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Marx va a segno ancora.

“Non importa quanto pessime diventino le condizioni del mercato del lavoro: i lavoratori devono pur sempre cercare lavoro, perché hanno bisogno di guadagnare un reddito che consenta loro di vivere.

Ora che masse sempre più ampie di lavoratori si trovano senza risparmi, l’economia mondiale odierna comincia ad assomigliare maggiormente a quella che Marx analizzò alla metà del XIX secolo nel suo Capitale.

In un’economia stagnante, spiegò Marx, la porzione inattiva dell’“armata operaia attiva” del capitalismo, un “serbatoio inesauribile di forza lavoro disponibile”, tenderà a crescere.

“Reclutati tra i lavoratori in soprannumero nella grande industria e dall’agricoltura che è diventata ridondante” questa popolazione in soprannumero di operai viene a formare un “elemento della classe operaia che si riproduce e si perpetua” e che “in proporzione partecipa all’aumento complessivo della classe operaia in misura maggiore che non gli altri suoi elementi”.

Poiché il suo lavoro è “caratterizzato da massimo tempo di lavoro e minimo salario”, le sue condizioni di vita tendono a “scendere al di sotto del livello medio normale”.

L’espandersi di questa popolazione era, per Marx, “una legge generale dell’accumulazione capitalistica”.

Scritta oltre 150 anni fa, l’analisi di Marx torna a essere contemporanea. Nelle economie a crescita lenta degli ultimi decenni, le masse di coloro che hanno perso il lavoro sono state obbligate a unirsi a chi si affacciava per la prima volta al mercato del lavoro in mansioni di scarso livello, guadagnando salari inferiori al normale in condizioni di lavoro peggiori della media.

A differenza dell’epoca di Marx, questo fenomeno è mediato oggi dalle istituzioni del welfare state create nel Dopoguerra, che hanno continuato a plasmare gli esiti del mercato del lavoro anche quando con il passare del tempo quelle istituzioni si sono deteriorate.

Le differenze istituzionali tra i vari Paesi determinano il livello al quale le esperienze del precariato si diffondono tra la forza lavoro o restano concentrate all’interno di specifiche fasce della popolazione.” (da “Automazione: Disuguaglianze, occupazione, povertà e la fine del lavoro come lo conosciamo” di Aaron Benanav) 

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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