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Te lo do io l’indulto.

Erano usciti dal carcere di Macomer alle 18, beneficiando dell’indulto, ma alle 23 sono stati nuovamente arrestati per resistenza a pubblico ufficiale, minacce, violenza e danneggiamento. Protagonisti Massimiliano Formula, 32 anni e Raimondo Muntoni, 28.

Formula, di Sassari, e Muntoni, di Tula, sono usciti nel tardo pomeriggio dall’istituto di pena di Macomer e hanno pensato di andare a festeggiare la ritrovata libertà in un bar poco distante. Ma la gioia è stata talmente incontenibile che i due hanno esagerato con l’alcol, attirando l’attenzione di una pattuglia della polizia che è intervenuta chiedendo le loro generalità. A quel punto i due uomini si sono rifiutati di fornire i documenti e di seguire gli agenti al commissariato. Per contro, gli ex carcerati hanno aggredito i poliziotti, assalendoli con calci e pugni.

Il risultato è che Formula e Muntoni sono finiti di nuovo in prigione, a Oristano, in attesa del processo per direttissima. La loro libertà è durata cinque ore.

Il vecchio trucco della resistenza e oltraggio, una brillante operazione di polizia. In Sardegna si può far bisboccia solo al Billionaire: se non sei un Vip, un calciatore con velina, un militare americano o un ex presidente del consiglio è meglio andare a letto presto. Beh, buona giornata.

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Davide mi ha scritto ancora.

Ancora niente.
Anzi il premier Olmert ha dato il via alla più vasta operazione terrestre dall’inizio del conflitto, e dichiara — Nessuna tregua nei prossimi giorni —.
Intanto si continua a scavare e a recuperare cadaveri.
Il tuo articolo l’ho trovato molto ironico, esplicativo ed anche un po’ arrabbiato, forse non abbastanza, (ma io sono un impulsivo), però continuo a pensare che questa guerra è iniziata in un momento sbagliato, per ricevere aiuti concreti.
Ci sono le vacanze!
Le manifestazioni, lo scendere in piazza, l’urlare lo sdegno la vergogna come esseri umani, la rabbia… non è il momento. Forse se la cosa fosse iniziata verso metà ottobre il pubblico sarebbe stato più coinvolto, ma ora proprio no.
D’altra parte questo periodo dell’anno è agognato da troppe persone. Interi armadi e cassetti ricolmi con costumi e vestiti trattenuti con forza nei cassetti o dietro sportelli per almeno sei mesi aspettano di esplodere in tutti i loro toni di colore e fantasie stilistiche; e che mi perdo un occasione così. Sfoggiare, finalmente mostrarmi al meglio, dopo giorni e giorni di sacrifici, alimentari, o ginnici per dire “beccati questo”!
Quindi cari bambini e povera gente che ogni minuto del giorno e della notte riuscite ancora a vivere, è vita in più, resistete, e sperate solo in voi stessi.
Nel frattempo speriamo che il teatrino diplomatico si rimbocchi le maniche e s’incazzi di brutto e faccia capire che il tempo dei pupazzi è finito!

Questione di razza

-Che cane buffo! E dove l’ hai trovato? –
Er vecchio me rispose: -é brutto assai,
ma nun me lascia mai: s’ é affezzionato.
L’ unica compagnia che m’ é rimasta,
fra tanti amichi, é ‘ sto lupetto nero:
nun é de razza, é vero,
ma m’ é fedele e basta.
Io nun faccio questioni de colore:
l’ azzioni bone e belle
vengheno su dar core
sotto qualunque pelle.

Trilussa

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Popoli e politiche

Al ristorante con gli amici.

Il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, a margine di un incontro in un ristorante di Miami con i leader della comunità cubana in esilio ha detto:
“Vi assicuro che lavoreremo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un piano che affronti alla radice le cause del problema, di modo che qualsiasi cosa ne esca sia duraturo e consenta ai libanesi e agli israeliani di restare in pace. Vogliamo che in quella regione vi sia una pace duratura, sostenibile.”

Non si sa se ha parlato con la bocca piena, si sa che anche questa volta ha evitato di esprimersi a favore di un immediato cessate-il-fuoco, nonostante le pressioni della comunità internazionale all’indomani della strage israeliana nella cittadina libanese di Cana.

Non si sa neanche se ha alzato il calice per brindare al petrolio, in rialzo in apertura a New York, a 73,6 dollari, +0,5%. Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Cana.

La nostra diplomazia è nei guai perché abbiamo avuto cinque anni di Governo Berlusconi. Che fece scappare subito il ministro degli esteri Ruggero. Che giocò alla grande diplomazia con l’interim di Berlusconi. Che nominò poi un certo Frattini. Che lasciò il posto a Fini, che aveva studiato geopolitica sulle istruzioni del Risiko.

La nostra diplomazia è nei guai perché si è schierata contro l’Europa, ha denigrato l’Onu, ha accettato di andare in Afghanistan con la Nato. Ha mandato in Iraq i nostri soldati con gli Usa. Abbiamo fatto lutti, abbiamo ricevuto lutti: la nostra è stata la diplomazia dei funerali di Stato.

Abbiano giocato alle prove tecniche degli attentati, mentre pagavamo i sequestratori dei cittadini rapiti in Iraq. Abbiamo accettato che si denigrasse la memoria Enzo Baldoni, abbiamo accettato la medaglia d’oro a Quattrocchi.

La diplomazia italiana è nei guai, perché si è inimicata i governi arabi. La nostra diplomazia è nei guai perché l’unico gesto diplomatico verso Israele è stata la keppah indossata una volta da Fini.

La nostra diplomazia è nei guai perché è stata la diplomazia del mio amico George, del mio amico Tony. Del mio amico Putin. La nostra diplomazia è nei guai perché i nostri servizi segreti hanno fatto talmente casino da non meritarsi il rispetto neanche della Cia.

Oggi paghiamo quei guai: piangere i bambini di Cana non serve a niente, finché rimarremo davanti alla tv. E’ lì che ci volevano Berlusconi, Blair e Bush. Perché siamo rimasti davanti alla tv? La nostra diplomazia è nei guai perché stiamo a guardare, invece di fare come i pacifisti israeliani, i giovani di Beirut, i ragazzi dei Territori occupati, le mamme contro la guerra negli Stati Uniti.

Asciugate le lacrime di commozione, spegnete la tv: dove sono finite le bandiere della pace che sventolavano dai nostri balconi? Portiamole in piazza. E portiamo anche i nostri bambini in piazza, diamogli un bel cartello colorato: sono un bambino di Cana, volete uccidere anche me?

La guerra non si sconfigge col telecomando. La nostra diplomazia è nei guai: l’unica soluzione siamo noi. Beh, buona giornata.

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Natura

Ma guarda un Po.

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al provvedimento per lo stato di emergenza per la siccità nel fiume Po. Lo annuncia il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Letta, parlando di una ‘cabina di regia che consentirà l’attivazione delle riserve idriche per fare fronte all’emergenza’.

A che serve una cabina di regia? Il motivo per cui il Po è secco è tutta colpa della Lega e dei suoi grotteschi riti celtici, con tanto di ampolla. Un’ampolla oggi una domani, ecco che il Po è rimasto a secco. In verità è rimasta a secco di voti pure la Lega: il Po si deve essere stufato di essere considerato il confine tra la Padania e il resto del mondo.

Anzi, il Po si è anche stufato di essere un neologismo geografico per dare il nome a un territorio che esiste solo nei brutti sogni di Bossi, di Castelli e di Calderoli, menti inquinate e aride proprio come il fiume più lungo d’Italia.

Quanto alla moda delle cabine di regia, questo film lo abbiamo già visto: è brutto, recitato male e non produce successi, né di pubblico né di critica. Beh, buona giornata.

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Animali

Davide mi scrive ancora.

Davide mi scrive ancora, con l’arguzia che merita di essere pubblicata. Beh buona giornata.

“Ad essere sincero per capire di chi tu stia parlando sono dovuto andare su
internet digitare i tre nomi da te citati per vedere e sapere chi sono
questi personaggi. Lo sconforto, la pena e la preoccupazione per la sorte
dei poveri animali abbandonati si è centuplicata.
Il lavoro dell¹agente di spettacolo non è facile specialmente con tre
personaggi di questa caratura, d’altronde si trattava di sensibilizzare le
persone, sul problema dell¹abbandono e chi meglio di loro poteva parlare di
questo problema.
Alcune cose mi lasciano perplesso: ma ai cani abbandonati è stato detto a
chi dovevano fare da testimonial, e poi saranno stati pagati?”

Carità cristiana

Er Chirichetto d’una sacrestia
sfasciò l’ombrello su la groppa a un gatto
pe’ castigallo d’una porcheria.
– Che fai? – je strillò er Prete ner vedello
– Ce vò un coraccio nero come er tuo
pe’ menaje in quer modo… Poverello!…
– Che? – fece er Chirichetto – er gatto è suo? –
Er Prete disse: – No… ma è mio l’ombrello!-

Trilussa

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Animali

Cani abbandonati e attori cani

Neanche fossero animali da palcoscenico, tre personaggi del piccolo schermo fanno da testimonial contro l’abbandono degli animali: Edoardo Costa, Silvia Rocca e Sylvie Lubamba. Ne dà notizia l’Ansa, ricordandoci che negli ultimi anni in Italia sono stati abbandonati oltre 100.000 cani, l’80% muore nei primi venti giorni dopo l’abbandono.

Per questo, sempre secondo l’Ansa sarebbero state chiamate in piazza Castello, a Milano alcune star (?!), nella speranza che le loro parole servano a sensibilizzare la gente. Edoardo Costa ha anche parlato e ha detto, (prendete nota): ‘i cani e i gatti vanno trattati come bambini, bisogna educarli e volergli bene’.

Ecco un caso esemplare in cui la cura è peggiore del male. Forse i testimonial era testominial di se stessi, nella speranza di non essere abbandonati dal pubblico del piccolo schermo.
Forse i pr che hanno messo su sto baraccone da circo soffrono il caldo milanese. C’è da rimpiangere i tempi di Angelo Lombardi, “ l’amico degli animali”, personaggio televisivo della tv in bianco e nero, che esordiva dicendo “amici dei mie amici, buona sera”.

Ma si può affidare la sorte di 100 mila cani abbandonati a tre attori “cani” del piccolo schermo? Non era meglio fare una campagna un po’ più intelligente, invece che sta inutile cagnara?
Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Davide mi scrive.

A proposito di Feluche e Fanfaluche, Davive mi scrive:

La ninna-nanna de la guerra

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna :
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
Che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
Che se regge co¹ le zeppe,
co¹ le zeppe d¹un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civiliŠ

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s¹ammazza
a vantaggio de la razzaŠ
o a vantaggio d¹una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Ché quer covo d¹assassini
che c¹insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe¹ li ladri de le Borse.

Fa¹ la ninna, cocco bello,
finché dura Œsto macello:
fa¹ la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So¹ cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l¹ombra d¹un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe¹ quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

Trilussa

Beh, buona giornata

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Popoli e politiche

Feluche e fanfaluche.

In gran spolvero a Roma le cancellerie di mezzo mondo. D’Alema ha anche imparato (a leggere) quattro parole in inglese.

Tutti intorno a un tavolo, meno quelli che ci dovrebbero essere, perché sono troppo occupati a sparare sulle rispettive popolazioni civili. Bella la diplomazia nell’era dello scontro di civiltà.

Cessate il fuoco? Parliamone. Tregua immediata? Beh, aspetta un momento. Corridoio umanitario? Che fretta c’è.

Roma può essere fiera di aver ospitato un Summit diplomatico che ha deciso di fare pressione. Questo gli ha messi tutti d’accordo: i militari faranno pressione sui pulsanti delle bombe, i medici faranno pressione sulle ferite provocate dalle bombe, i profughi faranno pressione ai confini del paesi vicini, non ancora raggiunti dalle bombe.

Un risultato, però, è stato raggiunto, quello di capovolgere definitivamente il paradigma di Von Clausewitz: oggi la guerra è la continuazione della guerra, con mezzi sempre più potenti.
Beh, buona giornata.

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Natura

Il problema era a monte o a valle?

Il problema dell’inquinamento da rifiuti urbani solidi è a monte o a valle? Per il momento è a monte: infatti, secondo quanto si apprende è italiano l’innovativo sistema di smaltimento che ridurrà drasticamente il problema ambientale dell’Himalaya.

Il progetto Earth, tutto made in Italy, opera in totale assenza di energia elettrica e di ossigeno ed è stato presentato da Actelios, società del gruppo Falck leader nel settore dell’energia da fonti rinnovabili e dal comitato Ev-K2-Cnr.

Earth consentirà il completo smaltimento dei rifiuti prodotti durante un’intera stagione turistica. Adesso che abbiamo capito come si può fare, forse è meglio farlo anche a casa nostra.

Insomma: il problema che era a monte (Himalaya) lo si può risolvere anche a valle (le colline e pianure nostrane, dal nord al sud del nostro Paese). Tanto più che la tecnologia è italiana.

Ne avrebbe grande giovamento il nostro sistema ambientale, ma anche la pubblicità, per esempio del Conai, il consorzio per il recupero degli imballaggi, cioè di quello che buttiamo.

Così, invece che dire ai cittadini quello che non devono fare, gli si potrà raccontare quello che si fa, per vivere meglio, con meno immondizie tra i piedi e una prospettiva concreta di riciclaggio nella mente. Beh, buona giornata.

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Le e-mail scrivetele a penna.

Justin Kruger e Nicholas Epley, ricercatori della Business School dell’Università di Chicago hanno dimostrato come la chiarezza delle e-mail sia altamente sopravvalutata.

Kruger ed Epley, con cinque esperimenti successivi che hanno via via verificato e ampliato i risultati, hanno chiesto a dei volontari di trasmettere messaggi via e-mail o telefono sinceri o sarcastici.

Chi scriveva era convinto, nel 75% dei casi, che il destinatario avesse identificato correttamente il tono del messaggio. Sebbene questo fosse vero per i destinatari del messaggio telefonico, tra coloro che avevano ricevuto le e-mail, solo il 56% era stato in grado di percepire il messaggio in modo appropriato.

A fare maggiore chiarezza non serviva neanche il tipo di rapporto esistente tra scrivente e destinatario, perché i malintesi ci sono in eguale misura tra amici, conoscenti o estranei.
Conclusione: niente nella comunicazione scritta può rimpiazzare il linguaggio non verbale, fatto di ‘segnali paralinguistici’ e ‘segnali prossemici’. Quando ci si dice qualcosa faccia a faccia, chi parla non usa solo le parole, ma il tono della voce e la gestualità, che arricchiscono il messaggio e forniscono all’ascoltatore importanti chiavi di interpretazione.

Le lettere tradizionali erano usate su base mensile o settimanale, la posta elettronica è usata molto più di quella vecchia maniera, ha rimpiazzato il telefono, spesso negli uffici si manda un’e-mail, anche quando sarebbe più facile parlarsi direttamente.

Pensateci bene, quante volte avete usato una e-mail e poi vi siete resi conto che la velocità della posta elettronica ha ulteriormente impoverito il già povero (rispetto alla comunicazione a voce) linguaggio scritto, con conseguenti e spesso spiacevoli equivoci?
Secondo la ricerca di Kruger ed Epley , non è solo un limite dell’e-mail, qualcosa di intrinseco al mezzo, ma anche un atteggiamento del tutto umano, un eccesso di egocentrismo. Secondo i ricercatori americani tutti, per abitudine, sovrastimiamo la nostra abilità di comunicare via e-mail, per un eccesso di autostima.

Benché consapevoli dell’ambiguità dei nostri messaggi, non riusciamo ad ammettere che il nostro interlocutore potrebbe interpretarli in maniera diversa. Questo è dovuto al fatto che seppure cerchiamo di metterci nei panni degli altri e di immaginarne il punto di vista, i sentimenti o i pensieri, usiamo pur sempre noi stessi come punto di riferimento. Non riusciamo insomma ad andare oltre la nostra esperienza soggettiva e nel caso delle e-mail sopravvalutiamo le nostre abilità di scrittori.

C’è addirittura chi sostiene che l’e-mail appartiene al passato, almeno per le nuove generazioni che la usano per lavoro o studio: tra gli amici meglio sms e chat line. A sancire la fuga dalla posta elettronica è uno studio del Pew Internet and American Life Project secondo cui la maggioranza dei giovani predilige i messaggi istantanei o il telefono per comunicare tutto ciò che va dalla chiacchiera alla conversazione intima. Le e-mail vengono usate come canale ufficiale riservato alle faccende ‘più serie’.

La cosa migliore da fare è parlare quando bisogna parlare, scrivere quando bisogna scrivere. E quando si scrive, scrivere come se fosse una lettera, con tutte le cautele e le buone abitudini della posta tradizionale.

Per esempio, è meglio cominciare con una ‘caro’ e finire con ‘cordiale saluto’. Come se usaste la penna. Avere poco tempo, non significa avere fretta. Le comunicazioni sbrigative sono irritanti: scritte, parlate o lette che siano. Beh, buona giornata.

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Salute e benessere

Alzando il gomito.

Bere da un minimo di un drink a un massimo di sette a settimana, riduce il rischio di morte ed eventi cardiovascolari negli anziani.

Lo dimostra l’Istituto sull’Invecchiamento della University of Florida, in uno studio che conferma che un consumo eccessivo di alcol, aumenta il rischio di morte e di infarto e altre malattie cardiovascolari.

Però, un consumatore moderato di alcol rispetto a chi non lo consuma affatto, ha un rischio di decesso ridotto del 26%.

Cesare Musatti, il padre della psicoanalisi italiana, diceva che il super Io è solubile in alcol. La qual cosa spiegherebbe, per esempio, come il super Io di George Walker Bush si sia enormemente ingigantito, dopo che ha smesso di bere: forse sarebbe stato meglio che continuasse a vedere doppio, invece di conquistare il doppio mandato alla Casa Bianca.

Il fatto è che questi studi hanno l’insopportabile vocazione a prescrivere, sancire, censurare o approvare i comportamenti degli individui, con un moralismo di sottofondo ben più pericoloso degli stessi comportamenti a rischio. Con il sospetto che siano ben accetti dalle grandi compagnie che producono alcol per il consumo di massa e che hanno diretto interesse a una attenuante: un bicchiere al giorno, sette bicchieri la settimana allungano la vita del 26%.

E’ del tutto evidente che sono lo stile di vita, l’alimentazione, il peso, l’emotività, nonché la qualità della bevanda alcolica i possibili parametri di valutazione dell’effetto più o meno nocivo dell’alcol. Ma lo stesso varrebbe per la più vitale delle attività umane: non è forse il cibo una delle cause di malattia mortale?

Una cattiva alimentazione accorcia la vita, allo stesso modo di una eccessiva attività fisica. Il che rimanda direttamente al valore sociale dei comportamenti umani.

Un famosa battuta spiritosa, che a proposito di drink suona bene, dice: chi crede di affogare i guai nell’alcol, non sa che i guai sanno nuotare. Beh, buona giornata.

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Società e costume

Era ora.

La discoteca piace sempre meno ai giovani, in cerca di luoghi più ‘intimi’, dove attardarsi con gli amici a chiacchierare bevendo qualcosa.

Spiagge, parchi e piazze sono da qualche anno i luoghi privilegiati per gli incontri di giovani e meno giovani, e i dati lo confermano: se erano 5 mila i locali in Italia fino a dieci anni fa, oggi non arrivano a 3 mila.

‘Il rischio – avverte Antonio Degortes, presidente di Asso-Intrattenimento – è che tra qualche anno siano solo 800’. Auguriamoci che il rischio si avveri, un po’ prima che di qualche anno e un po’ meno di ottocento. Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia

Comunico ergo sum.

Albert-Laszlo Parabasi della University of Notre Dame (Indiana, Usa), autore dello studio ”The Dynamics of Information Access on the Web”, ha pubblicato sulla rivista ”Physical Review’ dell’American Physical Society uno studio che ha evidenziato che, al giorno d’oggi, le notizie pubblicate online si mantengono per ben 36 ore, molto più di quelle impresse sulla carta.

Prendendo in esame i clic effettuati dai lettori-navigatori su una nota testata online ungherese, lo studioso è così arrivato a stimare una vita di ben 36 ore per le notizie sul web. Per quel che riguarda le notizie, Albert-Laszlo Parabasi ha quindi evidenziato un vantaggio davvero notevole di Internet sulla carta stampata.

Pur tra momenti di maggiore e altri di minore interesse, le 36 ore sulla rete sono un obiettivo impossibile da centrare per i quotidiani, soprattutto se si considera il fatto che, salvo in rari casi, il lettore perde completamente d’interesse per l’edizione sulle pagina del giornale del giorno precedente.

Per arrivare a calcolare il ”ciclo di vita” di una notizia, lo studioso ha considerato il lasso di tempo che passa tra il clic con il mouse da parte del primo lettore e quello del fruitore della notizia che si trova esattamente a metà del totale degli utenti che avranno avuto modo di leggere quel determinato articolo.

Ciò che Parabasi non considera è il fatto che i lettori attenti dei giornali spesso strappano la pagina che considerano importante e la conservano per una lettura successiva, dunque svincolata dal concetto del “quotidiano”.

La qual cosa ha a che vedere meno con lo strumento, cioè con il “veicolo” (stampa, tv, radio, giornale, internet), quanto sui contenuti.

I contenuti che viaggiano sui “veicoli” hanno una vita più lunga dei mezzi che li trasportano verso i destinatari finali.

Il che dimostra, contrariamente alle tesi sostenute da McLuhan, che non è affatto vero che il medium è il messaggio: è il messaggio che ha una tale forza propulsiva che spinge verso la nascita di nuovi media.

Non importa che sia un messaggio scritto, fotografato, dipinto, telecinemato, radioraccontato, chattato, tracciato con la vernice sul muro, o semplicemente tramandato di bocca in bocca.

Non sono i mezzi di comunicazione che fanno la comunicazione, è la comunicazione che incessantemente cerca e trova sempre nuovi rivoli, canali, torrenti, fiumi per mettere in contatto gli individui, le loro idee.

Le idee sono fatti materiali, tangibili, concreti. Non amano, non hanno mai amato i recinti: il tizzone per tracciare, il piombo per stampare, il microfono per irradiare, la telecamera per riprendere, il mouse per navigare.

Ci si possono costruire sopra fortune economiche, politiche, militari, religiose. Ma prima o poi l’argine si colma, tracima, smotta, crolla: è la storia della circolazione delle idee, è la storia della forza del messaggio sul medium. Beh, buona giornata.

p.s: giorni or sono ho visto un cartello scritto a mano sul lunotto posteriore di un’automobile molto usurata.

C’era scritto “Euro 4”. Niente di eccezionale: molti automobilisti italiani si fanno da soli cartelli come questi, per rivendicare la categoria omologata dalla Ue, dunque con un basso (presunto) livello di inquinamento, tale da poter circolare (forse) durante la chiusura nei centri cittadini alle auto private.

Ciò che mi ha colpito, però è stata una piccola scritta tra parentesi. Per cercare di leggerla, mi sono avvicinato molto.

Sotto “Euro 4” c’era scritto: “trattabili”.

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Leggere libri aiuta la crescita economica.

Incredibile, ma vero. Un Paese più colto è un Paese destinato ad essere più ricco. Perché crescere sotto il profilo culturale ha un effetto diretto, anche se di lungo periodo, in termini di crescita del Prodotto interno lordo.

Lo dimostrerebbe una ricerca specifica delle Università di Bologna e Trento condotta per conto dell’Associazione Italiana Editori per preparare i prossimi Stati Generali dell’Editoria, in programma il 21-22 settembre a Roma presso il Complesso Monumentale del San Michele a Ripa.

Se gli italiani avessero avuto nel corso del loro sviluppo un tasso di lettura pari a quello di Francia e Germania, oggi l’Italia sarebbe più competitiva. Perché ”leggere aiuta a crescere” non tanto e non solo dal punto di vista individuale, ma anche come sistema Paese. Se l’Italia non avesse tassi di lettura di venti, trenta punti inferiori rispetto a Francia e Germania, sarebbe molto più competitiva”.

Di quanto? Difficile un’analisi meramente quantitativa, tuttavia la ricerca Aie ha rilevato che ”se la Calabria avesse avuto negli Anni Settanta il tasso di lettura della Liguria, oggi avrebbe una produttività di 50 punti più alta. Oppure se nelle regioni il tasso di lettura fosse stato pari a quello medio nazionale, avremmo avuto 20 punti di maggior crescita della produttività per l’Abruzzo, 23 per la Basilicata, 24 per Campania e Puglia, 29 per il Molise, 30 per la Calabria”.

Secondo gli estensori della ricerca, si tratta di ridurre questo divario e di ampliare il bacino dei lettori. Gli sponsor della ricerca, cioè gli editori italiani sostengono che questo ampliamento è di natura politica, e come tale deve veder coinvolte le istituzioni e la politica. Il che suona come richiesta di un qualche aiuto governativo.
Tuttavia, la tesi che vuole la lettura utile allo sviluppo economico appare credibile. A proposito, che libro state leggendo? Beh, buona giornata

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La guerra che scoppia.

La signora Marta Friel ha girato a Repubblica.it questa lettera di una sua amica libanese. Dedico il mio spazio di oggi alla pubblicazione di codesta lettera, perché mi ha aiutato a capire quello che sta succedendo, la qual cosa spero si utile anche ai lettori della mia rubrica. Non sento il bisogno di commentarla. Il che è già un modo per commentarla. Beh, buona giornata.
“Ho appena ricevuto questa mail da una mia amica libanese, Laure Salloum, archeologa che vive a Beirut.
Miei cari Amici,
grazie per i vostri messaggi, le vostre mail e per avermi telefonato… Non so se è possibile descrivere la situazione.. siamo isolati e aspettiamo la fine. Le circostanze diventano ogni momento più intollerabili. Stanno massacrando e dilaniando il Libano nel XXI secolo, quando le democrazie del mondo chiamano i loro cittadini alla libertà di espressione, di comunicazione e di pace.
Sono stati bombardati 4 aeroporti, 7 porti, le riserve di petrolio, di benzina e di gas; le centrali elettriche, i ponti che collegano le diverse regioni. Numerose famiglie sono state uccise mentre dormivano da missili che hanno colpito le loro case. Autobus pieni di passeggeri sono stati bombardati sulle autostrade.
Tutto questo sta succedendo veramente mentre tutti guardano e nessuno reagisce.
Il Libano sta morendo: per favore fate qualcosa per fermare questa atrocità.”
Marta Friel

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La gallina dalle uova d’oro.

La Cbs, uno dei maggiori network televisivi statunitensi, ha deciso che la nuova campagna pubblicitaria sarà pubblicata sui gusci delle uova.

Sembrava che la pubblicità negli Usa avesse conquistato tutti gli spazi possibili, ma dal prossimo Settembre gli americani se la ritroveranno sugli scaffali dei supermercati: 35 milioni di uova da incidere con il laser con i nomi di sit-com o serial polizieschi, come il popolare CSI.

E’ una notizia emblematica, come dicono i sociologi: una rete televisiva americana fa pubblicità sulle uova, il principale ingrediente della prima colazione negli Usa.
Vuol dire che la tv, anche per un grande network tv non produce più effetti pubblicitari desiderati.

In tutto il mondo occidentale la pubblicità cambia strada, esce dalla tv, che ormai non persuade.

Non da noi. L’Auditel detta ancora legge, l’Upa ha appena rieletto per la dodicesima volta consecutiva lo stesso presidente, nel segno della continuità della superstizione del totem televisivo, che infatti è anche il presidente di Auditel.

L’Europa ci chiede di cambiare sistema, perché poco competitivo, non permette l’arrivo di nuovi soggetti.

Il nuovo governo italiano sa che se tocca il sistema duopolistico si ingrifa il centodestra, se tocca la Rai si incazza la nuova maggioranza.

Gli americani fanno pubblicità sulle uova e per noi non è carino scoprire di essere più arretrati del culo della gallina. Beh, buona giornata

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Popoli e politiche

Lo scaricabarile (di petrolio).

Il Brent, greggio di riferimento europeo, ha toccato quota 78 dollari per la prima volta nella storia, mentre il greggio americano, la scorsa notte, era arrivato al nuovo record di 78,40 dollari al barile.
A rendere più promettente il quadro generale e a fornire nuovo propellente ai prezzi del greggio contribuisce il contenzioso sul nucleare dell’Iran, con il rischio di sanzioni Onu, che potrebbe ridurre la produzione di greggio.

Il mercato petrolifero gioca su più tavoli della geopolitica: la felice evenienza della rottura dei colloqui per il nucleare nordcoreano, ma anche la guerriglia in Niger.
Il quotidiano Guardian di Lagos ha riportato la notizia del sabotaggio di un oleodotto della Nigerian Agip Oil Company che avrebbe causato la perdita di 120.000 barili quotidiani.
Lo riferisce l’Ansa, che riporta anche di una smentita dell’Eni, che ammette solo un danneggiamento alla rete di raccolta di una struttura di collegamento stimando la soluzione del problema “a breve, con una perdita di materiale irrilevante”.

E per finire, utile e dilettevole sarebbe l’avvicinarsi della stagione degli uragani negli Usa, fortemente sperata dopo i disastri causati nel 2005 da Katrina e Rita, che misero in mora per qualche tempo le piattaforme petrolifere nel Golfo del Messico, favorendo una benefica riduzione della produzione.

Un pacchia per gli analisti: infatti, sulla base dell’evoluzione dei prezzi e delle crisi geopolitiche, sembra prospettarsi uno scenario simile allo choc petrolifero del 1974 che spinse il rialzo delle quotazioni, innescato dall’embargo del greggio seguito al conflitto arabo- israeliano del 1973. Dunque, potrebbero essere dolori acuti per la ripresa economica, con ripercussioni sull’inflazione e sui consumi, soprattutto per i paesi importatori, come, ad esempio, l’Italia.

A rigor di logica, avremmo tutto l’interesse, non solo umano e civile, a fermare i conflitti: essi danneggiamo la nostra economia, favorendo alcuni a scapito di tutti gli altri. Ma si sa che, nell’era della grande guerra contro il terrorismo islamico, chi chiede pace sembra essere un fellone, uno che si rifiuta di difendere i valori occidentali, il nostro stile di vita. E’buffo comprendere come sia possibile questo rovesciamento della realtà: per difendere il mio stile di vita, dovrei fare in modo, per esempio che il petrolio, principale fonte di energia, che mi permette di produrre e consumare, non schizzi fuori controllo. Prima della guerra in Afghanistan e dell’invasione dell’Iraq, tanto per fare ancora un esempio, il petrolio costava 22 dollari al barile.

Tuttavia, questa è la semplice legge della domanda e dell’offerta: più guerra meno petrolio, meno petrolio prezzi più alti. Prezzi più alti, più alti i profitti.
Il fatto che stiamo per raggiungere il ragguardevole record degli 80 dollari al barile appare come un manna per il mercato petrolifero, proprio sulla scia delle tensioni in Medio Oriente e dell’azione militare di Israele contro gli attivisti Hezbollah.

Vi state chiedendo cosa stanno facendo in queste ore Onu, Usa e Ue? Semplice: lo scaricabarile (di petrolio).

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Attualità

Giù le mani da Totò.

“No, guardate, con Prodi non sono mai d’accordo. Non sono d’accordo ‘..a prescindere..'”. Con questa battuta il presidente di Fi, Silvio Berlusconi, risponde alle domande dei giornalisti che gli chiedevano se fosse d’accordo con il premier secondo cui la vittoria dell’Italia ai mondiali avrà un effetto benefico anche sull’economia. Giù le mani da Totò, a prescindere.

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Società e costume

Tua sorella.

Come ragazzini problematici , piccoli bulli di periferia, attaccabrighe da campetto spelato di periferia. Ecco dunque come è andata alla finale dei Mondiali, di fronte a un miliardo e mezzo di telespettatori, di fronte a al Segretario Generale dell’Onu, ai Capi di stato francese e italiano, di fronte al capo del governo del Sud Africa, paese che ospiterà i prossimi mondiali di calcio, di fronte al Cancelliere tedesco, a mister Kissinger e all’ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton: una testata sul torace, per via di un presunto insulto alla sorella di Zidane, dopo una strattonata alla maglietta.

Magia della televisione in mondo visione: la testata di Zidane è già passata alla storia come il simbolo di Germany 2006. E’ diventata icona. Come se la finale fosse stata una puntata qualsiasi di una reality show qualsiasi. E quell’espulsione una normale “nomination”. Zidane come Taricone, come Pappalardo, er Mutanda; Zidane e Materazzi come le due sciagurate che si strappavano i capelli sull’Isola dei famosi.

Tutto purché si faccia sensazione, share, audience. Peti, sputi, corna, copule e capocciate: che spettacolo televisivo. I campionati mondiali di calcio sono stati un grande evento sportivo? Hanno esaltato lo spirito olimpico della fratellanza tra i popoli?
I campionati mondiali di calcio sono stati un fattore di coesione nazionale in un contesto internazionale, uno spettacolo gratificante per i valori democratici occidentali, una competizione atletica emozionante, leale, epica? Il calcio ha dimostrato di essere un gran bel gioco? Tua sorella.

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