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Il generale Mini: “In Afghanistan chiudiamo il gas e andiamo via”.

di Carlo Mercuri-Il Messaggero.

Generale Fabio Mini, l’ennesimo soldato italiano ucciso in Afghanistan potrebbe indurci a un ripensamento di strategia militare, magari a fare le valigie prima del tempo? «Prima dovrebbe spingere le Autorità a verificare che cosa si è fatto in Afghanistan negli ultimi 10 anni. A rispondere alla domanda: quale eredità lasciamo agli afghani?».

Quale eredità?
«Nessuna. In Afghanistan abbiamo fatto poco, male e mai niente di nostra iniziativa».

Vuol dire che noi italiani facciamo quello che gli altri ci dicono di fare?
«Esattamente. In Afghanistan abbiamo seguito la linea americana della caccia a bin Laden e ora che bin Laden è morto, noi continuiamo lo stesso a dare la caccia a qualcuno o a qualche cosa. Mai proposto una strategia diversa, né in Afghanistan né in Iraq né nei Balcani».

Ma gli americani sono nostri alleati…
«Già. Però nelle missioni del Libano nel 1982, nel Kurdistan iracheno, in Albania, noi conducemmo operazioni che tendevano a risolvere i conflitti senza rompere gli equilibri regionali. Questa fu una caratteristica delle nostre missioni: operazioni militari che non avevano lo scopo di distruggere ma di costruire rapporti. Ora questa nostra caratteristica si è persa».

Perché, secondo lei?
«Perché ora abbiamo una politica estera ispirata al criterio della mera partecipazione. Dove c’è qualcun altro dobbiamo esserci anche noi. Ce lo impongono i trattati, dicono. Falso. Veda la questione delle nostre basi concesse ai britannici e ai francesi per la crisi libica».

Francesi e britannici non sono nostri alleati?
«Noi abbiamo concesso le basi prima del via alla missione Nato. Non è che noi si debba concedere qualsiasi cosa che gli altri, per le loro ragioni interne, ritengano opportuno».

Fa bene la Lega, allora, a dire: via dalle missioni?
«La Lega mira a far affondare la barca grande per poter comandare la scialuppa. Ma questo autolesionismo, paradossalmente, potrebbe favorire la riappropriazione della nostra sovranità in ambito internazionale».

Lei parlava prima della Libia: anche lì ci sono dei punti oscuri?
«La Libia è la somma di tutte le vacuità. Prima con il trattato bilaterale abbiamo calpestato la Nato, poi abbiamo cancellato d’un colpo tutte le ragioni del rapporto bilaterale decidendo di bombardare, infine abbiamo invocato la Nato per rallentare i raid… Qual è il nostro ruolo internazionale? Non c’è. Finirà come quando abbiamo lasciato l’Iraq, che Rumsfeld disse: tanto non servivate».

Disse proprio così?
«Certo, c’è la dichiarazione ufficiale».

Ora la nuova strategia Usa in Afghanistan prevede i colloqui con i talebani. Lei che ne pensa?
«Bene. E’ un assioma militare: se non si conoscono i nemici è inutile fare alcunché».

In conclusione, come si esce dall’Afghanistan?
«Chiudendo il gas e andando via. E chiedendoci: che cosa lasciamo laggiù, oltre a tutte queste giovani vite spezzate?». (Beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia Popoli e politiche Pubblicità e mass media

Enzo Baldoni è tornato dall’Iraq.

Le spoglie di Enzo Baldoni sono finalmente a casa.

Dopo i rilievi scientifici eseguiti dai Ris e la controperizia fatta eseguire dai familiari, è certo che le spoglie di Enzo sono state restituite.

Sandro Baldoni, suo fratello, in un’intervista telefonica rilasciata a RepubblicaTv conferma che i resti di Enzo sono finalmente tornati. Ma Sandro dice anche che si è perso tanto, tanto tempo e che il ritrovamento si deve alla pervicacia di un pm, all’abnegazione di un ufficiale dei servizi e alla perseveranza di Giusy, moglie di Enzo, la mamma dei suoi due ragazzi.

Sandro dice che si è riaperta un ferita per la sua famiglia. Vorrei dirgli che quella ferita, noi amici a colleghi suoi e di Enzo la porteremo nel cuore.

Perché è il cuore di un paese che ripudiava la guerra che porta la ferita della morte violenta di un uomo pacifico come Enzo, catturato e ammazzato mentre era al seguito di un convoglio della Croce Rossa. Così pacifico da essere apostrofato da un noto direttore di giornale come ‘pirlacchione’. Quello stesso direttore che aveva come vice una ‘barba finta’.

Dico che l’Italia ripudiava, perché poi è finita che si è voluto travestire la partecipazione bellica da ‘missione umanitaria’.

L’uccisione di Enzo sta lì a dimostrare che i sofismi politico-diplomatici servono a poco: quanti morti abbiamo pianto in questi anni, per la ‘missione di pace’ in Iraq e in Afghanistan? Pare che la guerra in Afghanistan costi al nostro paese un paio di milioni di euro al giorno. Non so. So che la morte di Enzo è stata un’ingiustizia insopportabile. Ecco: Sandro Baldoni ha davvero ragione, quando dice che si è riaperta una ferita. Beh, buona giornata.

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