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3DNews/TV, IL MISTERO DEL MILIONE SCOMPARSO.

di Giulio Gargia

Sostiene Pancini, il direttore dell’Auditel, che un milione di spettatori può sparire da una settimana all’altra. Sono quelli della trasmissione di Santoro, che giovedì 8 dicembre avrebbe registrato il 5% , perdendo circa 3 punti di audience rispetto alla settimana scorsa. Senza contare che facendo i conti dal 3 novembre avrebbe perso più della metà dei suoi aficionados, visto che la stessa Auditel l’aveva accreditata del 12%. Insomma, un crollo epocale da fare invidia a Minzolini, Facchinetti o Banfi ( non Lino, l’altro ), cioè i migliori flop della stagione “ ufficiale”. E cosa avrebbe causato questo disastro da parte di gente che – come il pubblico dell’ex Anno Zero – ha tirato fuori 10 euro di tasca sua pur di vedere questo programma e poi se lo è andato pazientemente a cercare facendo lo slalom tra le televendite della miriade di canali del digitale ?

Sostiene Pancini che un pò è stata la festività e un pò la partita della Juventus, in contemporanea su RAI 2, a riuscire là dove la concorrenza di Piazza Pulita non era arrivata. Insomma, un milione di juventini, un pò delusi da Santoro un pò esaltati dalla fondamentale sfida con il Bologna degli ottavi di coppa Italia, match che avrebbe evidentemente deciso le sorti della stagione, hanno abbandonato Servizio Pubblico per andarsene in gita o, accesa la tv, si sono goduti lo spettacolo di Del Piero in panchina.

Sostiene Pancini che i dispersi potrebbero anche essere finiti sul web, però non può dirlo perchè l’Auditel non fa ricerche sulla rete.

Questo sostiene Pancini, e noi gli crediamo. Come gli abbiamo creduto quando disse che 1 milione e mezzo di telespettatori avevano visto per 20 minuti il cartello “ le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile” , una sera d’estate di qualche anno fa su Rai Uno.

Quei fetenti di Sky, invece, abituati alla BBC e alla concorrenza anglosassone, non gli credono. Insinuano il dubbio. Ricordano che Auditel è una società privata, che effettua un servizio in regime di monopolio e che per tale servizio viene compensata da tutti gli operatori del settore. Sui dati prodotti quotidianamente da Auditel si basa la valutazione della performance dell’intero mercato televisivo, una valutazione che impatta direttamente sui ricavi del settore, un settore cruciale per la crescita economica del Paese ma anche per tutto il “Sistema Italia” in considerazione del ruolo fondamentale di traino che svolge la pubblicità per le imprese che hanno un prodotto da far conoscere ai consumatori italiani. Perciò parlano di una governance da riformare e di una rappresentanza azionaria in conflitto di interessi. Nonchè “una distorsione dei risultati sul piano quantitativo e qualitativo”. In pratica Sky contesta all’Auditel la natura del campione (mancano circa 5 milioni di stranieri residenti in Italia, il 7-8 per cento della popolazione) e “vengono conteggiati anche coloro che non possiedono un apparecchio tv”. Circa 400 mila famiglie, il 2 per cento del totale dello share.

Ma che l’Auditel sia degna di fede lo possiamo affermare con cognizione di causa, rivelandovi che Sky ha malignamente copiato queste sue osservazioni da due libri, usciti 8 anni fa: “ La favola dell’Auditel” di Roberta Gisotti, e “ L’arbitro è il venduto”, redatto dal sottoscritto. Perciò, le cose che loro dicono adesso le sapevano. Quindi non solo sono copioni ma anche in malafede. Se lo sapevano, e non potevano non saperlo, perchè sono venuti a mettere zizzania nell’etere italiano ?

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3DNews/Santoro e la menopausa dell’Auditel.

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di Giulio Gargia
4 volte su 4. Se è una coincidenza, allora si tratta davvero di sfortuna nera. Per 4 settimane, tutte quelle di novembre, l’Auditel ha fornito in ritardo i dati del giovedì . Giorno in cui, dal l 4 novembre, va in onda il nuovo programma di Michele Santoro, con una formula che evidentemente mette a dura prova le capacità del servizio di rilevazione degli ascolti. Che a furia di ritardi del ciclo – di rilevazione – rischia di andare in menopausa.

“Anche oggi i dati dell`Auditel arriveranno in ritardo, formalmente a causa di `un problema tecnico`. Si tratta di un fatto allarmante, guarda caso ancora una volta in coincidenza con una puntata di Servizio Pubblico, il programma di Michele Santoro”. Così dichiarava giovedì scorso Flavia Perina, deputata Fli e membro della Vigilanza.

“A questo punto è innegabile ritenere l`Auditel un sistema obsoleto di rilevazione dei dati d`ascolto, che non tiene conto delle nuove modalità di fruizione dei prodotti televisivi. E diventa anche lecito pensare che forse una parte dei soci di maggioranza del consorzio, Rai e Mediaset in particolare, temono l`effetto Santoro”, concludeva la Perina. Che risolleva così uno dei problemi basilari della Tv : ma l’Auditel è attendibile ? Ora, senza entrare nel merito dei problemi che – secondo chi scrive e tanti altri – NON rendono tali i suoi dati, vogliamo ricordare che ogni volta che si presenta un nuovo network sulla scena TV, i suoi rapporti con l’istituto di via Larga non sono mai tranquilli. E’ successo con La7 ai tempi del mancato lancio del “terzo polo”, quando furono disdetti contratti già firmati con star come Fazio e Litizzetto, e alla rete fu imposta la consegna – accettata dai suoi vertici – di non superare il 3% nel giorno medio. E’ successo con Sky, quando ha chiesto di entrare nel comitato tecnico, tanto che ci sono stati comunicati di fuoco tra Mokridge, ad di Sky Italia e Pancini, direttore Auditel. E sta succedendo adesso con Servizio Pubblico e il network di Tv che lo manda in onda che si propone, almeno il giovedì sera, come un attore capace di rompere i sempre delicati equilibri su cui si spartisce la pubblicità. Perchè il problema è sempre quello : chi controlla gli spot, controlla la Tv . E dall’86 a oggi gli investimenti pubblicitari si sono ridistribuiti a favore della tv, grazie anche ai numeri che ha prodotto l’Auditel, che hanno orientato ingenti risorse a spostarsi da stampa e radio a favore della tv, e in particolare verso il costituendo duopolio RAI – Mediaset. Ma le modalità di produzione e divulgazione di questi dati hanno generato dubbi sempre più consistenti, corroborati da inchieste e libri che ne hanno minato l’attendibilità.

Il caso Santoro è solo l’ultimo , e nemmeno il più eclatante. Ma potrebbe essere quello che finalmente mette in crisi l’Auditel non tanto come apparato tecnologico obsoleto, come dice la Perina, ma in quanto macchina di costruzione e conferma del consenso attraverso la “ visione obbligata”. Come il PIL , che tutti gli economisti stanno rimettendo in discussione come parametro di misura del benessere di una società, così l’Auditel è destinato a implodere dentro una TV sempre più parcellizzata e specifica come quella digitale. E il fatto che le Tv locali siano sottostimate storicamente è un ulteriore conferma di come questa approssimazione chiamata Auditel sia ormai un residuo del passato da superare al più presto. Il problema non è la tecnologia: basterebbe collegare un cavetto telefonico a ogni decoder digitale per avere i dati degli ascolti in tempo reale, come sui siti Internet, in cui sai sempre quanti visitatori ci sono in quel momento. Il problema è l’apparato commerciale e industriale (grandi emittenti, centri media, agenzie dominanti ) di cui Auditel è il servomeccanismo, che non riuscirebbe a “ digerire” dei “ numeri” veri . E che dovrebbe dire ai suoi clienti investitori cose molto diverse da quelle finora avallate dalle curve e dai grafici d’ascolto.

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Come il direttore del Tg Uno si guadagna lo stipendio.

L’Osservatorio di Pavia realizza per la Commissione di Vigilanza sulla Rai i un rapporto mensile. Secondo l ‘Osservatorio nel mese di Aprile il il Tg1 (il tv governativo, diretto da Augusto Minzolini) ha riservato a tutti i partiti di opposizione (Pd, Udc e Idv in particolare) il 19,6% degli spazi. Il resto se lo spartiscono il governo (43,2%) e i partiti di maggioranza (15%). Ancora più evidente lo squilibrio se si guarda ai politici più presenti in video: sui primi tre gradini del podio ci sono tre esponenti del centrodestra: al primo posto c’è ovviamente Berlusconi, che sul Tg1 delle 20 ha parlato per 667 secondi. Più del doppio del tempo riservato al secondo classificato, il presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha fatto sentire la sua voce per 314 secondi, tallonato dal ministro degli Esteri Franco Frattini con 294 secondi. Beh, buona giornata.

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Berlusconi a Roma è molesto.

Palazzo Grazioli, via fermata bus. E la rivolta arriva su Facebook -roma.repubblica.it
Rimossa la paletta Atac di fronte alla residenza del premier e scoppia la rivolta popolare. Piovono critiche da cittadini, commercianti e utenti dei mezzi pubblici dirottati su altre fermate in centro. La decisione è stata presa per “fluidificare il traffico per ragioni di sicurezza, legate alla vicinanza del Presidente del Consiglio”, a pochi passi da piazza Venezia
I cittadini non ci stanno. Il plebiscito, quello vero, ha votato no. A scatenare la rabbia in strada è la soppressione della fermata dell’autobus in via del Plebiscito, voluta dall’Atac, a partire da oggi, per “fluidificare il traffico per ragioni di sicurezza, legate alla vicinanza della residenza del Presidente del Consiglio”. E, immancabilmente, su Facebook nasce un gruppo dal nome chiaro e forte: “Raccolta firme ripristino fermata bus a via del Plebiscito”.

Come era stato annunciato due giorni fa, questa mattina sono state rimosse le palette che si trovavano di fronte a Palazzo Grazioli, a un passo da piazza Venezia, e il coro degli utenti del servizio pubblico, ma soprattutto dei commercianti è stato unanime: quella fermata non andava tolta.

I primi ad accorgersene questa mattina sono stati i cittadini che da sempre aspettavano l’autobus sulla banchina. Al posto delle palette hanno trovato alcuni funzionari dell’Atac che pazientemente hanno spiegato loro la novità, indicando le fermate dove andare a prendere l’autobus.

Immediata la reazione dei romani dirottati sulle altre fermate del centro. “Per me è un guaio serio ora come faccio? – si lamenta Daniela, impiegata – mi tocca andare a largo Argentina, o di fronte ai carabinieri di piazza Venezia oppure addirittura a via del Corso”.

Imbufaliti, i cittadini non risparmiano critiche nei confronti del premier, in nome del quale è stato preso il provvedimento. “Quel signore – dice Gianfranco, perito del tribunale, riferendosi al premier – pensa solo agli affari suoi”. Un’altra cittadina chiede invece “che benefici per la sicurezza possa portare questa idea: se uno vuole fare un attentato lo fa anche senza autobus”. Si lamenta anche il portinaio dello stabile al 107, Gianluca Rossi, preoccupato “per i circa 200 anziani che abitano qui”.

Ma i più furiosi sono i commercianti di via del Plebiscito che all’apertura delle saracinesche hanno trovato la sorpresa.”Dovevano avvertirci – dice Luciano Zoppo, titolare della profumeria al 108 – ho paura per i miei affari”. Un commesso del grande negozio di casalinghi spiega perché: “la fermata era proprio davanti alle vetrine, un richiamo per questo negozio”.
Massimo Barbieri, che gestisce il negozio di calzature ‘Punto Zero’ è convinto che ci saranno molte ripercussioni: “questo è un punto di passaggio – spiega – se si toglie la fermata chi si ferma più? Magari, tra qualche mese quando registreremo un calo del fatturato, potremmo anche chiedere i danni. E poi, ci potevano avvertire, lo abbiamo letto sul giornale”.
Furibondo anche Angelo, che i giornali li vende: sua è la storica edicola all’angolo di piazza Venezia, “la prima di Roma” spiega mostrando una stampa del 1870: “già anni fa hanno tolto il doppio senso di marcia, hanno tolto la fermata sul lato di palazzo Venezia: dove arriveremo?”.

Tutti scontenti, dunque. E tutti uniti nel denunciaere il sopruso attraverso una nota dell’associazione Abitanti del Centro Storico. “La politica al servizio del
cittadino, questo lo sentiamo annunciare da tempo – si legge nel documento -, ma come pensare di togliere un servizio, come accade in via del Plebiscito dove sono soppresse le fermate del trasporto pubblico? Una fermata strategica, per lavoratori, impiegati e studenti, turisti e come non pensare a invalidi e portatori di handicap. Tutti usano il mezzo pubblico che deve essere potenziato per rendere sempre più efficiente un servizio pubblico al cittadino”.

“Non possiamo pensare che l’incolumità del Premier – prosegue la nota – dipenda essenzialmente dal non permettere ai mezzi di trasporto di fermarsi in via del Plebiscito, ma chi si è così solertemente adoperato conosce la viabilità della zona?”. E ancora: “Si sono allontanate le auto private dei residenti da piazza Grazioli, da Palazzo Grazioli dove un bel portone super protetto può essere l’esclusiva entrata della residenza. Quindi accontentarsi sarebbe il minimo, e non invadere la sfera della vita e della mobilità dei cittadini. Inoltre la sicurezza deve essere garantita per tutti e chi governa questo Paese deve aiutarci a vivere meglio, a non essere costretti a fare rinunce a favore, ma usando semmai i privilegi già a disposizione: perché non vivere a Palazzo Chigi?”.

Intanto gli autobus, il 70, il 40, il 63, il 62, il 64, il 30 e tanti altri tirano dritto senza fermarsi. Qualche autista, la forza dell’abitudine, ancora frena e apre le porte ma viene subito fatto ripartire dai funzionari Atac suscitando le ire dei passeggeri. Qualcuno a distanza accenna una corsetta per cercare di raggiungere un autobus che però non si ferma. Il commento è sempre quello: “parlano di ordine pubblico e noi non possiamo dire più niente ma vorrei sapere: cosa c’entra con la sicurezza? Perché se Berlusconi vuole stare sicuro non se ne va a vivere a palazzo Chigi?”. (beh, buona giornata).

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Il governo italiano comunica il vaccino contro l’influenza A: perché trattare i cittadini di oggi come i bambini di ieri? Perché la pubblicità italiana accetta di essere trattata male? E’ più bella che intelligente?

Ma noi facciamo un altro mestiere – dicono i pubblicitari, di PIA ELLIOTT.

Mi sembra di sentirli, i colleghi in pubblicità, che di questi tempi hanno ben altro per la testa che Topo Gigio, appena ricomparso come testimonial della campagna governativa per la prevenzione dell’influenza.

Mi sembra di sentirli mentre dicono che il mestiere del pubblicitario è altra cosa e che quello che ogni tanto si vede in televisione non c’entra nulla con la comunicazione, anzi che è “Pubblicità Progresso”.

Invece, quella con Topo Gigio è la campagna ufficiale per la prevenzione dell’influenza A, promossa dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e realizzata dal DIE, Dipartimento Informazione Editoria della Presidenza del Consiglio. Infatti, la campagna è stata presentata il 6 ottobre a Palazzo Chigi dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Buonaiuti, responsabile della comunicazione di governo.

Dicono i pubblicitari: ma queste cose succedono solo a Roma, noi facciamo un altro mestiere. Vero anche questo, ma intanto gli spot con il topo redivivo vanno in onda sulle reti nazionali, in spazi assai ambiti ed è certo che qualcuno li vedrà e penserà “ma tu guarda cosa sono andati a ripescare per farci sentire ancora più cretini del solito”.

Perché non è vero che quello che resta (se resta) nella memoria collettiva deve essere per forza buono e degno. Molte cose si ricordano con fastidio, altre mettono a disagio perché irrimediabilmente datate. E sarebbe anche ora di finirla di credere che tutto ciò che è associabile a Carosello sia lodevole e appropriato. Carosello è cult solo per chi alla pubblicità non ha mai creduto.

Topo Gigio è nato cinquantanni fa, insieme col mago Zurlì e il piccolo coro dell’Antoniniano, per divertire i bambini che guardavano una televisione povera e in b/n.

Poi è ricomparso qualche volta in pubblicità, probabilmente ha anche avuto fortuna all’estero, forse c’è ancora qualcuno che sa rifargli il verso, ma i bambini di oggi prendono il treno al binario 9¾. E in ogni caso: cosa c’entra tutto questo con l’influenza e l’informazione che bisognerebbe fare per prevenirla ed, eventualmente, per vaccinarsi ?

C’entra che, come al solito, si è rinunciato a priori a cercare soluzioni adeguate, ignorando addirittura che tali soluzioni esistono, come esistono professionisti ed agenzie che sanno trovarle.

Ricorrere a Topo Gigio, nel 2009 vuol dire non rispettare l’intelligenza media degli spettatori e dei cittadini e non prendere sul serio un problema che probabilmente lo è.

La campagna di prevenzione dell’influenza A é costata circa 2,5 milioni di euro, ha detto il sottosegretario Bonaiuti, che non sono neanche pochi in questi tempi grami, considerando che Maria Perego ha ceduto gratis il topo e che la messa in onda, almeno sulle reti RAI, avviene negli spazi riservati dal servizio pubblico alla Presidenza del Consiglio: signori spazi, a costo zero.

Altri spot seguiranno – dice giulivo Paolo Buonaiuti, aggiungendo che gli spot con topo Gigio sono stati addirittura richiesti da un grande network latino americano, come si trattasse di un dato di merito e non di livellarsi alle peggiori televisioni del pianeta. (Beh, buona giornata)

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