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Attualità

Che succede nella pancia del Governo italiano?

L’uomo in grigio- di Marco Damilano-http://damilano.blogautore.espresso.repubblica.it/
Gianfranco Fini è questa sera a un passo dallo strappo finale: l’uscita dal Pdl e la costituzione di gruppi parlamentari autonomi alla Camera e al Senato. Servono almeno venti deputati e dieci senatori. I deputati ribelli lasciano Montecitorio dopo la riunione con il presidente della Camera e annunciano battaglia. «Berlusconi pretende di fare la Terza Repubblica mentre canta una canzone francese con il figlio di Bossi, la Trota. Noi con questa gente non ci stiamo!», sbotta Italo Bocchino, e pazienza se ci sono stati per sedici anni. «Quanti siamo? Molti di più di quanto immaginate», minaccia.

Sono le ore della conta. Viespoli c’è, anzi, no. Barbareschi ci sta. Il ministro Meloni non si sa. Ronchi tentenna. Granata, invece, è un uomo felice. «Il Pdl non esiste», grida a tarda sera un altro deputato finiano, il siciliano Carmelo Briguglio. Una liberazione. Il 25 aprile di Fini, con dieci giorni di anticipo.

La miccia sono state le dichiarazioni di Bossi di ieri sera: la richiesta del potere nelle banche e l’annuncio che la Lega si sente in corsa per Palazzo Chigi nel 2013 hanno spinto il presidente della Camera a rompere gli indugi. Ora o mai più: invecchiare da notabile impagliato come un gufo su una parete di Montecitorio, mentre Berlusconi e Lega si spartiscono il paese, fare la fine della sinistra democristiana, sempre sul punto di uscire dalla Dc e sempre rimasta dentro, fino al crollo del partito. Oppure rischiare il tutto per tutto, agire subito anche a costo di finire nel bel mezzo di una disputa sulle poltrone, chi comanda nel Pdl. Ma sarebbe una lettura riduttiva. Nel comunicato con cui il presidente della Camera ha dato l’ultimatum a Berlusconi si parla di «un partito nazionale, attento alla coesione sociale dell’intero Paese, capace di dare risposte ai bisogni economici del mondo del lavoro e delle famiglie, garante della legalità e dei diritti civili, motore di riforme istituzionali equilibrate e condivise». Insomma, tutto quello che l’attuale Pdl berlusconiano non è.

Anni fa il filosofo Remo Bodei in “Il noi diviso” definì «passioni grigie», per distinguerle dalle passioni rosse, bianche, nere che hanno caratterizzato le grandi culture politiche, le virtù del partito d’Azione o degli eroi borghesi, inevitabilmente minoritarie: «scarsamente diffuse in Italia, respingono il fanatismo e l’estremismo, prediligono l’efficienza e la normalità. Pongono in primo piano i diritti e i doveri, la ragionevolezza, l’onestà, la serietà. Si presentano grigie e impiegatizie, modeste e di routine soltanto a coloro che considerano la democrazia un regime orientato dai gusti volgari e dalle opinioni superficiali delle folle o retto da potenti lobbies che manipolano spregiudicatamente il consenso».

Per decenni Gianfranco Fini è stato considerato un politico incolore, il leader Facis, il politico dal pensiero Lebole. Ora per salvare il suo futuro politico si trova a sfidare la montante marea berlusconian-leghista. Un fronte fragilissimo che già domani mattina potrebbe essere spazzato via dalla minaccia di elezioni anticipate, fatta recapitare dal presidente del Senato Renato Schifani. Ma questa sera Fini è al bivio della sua carriera politica. Tornare nei ranghi come un capocorrente sconfitto o portare la scommessa fino alle estreme conseguenze.
Rimanere un uomo in grigio. O restituire un leader all’Italia delle passioni grigie. Incredibile che a candidarsi a farlo sia l’ex segretario del Msi.
(Beh, buona giornata)

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Attualità democrazia

Fascistelli.

Gianfranco Fini e soci corrono ai ripari. Sotto l’ala protettiva del Cavaliere. Hanno tentato un 25 Luglio ’43, ma siccome il 29 marzo 2010 gli ha dato torto, essi corrono, eccome corrono. Il Duce è il duce: magari mandan giù un poco di olio di ricino, ma poi vanno (non solo di corpo) ma anche con l’anima verso il Capo. Son fascisti, mica cazzi. E’ solo qualche buontempone della sinistra che aveva creduto nella leggenda metropolitana di una Destra democratica. Democratica? Ma chi se ne frega della democrazia: quella era solo Polverini per gli occhi. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia

Elezioni regionali: ha vinto l’antiberlusconismo dei berlusconisti.

Silvio Berlusconi giosce dopo il risultato elettorale che ha visto il centrodestra vincere in sei regioni. E non esita a dare la sua lettura del voto: l’attività di governo è stata premiata, ora avanti con le riforme.

Però, fa finta di non capire l’avanzata dello “tsunami Lega” in Veneto, Lombardia e Piemonte: “L’alleanza è garanzia di rinnovamento”, taglia corto il premier. Poi lo slogan degli ultimi mesi: “L’amore ha vinto sull’invidia e sull’odio, gli elettori ci hanno dato ragione”. Invidia e odio? E la finiana Polverini nel Lazio? Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Media e tecnologia Popoli e politiche

Berlusconi bacia le mani a Gheddafi. Voscienza sa benedica?

Il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi si ferma per baciare la mano del dittatore libico Muammar Gheddafi. La scena, alla quale hanno assistito i partecipanti al vertice della Lega Araba a Sirte, è al centro di ironie e polemiche sulla stampa internazionale: inchinarsi a un leader controverso come Gheddafi stona con il tentativo del premier italiano di accreditarsi come il miglior amico di Israele in Europa.

Dell’episodio del baciamano ha parlato, tra gli altri, il quotidiano inglese The Guardian. La televisione iraniana Press Tv ha pubblicato il video e un fermo immagine del bacio sul suo sito internet.

Non è l’unica gaffe nella quale è incorso il premer durante il vertice libico: ieri gli obiettivi dei fotografi lo avevano colto mentre si assopiva durante i discorsi ufficiali. E il ministro degli Esteri Frattini? Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro

L’Italia il Paese che ha meglio affrontato la crisi? Berlusconi lo dice, l’Istat lo smentisce.

Le vendite al dettaglio dei prodotti alimentari sono diminuite a gennaio dell’1% rispetto a dicembre e del 3,3% rispetto allo stesso periodo del 2009. Lo rileva l’Istat precisando che il dato congiunturale è il peggiore da aprile 2007 mentre quello tendenziale è il peggiore dal marzo 2009, quando segnò il -5,2%. Nel complesso le vendite al dettaglio a gennaio sono diminuite dello 0,5% rispetto a dicembre e del 2,6% rispetto a gennaio 2009. Lo rileva l’Istat precisando che il dato congiunturale è il peggiore da dicembre 2008 (allora segnò -0,7%).

Secondo l’istituto di statistica il calo delle vendite su dicembre (-0,5%) è la sintesi tra il -1% delle vendite alimentari (il dato peggiore da aprile 2007) e dello 0,3% dei prodotti non alimentari. Rispetto a gennaio 2009 le vendite alimentari sono diminuite del 3,3% (il calo più consistente da marzo 2009) mentre quelle dei prodotti non alimentari sono diminuite del 2,3%. Il calo tendenziale è stato forte soprattutto nelle imprese della grande distribuzione (-3,1%) mentre le imprese operanti su piccole superfici hanno segnato un -2,2% su gennaio.

Nell’alimentare le imprese della grande distribuzione hanno segnato un calo delle vendite del 3,5% mentre le imprese operanti su piccole superfici hanno registrato un calo delle vendite del 3,1%. Nel comparto non alimentare le aziende della grande distribuzione hanno segnato un calo delle vendite del 2,9% a fronte del calo del 2% dei piccoli negozi. Nell’alimentare gli ipermercati e i supermercati hanno perso il 3% del fatturato al livello tendenziale mentre i discount alimentare hanno segnato un -2,9%. Sul calo complessivo del 2,6% delle vendite a gennaio spicca quello dei prodotti farmaceutici (-4,2%) e delle dotazioni per l’informatica (-4,3%). Reggono meglio la crisi l’abbigliamento e le calzature (-1,2% per entrambi i comparti) la foto ottica (-0,6%) e il settore dei giocattoli, sport e campeggio (-0,9%). Beh, buona giornata.

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Attualità Società e costume

Se Berlusconi vince le elezioni, finalmente grandi riforme costituzionali: si comincia dall’Oroscopo.

“Sconfiggeremo il Cancro in tre anni”. Berlusconi dixit. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia

“Tra sette giorni si va a votare: e si vedrà allora se la marcia dei ministri su Roma è stata l’inizio della rivincita in una campagna elettorale disastrosa. O l’ultima istantanea scattata prima della sconfitta.”

blog damilano.blogautore.espresso.repubblica.it

«Avanti governo!», grida un uomo rasato con il berretto militare e il megafono in mano che si rivela essere il deputato ex An Fabio Rampelli. «Attenzione», avverte all’incrocio con via Merulana, «ora c’è una curva e poi una salita, la prova peggiore che potete affrontare. Curvate piano e poi salite». E il Governo esegue: gira, sale, scende, si ferma, riparte, sempre agli ordini di Rampelli. Canta, perfino.

«Ragazzi, la sapete quella di Troisi? Quella dei fratelli?», grida il ministro La Rissa, al secolo Ignazio La Russa, con un tricolore in mano. Ronchi, Gasparri, Cicchitto, Prestigiacomo si guardano interrogativi. No, non la sanno. «Quella dei fratelli in “Non ci resta che piangere”», insiste il ministro della Difesa. «Coraggio, cantiamola tutti insieme: Po-poropò-poropopopopò Fratelli d’Italia…». E il Governo, docile, intona: l’Italia s’è desta…

Ore quindici e trenta, parte la manifestazione del partito dell’Amore, via ai cortei, che spettacolo meraviglioso. Il Governo in piazza, al gran completo, per le strade di Roma. Uno accanto all’altro ministri e sottosegretari pigiati in favore di telecamera, felici come una scolaresca in gita. Faticano a sistemarsi dietro la striscione con la scritta “L’amore vince sempre sull’odio”. Qualche istante di incertezza. «Alzate lo striscione!», «Macchè, mettetelo giù, sennò Brunetta non si vede!». Poi finalmente partono.

Alfano con la giacca Belstaff. Matteoli avvinghiato a una signora. Bondi in girocollo celestino tenuto al guinzaglio dalla compagna Manuela Repetti, deputata Pdl. La Brambilla inerpicata sui tacchi tra i binari del tram. E Fazio il ministro della Salute mai visto in azione, figuriamoci in corteo. E la Santanchè con i boccoloni bicolori. E Brunetta a suo agio in questo sabato da spensierati fannulloni. E la banda venuta da Frosinone che improvvisa una marcetta. Sembrano usciti da una vignetta di Forattini: «Giù le mani dar valoroso popolo iracheno…», ma sono ministri e non si capisce bene per cosa marcino, dato che il potere sono loro. Una marcia contro se stessi?

Alle spalle della prima fila governativa si capisce finalmente quale sia la divisione dei ruoli all’interno del Pdl tra ex Forza Italia e ex An. Ai reduci di An, gente di movimento e di lotta, spettano il servizio d’ordine e l’animazione del corteo. C’è il deputato Marco Marsilio con la pettorina gialla della sicurezza. C’è il coordinatore romano Vincenzo Piso in giubbotto di pelle che dirige un altro spezzone, dove cantano a squarciagola Battisti, «planando sopra un bosco di braccia tese», e ci siamo capiti.

C’è la moglie del sindaco Alemanno Isabella Rauti che impugna il megafono e strepita come ai tempi di via Sommacampagna: “Siamo noi siamo qua/Polverini vincerà”. Prova a far gridare anche le colleghe di Forza Italia: la Rizzoli con cappello, la Calabria, la Savino, la Mariarosaria Rossi. Ma quelle niente, non sono abituate. “Polverini presidente”, grida la Rauti, petto in fuori, piglio da leader. E quelle, poverette, si prendono per mano, per farsi coraggio. Insomma, una mosceria. «Ahò», esclama la Polverini con i ministri, manco fosse un deejay, «me sa che vado in fondo alla fila, so’ più allegri. Ve dovete riprendere un po’!»

I ministri fanno ingresso in piazza al suono di Star Wars, che fico, anche Giovanardi sembra un cavaliere jedi. Arrivati in piazza San Giovanni quelli di An spariscono. Resta il mitico senatore Gramazio, “er pinguino”, lui non delude mai. Quando cadde il governo Prodi si fece beccare che sventolava una fetta di mortadella nell’aula del Senato. Oggi si aggira con una scritta stradale, “Via Michele Santoro da Rai Due”, che divertente.

Sul palco si esercita l’egemonia culturale di Forza Italia: il disco pub. C’è Maurizio Lupi che conduce al microfono, una vita ai meeting di Comunione e liberazione non passano invano. Mentre La Russa cade sui fondamentali: «Adesso cantiamo nell’azzurro dipinto d’azzurro…», che poi sarebbe nel blu dipinto di blu. C’è l’orchestra di Demo Morselli scatenata con tutto il repertorio degli anni Settanta-Ottanta: Sinatra, i Bee Gees di “Staying Alive”, i figli delle stelle di Alan Sorrenti, Julio Iglesias («Non ti sembra un po’ caro/il prezzo che sto per pagare…se un uomo tradisce/tradisce a metà») mentre si fa vedere Tremonti, Rino Gaetano e la sua Gianna che sogna un-mondo-diverso-ma-fatto-di-sesso. E in quel momento spunta Silvio.

Un Berlusconi classico. La sorpresa che avrebbe dovuto cambiare la campagna elettorale non arriva. L’unico jolly sono i centomila alberi da piantare, chissà come si conciliano con il piano casa. E l’annuncio che nei prossimi giorni arriverà nelle case una pubblicazione con i risultati del governo, preparatevi.

In compenso, il Cavaliere inciampa sui numeri. Verdini ha detto che i manifestanti sono un milione? E Berlusconi lo corregge: «Nel 2006 eravamo due milioni…», come dire che oggi sono la metà. Cita se stesso per la seicentesima volta. La religione della libertà. La scesa in campo del ‘94. La sinistra con i suoi giudici eccetera. La richiesta alla piazza di ripetere i suoi sì e i suoi no, come si fa nei battesimi: sì a Silvio, no alla sinistra. Ma la fede comincia a vacillare, anche nelle prime file. «Io a Berlusconi dico sì, ma per me non ho visto ancora una lira», si sfoga una signora con la bandiera proprio sotto il palco. E quando il premier cita il successo dell’Alitalia sbotta: «Lascia perdere l’Alitalia, Silvio mio…».

Le uniche novità arrivano quando il Cavaliere ammette che per una volta gli è sfuggita di mano la campagna elettorale: «la sinistra ha fatto credere che le liste non le abbiamo presentate per colpa nostra, lo hanno scritto anche i giornali amici, purtroppo, e la gente c’è cascata». E quando accanto al premier sale Umberto Bossi: «Sono uno dei pochi che non ha chiesto soldi a Berlusconi», spiega il Senatur alla piazza, gelando sotto il palco ministri e parlamentari miracolati. E racconta che la sua amicizia con Silvio è nata quando il Cavaliere disse no alla pedofilia e alla “famiglia trasversale”.

Qualsiasi cosa sia, l’asse B&B c’è, eccome. Mentre nella piazza il desaparecido si chiama Gianfranco Fini. A Gubbio, sei mesi fa, disse che il Pdl era come la temperatura di Bolzano, «non pervenuto». Ma oggi il non pervenuto è lui. Nessuno lo nomina. I pochi finiani presenti, Flavia Perina, Benedetto Della Vedova, si fanno forza e scherzano con i giornalisti.

Quando Berlusconi descrive la nascita del Pdl fa solo un rapido passaggio su «An e gli altri partiti amici che si sono sciolti insieme a Forza Italia». E abbracciato a Bossi fa a pezzi l’idea del voto agli immigrati extracomunitari, cara al presidente della Camera: «La sinistra vuole sostituire i proletari italiani che ha perso con gli stranieri promettendo la casa e il lavoro», ringhia Bossi. E Berlusconi: «Ma no Umberto, non c’è più il problema, i clandestini sono spariti!»

La manifestazione finisce con i candidati governatori che firmano con la mano sul cuore un patto con il Governo nazionale, cioè con Berlusconi, e leggono il testo tutti insieme, tipo Padre nostro. Formigoni vestito da Tony Manero, sempre più berlusconizzato. E Cota della Lega che corre in Piemonte, «io lo amo», lo presenta il Cavaliere.

Prima di andare via Berlusconi si inebria per l’ultima volta del coro che sale dalle prime file: «Un presidente/c’è solo un presidente». C’è solo un leader, si metta l’anima in pace Fini. E la coppia che vuole vincere le elezioni e guidare l’Italia è quella formata da Silvio e Umberto. Sono loro gli unici co-fondatori della destra italiana. Tutto il resto è plastica. Teatrino. Bandiere arrotolate. Pullman che tornano a casa. Tra sette giorni si va a votare: e si vedrà allora se la marcia dei ministri su Roma è stata l’inizio della rivincita in una campagna elettorale disastrosa. O l’ultima istantanea scattata prima della sconfitta.

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Leggi e diritto

Brutta notizia per il capo del Governo Italiano: anche gli ultrasettantenni possono finire in carcere, se nei loro confronti emergono ‘esigenze cautelari di particolare spessore e significanza processuale’.

CASSAZIONE: SI’ CARCERE A ULTRASETTANTENNI SE PERICOLOSI

Anche gli ultrasettantenni possono finire in carcere, se nei loro confronti emergono ‘esigenze cautelari di particolare spessore e significanza processuale’. Lo ricorda la Cassazione, annullando con rinvio un’ordinanza con cui il tribunale di Lecco aveva disposto il carcere per un uomo con piu’ di 70 anni di eta’, condannato in primo grado per associazione a delinquere mafiosa . (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Leggi e diritto

PierFerdi Casini fa come Forrest Gump. Ma non si ricorda che “stupido è chi lo stupido fa”.

Casini: “Stupida la Trani-opposizione”. Santoro: “In Usa sarebbe Watergate”-blitzquotidiano.il

Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, dice che: “Ci sono stupidi all’opposizione”. Non tutti, ma troppi. “Stupidi” quelli che si esaltano e si eccitano per l’inchiesta di Trani, “stupidi” perché non vedono che così offrono a Berlusconi una campagna elettorale che prima non aveva. “Stupidi” con l’aggravante della recidiva perché è più o meno da venti anni che va così: Berlusconi fa la vittima, la sua gente si innervosisce e mobilita e lui raccoglie voti con il secchio e la pala.

Ha ragione Casini, c’è uno “stupido eterno” in campagna elettorale ed abita all’opposizione? Indizi a favore della tesi di Casini ci sono. Due cortei sabato 20 a Roma, obiettivo Piazza San Giovanni e titolo già scritto: “Un milione con Berlusconi”. Ci saranno tutti i ministri e perfino carri allegorici. La Russa la chiama la “Festa della democrazia”. Democrazia da difendere dai “comunisti e dai pubblici ministeri”. Democrazia va ripetendo tre volte al giorno sempre uguale in ogni Tg Berlusconi in persona. Con alle spalle il simbolo elettorale del Pdl il premier annuncia e ripete: “Non vogliono farci parlare dei nostri successi…Vogliono impedirci di votare…Vogliono spiarci al telefono…Un piano ben congegnato…”.

E’ una trama, una sinfonia di campagna elettorale che prima di Trani Berlusconi non aveva. Prima la musica era: tangenti in Lombardia, una, due, dieci volte. E tangenti alla Protezione civile. E Pdl che impiccia e pasticcia con le sue liste. E Tremonti che non ha una lira per abbassare le tasse. E disoccupati che crescono e avanzano. Crescono e avanzano anche i ricchi ma questo in campagna elettorale meglio non dirlo.

Dopo Trani Berlusconi può provare a scuotere i suoi alla riscossa. Dopo Trani può raccontare che ogni volta che si vota i magistrati d’accordo con la sinistra lo accusano e indagano: il complotto. Complotto che se c’è, deve essere davvero “stupido”, infatti accuse, incriminazioni e processi non sono mai costati a Berlusconi neanche un voto. Se il complotto lo fanno per motivi politici ed elettorali devono davvero essere stupidi come zucchine.

Ma non è “stupida”, anzi è drammaticamente banale l’osservazione di Michele Santoro: “In America sarebbe stato Watergate”. In America fu Watergate e cioè dimissioni di un presidente perché quel presidente aveva dato incarico e preteso che pubblici ufficiali controllassero e condizionassero i luoghi e le mosse dell’avversario politico.

Quando si seppe il presidente non poté resistere al suo posto per democratica legge e popolare volontà. In Italia il presidente rivendica la sua fatica e il suo affanno per chiudere trasmissioni televisive, trova naturale e legittimo ordinare e pretendere che sia fatto. Trova disdicevole solo essere ascoltato mentre lo fa. In America sarebbe Watergate e non è “stupido” dirlo e pensarlo. Forse è “stupido” pensare che l’Italia sia l’America o possa mai esserlo. Ma, se così è, è “stupida” l’opposizione e “furbo” il paese?

“Stupida” o meglio stupefacente è la circostanza per cui sembrano elezioni Berlusconi contro Santoro. Sciocchi se non proprio “stupidi” sono argomenti pur di successo in campagna elettorale come quello di Gasparri: “L’inchiesta di Trani serviva a bilanciare lo scandalo della sinistra in Puglia sulla Sanità”. E’ arrivata infatti anche questa: l’arresto per tangenti dell’ex vice di Vendola, del Pd Frisullo. Che magistrati sono questi che arrestano uno di sinistra sotto elezioni? Magistrati “stupidi” che non sanno quello che fanno visto che la sera prima il premier aveva smascherato il piano nazionale della magistratura contro la destra?

Il premier ci dice che saremmo “stupidi” a non vedere il suo meraviglioso ed efficace governo e la odiosa malignità della sinistra e dei pubblici ministeri. L’opposizione ci invita a non commettere la “stupidità” di considerare normale la Rai zittita, il premier che chiama i Carabinieri contro Santoro, l’economia che langue. Instupiditi più che stupidi andiamo tutti verso l’appuntamento elettorale. (Beh, buona giornata).

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Caso Rai-Agcom: ammesso e non concesso che si vada sotto processo, ecco i reati che potrebbero essere contestati a Berlusconi, Innocenzi e a Minzolini (quello che in tv ha detto di non essere indagato).

Rai-Agcom, Berlusconi, Innocenzi e Minzolini, ecco cosa dice il codice per i reati ipotizzati-repubblica.it

Concussione e violenza o minacce all’Agcom per Berlusconi; favoreggiamento per Innocenzi; rivelazione di segreto per Minzolini: ecco cosa dice il codice penale riguardo ai reati per i quali il premier, il commissario dell’Agcom e il direttore del Tg1 risultano iscritti nel registro degli indagati.

Silvio Berlusconi. Art. 317 – Concussione. Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

Art. 338 – Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario. Chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità costituita in collegio, per impedirne in tutto o in parte, anche temporaneamente o per turbarne comunque l’attività, è punito con la reclusione da uno a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l’organizzazione o l’esecuzione dei servizi.

Giancarlo Innocenzi. Art. 378 – Favoreggiamento personale. Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni. Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena è della multa fino a lire un milione.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.

Augusto Minzolini Art. 379 bis – Rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque riveli indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per aver partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino ad un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero. (Beh, buona giornata).

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Ma quale fango: Silvio Berlusconi è formalmente indagato dalla procura di Trani nell’inchiesta Rai-Agcom.

(fonte: repubblica.it)
Silvio Berlusconi è formalmente indagato dalla procura di Trani nell’inchiesta Rai-Agcom. E’ questo il contenuto della risposta che la procura di Trani ha fornito all’istanza presentata stamani dai legali del premier, Filiberto Palumbo e Niccolò Ghedini, che chiedevano se il premier fosse indagato. Una notizia ancora non ufficiale. “Alla richiesta del premier abbiamo già risposto” si limita a dire il procuratore della Repubblica di Trani, Carlo Maria Capristo. Ma il contenuto della risposta ci mette poco a diffondersi. L’ipotesi di reato dovrebbe essere quella di concussione per le presunte pressioni fatte dal premier per fermare Annozero. Beh, buona giornata.

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Chi di tivù ferisce, di tivù perisce.

(fonte: blitzquotidiano.it)
«Basta, finiamola con questo scandalo. Quello che bisogna concertare è che la vostra azione permetta di chiudere la trasmissione. Non voglio più vedere Antonio Di Pietro in tv». Questo sarebbe il contenuto esplosivo di una delle telefonate del novembre 2009 tra Silvio Berlusconi e il commissario dell’Autority per le comunicazioni, Giancarlo Innocenzi, intercettata dalla procura di Trani. Secondo quanto riportano oggi Il Corriere della Sera e La Repubblica, a questa esplicita richiesta del premier, Innocenzi avrebbe risposto: «L’ho chiesto anche a Calabrò», cioè Corrado Calabrò, presidente dell’Agcom.

La data è 12 novembre e, secondo La Repubblica, su Rai 2 è in onda Annozero, si parla del caso del sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, per il quale la procura di Napoli ha chiesto l’arresto. Silvio Berlusconi prende il telefono e chiama il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi: «Ma la stai guardando la trasmissione? – gli dice – È una cosa oscena! Adesso bisogna concertare una vostra azione che sia di stimolo alla Rai per dire: adesso basta, chiudiamo tutto!». Il presidente chiude. Poi richiama: «Non si può vedere Di Pietro che fa quella faccia in televisione!» commenta, riferendosi al leader dell’Italia dei Valori ospite di Michele Santoro insieme con il vicepresidente della commissione Antimafia Fabio Granata (Pdl), il direttore di Libero Maurizio Belpietro e il giudice Piercamillo Davigo.
(Beh, buona giornata).

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“Se le indagini vengono confermate dalla realtà, allora davvero salta all’aria il giornalismo e lo stesso sistema democratico.”

B “traffica” con Minzolini e Agr e la difesa è: non è mica un reato -di Mimmo Càndito-la stampa.it
Cari internauti. Anche se leggo che già in altri miei post giungono commenti (e indignazione) per quanto sto per trattare in questo post, mi pare giusto dare ugualmente alla notizia un suo spazio specifico.

Sto parlando dell”indagine che riguada il presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, il direttore del Tg1 Minzolini, e il commissario dell”Agenzia di garanzia sulle comunicazioni Innocenzi. L”indagine – lo avrete letto – e l”ipotesi di reato nascono casualmente dai contenuti di una intercettazione relativa ad alcuni soggetti che presuntamente avevano traffici di malaffare in Puglia: nelle intercettazioni su costoro sono finite alcune intercettazioni dalle quali appariva evidente che B faceva pressioni (qualcuno ha scritto: dal tono li trattava come servitori più che come dipendenti!) su Minzolini e Innocenzi, per squalificare “Annozero”, la trasmissione di Santoro in RaiDue, e avere un controllo blindato sulle notziie del Tg1.

Non v”è dubbio che il rilievo di questa storia (rivelata dal giornale “Il Fatto Quotidiano”, di Antonio Padellaro) sia prevalentemente politico. Ma io vi chiederei di prestare attenzione soprattutto a quanto esso disegna della identità del sistema mediale italiano, cioè di una struttura che è fondamentale per una corretta dialettica della democrazia e che appare invece usata spregiudicatamente come forma di un esercizio autoritario (nella sostanza, se non totalmente nella forma) del potere.

Il giornalismo può svolgere il proprio compito di garante della qualità dei processi cognitivi – il giornalismo non produce soltanto notizie ma, soprattutto, conoscenza – fin che si muove in un terreno nel quale la sua dipendenza sia legata soltanto al rispetto della legge; quando questo equilibrio viene violato – e violato non soltanto dai giornalisti ma (se le indagini vengono confermate dalla realtà) addirittura anche dagli istituti di garanzia – allora davvero salta all”aria il giornalismo e lo stesso sistema democratico.

Della drammaticità della deriva in atto mi pare significativa l”affermazione che viene attribuita a B: “e allora, dove sarebbe il reato?”. Che, tradotto, vuol dire: è tutto normale, quello che io ho fatto è regolare e naturale, e non ho violato alcuna legge. Un tempo – prima del belusconismo -anche in Italia si parlava di ” senso dello Stato” ; oggi, in Italia, nemmeno molto giornalismo (non diciamo gran parte della politica) sa più che cosa sia. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

Adesso è chiaro perché Berlusconi ha gestito in modo arrogante lo scandalo liste nel Lazio: sapeva che Polverini era comunque perdente. Ma così facendo ha solo peggiorato le cose.

Regionali Lazio, sondaggio Ipsos. Bonino vince anche a “liste pari”: 50 a 48%-blitzquotidiano.it

Emma Bonino è in vantaggio su Renata Polverini nella corsa alla presidenza della Regione Lazio: la candidata del centrosinistra è infatti davanti alla sua rivale appoggiata dal centrodestra nel sondaggio sulle previsioni di voto effettuato dall’istituto Ipsos. Il dato interessante è che, stando al sondaggio, la Bonino vincerà sia se la lista del Pdl di Roma e provincia rimarrà esclusa, sia se la stessa lista dovesse essere riammessa: nel primo caso il gradimento della Bonino si attesta al 52% contro il 47% della Polverini; nel secondo caso, la Bonino dovrebbe ottenere il 50,5% delle preferenze contro il 48,5% della rivale.

In caso di esclusione della lista del Pdl, i partiti che otterrebbero maggiori vantaggi sono ovviamente gli altri che appoggiano la Polverini: la Lista Renata Polverini passerebbe dal 4,8 al 16%, La Destra di Storace andrebbe dal 2,5 al 4,2%, l’Udc dal 4,5 al 7,5%. Molti elettori del centrodestra probabilmente non andrebbero a votare o si troverebbero in difficoltà: il numero degli elettori che rimarrebbero a casa, sommato a quello degli incerti, salirebbe dal 41,6% a 47,2%.

Un altro dato può aiutare a fornire una spiegazione a questo fenomeno: il 45% degli elettori del Pdl sono fermamente convinti che “la legge è uguale per tutti” e che “se ci sono irregolarità le liste devono essere escluse”. Dunque il “pasticcio” del Lazio potrebbe aver “deluso” molti sostenitori pidiellini.

Nel centrosinistra, la Bonino si dimostra una candidata più “forte” della coalizione che sostiene: infatti in una competizione con la lista pdl i partiti a sostegno della Bonino otterrebbero il 49,6% (rispetto al 50,5% dell’esponente radicale). Se il Pdl rimanesse fuori, i partiti di centrosinistra otterrebbero il 51,6%, rispetto al 52% del candidato a governatore.

In base ai risultati del sondaggio Emma Bonino si presenta come un candidato molto competitivo: una possibile spiegazione potrebbe essere la capacità del leader dei radicali di “racimolare” i voti degli “scontenti” della sinistra. Ma leggendo i dati dello studio Ipsos si scopre invece che la Bonino è molto apprezzata negli ambienti cattolici: tra i “praticanti assidui” il 37% voterebbe per la Bonino, mentre la Polverini (appoggiata anche dall’Udc) non andrebbe oltre il 30% di gradimento.

Per quanto riguarda i temi più cari agli elettori, al primo posto si piazza il lavoro, prioritario per il 53% del campione preso in esame. Segue col 22% la sanità. E proprio sulla sanità, gli elettori “premiano” la Bonino: il candidato del centrosinistra è ritenuto più preparato in materia dal 28% degli elettori, contro il 18% che ritiene più competente la Polverini. Tuttavia il 62% dei laziali pensa che di questo tema si sia parlato troppo poco in campagna elettorale: la pensa così il 70% degli elettori della Bonino e il 53% di chi voterà la Polverini.

Infine, il sondaggio ha esaminato il giudizio degli elettori sull’operato dell’amministrazione in carica: il 46% è soddisfatto, il 45% no. Sono soddisfatti il 55% degli elettori del centrosinistra (la coalizione che governa attualmente la regione), ma la percentuale sale al 69 tra gli elettori del Pd. Invece tra gli elettori del Pdl “solo” il 35% giudica positivamente il lavoro svolto dall’attuale giunta: la percentuale “vola” però al 49% se si considerano gli elettori di tutti i partiti a sostegno della Polverini. (Beh, buona giornata).

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democrazia

Il ministro della Difesa “personale” del premier aggredisce un giornalista: La Russa torna ai tempi belli, quando era il capo del Fronte della Gioventù di Milano, l’organizzazione giovanile neofascista del MSI. Ma che razza di governo hanno eletto gli italiani? Che cosa si possono aspettare dalle prossime elezioni regionali?

http://www.repubblica.it/politica/2010/03/10/foto/il_premier_e_il_contestatore_il_battibecco-2580233/1/

http://tv.repubblica.it/copertina/la-russa-e-il-contestatore/43729?video

http://tv.repubblica.it/copertina/parapiglia-tra-la-russa-e-il-contestatore/43718?video

http://tv.repubblica.it/copertina/presidente-non-esageri/43717?video

Guardare per credere come siamo finiti. Beh, buona giornata.

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democrazia Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Leggi e diritto

Anche Confindustria nel suo “piccolo” si incazza per il casino elettorale.

(fonte: AGI)
“Siamo preoccupati e delusi perché l’economia italiana va ancora male ed è necessario e urgente prendere decisioni per tornare a crescere. A pochi giorni dalle elezioni non si sente minimamente parlare di programmi non si sente parlare di crisi, economia, di crescita e dei problemi delle imprese e soprattutto dei lavoratori e dell’occupazione. Noi facciamo un richiamo forte alla politica: quello di concentrarsi su questi temi che sono i temi che veramente interessano alle persone”. Lo ha detto il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia in un’intervista al Tg2. Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro

Da un anno Berlusconi dice che l’Italia è il paese che ha meglio affrontato la crisi economica. Non è vero.

Secondo l’Ocse cresce il divario tra Italia e paesi industrializzati. Il divario tra l’Italia e i principali Paesi industrializzati in termini di Pil pro capite e produttività «si è ampliato in modo sostanziale». Lo segnala l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel rapporto Obiettivo Crescita che vede la Penisola 20esima per Pil pro capite sui 30 Paesi aderenti all’Organizzazione. Il gap rispetto ai primi della classe, vicino al 30%, deriva in primis dalla minore produttività (-25% rispetto alla metà migliore dei Paesi Ocse). «La performance della produttività resta modesta», tuttavia «le azioni di liberalizzazione e incremento della concorrenza ne hanno migliorato le prospettive», anche se resta la necessità di altre riforme.

L’Italia è tra i Paesi dell’Ocse che maggiormente subiranno gli effetti della crisi. L’Ocse stima che complessivamente, nel lungo periodo, la crisi si tradurrà per l’Italia in un calo di 4,1 punti di Pil, contro una media Ocse di 3,1 punti. In situazione peggiore rispetto all’Italia ci sono solo l’Irlanda (sulla quale la crisi si tradurrà in una perdita di 11,8 punti di Pil), la Spagna (-10,6) e la Polonia (-4,4). Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto

Berlusconi è nel pànico. Non sa più che dire sui pasticci che hanno combinato i suoi, neanche sul pasticcio del “decreto interpretativo”. Che disastro!

«Cari promotori della Libertà, presto vi darò appuntamento per una grande manifestazione nazionale per difendere il nostro diritto al voto e quindi la nostra democrazia e le nostra libertà. Come sapete si è cercato di estrometterci dal voto per le regionali in Lombardia, nella città di Roma e nella sua provincia. Vogliono impedire a milioni di persone di votare per il Popolo della Libertà. È un sopruso violento e inaccettabile, che in parte abbiamo respinto. A Milano, sia pure con un ritardo di una settimana, la nostra correttezza è stata pienamente riconosciuta. A Roma, invece, abbiamo subito una duplice ingiustizia. Così le elezioni del 28 e 29 marzo ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio». Berlusconi dixit. Beh, buona giornata.

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Mussolini minacciò il Parlamento: “Trasformerò quest’aula in un bivacco per manipoli”. Berlusconi ha minacciato il Capo della Stato: “Non ho bisogno della tua firma, ti scateno contro la piazza”.

E Berlusconi disse a Napolitano: scateno la piazza-di Marco Conti, Il Messaggero.
«Non ho bisogno della tua firma». Duro, durissimo Silvio Berlusconi al Capo dello Stato è arrivato a prospettare non solo l’inutilità della sua firma sotto al decreto legge, ma anche l’uso della piazza per contestare «una decisione che priva del diritto di voto milioni di cittadini».

La tensione con Giorgio Napolitano della sera precedente è stato di una durezza tale che solo ieri mattina è stato – forse soltanto in parte – recuperato il rapporto tra i due grazie alla telefonata che ieri mattina Gianni Letta ha imposto al Cavaliere: «Chiama Napolitano altrimenti non ne usciamo». Il consiglio del sottosegretario e di qualche ministro è stato raccolto dal presidente del Consiglio solo nella tarda mattinata.

Ripristinato un clima di «confronto istituzionale», come ieri sostenevano alcuni deputati del Pdl, è ripresa una trattativa difficile e complicata dalla voglia del Cavaliere di ”mettere una pezza” anche sul pasticcio compiuto a Roma, mentre leghisti ed ex An mostravano qualche cautela in più nei confronti del presidente della Repubblica e si sarebbero accontentati di sanare le irregolarità milanesi.

Fini e Berlusconi però non ci stavano a veder sacrificato il Lazio per colpa di una baruffa interna al Pdl romano. Mentre il presidente della Camera si è però mantenuto in posizione defilata pur dando il suo via libera, il Cavaliere, sbollita l’ira nei confronti del partito, ha puntato diritto ad un provvedimento d’urgenza superando anche l’iniziale «niente decreto» che il ministro Maroni aveva pronunciato qualche giorno fa.

Proprio al ministro dell’Interno è toccato ieri il compito di scendere in sala stampa per spiegare il testo di un decreto che di fatto sana le irregolarità di Milano e permette al Pdl romano di presentarsi nuovamente negli uffici elettorali.

La trattativa con il Colle ha fatto slittare di oltre un’ora il consiglio dei ministri e il via-vai di bozze e note con i tecnici del Quirinale è andato avanti mentre il Cavaliere al telefono parlava ai partecipanti di una manifestazione elettorale. Trovata la quadra solo poco prima delle dieci di sera, è iniziato un consiglio dei ministri riunitosi a ranghi ridotti per le numerosissime assenze.

Intorno ad un tavolo oltre al presidente del Consiglio, i ministri Maroni, Calderoli, Meloni e La Russa. La discussione è stata breve anche perché la pattuglia dei ministri presenti aveva sperimentato nei giorni scorsi la furia del presidente del Consiglio. La stessa che la sera precedente il Cavaliere era riuscito a sbollire solo verso le due di mattina grazie alla compagnia di un gruppo di giovani che il presidente del Consiglio ha fatto salire a palazzo Grazioli per «una pizzetta».

Restano ora nel Pdl la preoccupazione per le conseguenze del braccio di ferro ingaggiato con Quirinale giovedì sera alla presenza dei ministri La Russa, Maroni, Calderoli e del sottosegretario Letta. «Per un momento ho temuto che venissimo sbattuti fuori – ha raccontato uno dei ministri presenti alla scena – i due non si sono nemmeno salutati».

Se per il ministro Gelmini «il decreto non è assolutamente un golpe», per Berlusconi rischiare di perdere un milione di voti e una regione era troppo pericoloso e in grado di compromettere anche la tenuta del governo. Il grazie che nella tarda serata di ieri il presidente del Consiglio tributa alle «istituzioni per la collaborazione» e non al Quirinale, la dice lunga sull’entità dello strappo.

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Sentenza Mills: “La sentenza conferma non solo che Berlusconi è stato il corruttore di Mills, ma che la sua imprenditorialità, l’efficienza, la mitologia dell’homo faber, l’intero corpo mistico dell’ideologia berlusconiana ha il suo fondamento nel malaffare, nell’illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.”

La prova delle menzogne di GIUSEPPE D’AVANZO-repubblica.it
DAVID MILLS è stato corrotto. È quel che conta anche se la manipolazione delle norme sulla prescrizione, che Berlusconi si è affatturato a partita in corso, lo salva dalla condanna e lo obbliga soltanto a risarcire il danno per il pregiudizio arrecato all’immagine dello Stato. Questa è la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione. Per comprenderla bisogna sapere che la corruzione è un reato “a concorso necessario”: se Mills è corrotto, il presidente del Consiglio è il corruttore.

Per apprezzare la decisione, si deve ricordare che cosa ha detto, nel corso del tempo, Silvio Berlusconi di David Mills e di All Iberian, l’arcipelago di società off-shore creato dall’avvocato inglese. “Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politico responsabile quindi di fronte agli elettori, che di questa All Iberian non conosco neppure l’esistenza. Sfido chiunque a dimostrare il contrario” (Ansa, 23 novembre 1999). “Non conosco David Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l’Italia” (Ansa, 20 giugno 2008). Bisogna cominciare dalle parole – e dagli impegni pubblici – del capo del governo per intendere il significato della sentenza della Cassazione.

Perché l’interesse pubblico della decisione non è soltanto nella forma giuridica che qualifica gli atti, ma nei fatti che convalida; nella responsabilità che svela; nell’obbligo che oggi incombe sul presidente del Consiglio, se fosse un uomo che tiene fede alle sue promesse.

Dunque, Berlusconi ha conosciuto Mills e, come il processo ha dimostrato e la Cassazione ha confermato (il fatto sussiste e il reato c’è stato), All Iberian è stata sempre nella sua disponibilità. Sono i due punti fermi e fattuali della sentenza (altro è l’aspetto formale, come si è detto).

Da oggi, quindi, il capitolo più importante della storia del presidente del consiglio lo si può raccontare così. Con il coinvolgimento “diretto e personale” del Cavaliere, David Mills dà vita alle “64 società estere offshore del group B very discreet della Fininvest”. Le gestisce per conto e nell’interesse di Berlusconi e, in due occasioni (processi a Craxi e alle “fiamme gialle” corrotte), Mills mente in aula per tener lontano il Cavaliere da quella galassia di cui l’avvocato inglese si attribuisce la paternità ricevendone in cambio “somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali” che lo ricompensano della testimonianza truccata.

Questa conclusione rivela fatti decisivi: chi è Berlusconi; quali sono i suoi metodi; che cosa è stato nascosto dalla testimonianza alterata dell’avvocato inglese. Si comprende definitivamente come è nato, e con quali pratiche, l’impero del Biscione; con quali menzogne Berlusconi ha avvelenato il Paese.

Torniamo agli eventi che oggi la Cassazione autentica. Le società offshore che per brevità chiamiamo All Iberian sono state uno strumento voluto e adoperato dal Cavaliere, il canale oscuro del suo successo e della sua avventura imprenditoriale. Anche qui bisogna rianimare qualche ricordo.

Lungo i sentieri del “group B very discreet della Fininvest” transitano quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che ricompensano Bettino Craxi per l’approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi (trasformati in Cct) destinati non si sa a chi mentre, in parlamento, è in discussione la legge Mammì. In quelle società è occultata la proprietà abusiva di Tele+ (viola le norme antitrust italiane, per nasconderla furono corrotte le “fiamme gialle”); il controllo illegale dell’86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l’acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche.

Da quelle società si muovono le risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma (assicurano al Cavaliere il controllo della Mondadori); gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favoriscono le scalate a Standa e Rinascente. Dunque, l’atto conclusivo del processo Mills documenta che, al fondo della fortuna del premier, ci sono evasione fiscale e bilanci taroccati, c’è la corruzione della politica, delle burocrazie della sicurezza, di giudici e testimoni; la manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio in Italia e in Europa.

La sentenza conferma non solo che Berlusconi è stato il corruttore di Mills, ma che la sua imprenditorialità, l’efficienza, la mitologia dell’homo faber, l’intero corpo mistico dell’ideologia berlusconiana ha il suo fondamento nel malaffare, nell’illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.

E’ la connessione con il peggiore passato della nostra storia recente che, durante gli interminabili dibattimenti del processo Mills, il capo del governo deve recidere. La radice del suo magnificato talento non può allungarsi in quel fondo fangoso perché, nell’ideologia del premier, è il suo trionfo personale che gli assegna il diritto di governare il Paese. Le sue ricchezze sono la garanzia del patto con gli elettori e dell’infallibilità della sua politica; il canone ineliminabile della “società dell’incanto” che lo beatifica.

Per scavare un solco tra sé e il suo passato e farsi alfiere credibile e antipolitico del nuovo, deve allontanare da sé l’ombra di quell’avvocato inglese, il peso di All Iberian. È la scommessa che Berlusconi decide di giocare in pubblico. Così intreccia in un unico nodo il suo futuro di leader politico, responsabile di fronte agli elettori, e il suo passato di imprenditore di successo.

Se quel passato risulta opaco perché legato a All Iberian, di cui non conosce l’esistenza, o di David Mills, che non ha mai incontrato, egli è disposto a lasciare la politica e addirittura il Paese. Oggi dovrebbe farlo davvero perché la decisione della Cassazione conferma che ha corrotto Mills (lo conosceva) per nascondere il dominio diretto su quella macchina d’illegalità e abusi che è stata All Iberian (la governava).

Il capo del governo non lo farà, naturalmente, aggrappandosi come un naufrago al legno della prescrizione che egli stesso si è approvato. Non lascerà l’Italia, ma l’affliggerà con nuove leggi ad personam (processo breve, legittimo impedimento), utili forse a metterlo al sicuro da una sentenza, ma non dal giudizio degli italiani che da oggi potranno giudicarlo corruttore, bugiardo, spergiuro anche quando fa voto della “testa dei suoi figli”.

© Riproduzione riservata (26 febbraio 2010). Beh, buona giornata.

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