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Popoli e politiche

Nostalgia canaglia.

Corre l’anno 2008, ma non si capisce dove voglia andare. Come è possibile che il sindaco di Roma si metta a chiosare su un Fascismo buono e uno liberticida? Vogliamo davvero pensare e di conseguenza credere che abbia avuto un rigurgito neofascista?

Come è possibile che il ministro della Difesa abbia violato il protocollo, tanto da elogiare quelli della Repubblica di Salò, durante la celebrazione ufficiale dei martiri dell’8 Settembre a Porta San Paolo a Roma, davanti al capo dello Stato, che è anche il capo delle Forze Armate? Un altro rigurgito?

Insomma, che gli è saltato in testa? Un attacco di nostalgia di “quando c’era Lui”?

Né l‘uno né l’altro hanno voluto riscrivere la Storia. Hanno semplicemente messo in scena una prova di forza, usandoci come spettatori, alla maniera dei partecipanti di un reality show.

I due sono esponenti di spicco di una formazione politica che sta per essere cooptata dentro il partito del premier, il Partito delle Libertà, che dovrebbe nascere dalla fusione di Forza Italia di Berlusconi e Alleanza Nazionale di Fini.

I due hanno voluto far vedere alla base  e agli elettori che li hanno votati ( e a quelli che hanno votato più a destra) che non stanno dando via l’identità, i valori, come li chiamano loro.

I due sanno bene che la partita della sopravvivenza nel Governo si gioca cercando di contrastare, almeno sul piano dell’immagine,  la spinta che proviene dalla Lega di Bossi. Il quale è fermamente intenzionato alla riforma federalista. Lo è andato ripetendo tutta l’estate.

Il federalismo non è esattamente quello che hanno in testa i nostri due, né il loro partito, né i loro elettori.  Esso stride, per non dire lacera, per non dire confligge apertamente con la vocazione centralista, nazionalistica, muscolare della Stato centrale, così come è vissuta dalla base elettorale di An.

La vicenda politica di questa stagione  condanna quei due a mandare giù l’alleanza impossibile tra federalismo e statalismo.

Il federalismo a Bossi lo ha promesso  il premier, che di queste beghe se ne fa un baffo: ha il potere di gran parte dei media, ha il potere del Governo, sta per conquistarsi il posto d’onore nel potere della finanza (sfruttando la “cordata Alitalia”, Silvio Berlusconi si sta dimostrando capace di attirare a se banchieri e capitalisti di centro-sinistra, e mira a gestire finalmente“il salotto buono” dell’economia italiana).

E allora, prima dell’inevitabile subalternità politica a Berlusconi e Bossi (con il bene placido di Fini), il sindaco della Capitale (già uno dei leader della Destra sociale, corrente di An) e il ministro della Difesa (attuale coordinatore di An)  hanno fatto venire giù un pieno, come si dice a Milano; hanno fatto caciara, come si dice a Roma.

Sanno che prima o poi, zitti e mosca, dovranno dire ad alta voce che il rancio è ottimo e abbondante.

Tanto la Storia della nostra democrazia è stata bella e scritta dalla Resistenza. Tanto ai reduci della Repubblica di Salò ci pensò l’amnistia promulgata nel 1947 dall’allora ministro Togliatti.

Se c’è qualcuno che deve sentirsi offeso dalle performances dei due non sono né i partigiani, né gli ebrei perseguitati dalle Leggi Razziali, e neppure i militari fedeli all’Armistizio dell’8  Settembre. Né i loro discendenti.

Il sacrificio degli uni, la memoria degli altri è tutt’ora una garanzia solida, un pilastro della convivenza civile e democratica, come non si stanca  mai di farci notare il nostro Presidente della Repubblica.

Ad offendersi, semmai, dovrebbero essere loro, i “ragazzi di Salò”. Furono manipolati allora (finendo dalla parte sbagliata della Storia) sono strumentalizzati oggi. Con lo stesso insopportabile cinismo di una politica che è solo piccola convenienza. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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