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Confini.

“Quando la demarcazione dei confini si perde, rischia di perdersi anche l’identità. E quando l’identità diventa incerta, nasce per reazione il rigore, il tentativo esasperato di darsi un profilo opponendosi agli altri.

Compare l’intolleranza, la xenofobia, il razzismo.

D’altra parte, i confini sono pure illusioni, a volte imposte. Allora generano soffocamento.

Uno dei relatori disse: «Guardate che cosa succede quando il contorno di uno Stato si cancella. Guardate la Jugoslavia, dove non si sa più cosa significhi essere jugoslavo; risorgono i vecchi particolarismi, i nazionalismi, il fondamentalismo delle vecchie etnie».

Un altro rispose: «Questo accade proprio per le ragioni opposte, non perché si è perso un solido profilo, ma perché quel profilo era artificiale. Era una camicia di forza imposta in nome di un’ideologia astratta per comprimere la realtà che ora esplode.

L’esplosione è violenta perché violenta era stata l’unione».” (da “Teatro. Solitudine, mestiere e rivolta” di Eugenio Barba).

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Attualità

Noi stessi.

“Tutti in realtà non avrebbero bisogno che di se stessi. Per essere felici, penso, non abbiamo bisogno che di noi stessi, questa compagnia dovrebbe bastarci.

Eppure non siamo affatto felici, malgrado, a ben guardare, non ci manchi niente per essere felici. Della nostra compagnia non ci accontentiamo, non mi accontento, dobbiamo uscire fuori a cercare.

Vorremmo stare da soli, assolutamente da soli, perché questo dovrebbe bastarci, ma questo restare da soli rischia di farci impazzire. (…)

Usciamo per salvarci da noi stessi e dalla nostra solitudine, pensavo, non certo per incontrare qualcuno, anzi, ci guardiamo bene dall’incontrare questo qualcuno; facciamo tutto il possibile per evitarlo, questo qualcuno che potrebbe riconoscerci e smascherarci in ogni momento.” (da “I quindicimila passi, un resoconto” di Vitaliano Trevisan, Einaudi.)

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Attualità

I preti.

di Vitaliano Trevisan (1960-2022).

“I preti del resto, pensavo, distruggono sempre tutto. I preti ci distruggono tutto fin da quando siamo bambini, ci rovinano l’esistenza e non si fanno nessuno scrupolo di rovinarcela appena nati.

Non passano che pochi giorni dalla nostra nascita, pensavo camminando, e già subiamo il trauma cattolico dell’acqua sulla testa.

Poi magari, proprio come è successo a me, veniamo mandati, senza tenere in alcun conto il fatto che mai e poi mai, noi, di nostra volontà spontanea, andremmo in un posto del genere, veniamo mandati, dicevo, in un asilo di suore cattoliche.

E queste suore cattoliche sono autorizzate, in qualità di suore cattoliche, a torturarci cattolicamente e a lavarci il cervello nella loro lavanderia cristiano-cattolica. Se poi, come è successo a mio fratello e a me, si frequenta questo asilo-lavanderia-cristiano-cattolico per due o tre anni di seguito, allora, pensavo, per il resto della nostra vita saremo costretti a fare i conti con un’esperienza che resterà impressa in modo indelebile nel nostro corpo e nel nostro cervello, un’esperienza con la quale sempre e di continuo ci vedremo costretti a fare i conti e dalla quale il nostro sistema nervoso dovrà in continuazione guardarsi.

Se si è costretti a subire la personalità perversa di una madre superiora interamente dedita, anima e corpo, al proprio personale processo di beatificazione, se si è posti sotto il tallone di un essere simile, cosí come era effettivamente capitato a mio fratello e a me, se a causa del proprio stato di bambini si è costretti, dicevo, pur con le piú buone intenzioni, alla mercé di uno di questi esseri umani votati alla santità, cosí come se ne trovano in ogni angolo del mondo, pericolosissimi nelle loro vesti di agnelli pronti al sacrificio, impregnati di misticismo e di devozione, si chiamino essi Raul Follerau o Madre Teresa di Calcutta, sempre disposti, in nome della propria purezza bontà abnegazione empatia senso del dovere vocazione assoluta amore verso il cosiddetto prossimo e in definitiva in nome della propria santità, sempre pronti, dicevo, anzi prontissimi al sacrificio di se stessi e del prossimo, o di se stessi attraverso il prossimo, a qualsiasi costo determinati a sacrificare al cosiddetto amore verso il prossimo anche la loro vita, cosí come dicono o fanno intendere in ogni momento… se si è costretti tutti i pomeriggi, nell’immediato pomeriggio, non appena terminato un pasto assolutamente schifoso, ad ammassarsi nel grande stanzone al seminterrato, per essere poi costretti a sedersi, in due file viso contro viso, separati da una fila centrale di banchi di formica, su una lunga e scomoda serie di panche di legno e, dopo avere appoggiato la testa, piegata da un lato, destro o sinistro non aveva importanza, sulle braccia conserte sopra il banco, si è obbligati a dormire, o comunque a stare assolutamente immobili con gli occhi chiusi per piú di un’ora, tutto sotto la minaccia di uno strofinaccio bagnato che lei, la madre superiora, teneva nella mano destra, disteso, prontissima ad attorcigliarlo e a sbatterlo con forza sul banco del disgraziato che per sbaglio si era mosso… se la stessa madre superiora ti racconta la storia di Santa Lucia, pensavo, e si sofferma sul martirio di Santa Lucia, e con dovizia di particolari ti racconta di come le sono stati strappati gli occhi… se poi, congliendoti di sorpresa, proprio come successe a mio fratello e a me e anche, questo devo proprio dirlo, a tutti i disgraziati che all’epoca andavano all’asilo delle suore, se poi, dicevo, senza alcun preavviso la madre superiora fa entrare in aula una sua complice, vestita completamente di nero, con un velo nero a trama finissima che le copre intera la testa, con nelle mani un vassoio di peltro coperto con un drappo nero, e dice alla sua complice, da lei apostrofata come Santa Lucia, di avvicinarsi e di mostrare cosa ha portato, e all’improvviso, con uno scatto della mano, toglie il drappo nero e ti fa vedere dei veri occhi già strappati, poggiati sul vassoio di peltro…

Erano occhi di coniglio, mi dissero poi.

Ma in quel momento io, e ancor piú di me mio fratello, noi eravamo convinti che fossero occhi umani.

Fissammo quegli occhi umani senza dire una parola, mio fratello e io, per molti minuti di seguito senza dire una sola parola, ricordo.

Solo dopo alcuni minuti, trascorsi in immobile silenzio, riuscii a staccare gli occhi da quegli occhi staccati.

Mio fratello, ricordo ora, seduto sul gradino della veranda, staccò gli occhi molto dopo di me.

Sí, pensavo camminando, se siamo stati costretti a subire tutto questo e altro ancora, nel periodo di massima impressionabilità della nostra esistenza, allora, pensavo, non abbiamo scampo: tutto ciò che abbiamo subito ci accompagnerà poi per quanto vivremo, insepolto a maggiore o minore profondità, un granuloma nel cervello, un’infezione circoscritta ma sempre ben presente e pronta a scatenarsi, non appena abbassiamo la guardia, nei modi e nei luoghi piú impensati, nel corpo o nella mente, ma quasi sempre nel corpo e nella mente, approfittando senza pietà di ogni piú piccola debolezza del corpo e della mente e di ogni possibile circostanza esterna.” (da “I quindicimila passi: Un resoconto (Einaudi. Stile libero)” di Vitaliano Trevisan) Inizia a leggere: https://leggi.amazon.it/kp/kshare?asin=B00SAEFI6E&id=szbq66wzkjdsnfjlpue7rk4mnu ————

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Attualità

Netanyahu vuole la guerra per salvare se stesso e portare a termine la missione di una vita, il conflitto aperto con Teheran e la distruzione del suo progetto nucleare.

di Chiara Cruciati, Il manifesto

Lo schema si ripete da mesi, modello rintracciabile anche in offensive del passato, in Libano nel 2006, nella Cisgiordania della seconda Intifada: quando un cessate il fuoco sembra concretizzarsi, quando il dialogo procede seppur a tentoni, quando i mediatori internazionali a Parigi, al Cairo, a Doha limano dettagli e misurano al millimetro le concessioni all’una o all’altra parte, il governo israeliano sgancia la sua bomba.

Bombarda Gaza e bombarda il tavolo negoziale: due in uno, con una sola azione eclatante, mortifera e umiliante. Il triplo raid sulla scuola al-Tabin a Gaza City ne è l’ultimo esempio, poche ore dopo che lo stesso Netanyahu aveva annunciato l’invio del suo team negoziale al tavolo del 15 agosto, riaperto sull’onda di una rinnovata e disperata impellenza globale.

PARTIAMO dalla fine. Il 13 luglio nella «zona sicura» di Mawasi, lungo la costa sud, una serie di missili ha centrato le tende degli sfollati. Novanta uccisi, un bagno di sangue che Israele ha giustificato con un obiettivo: il capo militare di Hamas, Mohammed Deif. Colpirne uno. Dei 300 feriti molti moriranno nei giorni successivi.

Solo il giorno prima, il 12 luglio, il presidente Usa Joe Biden dava la tregua per «quasi fatta»: «Ci sono questioni complesse da affrontare, ma sia Israele che Hamas hanno concordato sull’impianto generale dell’intesa». Boom.

Il 4 luglio, Netanyahu aveva inviato la sua delegazione al Cairo: secondo indiscrezioni, Hamas sarebbe stato intenzionato a ritirare la sua richiesta principe, il cessate il fuoco permanente come condizione per il rilascio degli ostaggi israeliani. Indiscrezioni confermate il 6 giugno: il movimento islamico rinunciava alla fine definitiva della guerra. Poche ore dopo, i caccia israeliani bombardavano una scuola dell’Onu, la Al-Jaouni di Nuseirat, 16 uccisi.

Il mese prima, l’8 giugno, la strage più efferata: nell’operazione per liberare quattro ostaggi, soldati camuffati da sfollati penetrano nel campo rifugiati di Nuseirat, l’aviazione copre la fuga bombardando a tappeto. Gli uccisi saranno 276. Era trascorsa appena una settimana dalla mossa a sorpresa di Biden: un accordo in tre fasi, proposto secondo il presidente dallo stesso Israele. Netanyahu smentiva, ma gli Stati uniti tenevano il punto, sperando nello scacco matto con la copertura delle cancellerie globali che si erano accodate al piano fino a votarlo al Palazzo di Vetro.

Il mese di maggio si era aperto con Gaza in bilico: da una parte l’annunciata offensiva su Rafah, casa a 1,5 milioni di sfollati, dall’altra le speranze di un accordo. Il 4 maggio la delegazione di Hamas era al Cairo per discutere la proposta israeliana e aveva avanzato l’idea di un accordo in tre fasi di 40 giorni l’una (spiccavano la richiesta di liberazione di Marwan Barghouti, leader di Fatah, e il rilascio dei primi 33 ostaggi anche senza ritiro delle truppe israeliane). 48 ore dopo, il 6 maggio, Israele lanciava l’operazione di terra su Rafah, occupava il valico, lo dava alle fiamme e lo rendeva da allora inutilizzabile.

Il 31 marzo al Cairo riprendevano i negoziati, sullo sfondo di manifestazioni oceaniche in tutto il mondo e accampamenti nelle università che urlavano quanto la fine della carneficina fosse un obbligo morale. Il 2 aprile l’aviazione israeliana centrava il convoglio dell’ong statunitense World Central Kitchen: sette uccisi, sei stranieri e un palestinese. Le auto, ben riconoscibili, erano state prese di mira in due attacchi distinti, a distanza di un centinaio di metri.

QUALCHE settimana prima, con il Ramadan alle porte, la rinnovata pressione globale si era arenata su due attacchi consecutivi contro i palestinesi accalcati sui camion di aiuti in transito. Stragi degli affamati che seguivano alla più terribile: il 28 febbraio 114 uccisi mentre cercavano di accaparrarsi sacchi di farina dal fuoco aperto dalle truppe di terra. Prima le pallottole, poi la calca e il sangue che macchiava i sacchi di iuta.

Quella che sarà poi definita «la strage della farina» giungeva dopo un mese intenso, la tregua a un passo. L’apice era stato raggiunto a Parigi il 23 febbraio: si annunciavano «progressi» da giorni, non scalfiti dalla strage di 74 palestinesi a Rafah in un’operazione per liberare due ostaggi.

Il 22 gennaio era stata Tel Aviv a offrire un piano di tregua: due mesi di pausa in cambio di tutti e 130 gli ostaggi in mano ad Hamas. Tempo tre giorni e Israele ha bombardato la sua stessa proposta. O meglio gli ha sparato addosso: fuoco alla rotonda Kuwaiti, nel nord isolato e alla fame, durante la distribuzione di cibo. 25 ammazzati. Il 2 gennaio l’uccisione del numero 2 dell’ufficio politico di Hamas, Saleh Aruri, cristallizzava il dialogo, ripreso appena dieci giorni prima.

NON SONO pochi quelli che leggono nei costanti deragliamenti il modo per compiacere l’ultradestra, fondamentale a tenere in piedi la coalizione di governo guidata dal Likud. Il ministro delle finanze Smotrich, due giorni fa, ha minacciato di far saltare l’esecutivo se Netanyahu fosse giunto a patti con Hamas. Se la pressione dell’ultradestra sovranista ha un peso nelle decisioni del premier (peso che le migliaia di israeliani in piazza da mesi per chiedere uno scambio di ostaggi con Hamas non hanno), è vero anche che il decisore ultimo è lui, Benyamin Netanyahu.

E Netanyahu vuole la guerra per salvare se stesso e portare a termine la missione di una vita, il conflitto aperto con Teheran e la distruzione del suo progetto nucleare. Lo dice il suo ministero della difesa, lo dicono da settimane i suoi negoziatori, costretti a presentare ai mediatori (Egitto, Qatar e Stati uniti) richieste sempre nuove e improvvisate: a far deragliare il dialogo è sempre Mr. Sicurezza.

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Attualità

Anche oggi tre morti di lavoro in un giorno.

Fabrizio Zanetti, per tutti Giuliano, aveva 50 anni, era sposato, aveva tre figlie e viveva a Serle (Brescia). Era comproprietario, con i due fratelli, di una cava di marmo a Nuvolera, dove martedì 6 agosto stava operando con un escavatore.

Quando si è accorto che un lastrone tagliato sulla parete oscillava pericolosamente ha provato a mettersi in salvo, ma è stato travolto da quel blocco di 4 tonnellate che gli ha maciullato le gambe.

Per liberarlo i pompieri hanno lavorato più di due ore con i martinetti idraulici, poi l’elisoccorso ha trasportato il lavoratore al Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove i chirurghi hanno provato a salvarlo amputando le gambe e riducendo le altre gravi ferite.

Zanetti ha lottato per 4 giorni nella terapia intensiva, poi il mattino di sabato 10 agosto il suo fisico ha ceduto. I funerali si terrano martedì 13 alle 9,30 a Serle.

Nicola Raffaele aveva 62 anni, lavorava come collaboratore scolastico all’Itet Notarangelo – Rosati di Foggia e si occupava dei suoi campi ad Anzano di Puglia, dove viveva.

Nel pomeriggio di sabato 10 agosto era impegnato in lavori di scavo, propedeutici alla posa di tubature per l’irrigazione, quando è stato travolto da un cumulo di terra di riporto ed è morto.

Vincenzo Sauchella aveva 60 anni, viveva a Cellole (Caserta) e lavorava come tuttofare al Lido Tulipano di Baia Domizia, nel comune di Sessa Aurunca.

Sabato 10 agosto si è sentito male mentre scaricava casse di acqua minerale sotto il sole cocente ed è morto nel giro di poco.

#fabriziozanetti#nicolaraffaele#vincenzosauchella#mortidilavoro

Agosto 2024: 34 morti (sul lavoro 21; in itinere 13; media giorno 3,1)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morire di lavoro)

Anno 2024: 709 morti (sul lavoro 540; in itinere 169; media giorno 3,1)

106 Lombardia (72 sul lavoro – 34 in itinere)

71 Campania (58 -13)

61 Veneto (42 -19)

58 Emilia Romagna (44 -14)

56 Sicilia (41 -15)

54 Lazio (34 – 20)

46 Toscana (39 – 7)

41 Piemonte (30 – 11)

40 Puglia (29 – 11)

25 Sardegna (22 – 3)

23 Abruzzo (19 – 4)

19 Marche (13 – 6), Calabria (16 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

13 Estero (11 – 2)

12 Liguria (10 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Umbria (11 – 0)

10 Friuli V.G. (8 – 2)

8 Basilicata (8 – 0)

5 Valle d’Aosta (5 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Luglio 2024: 105 morti (sul lavoro 83; in itinere 22; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Quel giorno soffiava un vento del sud forte, bruciante, dalle coste sabbiose dell’Africa

“Nubi di sabbia fina vorticavano nel vento, entrando nella gola e nelle viscere dell’uomo. Stridevano i denti, bruciavano gli occhi, dovevi sprangare porte e finestre se volevi mangiare un pezzo di pane senza che si imbrattasse di sabbia.

Faceva un caldo soffocante. In quei giorni opprimenti, quando gli alberi si gonfiavano di linfa, ero preda anch’io del malessere primaverile.

Una spossatezza, un turbamento nel petto, un formicolío in tutto il corpo, un desiderio ardente – desiderio o ricordo? – di una diversa, semplice, grande felicità.

La stessa voluttà, lo stesso dolore, in quei giorni in cui gli alberi si gonfiavano di linfa, avranno certo provato anche i bruchi nei loro bozzoli sentendo spuntare sul dorso come ferite le due ali.

Imboccai il sentiero petroso del monte. Volevo camminare per tre ore fino alla cittadina minoica ch’era risorta dal sottosuolo dopo tre o quattromila anni e si riscaldava al sole amato di Creta.

Camminando, pensavo, mi sarei stancato e sgravato della mestizia primaverile. Pietre grigie, ardesie, una nudità luminosa, i monti come piacciono a me, senza verzure affabili e romantiche.

Una civetta, accecata dalla luce abbagliante, con gli occhi gialli rotondi, stava appollaiata su un sasso, seria, graziosa, piena di mistero.

Camminavo a passi leggeri perché non mi sentisse; ma aveva l’udito finissimo, si spaventò, e con un frullo sordo spiccò il volo tra i sassi e scomparve.

Il vento sentiva di timo; sugli inchiodacristi erano già spuntati i primi teneri fiori gialli. Quando giunsi alle rovine della cittadina rimasi sorpreso.

Era verso mezzogiorno, la luce cadeva verticale e soffocava le pietre in rovina. Quest’ora del giorno, nelle vecchie città morte, è pericolosa.

Il vento è pieno di voci e di spiriti. Bastano il cigolío di un ramo, il fruscío di una lucertola, una nube passeggera che proietti la sua ombra, e ti coglie il panico; ogni palmo di terra che calpesti è un sepolcro – e i morti gridano.

A poco a poco, nella profusione di luce, l’occhio si abituava.” (da “Zorba il greco” di Nikos Kazantzakis).

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Attualità

Trentuno vittime nei primi dieci giorni di agosto: la morte di lavoro non va in ferie.

Giulia Grigore,18 anni, era arrivata dalla Romania a San Giusto Canavese (Torino) insieme al padre e al fratello minore.

Da quasi un anno aveva lasciato gli studi e per aiutare il bilancio familiare faceva la cameriera al Caffè Torino di Rivarolo Canavese, a una decina di chilometri di distanza.

Per raggiungere il lavoro si ingegnava: mezzi pubblici, passaggi in auto e, come soluzione d’emergenza, il monopattino.

Giovedì 8 agosto era proprio sul suo monopattino, alle 7,30 del mattino, quando è stata travolta da un’auto al semaforo sulla circonvallazione di San Giorgio Canavese.

Per la violenza dell’urto ha infranto con la testa il parabrezza dell’auto, riportando ferite e fratture. L’eliambulanza l’ha trasportata al CTO di Torino, dove è morta all’alba di venerdì 9.

Aveva 10 anni di più Giorgio Di Riso, che viveva a None (Torino) e lavorava in una birreria del centro commerciale I Viali, a Nichelino.

Anche lui usava come mezzo di trasporto il monopattino: alle 3 della notte di venerdì 9 agosto stava tornando a casa quando è stato tamponato da un’automobile nella zona industriale di Nichelino. Il ventottenne è morto sul colpo.

Emilio Luigi Seleroni, 61enne titolare della Tecnostill srls di Bareggio (Milano), azienda che si occupa di carrelli elevatori e altre macchine da lavoro, è morto nella tarda serata di venerdì 9 agosto, incastrato tra la pala e il telaio di un bobcat.

I soccorritori hanno solo potuto constatarne il decesso.

Non è ancora noto il nome del 25enne morto venerdì 9 a tarda sera nello stabilimento di Anagni (Frosinone), della Catalent Pharma Solutions.

Le prime notizie parlano di un malore improvviso nello spogliatoio della fabbrica.

#giuliagrigore#giorgiodiriso#emilioluigiseleroni#mortidilavoro

Agosto 2024: 31 morti (sul lavoro 18; in itinere 13; media giorno 3,4)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 706 morti (sul lavoro 537; in itinere 169; media giorno 3,1)

105 Lombardia (71 sul lavoro – 34 in itinere)

70 Campania (57 -13)

61 Veneto (42 -19)

58 Emilia Romagna (44 -14)

56 Sicilia (41 -15)

54 Lazio (34 – 20)

46 Toscana (39 – 7)

41 Piemonte (30 – 11)

39 Puglia (28 – 11)

25 Sardegna (22 – 3)

23 Abruzzo (19 – 4)

19 Marche (13 – 6), Calabria (16 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

13 Estero (11 – 2)

12 Liguria (10 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Umbria (11 – 0)

10 Friuli V.G. (8 – 2)

8 Basilicata (8 – 0)

5 Valle d’Aosta (5 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Luglio 2024: 105 morti (sul lavoro 83; in itinere 22; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Shakespeare.

“Se vuoi conoscere le risposte a qualsiasi domanda devi rivolgerti a Shakespeare. Vuoi sapere cosa sia la guerra, leggi Shakespeare. Vuoi sapere cosa sia l’amore, leggi Romeo e Giulietta. Vuoi sapere cosa sia il razzismo, leggi Il mercante di Venezia. Tutte le risposte sono lì. E questo perché Shakespeare era un uomo del tardo Rinascimento” (da “Lear” di Edward Bond) Inizia a leggere: https://leggi.amazon.it/kp/kshare?asin=B018EHNC2S&id=zfuhy3hzefgehdtgziagdnd5si ——–

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Attualità

“Il pieno rispetto della dignità dei lavoratori è un principio fondamentale, un obiettivo che non è stato raggiunto”.

L’8 agosto, giorno in cui si commemorano i 262 minatori (136 italiani) morti nella miniera belga di Marcinelle nel 1956, l’Italia ha raggiunto e superato le 700 vittime del lavoro nell’anno: 702 per l’esattezza, per una media di 3,3 morti al giorno.

Accade in una situazione di totale scollamento istituzionale. Se da un lato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella usa parole nette per sottolineare come dignità e sicurezza dei lavoratori siano obiettivi non raggiunti (“Fin dal suo primo articolo la Costituzione della Repubblica stabilisce un vincolo ideale inscindibile tra democrazia e lavoro. Il pieno rispetto della dignità dei lavoratori ne è un principio fondamentale, affermato anche al livello internazionale; un obiettivo che, tuttavia, non è stato ancora pienamente raggiunto. Svolgere la propria attività lavorativa in sicurezza è la prima elementare condizione”), dall’altro il governo Meloni è impegnato fin dal suo esordio nel tentativo di negare e sminuire la strage di lavoratori.

La premier tace per mestiere e la ministra del Lavoro sforna balle in continuazione, ma adesso anche l’Inail mistifica, inventando nuovi criteri per dimostrare che le morti del lavoro sono in calo: da giugno calcola l’incidenza percentuale delle vittime sul totale degli occupati Istat, arrivando a reclamizzare un calo del 10% nel 2024 rispetto al 2019. Il trucco c’è e si vede: basta dimenticare di dire che la platea degli occupati è aumentata anno dopo anno. Carte false, insomma.

Giovedì 8 agosto si sono registrate 5 morti sul lavoro, che portano il totale del mese a 27. Gabriele Piroddi, 24enne operaio Enel di Perdasdefogu (Nuoro), è rimasto vittima di una scarica elettrica mentre era al lavoro in un cabina nel comune di Girasole.

Ben tre le vittime in provincia di Salerno. Vincenzo Di Palma, pensionato 68enne di Santa Maria la Carità (Napoli), è morto in un cantiere abusivo di Scafati (Salerno), mentre tirava su un muro in un’abitazione privata, vittima del crollo di un manufatto di cemento.

Giorgio Spinello, agricoltore 74enne, è morto per il ribaltamento di un trattore a Postiglione. Elitrasportato all’ospedale Ruggi di Salerno, non è sopravvissuto alle lesioni.

Giliuccia Rizzardi, badante ebolitana di 65 anni, è stata trovata esanime ad Altavilla Silentina, nell’abitazione della persona che accudiva.

Ottaviano Muzzolon, allevatore 72enne di Noventa Vicentina (Vicenza), è stato trovato senza vita accanto a una macchina per l’irrigazione ancora in funzione, in un terreno che aveva acquistato da poco nel comune di Sossano. Da chiarire se sia stato travolto dal macchinario o sia rimasto vittima di un malore.

#gabrielepiroddi#vincenzodipalma#giorgiospinello#giliucciarizzardi#ottavianomuzzolon#mortidilavoro#sicurezzasullavoro#Marcinelle#inail

Agosto 2024: 27 morti (sul lavoro 16; in itinere 11; media giorno 3,3)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 702 morti (sul lavoro 535; in itinere 167; media giorno 3,1)

104 Lombardia (70 sul lavoro – 34 in itinere)

70 Campania (57 -13)

61 Veneto (42 -19)

58 Emilia Romagna (44 -14)

56 Sicilia (41 -15)

53 Lazio (33 – 20)

46 Toscana (39 – 7)

39 Piemonte (30 – 9), Puglia (28 – 11)

25 Sardegna (22 – 3)

23 Abruzzo (19 – 4)

19 Marche (13 – 6), Calabria (16 – 3)

16 Trentino (13 – 3)

13 Estero (11 – 2)

12 Liguria (10 – 2)

11 Alto Adige (10 – 1), Umbria (11 – 0)

10 Friuli V.G. (8 – 2)

8 Basilicata (8 – 0)

5 Valle d’Aosta (5 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Luglio 2024: 105 morti (sul lavoro 83; in itinere 22; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Il caffè.

“Voglio l’odore del caffè. Voglio cinque minuti. Voglio cinque minuti di tregua per un caffè.

Chiedo solo di poter preparare una tazza di caffè. Quest’ossessione mi fornisce un compito, mi dà uno scopo.

Tutti i miei sensi insorgono in un’unica invocazione, assetati si protendono verso un unico obiettivo: il caffè.

Il caffè, per chi lo ama come lo amo io, è la chiave del giorno. Il caffè, per chi se ne intende come me ne intendo io, bisogna prepararlo con le proprie mani, non permettere che ci arrivi posato su un vassoio.

Chi ti porta il vassoio, infatti, porta anche parole, e le prime parole guastano il primo caffè, che ha da essere, invece, virginale, figlio di un silenzioso mattino.

L’alba – intendo dire la mia alba – è antinomia delle parole. L’odore del caffè si imbeve di voci, può essere sciupato anche solo da un saluto gentile, da un semplice “buongiorno”.

Il caffè, dunque, è un silenzio d’alba, il ponderato silenzio del primo mattino, l’unico in cui tu, pigro e solitario, nuovamente riappacificato con gli uomini e con le cose, stai, da solo, davanti all’acqua che ti sei scelto.

La versi piano piano nel piccolo recipiente di rame dai riflessi ambrati e arcani, di un giallo dorato che tende al marrone, poi posi il tutto su un fuoco basso. Ah, fosse fuoco di legna.” (da “Una trilogia palestinese” di Mahmud Darwish, Elisabetta Bartuli, Ramona Ciucani)

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Migliaia di studenti sono stati arrestati la scorsa primavera durante le proteste nei campus a favore della Palestina.


Circa 3.200 persone sono state arrestate questa primavera durante un’ondata di accampamenti di tende pro-palestinesi che protestavano contro la guerra a Gaza.

Molti studenti hanno già visto quelle accuse archiviate.

Ma centinaia di casi devono ancora essere risolti nei campus che hanno registrato il numero più alto di arresti, secondo un’analisi dei dati raccolti da The Associated Press e dalle redazioni partner, tra cui il Globe. (Fonte: The Boston Globe).

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Attualità

Che fine ha fatto il capitalismo?

“I mercati, lo strumento del capitalismo, sono stati rimpiazzati da piattaforme di trading digitale che assomigliano ai mercati, ma non lo sono, e sono meglio intesi come feudi.

E il profitto, il motore del capitalismo, è stato rimpiazzato dal suo predecessore feudale: la rendita.

Nello specifico, si tratta di una forma di rendita che viene pagata per accedere a queste piattaforme e al cloud in senso più ampio.

Io la chiamo rendita cloud. Di conseguenza, il vero potere oggi non risiede nei proprietari di capitale tradizionale, come macchinari, edifici, reti ferroviarie e telefoniche, robot industriali.

Loro continuano a ricavare profitti dai lavoratori, dal lavoro salariato, ma non sono al comando come un tempo.

Come vedremo, sono diventati vassalli di una nuova classe di padroni feudali, i proprietari del capitale cloud.

Per quanto riguarda il resto di noi, siamo tornati al nostro precedente status di servi della gleba, contribuendo alla ricchezza e al potere della nuova classe dominante con il nostro lavoro non retribuito – in aggiunta al lavoro che facciamo, quando ne abbiamo la possibilità.” (da “Tecnofeudalesimo: Cosa ha ucciso il capitalismo” di Yanis Varoufakis, La Nave di Teseo).

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Tornare alla natura?

“I sentieri esistono perché qualcuno li ha progettati e li ha aperti, e come tali possono essere prolungati col lavoro e col pensiero.

Per tracciare nella mente un sentiero verso il futuro, alternativo a quelli dell’inerzia del presente e della disperazione, e decidersi ad agire per una causa comune, possono fare da innesco performance e camminate ai margini, fantasie ebbre e visioni psichedeliche; ma non bastano.

Né basta ‘tornare alla natura’, salire in cima a un monte, farsi un giro in parco naturale per scrutare i nostri desideri, come fanno molti turisti, pellegrini verso una trascendenza in cui non credono abbastanza”. (“Il senso della natura”, Paolo Pecere, Sellerio).

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Attualità

La guerra in Medio Oriente è scoppiata. E le stelle della bandiera europea stanno a guardare.

Come mai il missile che ha colpito il campo di calcio nel Golan non è stato intercettato dall’Iron Dome israeliano?

Perché gli USA hanno immediatamente autorizzato la rappresaglia contro il Libano, prima di accertare accuratamente i fatti?

La risposta è chiara: scatenare il putiferio è negli interessi geopolitici degli Usa e di Israele.

Netanyahu vuole scaraventare Israele contro l’Iran. E a Washington lo lasciano fare.

Mentre a Bruxelles, le stelle della bandiera stanno a guardare.

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Ancora quattro morti di lavoro: a luglio siamo a quota 84.

Mancano 6 giorni alla fine del mese di luglio, con 84 morti di lavoro, ha già superato gennaio (81) ed eguagliato marzo. I media continuano a non occuparsi della mattanza.

Il 53enne Francesco Citarella, dipendente delle Ferrovie Appulo Lucane (Fal), è morto poco dopo la mezzanotte di mercoledì 24 luglio.

Finito il turno di lavoro, stava tornando a casa a Palo del Colle (Bari), lungo la sp 236, quando nel territorio di Sannicandro si è scontrato frontalmente con un’altra vettura ed è morto sul colpo.

Un frontaliere piemontese di 47 anni residente nel Verbano Cusio Ossola è morto nel tardo pomeriggio di giovedì 25 luglio a Losone, nel Canton Ticino.

Stava montando dei pannelli solari sul tetto di un edificio quando ha perso l’equilibrio ed è caduto da un’altezza di 4 metri. I soccorritori hanno potuto soltanto constatarne la morte.

Mattia Vitali, 34enne carrozziere varesino, moglie e una figlia, è morto nelle prime ore del mattino di mercoledì 24 luglio lungo la statale 394 all’altezza di Casciago.

Sulla sua moto era diretto alla carrozzeria Minelli di Barasso per iniziare la giornata di lavoro ma ha trovato lungo la strada una vettura impegnata in una svolta.

Inevitabile l’impatto. I medici hanno tentato a lungo le manovre di rianimazione, poi si sono dovuti arrendere.

William Faè, 51enne ex sindaco di Cencenighe (Belluno), impiegato nell’ufficio tecnico comunale, è morto mercoledì 24 luglio per un malore che lo ha colto sul posto di lavoro. Anche nel suo caso le manovre di rianimazione non hanno avuto esito.

#francescocitarella#mattiavitali#williamfaè#mortidilavoro

Luglio 2024: 84 morti (sul lavoro 66; in itinere 18; media giorno 3,3)

Anno 2024: 654 morti (sul lavoro 502; in itinere 152; media giorno 3,1)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

99 Lombardia (67 sul lavoro – 32 in itinere)

61 Campania (49 -12)

56 Veneto (40 -16)

55 Emilia Romagna (42 -13)

53 Sicilia (39 -14)

51 Lazio (33 -18)

43 Toscana (36 – 7)

36 Piemonte (29 – 7)

34 Puglia (25 – 9)

22 Abruzzo (18 – 4), Sardegna (19 – 3)

19 Marche (13 – 6), Calabria (16 – 3)

15 Trentino (13 – 2)

13 Estero (11 – 2)

12 Liguria (10 – 2)

10 Alto Adige (9 – 1)

9 Friuli V.G. (7 – 2), Umbria (9 – 0)

7 Basilicata (7 – 0)

5 Valle d’Aosta (5 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 78; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

“Bisogna riconoscere la propria latente animalità, perché questa non ci sorprenda con la sua manifestazione caotica”.

“Nelle Baccanti di Euripide – racconto esemplare di una sfida che attraversa tutta la cultura occidentale – il re Penteo rifiuta di concedere spazio nella polis a Dionisio e al suo corteo di donne che allattano cuccioli di lupo.

Getta in prigione quel giovane dandogli del ciarlatano, non riconosce il dio, il quale lo ammonisce: ‘Tu non sai cosa la vita, non sai chi sei e cosa fai’.

È la minaccia di una dio a un mortale che non riconosce i propri limiti e la propria origine animale.

Quando Penteo pagherà per il suo orgoglio e andrà incontro alla sua fine, ucciso dalla madre che lo vede come un leone, quel dio gli apparirà finalmente in forma di toro.

Bisogna riconoscere la propria latente animalità, perché questa non ci sorprenda con la sua manifestazione caotica.

Al tempo stesso, nell’Atene di Euripide e di Socrate si insisteva anche sulla differenza umana, e sulla capacità di amministrare e contenere gli slanci animali.

È famoso il mito che Platone fa raccontare al sofista Protagora: quando gli dei modellarono le specie mortali mescolando terra e fuoco, ordinarono a Prometeo ed Epimeteo di assegnare a ciascuna diverse capacità.

Epimeteo distribuì forza e velocità, ali e unghie, pellicce e altre risorse per proteggersi.

Una volta arrivato all’uomo si accorse di aver finito la abilità. Allora Prometeo, che doveva occuparsi dell’uomo nudo e disarmato, rubò la sapienza tecnica e il fuoco per donarli al genere umano.

Si forma così l’immagine di un animale unico, carente ma abile a inventare espedienti e a procurarsi risorse, che fonda religioni e tecniche”. (“Il senso della natura”, sette sentieri per la terra”, Paolo Pecere, Sellerio)

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Attualità

Undici morti di lavoro in tre giorni, questa settimana, per una media di quasi quattro vittime al giorno.

L’argomento però è completamente scomparso dai media, molto concentrati ad amplificare la miracolosa patente a punti annunciata dalla ministra Calderone per il settore dell’edilizia, che a luglio ha già mietuto dieci vite.

Entrerà in vigore il 1° ottobre, è già stata bocciata da tutti i sindacati e lascerà le cose come stanno, cioè male.

Michele Mazza aveva 26 anni, viveva a Montello (Bergamo) con la compagna e una figlia di 9 mesi.

È morto alle 6 del mattino di mercoledì 24 luglio in un incidente stradale a Bolgare, mentre andava a prendere il padre per poi aprire la ditta idraulica di famiglia a Palosco.

Ha trovato sulla sua strada un camion, contro il quale è andato a schiantarsi.

Poche ore prima, appena passata la mezzanotte, era morto il 38enne marocchino Lekbir Boukri, che risiedeva e lavorava come magazziniere a Monsampolo del Tronto (Ascoli Piceno).

Boukri aveva iniziato il turno di lavoro alle 21,30 di lunedì e aveva usato la pausa di mezzanotte per raggiungere casa.

Tornando al lavoro si è scontrato con l’auto di un vicino di casa ed è morto sul colpo.

Fabio Ridolfi, agricoltore pensionato di 78 anni, continuava a lavorare nei campi regolarmente.

È morto mercoledì 24 luglio a San Martino in Gattara, una frazione di Brisighella (Ravenna), mentre lavorava un campo di famiglia con il trattore.

Complice la pendenza del terreno il mezzo agricolo si è ribaltato, uccidendo Ridolfi all’istante.

#michelemazza#lekbirboukri#fabioridolfi#mortidilavoro

Luglio 2024: 80 morti (sul lavoro 64; in itinere 16; media giorno 3,3)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro)

Anno 2024: 650 morti (sul lavoro 500; in itinere 150; media giorno 3,1)

98 Lombardia (67 sul lavoro – 31 in itinere)

61 Campania (49 -12)

55 Veneto (39 -16), Emilia Romagna (42 -13)

53 Sicilia (39 -14)

51 Lazio (33 -18)

43 Toscana (36 – 7)

36 Piemonte (29 – 7)

33 Puglia (25 – 😎

22 Abruzzo (18 – 4), Sardegna (19 – 3)

19 Marche (13 – 6), Calabria (16 – 3)

15 Trentino (13 – 2)

12 Liguria (10 – 2), Estero (10 – 2)

10 Alto Adige (9 – 1)

9 Friuli V.G. (7 – 2), Umbria (9 – 0)

7 Basilicata (7 – 0)

5 Valle d’Aosta (5 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 78; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Altri morti di lavoro, ma tanto alla ministra Calderone mica rovineranno le vacanze estive.

Salvatore Lascialfari, autotrasportatore di 45 anni, viveva con la moglie e le due figlie ad Asciano (Siena), dove era conosciuto come il gigante buono, anche per la sua attività di volontario della Misericordia.

È morto lunedì 22 luglio, al mattino, uscendo di strada con il suo camion a Vicopisano (Pisa) per cause ancora da determinare.

I soccorritori hanno potuto solo prendere atto del decesso.

Bruno Bianchini, 60 anni, era un infermiere del 118 nonché allenatore di pugilato.

Nelle prime ore di lunedì 22 luglio ha staccato dal turno di notte all’ospedale Palagi di Firenze e si è avviato in moto verso casa, a Pontassieve.

Mancava pochissimo alla meta quando ha perso il controllo del mezzo, che è andato a schiantarsi contro le auto in sosta.

È stato trasportato in condizioni critiche all’ospedale Careggi di Firenze, dove è morto poco dopo il ricovero.

Mario Floris, 74 anni, di Tortolì (Nuoro), era il titolare di una ditta di movimento terra e di una cava a Loceri (Nuoro), frutto di 60 anni di lavoro nel settore.

Lunedì 22 luglio la benna di un escavatore si è staccata e lo ha travolto, provocandone la morte istantanea.

Sesto Gagliardi, 58 anni, operaio edile di Besana Brianza (Monza e Brianza), durante la settimana mandava avanti la sua ditta individuale e nei weekend si dedicava rimettere in sesto una casa che possedeva a Maresso di Missaglia (Lecco).

Domenica 21 luglio è precipitato da un ballatoio mentre sistemava una tettoia. Una caduta di 6 metri che gli ha causato lesioni gravissime.

È morto poco dopo il ricovero all’ospedale di Lecco.

#salvatorelascialfari#brunobianchini#mariofloris#sestogagliardi#mortidilavoro

Luglio 2024: 72 morti (sul lavoro 58; in itinere 14; media giorno 3,2)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 642 morti (sul lavoro 494; in itinere 148; media giorno 3,1)

95 Lombardia (62 sul lavoro – 33 in itinere)

61 Campania (49 -12)

55 Veneto (39 -16)

53 Emilia Romagna (40-13), Sicilia (39-14)

51 Lazio (33-18)

43 Toscana (36-7)

35 Piemonte (28-7)

33 Puglia (25-8)

22 Abruzzo (18-4), Sardegna (19-3)

19 Calabria (16-3)

18 Marche (13-5)

14 Trentino (12-2)

12 Liguria (10-2), Estero (10-2)

10 Alto Adige (9-1)

9 Friuli V.G. (7-2), Umbria (9-0)

7 Basilicata (7-0)

5 Valle d’Aosta (5-0)

4 Molise (4-0).

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 78; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Danno gli ordini e poi si nascondono dietro il potere.

È stata chiusa l’inchiesta sul naufragio di Cutro. Sono finiti in sei sotto accusa tra Finanza e Guardia Costiera.

Ne manca uno, il vero responsabile, è il ministro dell’Interno.

Colui a cui dedicare la conclusione dei giudici che scrivono a chiare lettere: “Quelle 98 morti si potevano evitare”.

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Attualità

Si continua a morire di lavoro tra l’indifferenza generale.

Mario Rutiglio, 67 anni, operaio Arif (Agenzia regionale attività irrigue e forestali) a 3 mesi della pensione, sabato 20 luglio non sarebbe dovuto essere in servizio.

Ha cambiato turno e nel pomeriggio si è ritrovato a lavorare alla bonifica dell’area di un incendio a Ceglie Messapica (Brindisi). È stato travolto dal tronco di un albero che stava abbattendo ed è morto sul colpo.

Domanda: perché un 67enne prossimo alla pensione viene mandato a combattere un incendio?

Dusan Trkuljaun, bosniaco, 74 anni, già dipendente di una ditta della logistica a Cortemaggiore (Piacenza), aveva chiesto e ottenuto di vivere in una roulotte nel parcheggio dell’azienda in cambio del servizio di guardiania.

Sabato 20 luglio è stato trovato senza vita sotto il pesante cancello uscito dalle guide. L’ipotesi è che sia accaduto durante l’apertura del cancello.

La certezza è che la vittima fosse in una posizione lavorativa del tutto irregolare.

Carmelo Vitrano, di Voghera (Pavia), 55 anni, artigiano edile specializzato in coperture, alle 6,30 del mattino di sabato 20 luglio era già sul tetto del capannone da rimettere a nuovo.

È caduto da un’altezza di 8 metri prima ancora di iniziare il lavoro ed è morto per i gravi traumi riportati.

Una caduta all’apparenza banale, inciampando in strada, è costata la vita al 46enne Nicholas Chiocchetti, di Moena (Trento).

Lunedì 15 luglio aveva finito la manutenzione delle aree comunali a Soraga, insieme ai colleghi della sua cooperativa, e stava caricando gli attrezzi sul furgone quando ha avuto un inciampo ed è caduto, battendo la testa con violenza.

In ospedale i medici hanno combattuto per quattro giorni, ma venerdì 19 luglio il cuore di Nicholas si è fermato.

Una caduta dal secondo piano di un albergo dell’isola di Canouan (St Vincent e Grenadine, ai Caraibi), ha causato la morte sul colpo di Sergio Scorrano, falegname 59enne di Alliste (Lecce).

È accaduto giovedì 18 luglio, mentre Scorrano stava riparando i danni provocati dall’uragano Beryl.

Giovanni Fontana era un autotrasportatore 53enne di Bagnacavallo (Ravenna). È morto nella serata di venerdì 19 luglio, mentre percorreva la Ferrara-Mare.

La probabile causa un malore alla guida legato forse a problemi di salute preesistenti. Fontana ha fatto in tempo ad accostare e a fermare il tir, poi si è accasciato sul volante, senza più riprendersi.

Domenica 21 luglio si è spento al Cto di Torino l’operaio agricolo 65enne Giampiero Pasero, di Crocera di Barge (Cuneo).

Sabato 20 luglio era stato travolto da un trattore nella cascina in cui lavorava, a Cardè. Due interventi non sono riusciti a salvargli la vita.

#mariorutiglio#dusantrkuljaun#carmelovitrano#nicholaschiocchetti#sergioscorrano#giovannifontana#giampieropasero#mortidilavoro

Luglio 2024: 68 morti (sul lavoro 55; in itinere 13; media giorno 3,2)

(Courtesy by Piero Santonastaso/Morti di lavoro).

Anno 2024: 638 morti (sul lavoro 491; in itinere 147; media giorno 3,1)

94 Lombardia (61 sul lavoro – 33 in itinere)

61 Campania (49 -12)

55 Veneto (39 -16)

53 Emilia Romagna (40-13), Sicilia (39-14)

51 Lazio (33-18)

41 Toscana (35-6)

35 Piemonte (28-7)

33 Puglia (25-8)

22 Abruzzo (18-4)

21 Sardegna (18-3)

19 Calabria (16-3)

18 Marche (13-5)

14 Trentino (12-2)

12 Liguria (10-2), Estero (10-2)

10 Alto Adige (9-1)

9 Friuli V.G. (7-2), Umbria (9-0)

7 Basilicata (7-0)

5 Valle d’Aosta (5-0)

4 Molise (4-0).

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 78; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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