle regole del buon gusto, della musica, dello spettacolo.

Festival di Sanremo: contestazioni all’Ariston e polemiche dei vinti di Alessandro Avico-blitzquotidiano.it
Polemiche per il ripescaggio del “trio” che arriva in finale – l’orchestra non ci sta e chiede che i risultati del televoto vengano resi pubblici, poi appallottola gli spartiti – sul palco arrivano gli operai di Termini Imerese assieme a Maurizio Costanzo, fischi e contestazioni da tutto il teatro per gli interventi al riguardo di Bersani e Scajola – Nino D’Angelo polemizza e definisce una “schifosa” questa edizione del Festival

Alla fine non sono arrivati primi ma hanno comunque fatto esplodere il caso. Il festival di Sanremo l’ha vinto Valerio Scanu mentre Pupo ed Emanuele Filiberto con Luca Canonici hanno conquistato il secondo gradino del podio, seguiti da Marco Mengoni. Ma era bastato, un’ora prima, che Antonella Clerici dicesse i nomi dei tre finalisti perché all’Ariston esplodesse il caos. Via Cristicchi, Arisa e la Grandi e sono fischi, via Noemi, Fornaciari e tutti gli altri e il teatro viene giù, e quando la conduttrice annuncia la bocciatura di Malika (che tuttavia conquisterà il Premio della Critica “Mia Martini”) c’è la rivolta degli orchestrali: il direttore chiede di rendere pubblico il voto, loro stracciano gli spartiti e li appallottolano.

Alla fine il televoto premia il ragazzo uscito dalla scuderia di Amici di Maria De Filippi (è il secondo anno consecutivo, dopo Marco Carta nel 2009) ma al trio delle contestazioni non va male, seconda postazione. Terzo, il vincitore dell’ultima edizione di X-Factor.

Tensione come non se ne vedeva da anni al festival. La Clerici un po’ si perde e Maurizio Costanzo anticipa il suo ingresso in scena con tre operai della Fiat di Termini Imerese. Cerca di placare gli animi con un ricordo di Mike Bongiorno, scatta l’applauso, poi però l’intervista alle tute blu riaccende la sala, Costanzo offre il microfono al segretario del Pd Pierluigi Bersani che neanche comincia (dice appena “non è possibile mandarli sui tetti…”) che partono i buu.

Prende il microfono anche il ministro Claudio Scajola – che gioca in casa, visto che Imperia è il suo collegio elettorale – che ribadisce l’intenzione del governo di trovare una soluzione per lo stabilimento Fiat e guadagna un applauso. Qualcuno prova a contestare pure lui ma è pronto l’intervento di Guido Paglia, direttore delle relazioni esterne e della comunicazione Rai, che si alza di scatto e fa un gestaccio con le mani verso l’origine del brusìo a stroncare la protesta. Stacco pubblicitario, si rientra con la banda dell’Arma dei Carabinieri che attacca la colonna sonora di Guerre Stellari. Cinque minuti dopo, l’orchestra e la Clerici intonano Le tagliatelle di nonna Pina. Tutto sembra così surreale.

Erano arivati in dieci alla finale sulla scia delle polemiche scatenate dall’esibizione del ct della Nazionale, Marcello Lippi, con Pupo ed Emanuele Filiberto. La prima scrematura, che ha fatto fuori sette Artisti, è toccata al giudizio combinato dell’orchestra del festival (50%) e del pubblico (50%). Serata ricca di ospiti, in parte autopromozioni Rai, come ieri con Cristiana Capotondi, presto novella Sissi in una miniserie di RaiUno. Stavolta è toccato a Emilio Solfrizzi e ai protagonisti di Tutti pazzi per amore 2, serie amata dal pubblico presto di nuovo su RaiUno, prestati a un’improbabile coreografia in stile Bollywood. E ai bambini di Ti lascio una canzone, che la Clerici riporterà su RaiUno da marzo.

Si esibisce anche Lorella Cuccarini, indosso solo una chitarra bianca, costume di scena del musical Il Pianeta Proibito che sta portando in tour da un paio di mesi. Il (quasi) nude-look spinge la Clerici verso una delle sue celebri scivolate: “Ho visto il lato B di Lorella, accidenti che topolona”. Un omaggio a Michael Jackson con i ballerini che stavano preparando con lui gli show di Londra della scorsa estate, poi finalmente un po’ d’aria internazionale con Mary J. Blige, superstar del r’n’b.

Questi gli ospiti, questi i finalisti, Valerio Scanu il vincitore, ma il Festival oltre ai momenti di caos vissuti durante la serata, ha visto anche polemiche per la qualità della musica. Morgan ha prontamente dichiarato: “Per fortuna non ci sonon andato”. Nino D’Angelo ha caricato invece a testa bassa: “E’ una vergogna. Solo in un paese dei balocchi come l’Italia puo’ succedere una cosa del genere. Non mi fa nemmeno rabbia, ma proprio schifo”, ha detto il cantante a Sorrisi.com. D’Angelo, eliminato giovedi’ dal Festival, ha definito “‘na chiavica” la canzone con cui Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici sono finiti nella terna dei finalisti. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia

Italia Spa.

L’ideologia del fare di ILVO DIAMANTI-repubblica.it

È l’era del “fare”. I fatti contrapposti alle parole. Quelli che “fanno” opposti a quelli che “dicono”. E perdono tempo a discutere, controllare, verificare. È un argomento caro al premier. Ripreso, in questi giorni, con particolare insistenza per replicare alle polemiche.

Polemiche sollevate dalle inchieste della magistratura sull’opera della Protezione civile, in Abruzzo dopo il terremoto e alla Maddalena, in vista del G8 (in seguito spostato a L’Aquila). E, ancor più, contro le critiche al progetto di trasformare la Protezione civile in Spa per meglio affrontare ogni emergenza. Allargando il campo dell’emergenza fino a comprendere ogni evento speciale e straordinario. Per visibilità e risorse investite. Oltre alle celebrazioni del 150enario dell’Unità d’Italia: i giochi del Mediterraneo e i Mondiali di nuoto; l’Anno giubilare paolino, l’esposizione delle spoglie di San Giuseppe da Cupertino, e i viaggi del Papa in provincia (perché non quelli del presidente della Repubblica e del premier?). Insomma, tutto quanto fa spettacolo e richiede grandi quantità di mezzi. Affidato alla logica della “corsia preferenziale”, superando i vincoli imposti dalle regole, dalle procedure. Dagli organismi di controllo istituzionali. Per sottrarsi ai tempi e alle fatiche della democrazia.

Che spesso delude i cittadini. E impedisce al governo di produrre risultati da esibire, come misura dell’efficacia della propria azione.

La mitologia del “fare” è alla radice del successo politico di Silvio Berlusconi. Il sogno italiano. L’imprenditore che si è “fatto” da sé. Dal nulla ha costruito un impero. In diversi settori. Da quello immobiliare a quello editoriale. A quello mediatico. Anche nello sport, ovviamente. Ha sempre vinto. Dovunque. E ha imparato che, se vuoi “fare”, le regole, le leggi e, peggio ancora, i controlli a volte sono un impedimento. I giudici e i magistrati, per questo, possono rappresentare un ostacolo. Perché non sono interessati ai risultati, ma alle procedure. Alla legittimità e non alla produttività. Anche se nell’era di Tangentopoli i giudici erano celebrati da tutti (o quasi). Tuttavia, allora apparivano non i garanti della giustizia, ma i “giustizieri” di una democrazia malata. Bloccata e soprattutto improduttiva. Ostile ai cittadini e agli imprenditori.

Sul mito del “fare” si basa l’affermazione del politico-imprenditore alla guida di un partito-impresa, che gestisce la politica come marketing e promette di governare il paese come un’azienda. Anzi: di guidare l’azienda-paese. In aperta polemica con il professionista politico e il partito di apparato.

Si delinea, così, un modello neo-presidenziale di fatto. Realizzato su basi pragmatiche ed economiche. Quindi, molto più libero da regole e controlli rispetto ai sistemi presidenziali e semi-presidenziali effettivamente vigenti nelle democrazie occidentali.

L’evoluzione della Protezione civile è coerente con questo modello. Ne è il prodotto di bandiera, ma anche il modello esemplare. In fondo, Bertolaso anticipa e mostra quel che Berlusconi vorrebbe diventare (e costruire). È il suo Avatar. Affronta emergenze “visibili” e produce per questo risultati “visibili”. In tempi rapidi. Puntualmente riprodotti dai media. Napoli. Sepolta dall’immondizia. L’Aquila devastata. Poi, arriva Bertolaso. L’immondizia scompare. Le prime case vengono consegnate a tempo di record. Sotto i riflettori dei media. Che narrano il dolore, l’emozione. E i successi conseguiti dal premier-imprenditore attraverso il suo Avatar. Aggirando vincoli e procedure. Perché nelle calamità, come in guerra, vige lo Stato di emergenza, che non rispetta i tempi della democrazia e della politica. Da ciò la tentazione di estendere i confini dell’emergenza fino a comprendere i “grandi eventi”. Cioè: tutto quel che mobilita grandi investimenti, grandi emozioni e grande attenzione.

La Protezione civile diventa, così, modello e laboratorio per governare l’Italia come un’azienda. Dove il presidente-imprenditore può agire e decidere “in deroga” alle regole e alle norme. Perché lo richiede questo Stato (di emergenza diffusa e perenne). Dove il consenso popolare è misurato dai sondaggi. Dove, per (di) mostrare i “fatti”, invece che al Parlamento ci si rivolge direttamente ai cittadini. O meglio, al “pubblico”. Attraverso la tivù. Dove anche la corruzione diventa sopportabile. Meno “scandalosa”, quando urge “fare” – e in fretta.

Di fronte a questa prospettiva – o forse: deriva – ci limitiamo a due osservazioni
La prima: la democrazia rappresentativa non si può separare dalle regole. Perché la democrazia, ha sottolineato Bobbio, è un “metodo per prendere decisioni collettive”. Dove le procedure e le regole sono importanti quanto i risultati. Perché garantiscono dagli eccessi, dalle distorsioni, dalle degenerazioni. Come rammenta Montesquieu (nel 1748): “ogni uomo di potere è indotto ad abusarne. Per cui bisogna limitarne la virtù”. Bilanciandone il potere con altri poteri. Perché, aggiunge un altro padre del pensiero liberale, Benjamin Constant (nel 1829): “ogni buona costituzione è un atto di sfiducia”. Nella natura umana e del potere.

La seconda osservazione riguarda il fondamento del “fare”, cui si appella il premier. In effetti, coincide con il “dire”. Meglio ancora: con l’apparire. Perché i “fatti” – a cui si appella Berlusconi – esistono in quanto “immagini”. Proposte oppure nascoste dai media. Secondo necessità. Come i “dati” dell’economia e del lavoro. Come i disoccupati o i cassintegrati e i morti sul lavoro. Che appaiono e – preferibilmente – scompaiono sui media. A tele-comando. Perché il pessimismo e la sfiducia minano la fiducia dei consumatori e dei cittadini. Meglio: del cittadino-consumatore. O viceversa.

È la retorica del “fare”. Narrazione e al tempo stesso ideologia di successo. Per costruire e proteggere l’Italia spa.

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Attualità

Povera Italia.

SANREMO: FISCHIATI PUPO-EMANUELE FILIBERTO E LIPPI, “A CASA”-AGI

Bordate di fischi e proteste in sala all’Ariston da larga parte del pubblico quando sul palco sono arrivati Pupo ed Emanuele Filiberto, con il tenore Luca Canonici, accompagnati dal ct azzurro Marcello Lippi per l’esecuzione del brano ‘Italia amore mio’. Mentre Lippi provava a spiegare il perche’ della sua presenza, tranquilizzando tutti sul fatto che non avrebbe cantato, dalla galleria e dalla platea dell’Ariston ecco i fischi insistiti e urla ripetute.
Lippi ha detto “sono qui perche’ per una canzone con questo titolo non poteva non esserci il ct della nazionale. Qui c’e’ della sostanza, non ha importanza come il brano viene cantato…”. Lippi ha voluto anche ricordare il ct della nazionale azzura di ciclismo Franco Ballerini, scomparso tragicamente dieci giorni fa in un incidente stradale durante un rally in Toscana, e pero’ anche durante questo momento particolare i fischi (non certo con bersaglio il povero Ballerini, ndr) si facevano sentire con sempre maggiore forza.
Fino al ritmato “a casa, a casa”. E’ intervenuta Antonella Clerici che invocando il regolamento ha invitato Lippi a non aggiungere altro, dicendo che non era consentito: l’ospite non poteva dire la sua. Poi e’ partito il brano ‘Italia amore mio’ con alcune novita’ rispetto al pezzo originario: e’ stato inserita la frase “in quella notte di Berlino”, con riferimento alla finale dei Mondiali di calcio 2006, e infatti scorrevano le immagini della festa degli azzurri in campo per la conquista della Coppa. E anche in questo caso sono ugualmente partiti i fischi. Beh, buona giornata.

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Attualità

E levete a camisella, a camisella gnornò, gnornò.

L’esponente del Pdl Nicola Cosentino ha ritirato le dimissioni da sottosegratario all’Economia e da coordinatore regionale del Pdl in Campania dopo che le stesse sono state respinte dal premier Silvio Berlusconi nel corso di un colloquio avuto nel pomeriggio. Lo affermano ambienti vicini al sottosegretario Cosentino, che ha ritirato anche le dimissioni da coordinatore. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto Pubblicità e mass media

Il governo Berlusconi vara una legge contro la corruzione? Ci avevate creduto, eh!?

Gira a vuoto la vite anti corruzione, la nuova legge dura lo spazio di un mattino, di Lucio Fero-blitzquotidiano.it

Berlusconi annuncia, i giornali registrano: pene più severe per corrotti e corruttori Poi il Consiglio dei ministri riflette, esamina, studia una “bozza” E l’operazione “Liste Pulite” prevede eccezioni, deciderà una commissione interna del Pdl caso per caso e le dimissioni, politiche e non giudiziarie, di Cosentino sono respinte dal premier

Al mattino, alle prime ore del mattino di venerdì 19 febbraio, anno 2010, diciotto anni dopo il “febbraio che inaugurò Tangentopoli”, i giornali, tutti i giornali, raccontano di una grande e significativa “svolta”. La Stampa titola: “Giro di vite sulla corruzione” e specifica: “Pene più dure e fuori dalle liste elettorali chi ha commesso reati”. A decidere e comunicare la “svolta” è stato nel pomeriggio del giovedì precedente il presidente del Consiglio.

Infatti la Stampa accompagna e sostiene l’importante notizia con un commento dal titolo: “Il Cavaliere formato Di Pietro”. L’autore, Michele Brambilla, coglie e sottolinea: “Mai ci saremmo aspettati di vederlo vestito con i panni del giustizialista… il protocollo che intende introdurre nel Pdl somiglia molto a quello screening che è uno dei pilastri portanti dell’Idv: un esame preventivo della moralità giudiziaria dei candidati… ce ne ha dato notizia Libero con due articoli i cui titoli parlano da soli: Esame di onestà per i candidati del Pdl e Il coraggio di far fuori le mele marce…”. Brambilla registra, segnala e spiega: “Berlusconi è uomo di sondaggi, qualcosa deve aver fiutato, sa che alle inchieste non si può sempre rispondere parlando di toghe rosse. Qualche volta forse sì, ma non sempre”.

Esagerati è un po’ ridondanti la lettura e il racconto della realtà da parte de La Stampa? Nelle stesse ore di primo mattino il prudente e compassato quotidiano della Confindustria, il Sole 240re titola: “Berlusconi: ai corrotti pene più alte“. E resoconta: “Il Consiglio dei ministri approverà oggi un disegno di legge sull’inasprimento delle pene, lo ha deciso il premier”. Repubblica annuncia la stessa cosa, con un pizzico di malizia titola: “Berlusconi scopre la corruzione“. Il Fatto Quotidiano la notizia della nuova, imminente legge per dare più galera ai corrotti e corruttori in prima pagina non la dà. A dimostrazione di quanto sia una “notizia” buona per Berlusconi e scomoda per i suoi avversari. Insomma Berlusconi che esclude dalle liste elettorali del Pdl gli indagati e il varo pronto-sforno di una legge con pene più dure per i reati tipici dei “colletti bianchi” è uomo che morde cane. Stampa, Sole 24ore e Corriere della Sera (titolo in prima: “Il premier annuncia misure anti corruzione”) stupiscono e quasi trasalgono, Repubblica incassa e comunica a denti stretti, il Fatto, il giornale più giustizialista che c’è, stranamente ma non tanto si distrae ed omette. Questa la situazione, questa la realtà, fedelmente riportata, sia pure con vari umori, di primo mattino, alle prime ore del mattino.

Ma dura, appunto, lo spazio di un mattino. A mezzogiorno il governo riunito comunica: “Avviato l’esame… fatta una sorta di ricognizione di esame preventivo… il testo è solo una bozza“. Questo è quel che è rimasto della legge-fulmine contro la corruzione. Il ministro Brunetta va in conferenza stampa e chiarisce: “Dobbiamo marginalizzare i fenomeni corruttivi, farli diventare fisiologici”. Chiaro, no? Per gli incontentabili pignoli che aspettavano la legge annunciata Brunetta ha la risposta: “Mettere le procedure on line”. Panico tra i corrotti e i corruttori.

Casini commenta: “Come il piano casa, non si è vista una casa…”. Ma Casini è dell’opposizione, ci si può fidare del suo scetticismo? Certo, la legge e le pene più dure sono rimandate a “più attento esame”. Il governo l’aveva annunciata come legge già fatta, sarà stato frettoloso. Resta comunque l’operazione “Liste Pulite” proclamata dal Pdl. Si legge poi tra le righe che l’esclusione dalle liste di chi è in odor di corruzione sarà “decisa caso per caso” e demandata ad “apposita commissione interna”. Insomma “tolleranza zero” però andiamoci piano, riparliamone anche qui, caso per caso. E Nicola Cosentino che si è dimesso da tutto non è forse la prova, la prima e forte prova della “nuova pulizia”? A voler leggere si apprende che Cosentino ha sbattuto la porta del Pdl e del governo per dissenso politico sulla gestione delle presenti alleanze e futuro potere in Campania. L’insostenibilità morale o giudiziaria dei suoi incarichi nulla c’entra con le sue dimissioni, ci mancherebbe altro. Ad ogni buon conto dimissioni che Berlusconi ha respinto.

Si è fatto pomeriggio dello stesso venerdì di febbraio: la legge più severa con i corrotti e corruttori non c’è, l’operazione “Liste Pulite” prevederà, se del caso, eccezioni, le dimissioni di Cosentino sono tanto “irrevocabili” quanto non operative. Tranquilli dunque, la notizia vera era: cane morde uomo. Berlusconi non adotta il “metodo Di Pietro”. Era probabilmente vero che è preoccupato da qualche sondaggio. Ed ha reagito con il “metodo Berlusconi”. Un grande e deciso annuncio, l’annuncio di una legge a tambur battente come si conviene al “governo del fare”. Poi, tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare. (Beh, buona giornata).

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