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Siamo in guerra.

Ha ragione Barbara Spinelli: è meglio che Enrico Letta continui a sussurrare, perché quando ha alzato la voce alla Camera ha detto un’infelice castroneria, paragonando l’invasione dell’Ucraina all’attentato alle Torri Gemelle.

Invece che l’11 settembre 2001 era meglio ricordare l’11 febbraio del 2007 quando a Monaco fu promesso a Putin che non ci sarebbe stato allargamento della Nato verso Est, cioè verso i confini della Russia.

La verità, dice ancora Spinelli, è che tra il 2004 e il 2020 la Nato è passata da 16 a 30 paesi, compresi Polonia, Romania e i Paesi Baltici, tutti confinanti con la Russia.

Ora il problema è che la sovrapposizione tra Eu e Nato porta guai, come l’invasione russa dimostra. Guai che una volta cominciati, nessuno è davvero in grado di sapere come e quando finiscano.

Ora la guerra non è tra Russia e Ucraina, la guerra è qui, tra noi, contro di noi.

Siamo in guerra, non solo perché stiamo mandando armi in Ucraina e militari italiani in Romania.

Siamo in guerra perché dovremo razionare le fonti energetiche, con un aggravio di spese per famiglia si calcola intorno ai 400 euro annui, aumenti cominciati prima, ma che adesso trovano uno straordinario pretesto sia politico che commerciale.

Siamo in guerra, soprattutto perché non possiamo determinare gli esiti del conflitto, solo subirli.

In un mondo globale, le sanzioni sono a doppio taglio tra chi le commina e chi le dovrebbe subire.

Senza contare che Putin può sempre alzare il livello dello scontro. Spingere l’avversario temibile a giocarsi il tutto per tutto è l’anticamera di un disastro irreversibile.

Gli Usa, la Nato e la Ue stanno strumentalizzando il Zelenskij, la Russia le repubbliche popolari del Doneck e Lugansk.

Sono otto anni e decine di migliaia di morti il bilancio provvisorio della guerra in Dombass, finora letteralmente ignorata dalle cancellerie europee, nonostante il Protocollo di Minks.

Il torto di Letta è aver adottato lo schema propagandistico, quello tipico della Guerra Fredda, cercando di coniugarlo alla sciagurate teoria della “guerra al terrorismo”, teoria madre della fuga dall’Afganistan.

Ma questa guerra non è fredda.Il deterrente nucleare sarà ancora valido a raffreddare i bollenti spiriti imperialisti?

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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