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I nostri occhi.

“Se solo i nostri occhi non fossero visibili agli altri, pensa. Se solo si potessero nascondere i propri occhi al mondo.” (da “La vegetariana” di Kang Han).

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L’euro perde, mentre il dollaro è l’eroe dei paradisi fiscali.

di Emmanuel Todd, “La sconfitta dell’occidente”, Fazi Editore 2024.

“Uno degli affetti della crisi del 2007-2008 è stato che chi ha davvero i soldi ha perso fiducia nella moneta unica.

Tra il giugno 2008 e il febbraio 2022 (inizio della guerra in Ucraina), l’euro ha infatti perduto il 25 per cento del suo valore rispetto al dollaro.

I veri ricchi hanno quindi preferito accumulare in dollari piuttosto che in euro.

Perciò la causalità è circolare, poiché è la conversione dei patrimoni dei ricchi in dollari ciò che sostiene il valore del dollaro.

I paradisi fiscali hanno svolto un ruolo fondamentale nel mettere in moto un simile meccanismo.

Risulta istruttivo l’elenco più recente dei ‘paesi e territori che non cooperano a fini fiscali’, pubblicato il 21 febbraio 2023 sulla ‘Gazzetta Ufficiale’ dell’UE.

Sebbene vi sia inclusa la Federazione Russa, il resto dell’elenco si limita a entità soggette, a vario grado, alla giurisdizione statunitense:

-direttamente, come le Isole Vergini Americane, Guam e le Samoa Americane;

-in modo meno diretto, come Palau e le Isole Marshall;

-tramite la Gran Bretagna o le sue ex colonie, come le Isole Vergini Britanniche, Anguilla, le isole Turks e Caicos, le Bahamas, Trinidad e Tobago, le Figi, Vanuatu e le Samoa;

-anche la Costa Rica e Panama, pur non essendo formalmente americani, sono in mano agli Stati Uniti.

Come si può vedere, lo sviluppo di questo sistema deve molto al Regno Unito e alle sue dipendenze più o meno emancipate, ma il controllo finale è decisamente americano”.

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La vita.

 “La vita è così strana, pensa dopo aver smesso di ridere.

Le persone, anche dopo che gli sono successe certe cose, non importa quanto terribili, continuano comunque a mangiare e a bere, ad andare al bagno e a lavarsi – in altre parole, a vivere.

E a volte ridono perfino di gusto. E probabilmente hanno questi stessi pensieri, e quando succede si ricordano tutta la tristezza che erano riuscite per breve tempo a dimenticare.” (da “La vegetariana” di Kang Han, Adelphi.)

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Un colpo al cerchio e uno alla botte: i dati Inail sui primi 8 mesi del 2024 sono un infortunio statistico.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Da un lato l’istituto ammette a denti stretti che i 680 morti di lavoro rappresentano un +3,5% rispetto al 2023, dall’altro sottolinea che crolla l’incidenza sul totale degli occupati Istat: -11,1% e -5,1% le denunce e i decessi rispetto al 2019 (sic).

Prosegue in sostanza l’opera di confusione statistica disposta dall’attuale governo sia in questo che in altri campi per dimostrare che tutto va bene.

Preme ricordare ancora una volta che l’Inail lavora con le denunce ricevute, tagliando così fuori un pezzo sostanzioso di mondo reale, fatto di lavoro nero e precario.

Non a caso i nostri numeri, raccolti attingendo alla cronaca senza distinzioni, dicono che nei primi 8 mesi dell’anno in Italia sono morti 772 lavoratori, 92 in più rispetto al dato Inail (+11,9%).

Aggiungiamo intanto altre due vittime alla strage dei lavoratori.

Mercoledì 9 ottobre il 72enne pensionato Franco Pittavino è morto a Cuneo, nella frazione di San Rocco Castagnaretta, lavorando con un macchinario spaccalegna collegato a un trattore.

Per motivi ancora da stabilire Pittavino è stato travolto dal macchinario, riportando ferite letali.

Giovedì 10 ottobre l’operaio 60enne Jemal Zemzemi, tunisino trapiantato ad Alcamo (Trapani), è morto precipitando dal tetto di una casa della città vecchia, dove stava facendo dei lavori di ristrutturazione.

Aperta un’inchiesta sulla posizione lavorativa e sull’uso di protezioni.

#INAIL#mortidilavoro#francopittavino#jemalzemzemi

Ottobre 2024: 28 morti (sul lavoro 21; in itinere 7; media giorno 2,8)

Anno 2024: 891 morti (sul lavoro 673; in itinere 218; media giorno 3,1)

135 Lombardia (94 sul lavoro – 41 in itinere)

88 Campania (73 – 15)

80 Veneto (55 – 25)

72 Sicilia (50 – 22)

65 Emilia Romagna (51 -14), Lazio (42 – 23)

58 Toscana (47 – 11)

55 Piemonte (41 – 14)

54 Puglia (36 – 18)

30 Sardegna (26 – 4)

26 Marche (18 – 8 )

25 Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

17 Estero (14 – 3)

16 Liguria (14 – 2)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Alto Adige (11 – 1), Umbria (12 – 0)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 105 morti (sul lavoro 72; in itinere 33; media giorno 3,5)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

A cosa e, soprattutto, a chi serve la guerra in Ucraina?

Emmanuel Todd, “La sconfitta dell’Occidente”, Fazi Editore 2024

“La sopravvivenza materiale degli Stati Uniti dipende dunque dal controllo dei propri vassalli.

Pertanto, il raggiungimento degli obiettivi russi in Ucraina, a cui non farebbe seguito l’espansione della Russia in Europa -‘Ma come? Non c’era alcuna minaccia, abbiamo sostenuto l’Ucraina per niente!’ – condurrebbe alla disintegrazione della Nato.

Soprattutto, porterebbe alla realizzazione del grande timore americano: la riconciliazione tra Russia e Germania.

Dal punto di vista statunitense, la guerra deve dunque continuare, non per salvare la ‘democrazia’ ucraina, ma per mantenere il controllo sull’Europa occidentale e sull’Estremo Oriente.

Finché gli strateghi di Washington terranno sotto il loro controllo le élite e i popoli europei, la guerra non potrà che proseguire.

Attualmente, se c’è un cosa su cui russi e americani sono perfettamente concordi è a proposito dei leader europei.

A Mosca e a Washington questi vengono percepiti alla stregua di vassalli, come dei servitori che hanno perduto ogni capacità di azione autonoma. E in quanto tali vengono disprezzati.”

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Attualità

Nei primi dieci giorni giorni di ottobre sono 26 i morti di lavoro, 888 dall’inizio dell’anno.

Mentre martedì 8 ottobre a Bologna si scioperava per Attilio Franzini, morto venerdì 4 in un cantiere ferroviario notturno a San Giorgio in Piano, un altro lavoratore perdeva la vita sui binari.

Questa volta di giorno, e non in Italia ma in Svizzera. La vittima è il frontaliere 49enne Giuseppe Maggiolini, che viveva con la moglie e i due figli a Domodossola.

Uno dei tanti che ogni giorno dalla Val d’Ossola emigrano nel Canton Vallese per guadagnarsi da vivere. Maggiolini alle 8 del mattino stava preparando un’area di cantiere a Goms, lungo i binari della Matterhorn Gotthard (Cervino Gottardo), quando è stato investito da un treno ed è morto sul colpo.

Lavorava per conto della Volken di Visp.

Michele Bianco, allevatore 53enne di Montesano sulla Marcellana (Salerno), martedì 8 ottobre è stato stroncato da un malore mentre lavorava insieme a un fratello nell’allevamento di montagna di proprietà della famiglia a Malandrena.

I soccorritori hanno potuto solo certificarne la morte.

Un corriere di 57 anni, con patologie pregresse, è morto nel pomeriggio di martedì 8 ottobre a Pisa, in via San Giuseppe Cottolengo, dove lo aveva portato il suo giro di consegne.

Il lavoratore è stato trovato da alcuni passanti riverso sul pianale del camion, colpito da malore. Anche nel suo caso i soccorritori non hanno potuto nulla.

Davide Masotti, 50 anni, torinese, è morto nella tarda serata di domenica 6 ottobre mentre in macchina andava a prendere servizio per il turno di notte alla Amazon di Torrazza Piemonte.

Sulla A4, poco dopo Chivasso Est, ha sbandato, urtando il guardrail e ribaltandosi proprio mentre giungeva un’altra vettura, che ha centrato in pieno la Panda di Masotti.

Le due macchine hanno preso fuoco e il lavoratore è rimasto intrappolato, morendo carbonizzato. La famiglia in viaggio sull’altra vettura è riuscita a mettersi in salvo.

A 78 anni Gianfranco Zamuner era ancora in prima fila nella gestione del Ponte di barche Zamuner, una struttura a pedaggio lunga 80 metri che collega le due sponde del Piave, sulla riva destra il comune di Fossalta, su quella sinistra Noventa, entrambi in provincia di Venezia.

Alle 5 di mercoledì 9 ottobre era su una barca insieme a quattro dei suoi cugini – tutti coinvolti nella gestione del ponte – per sganciare la struttura e accostarla alla riva sinistra.

Un’operazione necessaria per facilitare il passaggio della piena, come accaduto spesso in passato.

Nel buio fitto i cugini hanno sentito un urlo e non hanno più visto il 78enne, caduto in acqua e subito scomparso. I soccorsi sono scattati subito, con droni e un elicottero, senza esito. Le speranze di trovare Zamuner in vita sono praticamente nulle.

Aveva solo 19 anni Matteo Urzì, che mercoledì 9 ottobre alle 6,20 era sul furgoncino di famiglia insieme ai genitori, diretti da Piedimonte Etneo (Catania) alla fiera quindicinale di Santa Teresa di Riva (Messina), per aprire un banco vendita.

Sulla A18, nei pressi di Fiumefreddo, il Doblò carico di generi alimentari ha sbandato e si è ribaltato, venendo poi tamponato da un camion che seguiva a poca distanza.

Matteo è morto sul colpo, feriti gravemente i genitori.

Guidava invece un furgone frigorifero carico di pesce Pasquale Rizzo, 59enne di Montescudo (Rimini), che ha trovato la morte mercoledì 10 alle 7,30 sulla statale Flaminia nel territorio di Cantiano (Pesaro Urbino).

All’uscita da una galleria si è schiantato contro un camion che procedeva in direzione contraria. Rizzo è morto all’istante, ferito l’altro conducente.

Nel tardo pomeriggio di mercoledì 9 ottobre Mauro Morini, operaio 69enne di Pellegrino Parmense (Parma), ha perso la vita a causa dei gravi traumi riportati cadendo da un’impalcatura mentre era al lavoro in un’abitazione privata di Salsomaggiore Terme.

#giuseppemaggiolini#attiliofranzini#michelebianco#davidemasotti#mortidilavoro #gianfrancozamuner #matteourzì #pasqualerizzo #mauromorini #mortidilavoro
Ottobre 2024: 26 morti (sul lavoro 19; in itinere 7; media giorno 2,8)

Anno 2024: 888 morti (sul lavoro 670; in itinere 218; media giorno 3,1)

135 Lombardia (94 sul lavoro – 41 in itinere)

88 Campania (73 – 15)

80 Veneto (55 – 25)

71 Sicilia (49 – 22)

65 Emilia Romagna (51 -14), Lazio (42 – 23)

58 Toscana (47 – 11)

54 Piemonte (40 – 14), Puglia (36 – 18)

30 Sardegna (26 – 4)

26 Marche (18 – 8 )

25 Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

17 Estero (14 – 3)

16 Liguria (14 – 2)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Alto Adige (11 – 1), Umbria (12 – 0)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Come e perché Giorgia Meloni sta “facendo la Storia” dell’incompetenza in Economia.

di Guglielmo Forges Davanzati, “Gazzetta del Mezzogiorno”, 10 ottobre 2024.

Prendiamo sul serio la recente dichiarazione di Giorgia Meloni secondo la quale il Governo da lei presieduto “sta facendo la Storia” e proviamo a verificare se, sul piano della politica economica (ovvero, una parte importante, se non la più importante dell’azione complessiva di un esecutivo), sono stati introdotti elementi di significativa discontinuità e, se sì, con quali risultati.

Questa valutazione è importante anche perché può costituire la base per un bilancio del biennio trascorso da Meloni a Palazzo Chigi.

La legge di bilancio in discussione in questi giorni reitera un mix di misure già sperimentate sia dal centro-sinistra, sia dal centro-destra, a partire dai primi anni Novanta.

Fu, quella, una fase nella quale si decise di accelerare la transizione dal modello di economia mista prevalente negli anni Sessanta-Settanta (con rilevante intervento dello Stato, sia per la fornitura di servizi di welfare, sia come produttore di beni attraverso le imprese pubbliche) al modello di economia di mercato deregolamentata.

Tutti i principali provvedimenti annunciati o già realizzati da questo Governo (dalle agevolazioni fiscali alle imprese, alla reintroduzione dei voucher, al taglio dei finanziamenti alle Università, alle privatizzazioni, alla spending review) sono già stati sperimentati e costantemente ripetuti proprio a partire dalla svolta dei primi anni Novanta.

È interessante poi osservare che i due principali “cavalli di battaglia” di Giorgia Meloni – il rinnovo annuale una tantum del taglio del cuneo fiscale e la Legge sull’autonomia differenziata – non solo non rappresentano nulla di nuovo nella nostra Storia recente, ma sono sempre stati i punti di forza di Governi di centro-sinistra.

Per quanto riguarda il primo provvedimento, occorre ricordare che è stato inaugurato dal primo Governo Prodi nella Legge Finanziaria 2007, seguito, sulla medesima linea, dal Governo Renzi e successivamente dal Governo Draghi (con Fratelli d’Italia all’opposizione).

La Legge Calderoli sull’autonomia differenziata, motivo di vanto per Meloni e i suoi ministri, non si configura come provvedimento di politica economica, trattandosi di una Legge che si limita, al momento, a stabilire le procedure da seguire per il decentramento dei poteri alle Regioni che ne faranno richiesta.

Ciò almeno fino a quando non saranno individuate le risorse per finanziare i LEP. Anche in questo caso, non ci si trova di fronte a una discontinuità: la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, da parte del Governo D’Alema, ha introdotto, per la prima volta, l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa per le regioni e le autonomie locali, creando le condizioni per il decentramento amministrativo.

Il Governo Meloni, dunque, fin qui, non ha fatto nulla di nuovo.

Ma vi è di più. Ha seguito, senza alcuna originalità, un indirizzo di politica economica che si è rivelato via via sempre più dannoso per l’economia italiana.

Ciò vale sia nel breve sia nel lungo periodo.


a) Nel primo caso, può essere sufficiente rilevare che il tasso di crescita – che si può usare come misura del successo dell’azione di governo – è passato dal 4% del 2022 allo 0.7% del 2023 e dello 0.3% nel primo semestre del 2024, secondo le ultime rilevazioni ISTAT (ottobre 2024).

Su fonte OCSE, il tasso di crescita dei Paesi industrializzati è, quest’anno, nell’ordine del 3.2%. Facciamo, dunque, peggio degli altri e peggio di prima.

Ciò nonostante un contesto macroeconomico sostanzialmente favorevole, per il calo del tasso di inflazione, dei tassi di interesse BCE e per l’ampio spazio fiscale derivante dal PNRR: un contesto che non è stato determinato dalle politiche attuate da questo Governo.

b) Per quanto attiene agli andamenti di lungo periodo, occorre considerare che l’economia italiana sperimenta una continua riduzione del tasso di crescita del Pil (e della produttività del lavoro) da oltre trent’anni.

L’evidenza empirica mostra che, soprattutto nel caso italiano, il declino coincide e accelera con l’aumento del grado di libertà economica.

La libertà economica viene, di norma, misurata con l’indice di Fraser e include numerose variabili, fra le quali la facilità di assunzione e licenziamento e l’entità dell’intervento pubblico in economia.

Una ampia ricerca della Banca d’Italia documenta questa relazione (si veda Gianni Toniolo, a cura di, L’Italia e l’economia mondiale. Dall’Unità a oggi, Collana storica della Banca d’Italia, 2013).

Dividendo in due sotto-periodi la nostra storia economica recente, si può riscontrare che negli anni successivi alla svolta liberista del 1992 – svolta che Meloni riproduce – il tasso di crescita del Pil in Italia ha registrato un aumento medio annuo dello 0.9% e la nostra economia ha sperimentato ben quattro recessioni.

Per contro, dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, in una stagione caratterizzata da maggiore intervento pubblico in economia, l’Italia ha fatto registrare aumenti del Pil reale mediamente superiori al 4%.

Fra il 1951 e il 1963 il prodotto interno lordo è cresciuto in media del 5,9% annuo, con un picco dell’8,3% nel 1961. In più, dal secondo dopoguerra al 1992 abbiamo sperimentato una sola recessione – quella provocata dalla crisi petrolifera del 1973 – e la massima convergenza del Pil pro capite fra Mezzogiorno e Nord del Paese (68% nel 1975, a fronte del 55% attuale).

La vera novità è semmai l’improvvisazione che spinge da due anni il Governo a provare, senza esito, a tassare gli extra-profitti bancari, per arrivare alla surreale proposta dei giorni scorsi (del viceministro all’Economia Federico Freni) di accordarsi con il settore bancario italiano per una “collaborazione concordata” con le banche in merito alla quantificazione delle tasse sui loro profitti.

Va ricordato, ove mai ve ne fosse bisogno, che la tassazione è da sempre e per definizione, un prelievo coattivo, che serve per finanziare le spese dello Stato.

È probabile, quindi, prendendo sul serio Giorgia Meloni, che il suo governo passerà alla Storia o per aver ripetuto misure già note o per aver introdotto nella politica economica nazionale una dose addizionale di incompetenza.

L’ossimoro della “tassazione su base volontaria” – con l’aggravante che la possibilità di non pagarle è un privilegio esclusivo delle banche – sta lì a dimostrarlo.

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Attualità

In Italia si muore di lavoro da Bolzano in giù.

di Piero Santonastaso | Facebook/Mortidilavoro

Un autotrasportatore 41enne di Motta Camastra (Messina), è morto lunedì 7 ottobre in un incidente stradale avvenuto sulla ss 284 nei pressi di Scalilli, a Paternò (Catania).

Alla guida di un autoarticolato, l’uomo si è trovato la corsia di marcia invasa dall’automobile guidata da un 80enne di Paternò.

Nel tentativo di evitarla ha finito per lo schiantarsi contro un muro di contenimento. Nell’urto il tir si è rovesciato e ha preso fuoco, così come la vettura.

Entrambi i conducenti sono rimasti intrappolati tra le fiamme, senza possibilità di scampo.

Antonio Nazzaro, 60enne dipendente della Magazzini Generali Silos Frigoriferi, è morto lunedì 7 ottobre nel porto commerciale di Napoli, travolto da una gru durante le operazioni di scarico di una nave della compagnia cinese Cosco, ormeggiata alla banchina 42 con a bordo un carico di cellulosa.

L’agricoltore 60enne Helmut Volgger è morto lunedì 7 ottobre a Racines (Bolzano), schiacciato dal quad agricolo con il quale stava partecipando alla vendemmia nei terreni di famiglia in zona Telves.

Il veicolo si è rovesciato mentre Volgger percorreva una strada bianca, profondamente segnata dalle precipitazioni degli ultimi giorni.

#AntonioNazzaro#helmutvolgger#mortidilavoro

Ottobre 2024: 18 morti (sul lavoro 13; in itinere 5; media giorno 2,5)

Anno 2024: 880 morti (sul lavoro 664; in itinere 216; media giorno 3,1)

135 Lombardia (94 sul lavoro – 41 in itinere)

87 Campania (72 – 15)

79 Veneto (54 – 25)

70 Sicilia (49 – 21)

65 Lazio (42 – 23)

64 Emilia Romagna (50 -14)

57 Toscana (46 – 11)

54 Puglia (36 – 18)

53 Piemonte (40 – 13)

30 Sardegna (26 – 4)

25 Marche (17 – 😎,

Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

16 Liguria (14 – 2), Estero (13 – 3)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Alto Adige (11 – 1), Umbria (12 – 0)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Il cadornismo di gramsciana memoria e l’attuale politica italiana.

Valentino Gerratana (terzo da destra in alto) fra i gappisti romani nel 1944. (Courtesy by Wikipedia).

Nel suo editoriale di insediamento alla direzione di Repubblica, Mario Orfeo scrive: “Una filosofa della politica mi ha citato Gramsci e la sua definizione di cadornismo politico: per la destra italiana “una cosa è giusta solo perché decisa da chi comanda e se non viene attuata la colpa è di chi si oppone”.

Vale la pena, dunque, andare a rileggere il significato che Gramsci dette al termine “cadornismo”.

In “Gramsci le sue idee nel nostro tempo” (Editrice l’Unità, Roma 1987), il filosofo e docente di storia della filosofia all’Università di Salerno, Valentino Cerratana (1919-2000), scrive:

 “Cadornismo

Del generale Luigi Cadorna, capo di Stato maggiore nella prima guerra mondiale fino al disastro di Caporetto, Gramsci si era occupato con particolare attenzione in occasione delle accese polemi­che sollevate intorno alla sua responsabilità per quella catastrofica sconfitta militare.

Ma Cadorna e Caporetto diventano ben presto nella riflessione gramsciana soprattutto metafore di un pensiero politico.

Molto spesso del resto nel linguaggio dei Quaderni la strategia militare si trasforma da forma apparente di modello in metafora eloquente della riflessione politica (vedi il caso più noto del confronto tra «guerra di movimento» e «guerra di posizione»).

Cadorna è visto da Gramsci come un burocrate della strategia: colui che sacrifica la realtà allo schema e che dopo aver costruito il suo piano strategico con ipotesi «logiche» non esita a dar torto alla realtà e si rifiuta di prenderla in considerazione.

In questo tipo di strategia agli individui non spetta altra sorte che quella di essere sacrificati, e non ha senso quindi parlare di sacrifici inutili.

Gramsci comincia col mettere in dubbio che questa logica sia valida già sul terreno della strategia militare.

Ma ciò che più gli preme è il discorso polemico contro quelli che definisce gli «strateghi del cadornismo politico» (Marx li chiamava «gli alchimisti della rivoluzione»).

È difficile, sottolinea Gramsci, estirpare dai «dirigen­ti» il «cadornismo»: «cioè la persuasione che una cosa sarà fatta perché il dirigente ritiene giusto e razionale che sia fatta, se non viene fatta, “la colpa” viene riversata su chi “avrebbe dovuto” ecc.

Così è difficile estirpare l’abitudine criminale di trascurare di evitare i sacrifici inutili.

Eppure il senso comune mostra che la maggior parte dei disastri collettivi (politici) avvengono perché non si è cercato di evitare il sacrificio inutile, o si è mostrato di non tener conto del sacrificio altrui e si è giocato con la pelle altrui».

Estirpare le cattive abitudini della politica era diventato il chiodo fìsso di Gramsci.

Si era convinto che queste cattive abitudini erano radicate in una concezione della politica basata sulla divarica­zione dei compiti dei governanti e dei governati, dei dirigenti da una parte e dei diretti dall’altra: ai primi spetta solo decidere, ai secondi solo eseguire.

Il vizio cadornistico di giocare con la pelle altrui trova qui il suo più succoso alimento.

Per questo gli errori più gravi sono anche i più difficili da raddrizzare.

Con un’altra immagine, cambiando metafora, Gramsci tornava a insistere: «è vero che si è formata una mentalità sportiva che ha fatto della libertà un pallone con cui giocare a football.

Ogni “villan che parteggiando viene” immagina se stesso dittatore e il mestiere del dittatore sembra facile: dare degli ordini imperiosi, firmare carte ecc. poiché si immagina che “per grazia di Dio” tutti ubbidiranno e gli ordini verbali e scritti diverranno azione: il verbo si farà carne.

Se non si farà, vuol dire che occorrerà attendere ancora, finché la “grazia” (ossia le cosiddette “condizioni obiettive”) lo renderanno possibile».

Da questo testo dei Quaderni del carcere appare confermata l’impressione che la polemica gramsciana contro il «cadornismo politico» fosse anche una polemica interna di partito.

Gramsci aveva infatti, com’è noto, disapprovato la politica della «svolta» con cui gli strateghi del Komintern avevano deciso tra il 1929 e il 1930 il rientro in Italia di centinaia di militanti comunisti, ai quali era affidato sulla carta il compito di guidare una allora improbabile insurrezione popolare, ma che erano destinati nella realtà a marcire nelle prigioni fasciste.

Anche a questo doveva pensare scrivendo con durezza della «abitudine criminale di trascurare di evitare i sacrifici inutili».” (https://www.nilalienum.com/gramsci/0_Glossario/GCadornismo.html)

In conclusione, l’accusa di “cadornismo”, se ben si attaglia al modus operandi della destra al governo, e della sua brama arrogante di potere, sembrerebbe che di “cadornismo” non sia esente neppure l’opposizione di centrosinistra che tra campi larghi e pericolosi tatticismi coltiva da anni “il vizio cadornistico di giocare con la pelle altrui”, cioè della classe lavoratrice, e dei ceti impoveriti dall’accettazione delle logiche neoliberiste.

D’altronde l’idea che “una cosa è giusta solo perché decisa da chi comanda e se non viene attuata la colpa è di chi si oppone”, è stato l’errore fatale di Molinari con la redazione, che finalmente gli è stato fatale, costretto come è stato a cedere il posto a Mario Orfeo.

Che almeno sembrerebbe essere partito col piede giusto.

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Attualità

Netanyahu ha inguaiato l‘Europa.

“Più di recente, l’immoralità dell’Occidente di fronte alla questione palestinese non ha fatto altro che rafforzare l’ostilità del Resto del mondo.

E l’opera di macelleria compiuta a Gaza dallo Stato di Israele, soprattutto con armi americane e accettata dall’Europa e dagli Stati Uniti, ha spinto l’intero mondo musulmano dalla parte del russi.

Tanto che, complice la fragilità militare del mondo arabo e l’ostilità patologica degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran, la Russia è riuscita praticamente a porsi, senza particolari sforzi diplomatici, come una sorta di baluardo a difesa dell’islam.

Lungi dall’essere emarginata, la Russia è tornata a ricoprire un ruolo centrale nel mondo”. (“La sconfitta dell’Occidente”, Emmanuel Todd, Fazi Editore.)

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Attualità

È morto a 71, era pensionato e lavorava in nero in un cantiere. “Chissà cosa ne pensa l’ineffabile ministra del Lavoro, madrina della macchinosa e inutile patente a punti per le aziende dell’edilizia”.

di Piero Santonastaso | Facebook/Mortidilavoro

Un pensionato di 71 anni di Tavazzano con Villavesco (Lodi), è morto sabato 5 ottobre a Lodi Vecchio cadendo da un trabattello sul quale era salito senza protezioni.

È accaduto alla Romy Cosmetics di viale Europa, azienda con 2 (due) dipendenti che confeziona cosmetici per conto terzi, con un fatturato di circa mezzo milione.

Le ultime piogge avevano causato infiltrazioni dal tetto in amianto (!) e per sistemarlo la società si era rivolta a un muratore con partita iva, che a sua volta aveva “affittato” in nero il pensionato.

Quest’ultimo sabato ha perso l’equilibrio ed è caduto da un’altezza di 5 metri, morendo sul colpo. Tutto questo è accaduto nella regione “locomotiva d’Italia”, dove le persone rischiano la vita per pochi spiccioli, in questo caso per rimpolpare una magra pensione.

“Tanti anziani hanno l’esigenza di integrare la pensione con lavori vari, spesso non regolari – ha denunciato Morwenna Di Benedetto, segretaria Filctem Cgil Lodi – È un fenomeno che si sta diffondendo sempre più e merita di essere monitorato con maggiore attenzione. Certamente sia l’affidatario diretto dell’attività sia il suo aiutante erano sprovvisti di qualsiasi dispositivo di protezione individuale. Ancora una volta emergono tutte le criticità dei nostri sistemi di controllo che, a causa soprattutto della carenza di personale ispettivo, perdono di efficacia”.

Chissà cosa ne pensa l’ineffabile ministra del Lavoro, madrina della macchinosa e inutile patente a punti per le aziende dell’edilizia.

Domenica 6 ottobre si è spento nell’ospedale Civico di Palermo il 48enne Giovanni Casano, marinaio di Lampedusa soprannominato nell’isola Lupin, che il 4 agosto scorso era rimasto gravemente ustionato dall’esplosione e dal successivo incendio del motore di un’imbarcazione che stava provando per conto terzi al largo di Punta Sottile.

Trasportato in elicottero a Palermo, aveva subito diversi trapianti di pelle nel tentativo di sostenere la sua lotta per la vita, conclusasi purtroppo domenica mattina.

#giovannicasano#mortidilavoro

Ottobre 2024: 15 morti (sul lavoro 10; in itinere 5; media giorno 2,5)

Anno 2024: 877 morti (sul lavoro 661; in itinere 216; media giorno 3,1)

135 Lombardia (94 sul lavoro – 41 in itinere)

86 Campania (71 – 15)

79 Veneto (54 – 25)

69 Sicilia (48 – 21)

65 Lazio (42 – 23)

64 Emilia Romagna (50 -14)

57 Toscana (46 – 11)

54 Puglia (36 – 18)

53 Piemonte (40 – 13)

30 Sardegna (26 – 4)

25 Marche (17 – 7)

Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

16 Liguria (14 – 2),

Estero (13 – 3)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Umbria (12 – 0)

11 Alto Adige (10 – 1)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Molinari, te ne vai o no, te ne vai sì o no.

Maurizio Molinari, ex direttore di Repubblica.

Maurizio Molinari imperversa su Repubblica, nonostante non sia più alla direzione, oggi il giornale pubblica il suo editoriale.

Un peana al sionismo, senza un briciolo di terzietà, che dovrebbe connaturare il ruolo di un grande giornale. Non si capisce perché il nuovo direttore non abbia salutato i lettori, il Cdr non abbia espresso il suo gradimento: il cambio della guardia alla direzione di Repubblica è uno dei misteri della Repubblica.

Tornando ai contenuti dell’editoriale di Molinari, si nota un certo sporchino intellettuale, soprattutto da parte di chi ha avuto la presunzione di firmare almeno un paio di saggi sulle questioni geopolitiche che riguardano il Mediterraneo.

Il sospetto, più che comprensibile, è che il pezzo di oggi voglia fare da copertura ideologica alla minacciata e imminente rappresaglia minacciata contro l’Iran da parte di Netanyahu. Continuare la solfa propagandistica secondo cui criticare Israele sarebbe antisemitismo è accendere un candelotto fumogeno sulle vere ragioni del bellicismo spasmodico del premier israeliano.

Gillas Kepel, importante studioso del Medio Oriente.

“L’opposizione di Netanyahu (a ogni proposta di cessate il fuoco, ndr) è un’ostacolo solo finché rimarrà al potere, il che dipende dal fatto che l’operazione armata a Gaza continui o si concluda.

Se gli ostaggi sopravvissuti saranno liberati e la guerra finirà, in Israele si terranno le elezioni, le cui probabilità di successo per lui sono scarse.

Ma la cancellazione di questa ipoteca, se mai avverrà, lascerà intatta quella di Gaza, con le sue infrastrutture distrutte e l’85 per cento della sua popolazione sfollata nella zona di confine del Sinai egiziano intorno a Rafah, e sprofondata in una stato di indigenza e di stress sanitario e alimentare catastrofico”.

Questo scrive Gilles Kepel in “Olocausti” (traduzione dal francese di Lorenzo Alunni, per Feltrinelli, settembre 2024). Tesi avvalorata dall’attacco contro il Libano, evento successivo alla pubblicazione di questo saggio, che conferma la brama di guerra di Netanyahu, unica chance di non perdere i potere e finire in galera per corruzione.

Quanto a Maurizio Molinari, che ha perduto il posto prestigioso che aveva a Repubblica, perché ha perduto copie e credibilità da parte della redazione, e si ostina a fare il megafono della propaganda del Likud, è bene se ne faccia una ragione: da tempo ha ormai perso ogni credibilità anche, e soprattuto, agli occhi dei lettori.

——————-

Ricevo la seguente precisazione:

“Il direttore saluterà i lettori sul giornale di domani, che sarà l’ultimo che firma.

Il gradimento del nuovo direttore avverrà dopo il discorso dello stesso e il piano editoriale che presenterà alla Redazione nei prossimi giorni. Il nuovo direttore si insedia domani mattina, ma il giornale in edicola domani è stato chiuso oggi dal vecchio direttore.

Quindi sarà il giornale di carta di domani mattina, ancora diretto e chiuso questa sera da Maurizio Molinari, a ospitare presumibilmente il suo saluto ai lettori. Cosa diversa per il sito che da domani mattina sarà diretto da Mario Orfeo”.

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Attualità

Genocidio.

“Il termine ‘genocidio’, oggetto della controversia davanti alla Corte internazionale di giustizia, è un neologismo coniato nel 1943 da Raphael Lemkin (1900-1959), giurista ebreo polacco formatosi a Lemberg (oggi Leopoli, in Ucraina), capitale della Galizia, poi naturalizzato americano.

Iniziò studiando il massacro e la deportazione di armeni e assiri nell’impero ottomano nel 1915.

Fu profondamente colpito dal processo a Berlino nel 1921 del giovane armeno che uccise Talat Pascià, ex ministro di Istanbul, nella capitale tedesca e dichiarò di voler vendicare il massacro della sua famiglia a Erzurum, la sua città natale.

Secondo Lamkin, che ne 1915 aveva diciotto anni, Talat Pascià era ‘il criminale più spaventoso’, in quanto era uno dei principali responsabili dello sterminio di ‘1,2 milioni di armeni uccisi per il crimine di essere cristiani’.

L’imputato fu assolto, ma i giuristi di Lemberg discussero all’infinito sulla norme giuridiche applicabili al suo caso.

Nominato successivamente procuratore in Polonia, Lemkin dovette riparare nel Stati Uniti per sfuggire al nazismo e fu lì che nel 1943 coniò il termine ‘genocidio’, definito come l’intenzione seguita dalla sua attuazione, di cancellare uccidendo (-‘cidio’) un genos.

Questo termine greco, che significa ‘nascita’ o ‘razza’ e si riferisce a una popolazione in relazione a un ‘gene’ o eredità comuni, nell’uso giuridico contemporaneo è diventato un ‘gruppo umano’.

La sua distruzione comporta non solo l’uccisione dei suoi membri, ma anche il desiderio degli sterminatori di liquidare l’identità socio-culturale del ‘gruppo’ in questione, la sua lingua, la sua religione, e di sradicarlo dal suo territorio ancestrale.

In ogni caso, al processo di Norimberga del 1947, in cui comparvero, furono condannati e giustiziati vari gerarchi nazisti, il concetto di ‘crimine contro l’umanità’ – anch’esso ideato da un giurista ebreo della Galizia, Hersch Lauterpacht (1897-1960), che in seguito diventerà cittadino britannico naturalizzato e sarà uno dei primo giudici della Corte internazionale di giustizia – fu preferito a quello di ‘genocidio’.

La controversia, caduta nell’oblio negli anni venti tra i due giuristi laureati alla Facoltà di Leopoli e le cui rispettive famiglie furono sterminate dalla Shoah, ha assunto una straordinaria attualità con il ricorso del Sudafrica contro Israele alla Corte internazionale di giustizia nel gennaio 2024″. (“Olocausti”, Gilles Kepel, Feltrinelli).

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Attualità

Altre cinque vittime si aggiungono alla macabra contabilità dei morti di lavoro in Italia.

di Piero Santonastaso | Facebook/Mortidilavoro

Marco Ricci, 39enne romano da anni trapiantato a Sansepolcro (Arezzo), è morto venerdì 4 ottobre nell’ospedale San Martino di Genova, dove era stato ricoverato giovedì in condizioni disperate.

Stava lavorando nel cantiere del futuro Parco del Ponte, che sorgerà a Genova nel punto in cui 6 anni fa crollò il viadotto Morandi; in particolare era impegnato nella struttura che ospiterà la ludoteca.

Operaio della Lifecut, azienda di carpenteria metallica di Sansepolcro, insieme a un collega stava trasportando a braccia pesanti griglie camminando all’indietro, quando ha messo un piede su un’asse di legno posta a chiusura del vano ascensore, ma non fissata.

L’asse si è spostata e Ricci è precipitato nel vuoto per 13 metri. È stato rianimato dall’arresto cardiaco e trasportato in ospedale, dove i medici già nella notte hanno avviato il periodo di osservazione per constatare la morte cerebrale.

Enormi gli interrogativi sul perché il vano ascensore fosse chiuso in modo tanto precario e sul perché non vi fossero barriere metalliche a impedire l’avvicinamento dei lavoratori.

Attilio Franzini, 47enne di Formia dipendente della romana Salcef, appaltatrice di RFI, è morto alle 4,30 di venerdì 4 ottobre, travolto da un Intercity a San Giorgio di Piano (Bologna) mentre lavorava in un cantiere notturno sulla linea ferroviaria per Trieste.

È l’ennesima vittima del mostruoso sistema di appalti e subappalti cresciuto intorno alla rete ferroviaria italiana man mano che le vecchie Ferrovie dello Stato cedevano interi settori di attività.

Una rete peraltro vecchia, che pertanto richiede un impressionante numero di interventi, ben oltre la soglia delle normali attività di manutenzione, come dimostrano i quotidiani blocchi della circolazione a partire dal clamoroso blackout di giovedì 3 ottobre.

Lo scaricabarile iniziale ha puntato il dito sul lavoratore, che sarebbe stato investito mentre era fuori dall’area del cantiere per una decisione autonoma.

Con il passare delle ore si è fatta strada l’ipotesi che invece si fosse spostato a causa di un cortocircuito che aveva interessato il binario sul quale si trovava.

“La strage di Brandizzo non ha insegnato nulla”, è stato osservato da più voci, comprese quelle della famiglia di Kevin Laganà, la più giovane delle 5 vittime di Brandizzo.

Una guardia giurata di 59 anni, L.C., si è uccisa con la pistola in dotazione mentre era in servizio nella sede dell’Inps di Lucca.

L’uomo si è sparato nell’androne, in quel momento deserto. Il fenomeno del burnout, piaga delle forze dell’ordine, colpisce anche i servizi di vigilanza.

Vincenzo Nicosia, 59enne fiorentino dipendente di un’azienda ceramica di Impruneta è morto andando al lavoro giovedì 3 ottobre: a Greve in Chianti è stato investito dall’auto guidata da un ottantenne e sbalzato sul cofano di una seconda vettura.

Giuseppe Iudicello, 44enne farmacista di Castel di Lucio (Messina), è morto mercoledì 2 ottobre mentre raggiungeva in moto Castel di Tusa per aprire la farmacia che gestiva.

Sulla provinciale 117, a Pettineo, si è scontrato con un trattore ed è stato sbalzato sul guardrail, perdendo la vita all’istante.

#MarcoRicci#attiliofranzini#vincenzonicosia#giuseppeiudicello#mortidilavoro

Ottobre 2024: 13 morti (sul lavoro 8; in itinere 5; media giorno 3,2)

Anno 2024: 875 morti (sul lavoro 659; in itinere 216; media giorno 3,1)

134 Lombardia (93 sul lavoro – 41 in itinere)

86 Campania (71 -15)

79 Veneto (54 -25)

68 Sicilia (47 -21)

65 Lazio (42 – 23)

64 Emilia Romagna (50 -14)

57 Toscana (46 – 11)

54 Puglia (36 – 18)

53 Piemonte (40 – 13)

30 Sardegna (26 – 4)

25 Marche (17 –

Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

16 Liguria (14 – 2),

Estero (13 – 3)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Umbria (12 – 0)

11 Alto Adige (10 – 1)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

L’importanza dei partiti messianici in Israele.

“In Israele, la stessa preoccupazione per la fertilità fa sì che le cinque mogli dei leader dei partiti religiosi della coalizione che ha vinto le elezioni del primo novembre 2022 (governo Netanyahu VI, ndr) abbiano data alla luce ben 42 figli!

Gli Haredim (ultra-ortodossi) sono i primi in questo senso: nel 2020 rappresentavano il 20 per cento della popolazione ebraica e nel 2040 dovrebbero raggiungere il 35 per cento, ceteris paribus.

Il voto comunitario per la Jut (United Totah Judaism) (sette membri alla Knesset) assicura loro la maggioranza nelle città devote e a Gerusalemme ottengono il 24 per cento dei voti.

Lo Shas (che rappresenta i sefarditi tradizionalisti provenienti dai paesi arabi, di estrazione popolare e le cui famiglie sono prolifiche) detiene undici seggi, e i sionisti religiosi – altrettanto prolifici, soprattutto negli insediamenti della Cisgiordania – quattordici deputati.

In questo modo i partiti hanno un totale di trentadue seggi, a pari merito col il Likud di Netanyahu, e gli forniscono una base socio-ideologica che non ha subito vicissitudini nonostante il crollo del potere constatato il 7 ottobre.” (“Olocausti”, Gilles Kepel, Feltrinelli.)

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Attualità

Non dite alla ministra Calderone che in Italia si muore ogni giorno di lavoro. Lei crede che il suo ministero abbia ben altro a cui pensare.

Gaia Gandolfi, 42enne di Calvatone (Cremona), marito e un figlio, è morta nelle prime ore di giovedì 3 ottobre mentre andava al lavoro al panificio Rota di San Martino all’Argine.

L’auto che guidava ha sbandato e si è schiantata contro un palo in cemento, intrappolando la lavoratrice.

L’allarme è stato dato intorno alle 8 da automobilisti di passaggio, quando non c’era più nulla da fare. Restano da ricostruire l’ora e la dinamica dell’incidente.

Roberto Gnocchi, 58enne artigiano edile di Molinello di Mazzano (Brescia), moglie e una figlia, è morto giovedì 3 ottobre a Verolanuova mentre andava al lavoro in moto.

In una caduta autonoma, il lavoratore è stato sbalzato oltre il guardrail, cadendo in una roggia. Nulla da fare per i soccorritori.

Fabio Santin, manutentore 51enne di Cavolano di Sacile (Pordenone), sposato, giovedì 3 ottobre era al lavoro nel mobilificio Alf di Francenigo di Gaiarine (Treviso), quando si è improvvisamente accasciato a terra.

Immediato l’allarme dei compagni di lavoro al Suem 118, ma il medico intervenuto non ha potuto che constatare il decesso.

Diego Guida, 59enne assistente capo coordinatore della Polizia, moglie e un figlio, mercoledì 2 ottobre è stato colpito da un malore mentre era in servizio al commissariato di Pescia (Pistoia).

L’uomo, che a maggio sarebbe andato in pensione, ha detto ai colleghi di non sentirsi bene ed è andato a sdraiarsi.

Sulle prime tranquillizzava gli altri agenti, dicendo di sentirsi meglio, poi ha smesso di rispondere e le manovre dei soccorritori intervenuti non hanno sortito effetto.

#gaiagandolfi#robertognocchi#fabiosantin#diegoguida#mortidilavoro

Ottobre 2024: 8 morti (sul lavoro 5; in itinere 3; media giorno 2,6)

Anno 2024: 870 morti (sul lavoro 656; in itinere 214; media giorno 3,1)

134 Lombardia (93 sul lavoro – 41 in itinere)

86 Campania (71 -15)

79 Veneto (54 -25)

67 Sicilia (47 -20)

65 Lazio (42 – 23)

63 Emilia Romagna (49 -14)

55 Toscana (45 – 10)

54 Puglia (36 – 18)

53 Piemonte (40 – 13)

30 Sardegna (26 – 4)

25 Marche (17 – 😎, Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

16 Estero (13 – 3)

15 Liguria (13 – 2)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Umbria (12 – 0)

11 Alto Adige (10 – 1)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Alla fine, settembre chiude con 92 vittime, e ottobre comincia con quattro morti di lavoro.

di Piero Santonastaso-Facebook.com/Mortidilavoro

Al primo bilancio di settembre (88 vittime), si aggiungono altri 4 morti di lavoro, che portano il totale del mese a 92.

Il ventenne Ethan Gottardello è morto lunedì 30 settembre nell’ospedale di Tradate (Varese), dove era giunto in condizioni critiche per un incidente stradale.

Ethan dopo il diploma aveva trovato impiego alla Colines di Azzano e lunedì alle 7,30 stava andando al lavoro in moto da Venegono (Varese), il paese in cui risiedeva, quando si è scontrato con un furgone, riportando gravi lesioni.

Alessio Alessandroni, 47enne di Monterado di Trecastelli (Ancona), manutentore di caldaie, stava tornando a casa alla fine della giornata di lavoro, lunedì 30 settembre, quando con lo scooter si è schiantato contro un palo della segnaletica stradale, ed è morto sul colpo.

Carlo Fraschini, 52enne autista AMT di Chiavari (Genova), è morto lunedì 30 settembre nell’ospedale di Lavagna.

Si era sentito male a Borzonasca mentre era in servizio al capolinea del Chiamabus, era stato rianimato dai soccorritori e trasportato in ospedale, dove però ha avuto un secondo malore ed è spirato, probabilmente per dissecazione dell’aorta.

Malore al lavoro anche per un giardiniere 61enne di Treviglio (Bergamo), G.B., che lunedì 30 settembre era impegnato con il figlio e un collega a Caravaggio (Bergamo).

Mentre usava un decespugliatore è crollato a terra ed è stato trasportato al Giovanni XXIII di Bergamo, dove è morto.

Quattro vittime anche nei primi due giorni di ottobre e di nessuna di loro sono note le generalità.

Nel primo dei casi si tratta di un fenomeno facilmente spiegabile: siamo nel più classico dei casi di lavoro nero e di sfruttamento dei migranti. La vittima è un 25enne dello Sri Lanka, che alle 6,30 del 1° ottobre, con un gruppo di connazionali, andava a lavorare nei campi di Cavriana (Mantova) percorrendo a piedi la Goitese.

Il gruppo è stato investito da un’auto e il ragazzo è stato sbalzato in un fosso che corre a lato della strada. I suoi compagni si sono dileguati, mentre sul corpo della vittima non sono stati trovati documenti.

Un camionista 64enne è morto martedì 1° ottobre in un incidente sulla A1, all’altezza di Barberino di Mugello (Firenze).

Il tir che guidava si è improvvisamente intraversato e il guidatore è stato sbalzato fuori dalla cabina, riportando nell’impatto con l’asfalto lesioni fatali.

Un agricoltore 78enne è morto mercoledì 2 ottobre a Tolve (Potenza), schiacciato dal trattore con il quale stava lavorando un suo terreno.

Mistero fitto, per ora, sulla quarta vittima: sappiamo solo che martedì 1° ottobre un 35enne è morto sul lavoro a Villongo Sant’Alessandro (Bergamo), in una ditta di via Fineschi.

#ethangottardello#alessioalessandroni#carlofraschini#mortidilavoro

Ottobre 2024: 4 morti (sul lavoro 3; in itinere 1; media giorno 2)

Anno 2024: 866 morti (sul lavoro 654; in itinere 212; media giorno 3,1)

132 Lombardia (93 sul lavoro – 39 in itinere)

86 Campania (71 -15)

78 Veneto (53 -25)

67 Sicilia (47 -20)

65 Lazio (42 – 23)

63 Emilia Romagna (49 -14)

54 Toscana (44 – 10), Puglia (36 – 18)

53 Piemonte (40 – 13)

30 Sardegna (26 – 4)

25 Marche (17 – 😎, Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

16 Estero (13 – 3)

15 Liguria (13 – 2)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Umbria (12 – 0)

11 Alto Adige (10 – 1)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

L’occidente e la teoria del “nuovo ordine” in Medio Oriente.

di Alberto Negri, Il manifesto

OPINIONI Singolare che Netanyahu, il cui orizzonte ideologico è la guerra, prometta libertà agli iraniani mentre in patria tiene i palestinesi in un regime di apartheid e senza il diritto ad uno Stato

Ogni tanto nel corso della storia salta fuori qualcuno che vuole cambiare il Medio Oriente e che dichiara di volere «liberare» i popoli della regione.

Adesso, in attesa della replica israeliana alla pioggia di razzi di Teheran, sale in cattedra Benyamin Netanyahu, il cui governo ha battezzato «Operazione Nuovo Ordine» l’uccisione di Nasrallah, leader di Hezbollah, e l’attacco militare in corso Libano.

Il premier israeliano, davvero con sorprendente improntitudine si è spinto anche più in là.

Rivolgendosi alla popolazione iraniana (definita «popolo persiano») ha affermato: «Quando l’Iran sarà finalmente libero, e quel momento arriverà molto prima di quanto la gente pensi, tutto sarà diverso. I nostri due antichi popoli, il popolo ebraico e il popolo persiano, saranno finalmente in pace».

Anche se ora i due Paesi si avvicinano pericolosamente allo scontro diretto che rischia di travolgere tutta l’area in una guerra con il coinvolgimento anche delle grandi potenze.

È assai singolare che Netanyahu, il cui orizzonte mentale e ideologico sono la violenza e la guerra, prometta di liberare gli iraniani visto che in patria ha deciso di tenere i palestinesi in un regime di apartheid e non si pone neppure il problema di uno stato palestinese.

Ma in anni recenti, senza risalire alle spartizioni anglo-francesi, ce ne sono stati altri che si sono proposti come «liberatori».

I loro clamorosi insuccessi sono diventati l’emblema delle tragedie mediorientali. Sapere come sono nate queste idee e come si sono sviluppate ci dice come potrebbe finire domani.

In decenni recenti chi pensò di rifare il Medio Oriente fu Bernard Lewis, uno dei massimi esperti mondiali, professore emerito all’università di Princeton.

Nel 1978 Lewis elaborò un documento in cui si raccomandava di appoggiare i movimenti dei radicali islamici dei Fratelli Musulmani e di Khomeini con l’intento di promuovere la balcanizzazione del Medio Oriente lungo linee tribali e religiose.

Lewis sosteneva che l’Occidente dovesse incoraggiare gruppi indipendentisti come i curdi, gli armeni, i maroniti libanesi, i copti etiopi, i turchi dell’Azerbaijan.

Il disordine sarebbe sfociato in quello che il professore definì un «arco della crisi» per poi diffondersi anche nelle repubbliche musulmane dell’Unione sovietica.

L’espressione «arco della crisi» ebbe un enorme successo. L’Iran, sfortunatamente per l’amministrazione Carter, si rivelò più un problema per gli Usa che per Mosca, ma l’invasione dell’Armata Rossa in Afghanistan nel 1979 diede un impulso straordinario alla teoria di Lewis: gli Stati Uniti, con l’appoggio militare del Pakistan e quello finanziario dell’Arabia saudita, armarono migliaia di mujaheddin che inchiodarono i russi in una «guerra santa» fino al loro ritiro nel 1989.

Quando gli americani dopo l’11 settembre invadono l’Afghanistan pensano di fare meglio dei sovietici ma finisce come sappiamo: con la riconsegna del Paese ai talebani e una vergognosa fuga da Kabul.

Ma il «capolavoro» di Lewis e del corteo dei «liberatori» è l’Iraq.

Nel 2002 convince il presidente Bush junior e il suo vice Cheney ad attaccare Saddam Hussein e scrive: «Se avremo successo ad abbattere il regime iracheno e iraniano vedremo a Baghdad e Teheran scene di giubilo ancora maggiori di quelle seguite alla liberazione di Kabul». Ma né a Baghdad né a Kabul ci sono mi state le gioiose manifestazioni immaginate dal professore.

L’Iraq, occupato nel 2003 con la menzogna di scovare armi di distruzione di massa mai trovate, fu inghiottito da nuove guerre, dal terrorismo di Al Qaeda e poi fatto a pezzi dal Califfato: centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi, così come avvenne in Siria.

Peccato che ci siamo dimenticati che a fermare l’Isis a 40 chilometri da Baghdad, quando l’esercito iracheno si era ormai completamente sbandato, non furono gli Usa ma i Pasdaran iraniani e gli Hezbollah guidati dal generale Soleimani, poi ucciso dagli americani nel gennaio 2021.

Dopo gli attentati dell’11 settembre, il Pentagono aveva delineato dei piani per attaccare dopo l’Afghanistan sette Paesi mediorientali in 5 anni: Sudan, Somalia, Libia, Libano, Siria, Iraq e Iran.

Come è andata a finire lo sappiamo: un disastro con cui abbiamo ancora a che fare.

Per non parlare delle «primavere arabe» del 2011 la cui onda venne cavalcata dall’amministrazione Obama: dovevano portare la democrazia e sono finite in regimi autocratici.

I teorici del «nuovo ordine» mediorientale, apparentemente sofisticati e dalle dotte analisi, sono a dir poco sconfortanti alla prova dei fatti: il problema è che discettano sui media di argomenti che non conoscono e di luoghi che non hanno mai visto, formando con i loro interventi l’opinione pubblica occidentale.

Più che alle teorie sui «complotti», anche queste elaborate di solito “dopo” gli eventi, bisogna fare attenzione proprio alla disinformazione quotidiana.

Oggi siamo tornati a parlare di nuovo ordine in Libano dove Israele aveva già fallito nel 2006.

Anche allora il segretario di Stato americano Condoleezza Rice accolse la guerra come l’avvio della nascita di «un nuovo Medio Oriente».

In realtà, ogni volta, dai «liberatori» abbiamo ereditato un caos peggiore di quelli precedenti. Ma è questo che si vuole: la destabilizzazione perenne non la pace.

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Attualità

Settembre 2024: ottantotto morti di lavoro.

di Piero Santonastaso-Facebook.com/Mortidilavoro

Settembre 2024 si chiude con un bilancio provvisorio di 88 vittime del lavoro per una media quotidiana che dopo cinque mesi scende sotto il 3 (2,9).

Meglio soltanto gennaio (81 morti, media 2,6) e marzo (84, media 2,7).

Soltanto lunedì 30 settembre si è conosciuta nei particolari la vicenda di Ali Jamat, 31enne pakistano che lavorava come rider in Veneto.

L’occasione è stata una manifestazione di protesta dei colleghi indetta proprio dopo la sua morte.

Ali Jamat era in Italia da meno di un anno e viveva a Padova con la moglie incinta e una figlia. Sabato 7 settembre stava facendo l’ultima consegna in bici a Limena, 2 chilometri a nord del capoluogo, quando è stato tamponato da una vettura ed è caduto battendo la testa sull’asfalto.

Ricoverato in terapia intensiva a Padova, in condizioni gravissime, è morto dopo tre giorni proprio mentre sua moglie dava alla luce il secondogenito.

La salma di Ali Jamat è stata rimpatriata giovedì 26 e lunedì 30 la manifestazione dei rider ha raccontato al mondo la terribile storia.

Il Piemonte ha registrato lunedì 30 settembre la settima vittima del mese. È il 57enne Marco Galasso, trovato senza vita dai suoi colleghi in un reparto della Checchin elettrolitica di Cambiano (Torino).

Il lavoratore era solo al momento del fatto ma alcuni lividi riscontrati sull’addome fanno pensare a un trauma, nonostante la tesi più accreditata sia quella del malore.

#alijamat#marcogalasso#mortidilavoro

Settembre 2024: 88 morti (sul lavoro 64; in itinere 24; media giorno 2,9)

Anno 2024: 859 morti (sul lavoro 650; in itinere 209; media giorno 3,1)

132 Lombardia (93 sul lavoro – 39 in itinere)

86 Campania (71 -15)

78 Veneto (53 -25)

67 Sicilia (47 -20)

65 Lazio (42 – 23)

63 Emilia Romagna (49 -14)

54 Toscana (44 – 10), Puglia (36 – 18)

53 Piemonte (40 – 13)

30 Sardegna (26 – 4)

25 Abruzzo (20 – 5)

24 Marche (17 – 7)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

16 Estero (13 – 3)

15 Liguria (13 – 2)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Umbria (12 – 0)

11 Alto Adige (10 – 1)

8 Basilicata (8 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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