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Primo sì del Senato al federalismo: “non è questo il momento adatto per fare un salto nel buio di tale portata.”

IL COMPROMESSO VIRTUOSO

di Fabio Scacciavillani da lavoce.info

Una politica economica efficace dovrebbe dare un robusto stimolo fiscale oggi, in termini di ammortizzatori sociali e riduzioni di imposte, controbilanciato da risparmi strutturali nel medio periodo. Risultato che si può ottenere aumentando gradualmente l’età pensionabile già dal 2009 e riducendo i privilegi di cui godono ancora troppe categorie. Ma esistono le condizioni politiche per un simile compromesso? Un principio di equità intergenerazionale imporrebbe che chi beneficia oggi degli stimoli fiscali non trasferisca i debiti alle generazioni future.

L’articolo di Luigi Guiso del 3 dicembre 2008 coglie con molta efficacia le deficienze della politica economica del governo. Non so se Tremonti sia rimasto folgorato sulla via di Maastricht, dopo le regalie alla Cai e l’abolizione dell’Ici, ma in ogni caso il problema della sostenibilità del debito pubblico tenderà ad aggravarsi per le ripercussioni della crisi internazionale.

CONSEGUENZE DELLA CRISI

I governi che in tutto il mondo stanno accollandosi le passività del settore finanziario e tentano di sostenere l’economia reale con stimoli fiscali, immetteranno sul mercato una tale valanga di titoli da rendere lecito il dubbio se esista oggi al mondo un massa di risparmio sufficiente a coprire questo fabbisogno, a tassi ragionevoli. I paesi con forti surplus di partite correnti e quindi di risparmio, in primis Cina e paesi del Golfo arabico, devono fronteggiare i loro problemi interni e non saranno in grado di assorbire trilioni di dollari (o di euro) di nuovo debito pubblico. Per attirare risparmio i tassi a lunga dovranno, prima o poi, risalire dai livelli di oggi. Per di più gli investitori saranno estremamente selettivi con gli emittenti sovrani. Già oggi gli spread sul debito pubblico italiano sono a livelli preoccupanti, e dunque non è il caso di aggravare la posizione già precaria dei nostri conti pubblici, (visto anche il persistente nervosismo che accompagna le aste di bond in alcuni paesi di Eurolandia).
Il punto cruciale, tuttavia, come sottolineava Guiso, è che “il governo non ha né una politica fiscale proporzionata al ciclo che si sta attraversando né una politica fiscale di stabilizzazione strutturale per il medio termine adeguata al gravissimo indebitamento del paese”. In altri termini, una politica economica efficace e non estemporanea dovrebbe dare un robusto stimolo fiscale oggi controbilanciato da risparmi certi e strutturali nel medio periodo.

RIVEDERE IL SISTEMA PENSIONISTICO

Esiste un modo efficace e credibile per conseguire questo equilibrio inter-temporale: rivedere il sistema pensionistico. Una tale scelta certo richiederebbe notevole coraggio politico, dati i precedenti, ma i tempi e la gravità della crisi potrebbero indurre alla ragionevolezza. Gli oltranzismi potrebbero essere superati se si legasse questa riforma a un taglio robusto delle imposte dirette e a una estensione degli ammortizzatori sociali per chi ne è sprovvisto. L’aumento graduale dal 2009 dell’età pensionabile per arrivare ai livelli prevalenti nel resto d’Europa, nel giro di due o tre anni ad esempio, si potrebbe realizzare in tempi brevi. In seguito, si potrebbe procedere a eliminare i privilegi di cui ancora godono molte categorie e infine rivedere formule e coefficienti in modo da assicurare da subito l’equilibrio tra contributi e benefici. Un principio di equità intergenerazionale imporrebbe che chi beneficia oggi degli stimoli fiscali non trasferisca i debiti alle generazioni future, ma quantomeno contribuisca a pagare il conto.
Sembrerebbe che il sindacato si renda conto della gravità della situazione, visto che suoi autorevoli esponenti lanciano allarmi sui 400mila posti di lavoro precari a rischio immediato, e i molti altri il cui contratto scadrà nel 2009, quando la recessione dispiegherà gli effetti più gravi. Quindi si potrebbe azzardare che oggi esistano le condizioni politiche favorevoli a un compromesso, se al sindacato stesse effettivamente a cuore la situazione dei precari, e di tutti i lavoratori che rischiano il posto, e non si arroccasse nella difesa di un sistema pensionistico insostenibile. Oltretutto, la crisi non risparmierà certo chi è protetto dallo Statuto dei lavoratori. Quando le aziende falliscono non c’è articolo 18 che tenga.
Un ultima postilla sul federalismo fiscale e l’equilibrio dei conti pubblici: non è questo il momento adatto per fare un salto nel buio di tale portata. L’attuazione dei principi vaghi e contraddittori approvati dal governo rischia di innescare un contenzioso di durata imprevedibile tra vari pezzi dello Stato e di conseguenza introduce una forte incertezza circa le ripercussioni sul bilancio dello Stato. Non sembra proprio il caso di intestardirsi. (Beh, buona giornata). 

 

 
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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

2 risposte su “Primo sì del Senato al federalismo: “non è questo il momento adatto per fare un salto nel buio di tale portata.””

Stanno parlando di aiuti alla Fiat —– ricordo che per la fine
di marzo andranno a processo Gabetti e Grande Stevens
per aggiotaggio.
Essi, con la manovra del 2005, hanno conservato agli eredi
Agnelli, il controllo della Fiat evitando l’obbligo dell’OPA e
quindi danneggiando i risparmiatori.
Ciò è avvenuto con grande vantaggio per alcuni ed una beffa
per molti.
La Fiat si appresta a distribuire un dividendo vistoso, e noi
dovremmo partecipare con aiuti di stato al suo salvataggio?

Lei cosa ne pensa ?
Nicola

Caro Nicola, quello che penso lo ha detto con grande arguzia Zygmunt Baum, che ho citato nel mio “Shock ‘n roll”, pubblicato su Beh, buona giornata: “La reazione finora per quanto possa apparire imponente e addirittura rivoluzionaria, per come emerge dai titoli dei media e dalle dichiarazioni dei politici, è stata la solita: il tentativo di ricapitalizzare i prestatori di denaro e di rendere i loro debitori nuovamente in grado di ricevere credito, così il business di prestare e prendere in prestito, di indebitarsi e mantenersi indebitato potrebbe tornare alla “normalità”. Il welfare state per i ricchi (che a differenza del suo omonimo per i poveri non è mai stato messo fuori servizio) è stato riportato in vetrina, dopo essere stato temporaneamente relegato nel retrobottega, per evitare invidiosi paragoni.” Alcuni commentatori americani lo hanno definito, senza mezzi termini “Il socialismo dei ricchi”. Beh, buona giornata.

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