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Come elaborare il lutto della più grave crisi finanziaria dal ’29.

di MOISÉS NAÍM- La Repubblica

Le tappe sono note. Negazione («Non sta succedendo nulla»). Rabbia («Perchè proprio a me?»). Negoziazione («Che posso fare per rinviare l´inevitabile?»). Depressione («Non vale più la pena di fare niente: è finita»). Accettazione («Tutto si rimetterà a posto, il mondo andrà avanti»).

Sono le «cinque tappe del lutto», quelle attraverso cui, secondo Elisabeth Kübler Ross, passano tutti coloro che si trovano ad affrontare la morte di una persona cara o una perdita catastrofica. Probabilmente la Kübler-Ross non immaginava che il suo schema potesse risultare molto utile per comprendere il comportamento di un Governo messo di fronte a una grave crisi finanziaria. Sono passati attraverso questa trafila gli argentini (più di una volta), i brasiliani, i messicani, i russi e gli asiatici. Ora tocca all´Europa (e agli Stati Uniti, ma questa è un´altra storia). Io non so – e credo che non lo sappia nessuno – che piega prenderanno le convulsioni che stanno trasfigurando le economie europee, o come reagiranno i mercati finanziari e i Governi nel loro interminabile ciclo di azioni e reazioni. Sappiamo che i 150 miliardi di euro che l´Europa ha dato alla Grecia non sono serviti a molto e che l´Italia, la Spagna e altri Paesi a rischio hanno già adottato misure di austerità fino a poco tempo fa inimmaginabili. Ma sembra che nulla funzioni.

Quando prevedere quello che succederà diventa così difficile, bisogna cercare consiglio nel passato (pur nella consapevolezza che non sempre quello che è successo in passato può essere di aiuto per prevedere il futuro). In ogni caso, l´analisi di un gran numero di crisi di questo genere in Paesi diversi ha permesso a Carmen Reinhart, autrice (insieme a Kenneth Rogoff) del magnifico libro Questa volta è diverso. Otto secoli di follia finanziaria (Il Saggiatore, 2010), di individuare le cinque tattiche più comuni utilizzate dai Paesi fortemente indebitati per ridurre l´indebitamento.

1 Crescita. Equivale a uscire dal problema facendo espandere l´economia. Man mano che l´attività economica cresce, aumenta il gettito fiscale e si riduce il peso del debito in rapporto all´economia. Molti Paesi ci hanno provato; pochi ci sono riusciti.
2 Smettere di pagare. In linguaggio più tecnico si chiama «moratoria», «sospensione dei pagamenti», «ristrutturazione del debito», «default» o «piano Brady». Nella pratica consiste semplicemente nel notificare ai creditori che saranno pagati meno di quello a cui avrebbero diritto e in un lasso di tempo più lungo di quello concordato inizialmente. La Reinhart ha riscontrato che dall´anno della sua indipendenza, nel 1832, la Grecia è stata in mora per il 48 per cento del tempo. Anche l´Argentina ricorre spesso a questa tattica.
3 Austerità. È un tema dolorosamente familiare in questi mesi per gli europei, come lo fu negli anni 90 per i latinoamericani, i russi e gli asiatici. Comporta tagli draconiani alla spesa pubblica, sia quella superflua che quella non tanto superflua. Riduce il debito, ma produce anche manifestazioni di piazza, e a volte la caduta di Governi.
4 Inflazione. Quando aumentano i prezzi, il valore del debito diminuisce in maniera proporzionale al tasso di inflazione. L´inflazione è un male per l´economia, specialmente per i lavoratori salariati, e allevia il problema dell´indebitamento in modo politicamente meno conflittuale, ma non risolve il problema dell´indebitamento in altre valute.
5 Repressione finanziaria. Avviene quando i Governi prendono misure finalizzate a incanalare verso di loro fondi che altrimenti verrebbero destinati ad altri scopi, o uscirebbero dall´economia. L´arsenale di questo tipo di misure è variegato, tentatore, pericoloso e… frequentemente utilizzato. Comprende l´imposizione di un tetto ai tassi di interesse pagati dal Governo, l´obbligo per le banche di coprire una parte delle riserve obbligatorie con l´acquisto di titoli di Stato, la nazionalizzazione del settore bancario o di alcune parti di esso o l´imposizione di controlli sui flussi di capitali internazionali. Sembrano misure estreme, e infatti lo sono, ma erano molto usate nei Paesi meno sviluppati tra gli anni 60 e gli anni 80. Carmen Reinhart, che sospetta un prossimo ritorno in auge di misure di questo tipo, ricorda che fra il 1945 e il 1980 erano comunemente utilizzate anche negli Stati Uniti e in altri Paesi sviluppati e che diedero un contributo fondamentale alla «liquidazione» dei debiti accumulati durante la seconda guerra mondiale.

Ovviamente, nessuna di queste cinque tattiche esclude le altre; possono essere adottate insieme: in particolare, vanno spesso a braccetto inflazione e repressione finanziaria.
Ripeto: non so come si evolverà questa crisi, ma so che le idee di Elisabeth Kübler-Ross, combinate con le idee di Carmen Reinhart, contribuiscono a far capire meglio cosa c´è dietro le tante notizie che ci stanno arrivando dall´Europa. (Beh, buona giornata).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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