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Facebook è meno flessibile di un coltello da cucina?

di Pasquale Barbella-3DNews, inserto di Terra, quotidiano ecologista

La disavventura in cui sono incorso come utente di Facebook (la rimozione di un ponderoso archivio di immagini, testi, video e commenti innescata dall’incomprensibile protesta di un’organizzazione di “studi della civiltà cristiana”) ha suscitato un’ampia gamma di reazioni fra coloro che ne sono venuti a conoscenza. Dichiarazioni di solidarietà, interventi critici in vari blog e nelle stesse pagine di Facebook, petizioni al suo fondatore, Mark Zuckerberg, perché si rivedano le procedure in caso di presunte infrazioni. Ma non sono mancati punti di vista più gelidi, pragmatici e neutrali. Alcuni mi hanno fatto notare che, dopotutto, io facevo un “uso improprio” di Facebook. Ero in casa d’altri, insomma, ed ero tenuto ad attenermi alle regole della casa. Un padrone di casa ha il diritto di mettere alla porta l’ospite indesiderato.

Ho riflettuto a lungo su questa osservazione, dopo aver superato le prime emozioni di chi subisce un’ingiustizia: sbigottimento, sdegno, sete di vendetta. Non sono sicuro che sia gentile, da parte del padrone di casa, cacciare dalla mensa i suoi invitati. Ma è vero che di Facebook facevo un “uso improprio”: più umanistico (nel senso meno aulico e più umile della parola) che “chattoso” («ciao cara come stai…»)

Ci sono “usi impropri” pericolosi, come quando si adopera una comune posata da cucina per accoltellare la suocera; neutri, come quando per distrazione si usa il dentifricio per deodorare l’ascella; e simpaticamente innocui, come facevo io quando caricavo su Facebook, a puntate, i miei database d’immagini, suoni e parole, perché anche altri potessero fruirne.

Con l’età che avanza, agli interessi e agli hobby di sempre se n’è aggiunto un altro, insidioso, quasi ossessivo: sono diventato un addict del FileMaker Pro, un meraviglioso software che mi consente di riordinare non solo le collezioni di libri, CD e DVD, ma anche di dare una sistematina alle poche cose che ho imparato dalla vita. Temo lo smarrimento della memoria più della morte stessa. E sopravvivo in un mondo che tende a rimuovere le nozioni e gli insegnamenti del passato, anche recente e recentissimo. Non è banale nostalgia: chi è così pazzo da rimpiangere una giovinezza senza doccia e senza frigorifero? È che diventa difficile interpretare il presente e i segni del futuro, se non li si raffronta con i loro antefatti. Si dice che i vecchi hanno la testa nel passato remoto: balle. I vecchi sono la categoria più interessata al futuro, perché sanno che domani potrebbe essere l’ultimo giorno e si preoccupano di cosa gli succederà.

Ancor prima dei social network, il web nel suo insieme mi conquistò per la sua natura di sconfinato database. Ho usato (impropriamente) Facebook per convogliare, selezionandoli un po’ dai miei modesti giacimenti e moltissimo dal web, contenuti che avessero un qualche senso storico oltre che ludico, “insiemi” culturali che avessero qualche affinità con le mie passioni e i miei sentimenti, allo scopo di condividerli con persone vicine o del tutto sconosciute. Mi sono reso conto che Facebook non è la piattaforma ideale per questo genere di perversione. Ora sono più lucido, anche se deluso. (Beh, buona giornata).

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