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Attualità

Il grande inganno neo liberista.

“L’estensione con la quale le aziende riescono a sfruttare i lavoratori con redditi aleatori per generare forme di lavoro che impoveriscono, dipende quindi dalla forza delle leggi in vigore previste da ogni singolo Paese per la tutela del lavoro.

Come abbiamo visto, in linea generale i Paesi sono intervenuti nelle economie con una bassa domanda di manodopera per limitare tali protezioni.

In effetti, questo era l’obiettivo esplicito della stessa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), tenace sostenitrice della flessibilità del lavoro come mezzo per abbassare le percentuali della disoccupazione.

Alla fine degli anni Ottanta, gli economisti dell’Ocse erano finalmente giunti a riconoscere che, in presenza di tassi più lenti di crescita economica, era improbabile che le aziende investissero a sufficienza per aumentare il capitale sociale in linea con quello che era richiesto per creare nuovi posti di lavoro ad alta produttività e ad alto reddito.

Parve dunque “ineluttabile” che una “crescita ragionevolmente rapida dell’occupazione richiedesse la creazione di molti posti di lavoro che usano una quantità inferiore alla media di capitale per sostenerli e per i quali – di conseguenza – il salario reale sostenibile fosse modesto in modo corrispondente”.” (da “Automazione: Disuguaglianze, occupazione, povertà e la fine del lavoro come lo conosciamo” di Aaron Benanav).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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