(fonte: repubblica.it)
Silvio Berlusconi è formalmente indagato dalla procura di Trani nell’inchiesta Rai-Agcom. E’ questo il contenuto della risposta che la procura di Trani ha fornito all’istanza presentata stamani dai legali del premier, Filiberto Palumbo e Niccolò Ghedini, che chiedevano se il premier fosse indagato. Una notizia ancora non ufficiale. “Alla richiesta del premier abbiamo già risposto” si limita a dire il procuratore della Repubblica di Trani, Carlo Maria Capristo. Ma il contenuto della risposta ci mette poco a diffondersi. L’ipotesi di reato dovrebbe essere quella di concussione per le presunte pressioni fatte dal premier per fermare Annozero. Beh, buona giornata.
Categoria: Media e tecnologia
ll direttore responsabile di Videonews, Claudio Brachino, è stato sospeso per due mesi dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia in relazione al servizio sul magistrato Raimondo Mesiano che provocò forti polemiche. Il filmato incriminato andrò in onda a metà ottobre su “Mattino 5”, contenitore di news e approfondimenti delle reti Mediaset. Il conduttore, Claudio Brachino, annunciò ai telespettatori le immagini “in esclusiva” di presunti comportamenti “stravaganti” del giudice civile milanese, Raimondo Mesiano.
Lo “scoop” consisteva in un video di pochi minuti sulla vita privata del magistrato che poche settimane prima aveva condannato il gruppo Fininvest a risarcire alla Cir di Carlo De Benedetti 750 milioni di euro. Nel filmato si vedeva il giudice che fumava una sigaretta, passeggiando di fronte al barbiere. Poi gli ormai celebri calzini “turchesi”, definiti dalla giornalista “stravaganti”. Il direttore di Videonews si era poi scusato con Mesiano in un articolo pubblicato su Il Giornale. Beh, buona giornata.
“Zitti, si vota”: resta il divieto di politica in Rai. Il Cda si spacca sul “bavaglio”-blitzquotidiano.it
Metà “Ponzio Pilato delle istituzioni” e metà “legionario della maggioranza politica”, il Consiglio d’amministrazione della Rai ha confermato con cinque voti contro quattro lo stop ai talk show politici durante il periodo pre-elettorale. Confermata, quindi, la decisione dei giorni scorsi nonostante la sentenza del Tar che, venerdì 12 marzo, aveva definito illegittimo il blocco per le televisioni private. E nonostante l’Autorità delle Telecomunicazioni avesse invitato la Rai a comportarsi di conseguenza. C’è dunque la campagna elettorale, tra due settimane si vota e in Rai c’è appeso il cartello: “Qui si chiacchiera di tutto ma non di politica”.
Metà “Ponzio Pilato” perché i consiglieri di amministrazione nominati dal centro destra hanno fatto finta di non decidere. Non hanno riacceso Ballarò, Porta a Porta, Annozero e Ultima Parola. Però si sono “lavati le mani” anche della responsabilità diretta di tenerle spente queste trasmissioni. Hanno votato che “deve decidere la Commissione di vigilanza parlamentare sulla Rai”. Mentre questa decide, la campagna elettorale sarà finita o quasi. Metà “legionari”, perché si trattava di non contraddire la voglia chiara ed esplicita del premier di non vederle più quelle trasmissioni. Possibilmente mai più, in mancanza di meglio almeno per un mese.
I consiglieri Rai Rodolfo De Laurentiis, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten affidano ad una nota le ragioni del loro no alla ribadita sospensione dei talk show: «Esprimiamo il nostro voto contrario perché si tratta di una decisione dilatoria che non sana la forzatura di interpretazione del regolamento compiuta quando a maggioranza fu decisa la sospensione di quattro trasmissioni di approfondimento».
Secondo i consiglieri «l’ordinanza del Tar sulla delibera dell’Agcom e l’invito della stessa Autorità di Garanzia a riconsiderare la delibera assunta dal Cda -avrebbero dovuto indurre la Rai a ricollocare in palinsesto da subito gli approfondimenti informativi. Siamo tra l’altro convinti che la conferma della sospensione rende concreto il rischio per l’Azienda di sanzioni». Il presidente della Rai Garimberti si dice “amareggiato”. Gentiloni del Pd parla di “suicidio aziendale”.
Per rivedere trasmissioni come Porta a Porta di Bruno Vespa, AnnoZero di Michele Santoro, Ballarò di Giovanni Floris e L’Ultima Parola di Gianluigi Paragone, quindi, occorrerà aspettare che siano passate le elezioni regionali, quando parlar di politica nella tv pubblica non farà più alcun “danno di informazione”. E’ stata proprio l’equazione tra informazione e comunicazione politica a portare all’annullamento delle trasmissioni. Equazione respinta dal Tar ma voluta fortemente dalle forze di maggioranza e dai radicali. Equazione che ha portato a sostenere che le regole valide per le Tribune Politiche sono le stesse che devono valere per una trasmissione giornalistica. Non la par condicio ha spento la politica in Rai, ma l’uso improprio della par condicio. (Beh, buona giornata).
Dopo “l’editoriale” di Augusto Minzolini, direttore del TG Uno, andato in onda ieri alle 20, il direttore del Tg4 Emilio Fede è stato ricoverato ieri sera all’ospedale San Raffaele per un leggero malore. Il giornalista si sarebbe già ripreso. Fede è ricoverato al settimo piano, nella stessa stanza che ha ospitato Silvio Berlusconi durante la degenza in seguito al ferimento per il lancio di una statuetta dopo un comizio in piazza del Duomo, si è già ripreso.
Al San Raffaele oggi è stata organizzata una festa per i 90 anni del fondatore, don Luigi Verzè. Alla festa partecipa anche il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che, al termine, non è escluso vada a far visita ad Emilio Fede. Così fanno pace. Beh, buona giornata.
(fonte: blitzquotidiano.it)
«Basta, finiamola con questo scandalo. Quello che bisogna concertare è che la vostra azione permetta di chiudere la trasmissione. Non voglio più vedere Antonio Di Pietro in tv». Questo sarebbe il contenuto esplosivo di una delle telefonate del novembre 2009 tra Silvio Berlusconi e il commissario dell’Autority per le comunicazioni, Giancarlo Innocenzi, intercettata dalla procura di Trani. Secondo quanto riportano oggi Il Corriere della Sera e La Repubblica, a questa esplicita richiesta del premier, Innocenzi avrebbe risposto: «L’ho chiesto anche a Calabrò», cioè Corrado Calabrò, presidente dell’Agcom.
La data è 12 novembre e, secondo La Repubblica, su Rai 2 è in onda Annozero, si parla del caso del sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, per il quale la procura di Napoli ha chiesto l’arresto. Silvio Berlusconi prende il telefono e chiama il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi: «Ma la stai guardando la trasmissione? – gli dice – È una cosa oscena! Adesso bisogna concertare una vostra azione che sia di stimolo alla Rai per dire: adesso basta, chiudiamo tutto!». Il presidente chiude. Poi richiama: «Non si può vedere Di Pietro che fa quella faccia in televisione!» commenta, riferendosi al leader dell’Italia dei Valori ospite di Michele Santoro insieme con il vicepresidente della commissione Antimafia Fabio Granata (Pdl), il direttore di Libero Maurizio Belpietro e il giudice Piercamillo Davigo.
(Beh, buona giornata).
Franco Bechis- da Libero
A lui non risulta nessuna indagine. Il direttore del Tg1, Augusto Minzolini sostiene di non avere ricevuto alcun avviso di garanzia e quindi di non potere dire nulla sulla presunta concussione per cui sarebbe indagto a Trani. Dice però che se il fatto fosse vero, lo prenderebbe come un tentativo di intimidazione a lui e al Tg1. A Trani infatti c’era andato, come teste, dimostrando il millantato credito di chi sosteneva che sul Tg1 mai sarebbe apparsa una notizia contro l’American Express. Solo il Tg1 infatti ha dato informazione dell’inchiesta di Trani. Quanto all’accusa di avere ricevuto la linea del Tg1 da Silvio Berlusconi, la considera «ridicola». Certo che ha parlato con il premier, 4 o 5 volte da quando è al Tg1. Lo faceva anche prima, perché così si fa il giornalista. E difende, anche con toni aggressivi, il suo lavoro in questa intervista a Libero.
Sono una persona educata e rispondo a tutte le telefonate che mi fanno. Talvolta per cortesia, altre volte per interesse. Faccio sempre il giornalista e se non parlassi con i protagonisti dei fatti, mi sarebbe difficile comprenderli, no? A proposito, secondo te il presidente del Consiglio non è una buona fonte di informazione? Io spero che si informassero alla fonte diretta anche i miei predecessori
Augusto, sei indagato per concussione alla procura di Trani…
«…Alt. Io non so nulla. Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia. Che io sia indagato lo dici tu, non io. Non c’è e credo proprio che non arriverà mai…».
Le notizie sono ufficiose, ma autorevoli. E credo che a quest’ora non ce le abbia solo io. Risultano indagati per concussione il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il membro dell’Authority tlc, Giancarlo Innocenzi, e il direttore del Tg1, tu…
«Io? Concussione? E come faccio ad avere concusso?».
La Rai è pubblica e tu sei incaricato di pubblico servizio. Se prendi una “comanda” dall’esterno e comandi i servizi alla tua redazione, ecco qui la concussione.
«Cioè mi accusano di fare il giornalista, che parla con i politici e il direttore che appunto dirige?».
Sembrerebbe così. Tu parli spesso con il presidente del Consiglio, Berlusconi?
«Spesso no. Ma è capitato…».
Devo fare come il confessore: quante volte, figliolo?
«Da quando faccio il direttore del Tg1, quasi un anno, direi quattro o cinque volte. Parlo con lui e con un’infinità di altri politici…».
Anche di opposizione?
«Sì, anche di opposizione. Per altro sono una persona educata e rispondo a tutte le telefonate che mi fanno. Talvolta per cortesia, altre volte per interesse. Faccio sempre il giornalista e se non parlassi con i protagonisti dei fatti, mi sarebbe difficile comprenderli, no? A proposito, secondo te il presidente del Consiglio non è una buona fonte di informazione? Io spero che si informassero alla fonte diretta anche i miei predecessori».
Sentivi al telefono Berlusconi anche prima di essere nominato al Tg1?
«Certo che sì. Ho iniziato a fare il giornalista politico nel 1980. Tranne due anni e mezzo che ho vissuto negli Stati Uniti, per scrivere articoli e retroscena ho parlato con tutti. Anche con diversi presidenti del Consiglio, ministri e segretari di partito…».
E mai ti sei trovato nei guai per averlo fatto?
«Mai. Infatti questa è pura follia. Di più: lo dico con franchezza: è un atto intimidatorio. Non ha senso, è fuori da ogni logica. Mi accusano di avere parlato con Berlusconi? E che accusa è? Poi – sostieni tu -, mi accuserebbero anche di avere parlato con la mia redazione? Significa che secondo i magistrati io dovrei fare il direttore sordo – perché non devo sentire il presidente del Consiglio – e muto, perché non dovrei dare indicazioni alla redazione. Insomma, sono colpevole di non essere sordomuto, altro che concussione!».
Forse dovresti parlare meno al telefono.
«Ah, su questo d’accordissimo. Ma questo è il Paese. Se ho capito bene queste presunte intercettazioni che non pubblica nemmeno Il Raglio del Travaglio…».
Telefonano, io ascolto. E poi decido di testa mia rispettando tutti e soprattutto dando ai cittadini la possibilità di capire. Però abbiamo ridotto un po’ la politica, perché i dati su ascolti e gradimenti dicono che interessa assai poco».
Il Fatto quotidiano, vuoi dire…
«Il Raglio del Travaglio. Beh, queste intercettazioni nascono da una indagine su interessi esorbitanti che avrebbe applicato ad alcuni clienti di revolving card l’American Express. Qualcuno – e lo riconosce perfino Il Raglio del Travaglio – ha millantato di potere intervenire sul Tg1 per bloccare informazioni dell’inchiesta ed evitare una campagna sull’American Express. Tutto nasce da una denuncia di un ufficiale della Guardia di Finanza a cui sono stati applicati tassi secondo lui da usura. La procura di Trani mi chiede di comparire come persona informata dei fatti».
Quindi ti hanno già sentito?
«Sì. Nell’autunno scorso. Li ho chiamati, e informandomi sui motivi della convocazione. Così ho scoperto che forse l’unico tg che ha mandato in onda un servizio sull’inchiesta contro l’American Express è stato proprio il Tg1. L’ho spiegato a Trani, e per me era finita lì. Come sia possibile che poi sulla base di un’ipotesi inesistente di cui ho fornito prova abbiano continuato a intercettare in cerca di chissà che, proprio non lo so».
Lo sai che sei un incaricato di pubblico servizio, non un direttore come gli altri?
«Certo che lo so. Per questo sul Tg1 si è data informazione anche dell’inchiesta sull’American Express. E ogni giorno si cerca di dare le informazioni più complete e rilevanti. Se ne rende conto il pubblico che continua a seguirci… Ecco qui i dati di ieri: Tg1 al 29,2%, il Tg5 al 23,9%. Evidentemente gli ascoltatori ritengono il Tg1 un prodotto equilibrato e non condizionato da chi tenta attraverso intimidazioni di piegare la linea del giornale a questo o quel partito».
E i partiti, intimidazioni a parte, si fanno sentire direttamente? Chiedono molto?
«Telefonano, io ascolto. E poi decido di testa mia rispettando tutti e soprattutto dando ai cittadini la possibilità di capire. Però abbiamo ridotto un po’ la politica, perché i dati su ascolti e gradimenti dicono che interessa assai poco».
Dici? E perché?
«Forse ne è stata fatta troppa in passato, o forse è troppo evanescente. Non si occupa dei temi reali. Guarda questa campagna elettorale: tutte inchieste, intercettazioni, timbri quadrati, rotondi o rettangolari…».
E c’è pure la par condicio.
«Sì, e la dobbiamo rispettare. Oggi ho letto su un quotidiano dei dati assolutamente falsi. Siamo lì con il bilancino a calcolare tutti gli interventi. Ho una squadra che non sgarra quasi al secondo. La par condicio certo frena. Pensa che frena me che vorrei tanto fare un altro editoriale…».
Ma non sono proprio quegli editoriali la ragione vera di polemiche e guai?
Antonio Di Pietro dice che dovrebbero cacciarmi a pedate nel sedere. Era il linguaggio di Benito Mussolini. Detto questo vado volentieri davanti alla commissione di vigilanza o al cda Rai per spiegare le mie idee e difenderle. Non ho paura delle idee.
«Polemiche le farebbero comunque. Rifarei ogni editoriale che ho firmato. Ce l’hanno con quello che ho detto su Spatuzza e Ciancimino jr? Ho detto che sono pentiti non credibili? Forse ero fra i pochi allora a ritenere questo. Ora hanno capito tutti. È una colpa intuire in anticipo? Ho fatto un editoriale sostenendo che era opportuno reintrodurre l’immunità parlamentare. Giù fischi e critiche. Un mese dopo Marcello Maddalena, il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino e altri magistrati hanno sostenuto la stessa cosa…».
Ma continuano a chiederti le dimissioni.
«Sì, personaggi a dire poco ridicoli. Antonio Di Pietro dice che dovrebbero cacciarmi a pedate nel sedere. Era il linguaggio di Benito Mussolini. Detto questo vado volentieri davanti alla commissione di vigilanza o al cda Rai per spiegare le mie idee e difenderle. Non ho paura delle idee. E non vi rinuncio nemmeno se usano atti per intimidirmi. Non mi intimidiscono. Ho le mie idee, e per fortuna le rendo pubbliche. Sono cristallino. Quello che penso lo dico in televisione. Lo dico nelle riunioni di redazione. E naturalmente anche in una telefonata privata…».
Non esistono telefonate private. Guarda questa intervista. Esce su Libero. Ma prima finisce in un faldone. Lo scoop lo sta facendo il maresciallo all’ascolto…
«Dici? Mi hai chiamato sul fisso, attraverso il centralino Rai. È intercettato anche questo? Vabbè, cerca di essere più veloce tu a trascriverla…».
(Beh, buona giornata).
Il direttore del Tg 1, Augusto Minzolini, non è indagato dalla Procura di Trani. Lo si apprende da fonti giudiziarie che parlano di “fantasiosa ricostruzione giornalistica”.-da Rainews 24
Nei confronti di Minzolini alcuni organi di stampa avevano ipotizzato una iscrizione nel registro degli indagati per il reato di concussione, lo stesso per il quale potrebbero essere sottoposti ad accertamenti il premier Silvio Berlusconi e il componente dell’Agcom Innocenzi. (Beh, buona giornata).
Le minacce di B: se non ci riuscite è una barzelletta, dovreste dimettervi. Il garante: per me ci sei solo tu. Di Antonio Massari da Il Fatto Quotidiano
Berlusconi chiede – esplicitamente – ai suo fedelissimi dell’Agcom di elaborare una “strategia” per fermare Santoro. E l’Agcom si attiva. Non soltanto l’Authority: si muovono i vertici della Rai, si attiva l’intervento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e viene coinvolto persino un membro del Csm. È di “strategia” che parla anche il direttore generale della Rai, Mauro Masi, quando si confronta con il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi, sul tema Santoro: una “strategia” che il Fatto Quotidiano oggi è in grado di rivelare e che vede il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, costantemente informato, giorno dopo giorno, passo dopo passo, di ogni mossa predisposta o da predisporre.
Il fattore scatenante si manifesta nel novembre 2009: s’è sparsa la voce che Santoro intende trasmettere una puntata sul “caso Mills”. Berlusconi è stato informato dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro, che a sua volta l’ha saputo da Santoro, che l’ha invitato in trasmissione. E il premier non ci sta: si lamenta pesantemente con Innocenzi. Questa puntata gli risulta insopportabile. Chiede a Innocenzi d’intervenire pubblicamente. Gli suggerisce di esprimersi in maniera dura. Molto dura. Lo sollecita a spingersi fino a criticare l’Authority per cui lavora – l’Agcom – accusandola di immobilismo.
Innocenzi annuisce. È talmente consenziente da chiedere , a Berlusconi, il permesso di poter spingere l’acceleratore fino in fondo. Berlusconi non ha titoli per concedere – a un membro dell’Agcom – simili permessi. Ma il permesso viene richiesto. E il permesso viene accordato. Anzi – conclude il premier – fammi sapere la “strategia” che avrai elaborato. Ed ecco il sistema: la “strategia” può ruotare intorno a una “lettera”. Dovrebbe firmarla il capo dell’Agcom, Corrado Calabrò, per poi spedirla al direttore generale della Rai, Mauro Masi. A sua volta, Masi, ricevuta la lettera, potrebbe promuovere dei provvedimenti su Santoro.
Serve una “lettera” efficace, però, e a consigliarne il contenuto è proprio Masi. È Masi che indica a Innocenzi la strada maestra per intralciare Santoro e Annozero. Siamo al paradosso: il direttore generale della Rai, che dovrebbe tutelare l’azienda, indica all’Agcom la via per incastrare un giornalista della stessa Rai e uno dei programmi di punta dell’azienda. Tra l’altro, parlando con Innocenzi, è lo stesso Masi che rivendica: la Rai è stata “aggiustata”. Non tutta. Ma quasi. Mettiamo il caso di RaiTre: il direttore Ruffini non c’è più.
Anche Tg1 e Tg2 stanno dando un messaggio diverso rispetto al passato. Persino il Tg3 sarebbe in qualche modo cambiato. Per Santoro , però – dice Masi – la questione è diversa. Nella prima fase della strategia Innocenzi sceglie una strada: non si possono fare “processi” in tv soprattutto se, questi processi, sono in corso nelle aule dei tribunali. Anche le docufiction – che poi saranno bloccate – rappresentano un problema.
Ci sarebbe un preciso precedente giuridico sui processi in tv. Insomma: la via intravista da Innocenzi lascia presumere che, in base a questo indirizzo – e all’opportuna “lettera” scritta da Masi e firmata da Calabrò – si possa placcare Santoro e Annozero “prima” che vada in onda. Berlusconi si fa risentire: Innocenzi garantisce che sta lavorando alla “strategia” e che incontrerà, per metterla a punto, persino un membro del Csm.
Ma la strada indicata da Innocenzi – quella sui processi in tv – non è adeguata. È il segretario generale dell’Agcom Viola ad accorgersene: parliamo del braccio destro del presidente Calabrò. La situazione si chiarisce quando Innocenzi richiama Masi: ha una busta. Dentro c’è qualcosa di scritto. Gliela lascia in un posto dove Masi può leggerla. Anche in questo caso, Berlusconi, viene tempestivamente informato. Prima, però, il Cavaliere inonda Innocenzi dei soliti improperi: il presidente Calabrò dovrebbe lasciare il suo posto, insieme con tutta l’Agcom, che dovrebbe dimettersi in blocco, visto che è una sorta di “barzelletta”.
Innocenzi prende la sua dose quotidiana di rimproveri e poi rasserena il presidente del Consiglio: Masi ha una copia della bozza della lettera. E redarguisce Innocenzi: questa “lettera”, per come è stata elaborata, può servire dopo le trasmissioni. Non prima. Insomma: se Santoro non sbaglia – e la trasmissione su Mills non è ancor andata in onda – non lo si può sanzionare. Non avverrebbe neanche nello Zimbabwe. E quindi: bisogna ricominciare da zero.
Masi offre ancora i suoi consigli: la vicenda va inquadrata pensando al passato. Per esempio, la trasmissione sul caso di Patrizia D’Addario, aveva offerto molti spunti. E in effetti – nei suoi primi “consigli” a Innocenzi – Masi aveva chiesto di portargli tutto il materiale che l’Agcom aveva raccolto su Santoro e Annozero nei mesi precedenti. La “strategia” si evolve fino a questo punto: una lettera, debitamente compilata e poi firmata da Calabrò, potrebbe mettere Masi nelle condizioni di dire a Santoro che, se dovesse infrangere le direttive, la Rai potrebbe pagare una multa pari al 3 per cento del suo fatturato.
Calabrò – che non cederà alle pressioni – sembra intenzionato a non scrivere testi di questo tenore. Innocenzi – per intervenire su Calabrò – chiama persino Gianni Letta, che si dice disponibile a rintracciarlo. Niente da fare. Calabrò non firma. Masi invierà comunque la lettera e il tormentone ricomincerà la settimana successiva. Sempre a ridosso dell’ennesima puntata di Annozero. Berlusconi s’inalbera e Innocenzi sopporta. Esibendo ancora una volta la sua obbedienza al Cavaliere: lo rassicura spiegando che, per lui, “esiste” soltanto una persona. L’ha confidato anche a un suo collega. E quella persona – s’intende – è Silvio Berlusconi. (Beh, buona giornata).
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Beh, buona giornata.
Battibecco premier-freelance, poi ‘rissa’ con La Russa-Rainew24
Interviene piu’ volte, interrompe il premier, chiede di poter parlare e dal fondo della piccola sala stampa ‘urla’ le sue domande ‘scomode’ contro il governo e il capo della Protezione Civile, Bertolaso. Un crescendo che, dopo l’ennesima interruzione, suscita la reazione spazientita di Berlusconi.
Protagonista involontario, o forse no, della conferenza stampa indetta da Silvio Berlusconi per spiegare la “gazzarra” sulle liste elettorali, Rocco Carlomagno e’ il piu’ fotografato e ricercato dalle tv al termine dell’intervento del premier.
‘Reduce’ dallo scontro verbale con Berlusconi e da quello fisico, solo sfiorato, con il ministro Ignazio La Russa, il freelance Carlomagno esce dalla sede del Pdl in via dell’Umilta’ tra i fischi dei giovani dei Club della Liberta’ che aspettano con bandiere e striscioni l’uscita di Berlusconi.
E’ lui la vera sorpresa della conferenza stampa del Pdl sul caos liste. Interviene piu’ volte, interrompe il premier, chiede di poter parlare e dal fondo della piccola sala stampa ‘urla’ le sue domande ‘scomode’ contro il governo e il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Un crescendo che, dopo l’ennesima interruzione, suscita la reazione spazientita di Berlusconi: “Lei e’ un villano e dovrebbe meritare ben altra cortesia rispetto a quella che io le riservo. Si vergogni – sbotta il premier – Lei e’ fuori ordine, attenda” il suo turno. Ma Carlomagno non si arrende e cerca di imporre ancora le sue domande. “Lei non ha l’opportunita’ di intervenire – replica Berlusconi – Potete accompagnare gentilmente alla porta quella persona?”.
E’ a quel punto che il ministro Ignazio La Russa si alza una prima volta per calmare il giovane e gli si siede affianco: “Stia buono adesso, lei e’ un maleducato”, tuona. Un intervento che non sortisce l’esito sperato. Carlomagno insiste e poco dopo lancia nuove accuse nei confronti di Bertolaso: “Lasci le sue generalita’ – replica il presidente del Consiglio – in modo che il capo della Protezione Civile possa presentare denuncia”. La Russa si avvicina nuovamente all’uomo ma Carlomagno non demorde.
Una giornalista interviene chiedendo che “il collega” non sia allontanato dalla sala ma c’e’ chi fa notare che “non risulta iscritto all’Ordine dei Giornalisti”. Immediata arriva la puntualizzazione di Carlomagno: “Sono un free lance”. “E’ un disturbatore”, commenta Berlusconi.
Al termine della conferenza il giovane prova ancora ad intervenire e urla al premier che “chiederemo i danni per quello che avete fatto”. Berlusconi risponde, mentre lascia la sala: “Si vergogni, questa e’ la sinistra”. La Russa parte dalla prima fila, si avvicina a Carlomagno, lo invita a smetterla e lo strattona per il giaccone. “Lei’ e’ un picchiatore fascista”, gli urla Carlomagno mentre le telecamere riprendono la scena e i flash immortalano la ‘quasi rissa’. Carlomagno lascia via dell’Umilta’ ma non prima di annunciare che querelera’ il ministro La Russa.
Poi interviene alla radio: “Il ministro mi ha dato due pugni nello sterno. Del resto lui era un picchiatore”, afferma a Radio2. Intanto sul web e’ gia’ acclamato come nuova icona dell’antiberlusconismo con gruppi di fan su Facebook che prendono le sue difese. La reazione del Pdl si affida, invece, ad una nota che definisce Carlomagno “una persona non nuova a simili gesti provocatori” e sottolinea che alla conferenza “erano ammessi a partecipare i giornalisti di tutte le testate”, mentre lui “si e’ introdotto indebitamente, con una palese violazione”, “qualificandosi falsamente come ufficio stampa del Senato”. (Beh, buona giornata).
(liberamente tratto da) Ecco la versione “definitiva” sulla scomparsa dei dinosauridi Nicol Degli Innocenti -Il Sole24ore
Ci sono voluti 65 milioni di anni, ma alla fine gli esperti hanno risolto in modo “definitivo” uno dei grandi misteri della scienza, scoprendo perchè i dinosauri si sono estinti. Un asteroide di enormi dimensioni è precipitato vicino alla penisola di Yucatan, che fa ora parte del Messico, con una forza superiore di un miliardo di volte alla bomba atomica sganciata su Hiroshima e creando un cratere con un diametro di cento chilometri. Nel giro di pochi giorni tutti i dinosauri sono morti.
Un team internazionale di 42 scienziati ha pubblicato sulla rivista Science i risultati della loro ricerca ventennale. L’esplosione causata dall’impatto dell’asteroide ha provocato incendi, terremoti, giantesche frane e tsunami, ma l’effetto più devastante è stato il lancio di rocce, detriti e polveri nell’atmosfera, che ha oscurato completamente il sole e ha creato un inverno globale. “Nel giro di due ore la Terra è stata completamente avvolta da una nuvola di polvere, – spiega uno degli scienziati, Joanna Morgan di Imperial College a Londra. – Sul pianeta è diventato buio e molto molto freddo.”
Il crollo della temperatura ha ucciso tutti i rettili a sangue freddo come i dinosauri, mentre alcuni piccoli mammiferi sono riusciti ad adattarsi alle nuove condizioni e a sopravvivere aprendo la strada, con il tempo, all’evoluzione degli esseri umani. “Questa giornata infernale ha segnato la fine del regno dei dinosauri, durato 160 milioni di anni, ma si è rivelata un gran giorno per i mammiferi, che fino ad allora avevano vissuto all’ombra dei dinosauri,” spiega Gareth Collins di Imperial College.
Gli esperti di Science escludono la teoria alternativa propugnata da molti scienziati che una serie di eruzioni vulcaniche abbia raffreddato l’atmosfera e provocato piogge acide causando l’estinzione dei dinosauri. (beh, buona giornata).
da RaiNews24.it
“No censureRai”, “Berlusconi: Minzolini ti assolve, la storia ti condannera”‘. Sono alcuni degli slogan che appaiono sugli striscioni alla manifestazione davanti alla sede della Rai di via Teulada contro lo stop ai talk show fino al voto deciso ieri dal cda. Floris, più basso di così impossibile. Santoro, il 25 marzo provo ad andare in onda. Vespa, ammiro Santoro ma tutti rispettino le regole.
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“No censureRai”, “Berlusconi: Minzolini ti assolve, la storia ti condannera”‘. Sono alcuni degli slogan che appaiono sugli striscioni alla manifestazione davanti alla sede della Rai di via Teulada contro lo stop ai talk show fino al voto deciso ieri dal cda. All’iniziativa di protesta, appena iniziata, sono presenti i consiglieri di amministrazione Rai Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten, il presidente della Federazione nazionale della stampa Roberto Natale e il segretario Franco Siddi, il responsabile comunicazioni del Pd Paolo Gentiloni, conduttori e giornalisti come Michele Santoro, Giovanni Floris, Andrea Vianello, Corradino Mineo, Piero Badaloni.
Santoro, il 25 marzo provo ad andare in onda
“Noi dobbiamo rispettare le regole allora i politici presentino le liste secondo le regole, diano l’esempio”. Michele Santoro a via Teulada per la manifestazione promossa dall’Fnsi contro la decisione di oscurare i talk show politici attacca il centrodestra per la vicenda delle liste per le regionali. “Siamo qui perche’ siamo diversi ma vorremmo essere uguali agli altri – dice il conduttore di Annozero – io non voglio essere un avatar della televisione. L’unica buona legge sulla liberta’ di stampa e’ nessuna legge sulla liberta’ di stampa”. Santoro annuncia poi che il 25 marzo ci sara’ “uno sciopero bianco sulla liberta’ di espressione, saremo in una piazza di una citta’ italiana e sara’ una trasmissione straordinaria” e anche se non potra’ andare in onda sulla Rai si trovera’ una formula attraverso il Web.
Floris, più in basso di così impossibile
“La politica deve dimenticarsi l’idea di poter scegliere chi va in onda. Per non scegliere, ha chiuso tutti. Piu’ in basso di cosi’ non si puo”: lo ha detto Giovanni Floris dal palco della manifestazione a via Teulada contro lo stop ai talk show. Per Floris, la Rai “rinuncia al suo core business e al servizio pubblico”. E “in fondo al regolamento sulla par condicio – ha aggiunto – si trova la Costituzione, che vale per tutti. Tutti i giornalisti approfitteranno dell’articolo 21 che tutela tutti, dalla A di Annunziata a Floris, Minzolini fino a Vespa”, ha detto tra i fischi rivolti al direttore del Tg1 e al conduttore di Porta a Porta.
Bersani, sarà un boomerang per Berlusconi
“Penso che Berlusconi abbia sbagliato i calcoli. Credo che sara’ un boomerang. Neanche in Iran si puo’ fermare l’informazione”. Lo ha sottolineato il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, presente alla manifestazione di via Teulada contro lo stop ai talk show Rai in campagna elettorale. “Vista con gli occhi dell’Europa, la cosa che sta succedendo e’ incredibile”, ha aggiunto Bersani. “Non esiste in nessun Paese occidentale. Ma questa serata dimostra che una reazione e’ possibile. Questa iniziativa di Berlusconi dimostra debolezza e nervosismo. Lui ci ha abituati a sentire racconti di cose meravigliose, di miracoli. A disturbarlo – ha concluso – e’ l’indagine libera di giornalisti con la schiena dritta che possono parlare della societa’ com’e’ realmente”.
Vespa, ammiro Santoro ma tutti rispettino le regole
“Dal punto di vista professionale sono un grande ammiratore di Santoro, ma tutti devono rispettare le regole”. Cosi’ Bruno Vespa alla manifestazione davanti alla sede Rai di via Teulada contro lo stop ai talk show durante la campagna elettorale; espa aveva appena finito di registrare una puntata di Porta a porta che andra’ in onda tra un mese”. Vespa e’ salito a sorpresa sul palco dove aveva appena parlato Michele Santoro che ha invitato i manifestanti a lasciarlo parlare, visto che molti avevano fischiato contro il giornalista Rai. “Questo provvedimento – ha detto Vespa – e’ molto pericoloso, e’ un boomerang, una bruttissima pagina di democrazia”. Vespa ha ricordato che nel 2001, “ai tempi del famoso Editto bulgaro, fui tra quelli che si schierarono perche’ lui e Biagi andassero in onda. Recentemente Porta a Porta e’ stata cancellata da Rai International. Non c’e’ stata alcuna manifestazione di protesta”. Ma, non senza le proteste dei manifestanti, ha aggiunto: “diciamo che le regole sono magari sbagliate, ma se esistono, sono abituato a rispettarle. Lavoro in Rai da 40 anni e non mi convincerete mai del contrario. Bisogna combattere perche’ le regole cambino, ma – ha concluso – la democrazia non e’ solo un diritto ma anche un dovere”. E, con una punta di polemica, visto che la sua dichiarazione era stata contestata, ha detto “mi auguro che questa sia l’ultima occasione in cui si impedisce a qualcuno di parlare”. Prima dell’intervento di Vespa, Santoro aveva affermato: “noi siamo per la tolleranza e difendiamo chi non la pensa come noi. Sono qui per difendere il diritto di Bruno Vespa di andare in onda” ricevendo gli applausi della folla.
Video comunicato dell’Usigrai nei tg della sera
“I giornalisti della Rai dicono un ‘no’ fermo ed indignato alla cancellazione per circa un mese, nel periodo elettorale, dei talk show di approfondimento giornalistico”: inizia cosi’ il testo del video comunicato Usigrai in onda in tutti i tg serali della Rai. “‘Diritto di sapere, dovere di informare’ – prosegue – e’ sempre questo il principio che ci muove, osservando le conseguenze di un regolamento, a giudizio dell’Usigrai, mal scritto dalla Commissione parlamentare di vigilanza e peggio applicato dal Consiglio di amministrazione della Rai a maggioranza, su proposta del Direttore Generale e col voto contrario del Presidente”. “La nostra protesta, contro quello che appare evidentemente un bavaglio, si articolera’ nelle forme piu’ varie. Chiediamo un immediato complessivo ripensamento di tutte le decisioni che oltre a svilire l’articolo 21 della Costituzione, determinano un danno economico per l’azienda di Servizio Pubblico radiotelevisivo. Speriamo che il nostro appello dia voce anche alla delusione di chi aspettava quelle trasmissioni cancellate”.
(Beh, buona giornata).
Greenpeace prende in giro Polverini “Basta con l’ipocrisia sul nucleare”.
Manifesti simili agli originali della campagna della candidata del Pdl Renata Polverini ma polemici e ironici sul tema del nucleare. Lungo le strade di Roma sono apparsi decine di cartelloni ma con la scritta: “Sicuramente il nucleare. A Montalto di Castro e Latina (ma dopo le elezioni!)”. L’iniziativa – spiegano gli attivisti – serve a svelare l’ “ipocrisia nucleare” della candidata Pdl, che nei giorni scorsi ha espresso il suo appoggio ai piani nucleari del governo, ma ha dichiarato allo stesso tempo che il Lazio “non ha bisogno” di centrali nucleari . Vedi: (http://roma.repubblica.it/multimedia/home/23295174/1/9). Beh, buona giornata.
(fonte: repubblica.it)
Il tribunale di Milano ha condannato tre dirigenti di Google per violazione della privacy, per non avere impedito nel 2006 la pubblicazione sul motore di ricerca di un video che mostrava un minore affetto da autismo (e non da sindrome di Down come erroneamente comunicato in un primo tempo ndr) insultato e picchiato da quattro studenti di un istituto tecnico di Torino. Ai tre imputati sono stati inflitti sei mesi di reclusione con la condizionale; i dirigenti sono stati invece assolti dall’accusa di diffamazione, un quarto dirigente che era imputato è stato assolto. Si tratta del primo procedimento penale anche a livello internazionale che vede imputati responsabili di Google per la pubblicazione di contenuti sul web. Durissima la reazione della società: “Un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito internet” spiega il portavoce di Google, Marco Pancini. “Siamo negativamente colpiti dalla decisione”, dice in un comunicato l’ambasciatore americano a Roma David Thorne.
I dirigenti coinvolti sono David Carl Drummond, ex presidente del cda di Google Italy ora senior vice presidente, George De Los Reyes, ex membro del cda di Google Italy ora in pensione, e Peter Fleischer, responsabile delle strategie per la privacy per l’Europa di Google Inc. I tre sono stati condannati per il capo di imputazione di violazione della privacy. Assolto Arvind Desikan, responsabile del progetto Google video per l’Europa, cui veniva contestata la sola diffamazione. Nei loro confronti l’accusa aveva chiesto pene comprese tra 6 mesi e un anno di reclusione.
Il video venne girato a fine maggio 2006 e caricato su Google l’8 settembre: rimase online due mesi, fino al 7 novembre, prima di essere rimosso, totalizzando 5500 contatti. Nel filmato si vedono una decina di compagni di classe che stanno a guardare, mentre uno dei ragazzi indagati sferra qualche pugno e qualche calcio al compagno disabile, un altro è intento a riprendere la scena con la telecamera, un terzo che disegna il simbolo “SS” sulla lavagna e fa il saluto fascista. Il ragazzo aggredito rimane immobile. Al giovane disabile vengono anche tirati oggetti e per ripararsi lui perde gli occhiali e si china a cercarli affannosamente. Nell’indifferenza del resto della classe.
Nel corso del processo i legali del ragazzino disabile avevano ritirato la querela nei confronti degli imputati. Nulla di fatto per il comune di Milano per l’associazione ViviDown che si erano costituite come parti civili. La loro posizione era legata al reato di diffamazione per cui gli imputati sono stati assolti. “Faremo appello contro questa decisione che riteniamo a dir poco sorprendente, dal momento che i nostri colleghi non hanno avuto nulla a che fare con il video in questione, poiché non lo hanno girato, non lo hanno caricato, non lo hanno visionato – dice il portavoce di Google – se questo principio viene meno, cade la possibilità di offrire servizi su internet”.
Opposta la reazione di pm milanesi. “Con questo processo abbiamo posto un problema serio, ossia la tutela della persona umana che deve prevalere sulla logica di impresa” affermano il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il pm Francesco Cajani. Nell’annunciare l’intenzione di appellare la sentenza di condanna, i legali dei dirigenti condannati, Giuseppe Bana e Giuliano Pisapia, affermano: “Google si è comportato correttamente, perché non aveva alcun obbligo di controllo preventivo sui video e i messaggi messi in Rete, mentre invece dal momento in cui è stato informato di quel filmato ignobile l’ha subito eliminato”. “Non ci sono né vinti né vincitori”, aggiungono i legali, che poi interpretano l’assoluzione dall’accusa di diffamazione come “la non esistenza dell’obbligo giuridico di controllo preventivo da parte di Google su cosa viene messo in Rete”.
Gli Stati Uniti, per bocca dell’ambasciatore americano a Roma David Thorne, esprimono il proprio disagio per la decisione giudiziaria. “Siamo negativamente colpiti dall’odierna decisione di condanna di alcuni dirigenti della Google inc. per la pubblicazione su Google di un video dai contenuti offensivi”, afferma in un comunicato Thorne. “Pur riconoscendo la natura biasimevole del materiale – precisa l’ambasciatore – non siamo d’accordo sul fatto che la responsabilità preventiva dei contenuti caricati dagli utenti ricada sugli internet service provider”.
“Il principio fondamentale della libertà di internet è vitale per le democrazie che riconoscono il valore della libertà di espressione e viene tutelato da quanti hanno a cuore tale valore”, dice Thorne ricordando che “il segretario di Stato Hillary Clinton lo scorso 21 gennaio ha affermato con chiarezza che internet libero è un diritto umano inalienabile che va tutelato nelle società libere”. “In tutte le nazioni – conclude il comunicato – è necessario prestare grande attenzione agli abusi; tuttavia, eventuale materiale offensivo non deve diventare una scusa per violare questo diritto fondamentale”. (Beh, buona giornata).
I ricavi netti consolidati del Gruppo Espresso ammontano a 886,6 milioni di euro, registrando una flessione del 13,5% rispetto all’esercizio precedente (1.025,5 milioni di euro). I ricavi diffusionali, esclusi i prodotti opzionali, sono pari a 274,2 milioni di euro, mostrando una buona tenuta (-0,8% rispetto all’anno precedente), in un contesto di mercato in flessione.
In particolare, i ricavi diffusionali de la Repubblica mostrano un’evoluzione positiva (+1,4%), grazie al buon andamento delle vendite in edicola; la diffusione totale del quotidiano presenta,
invece, una flessione, interamente dovuta all’eliminazione o riduzione delle iniziative di distribuzione ad alto contenuto promozionale, il cui contributo ai ricavi era marginale.
I ricavi diffusionali dei quotidiani locali, così come la diffusione in numero di copie, sono in linea con quelli registrati nel 2008, riflettendo la buona tenuta del portafoglio di testate del Gruppo.
Infine, i periodici, che rappresentano meno del 10% dei ricavi diffusionali del Gruppo, mostrano una flessione del 7,4%, in linea con le tendenze di mercato.
I ricavi pubblicitari, pari a 496,9 milioni di euro, hanno registrato una riduzione del 18,3% rispetto all’esercizio precedente, riflettendo fondamentalmente l’evoluzione generale dei mercati in cui
opera il Gruppo.
Nel settore principale per il Gruppo, quello della stampa quotidiana, la raccolta ha mostrato una flessione (-14,9%) sensibilmente inferiore a quella del mercato di riferimento; le quote di mercato del Gruppo, sia per i quotidiani locali che per la Repubblica, sono aumentate, riflettendo il progressivo miglioramento della performance della concessionaria. Da segnalare ugualmente la tenuta, in rapporto al mercato, della raccolta pubblicitaria su Radio Deejay (-6,7%) nonché la sostenuta crescita su Repubblica.it (+9,0%).
Infine, i ricavi dei prodotti opzionali sono scesi del 12,4% a 100,6 milioni di euro, andamento da considerarsi comunque positivo in quanto conseguito in un contesto di mercato che continua a registrare un trend significativamente negativo.
I costi operativi sono stati ridotti dell’11,9% rispetto all’esercizio 2008, avendo realizzato già nel 2009 risparmi per 97,6 milioni di euro grazie al piano di riorganizzazione aziendale che a regime prevede un decremento pari a 140 milioni di euro. Da notare che gli oneri straordinari legati alla realizzazione del piano sono stati interamente spesati nell’esercizio (31,7milioni di euro).
Il margine operativo lordo consolidato è pari a 106,7 milioni di euro, in flessione del 25,2% rispetto ai 142,5 milioni del 2008. L’impatto della drastica riduzione della raccolta pubblicitaria è stato compensato in misura significativa dalla riduzione dei costi.
Il risultato operativo consolidato è pari a 63,9 milioni (95,3 milioni nel 2008) e il risultato netto consolidato, scontando accantonamenti straordinari di natura tributaria per 11,4 milioni, ammonta a 5,8 milioni di euro (20,6 milioni nell’esercizio precedente).
L’indebitamente finanziario netto consolidato al 31 dicembre 2009 è sceso a 208,2 milioni, dai 278,9 milioni di fine 2008; il saldo finanziario dell’esercizio è stato positivo per 70,8 milioni. L’organico del Gruppo a fine dicembre 2009, inclusi i contratti a termine, ammonta a 3.116 dipendenti, con una riduzione di 228 unità (-6,8%) rispetto alla chiusura del 2008 che riflette, anche
se ancora parzialmente, gli effetti dei piani di riorganizzazione avviati.
Il fatturato della Capogruppo è stato pari a 494,2 milioni di euro, -13,9% rispetto ai 575,4 milioni del 2008. Sul risultato operativo, che si è attestato a 22,1 milioni, in diminuzione rispetto ai 37,9 milioni nel 2008, ha influito la flessione dei ricavi pubblicitari solo in parte compensata dalle misure di contenimento costi adottate. Il risultato netto è stato pari a 30,4 milioni (49,5 milioni di euro nel 2008).
Principali eventi successivi alla chiusura dell’esercizio e prevedibile evoluzione della gestione
Non si rilevano eventi significativi successivi alla chiusura dell’esercizio. L’evoluzione del quadro macro-economico nel corso del 2010 resta caratterizzata da scarsa visibilità; in tutti i casi, le aspettative di debole crescita dell’economia italiana, e perciò dei consumi interni, non consentono di prevedere una netta ripresa degli investimenti pubblicitari.
Pertanto, malgrado la tendenza positiva registrata dalla raccolta pubblicitaria del Gruppo nel corso dei primi mesi del 2010, le prospettive sull’anno restano incerte. In questo contesto, comunque, il Gruppo raccoglierà ulteriori e significativi effetti positivi dal piano di riduzione dei costi nonché dal nuovo impulso dato all’attività della concessionaria, che sta
consentendo di registrare un recupero di competitività nel mercato pubblicitario.
Infine, il Gruppo è impegnato nella realizzazione di un intenso piano di sviluppo editoriale sui nuovi media, che comporterà una sempre maggiore distribuzione dei propri contenuti attraverso tutte le nuove piattaforme.
La fabbrica dei “televoti”: i soldi, i clan, gli “Amici”-blitzquotidiano.it
Poichè mancano efficaci strumenti di verifica, è facile truccare questo sistema di votazione: in alcuni casi basta allertare tutti i conoscenti, in altri casi i diretti interessati utilizzano call center che incrementano il numero di telefonate a favore di un determinato concorrente – Dietro il fenomeno del televoto esiste un business che fa avere ottimi ritorni economici alle compagnie telefoniche
Il televoto è “democrazia”? Mica tanto, non solo perché votano relativamente in pochi, m soprattutto perché chi vuole vota di fatto quante volte gli pare. Nella democrazia funziona secondo “una testa, un voto”. Nel televoto funziona secondo “un telefono, tanti voti…”. Se non è proprio democrazia, di certo il televoto è un affare per chi lo organizza e le propone, ci si guadagna. Ed è certamente “costume”, un modo di ritrovarsi tra simili, fare gruppo e “promuovere” gli uomini e le donne cari ai vari “clan” di televotanti. E il meccanismo, tecnologico e culturale mediante il quale gli eroi dei “talent show” televisivi diventano i cantanti vincitori a Sanremo, il meccanismo attraverso il quale per due anni consecutivi ha vinto un concorrente proveniente dalla “Amici Spa” di Maria De Filippi, l’anno scorso Marco Carta, quest’anno Valerio Scanu.
Il televoto è infatti uno degli strumenti di votazione preferiti per concorsi e trasmissioni televisive. Con il televoto il telespettatore può esprimere la sua preferenza attraverso il telefono: tradizionalmente l’utente si esprimeva attraverso una telefonata ad un numero di riferimento. Con la diffusione dei cellulari, però, è possibile votare anche tramite Sms.
Il televoto viene appaltato dalla produzione della trasmissione televisiva a società esterne esperte nella gestione di Sms e telefonate: è compito di queste società quello di immagazzinare ed elaborare i dati ricevuti. A queste società i singoli operatori telefonici fanno confluire gli sms e le telefonate ricevute. Tutto viene conservato in un “cervellone”, quando poi il televoto viene chiuso si legge il risultato che viene trasmesso allo studio televisivo. Un notaio deve garantire la correttezza dell’intera operazione.
Ogni voto ha un costo: in Italia il prezzo per un televoto è di circa 1 euro. La società che gestisce tutto il sistema invia poi al votante un Sms di conferma: nella notifica la società fa sapere all’utente che il suo voto è stato regolarmente espresso. Ognuno di questi Sms ha un ulteriore costo di 12 centesimi. Se il proprio televoto, tuttavia, è giunto fuori tempo massimo si pagano comunque i 12 centesimi del messaggio di conferma.
Il guadagno viene diviso tra gli operatori telefonici, le reti tv, il titolare del format, i produttori del programma e le società che gestiscono il televoto. Ma a trarre il maggior profitto sono gli operatori telefonici, che in media incassano tra il 40 e il 50 per cento del totale. Motivi che inducono a parlare di “business” legato a questo fenomeno.
Teoricamente il televoto è riservato solo ai maggiorenni, ma non esistono strumenti in grado di poter effettuare una corretta verifica. E proprio la mancanza di mezzi adatti alla verifica rende difficile stabilire la “validità” del televoto. Per esempio, uno dei principali limiti nell’utilizzo del televoto è rappresentato dalla possibilità del singolo votante di inviare un infinito numero di voti: il rischio concreto è che i risultati risultino alterati.
Uno dei casi più celebri di “televoto truccato” è stato rivelato da Lele Mora: in un’intervista rilasciata a “Striscia la notizia”, l’agente confessò di aver investito 25 mila euro in televoti per aiutare Walter Nudo (che era suo cliente) a vincere il reality show “L’isola dei famosi”. Anche altri partecipanti ai reality hanno candidamente ammesso che per assicurarsi “pacchetti di voti” basta poco: c’è il classico “telefono senza fili”, con parenti, amici e amici di amici allertati mediante passaparola. Ma c’è anche, a quanto pare, chi versa somme di denaro ai call center per assicurarsi un certo numero di preferenze.
Proprio il sospetto di irregolarità ha spinto il Codacons a chiedere la sospensione dei risultati del Festival di Sanremo. L’associazione che difende i diritti dei consumatori ha chiesto alla Guardia di Finanza di Sanremo e all’Autorità Garante per le Comunicazioni di sequestrare i tabulati dei televoti relativi ai primi tre classificati. Il Codacons teme che ci sia lo “zampino” di agenzie specializzate nel campo. Secondo l’associazione, la Guardia di Finanza dovrà verificare anche se le società private che gestiscono il televoto abbiano interessi o rapporti economici con alcuni dei partecipanti alla gara. (Beh, buona giornata).
Festival di Sanremo: contestazioni all’Ariston e polemiche dei vinti di Alessandro Avico-blitzquotidiano.it
Polemiche per il ripescaggio del “trio” che arriva in finale – l’orchestra non ci sta e chiede che i risultati del televoto vengano resi pubblici, poi appallottola gli spartiti – sul palco arrivano gli operai di Termini Imerese assieme a Maurizio Costanzo, fischi e contestazioni da tutto il teatro per gli interventi al riguardo di Bersani e Scajola – Nino D’Angelo polemizza e definisce una “schifosa” questa edizione del Festival
Alla fine non sono arrivati primi ma hanno comunque fatto esplodere il caso. Il festival di Sanremo l’ha vinto Valerio Scanu mentre Pupo ed Emanuele Filiberto con Luca Canonici hanno conquistato il secondo gradino del podio, seguiti da Marco Mengoni. Ma era bastato, un’ora prima, che Antonella Clerici dicesse i nomi dei tre finalisti perché all’Ariston esplodesse il caos. Via Cristicchi, Arisa e la Grandi e sono fischi, via Noemi, Fornaciari e tutti gli altri e il teatro viene giù, e quando la conduttrice annuncia la bocciatura di Malika (che tuttavia conquisterà il Premio della Critica “Mia Martini”) c’è la rivolta degli orchestrali: il direttore chiede di rendere pubblico il voto, loro stracciano gli spartiti e li appallottolano.
Alla fine il televoto premia il ragazzo uscito dalla scuderia di Amici di Maria De Filippi (è il secondo anno consecutivo, dopo Marco Carta nel 2009) ma al trio delle contestazioni non va male, seconda postazione. Terzo, il vincitore dell’ultima edizione di X-Factor.
Tensione come non se ne vedeva da anni al festival. La Clerici un po’ si perde e Maurizio Costanzo anticipa il suo ingresso in scena con tre operai della Fiat di Termini Imerese. Cerca di placare gli animi con un ricordo di Mike Bongiorno, scatta l’applauso, poi però l’intervista alle tute blu riaccende la sala, Costanzo offre il microfono al segretario del Pd Pierluigi Bersani che neanche comincia (dice appena “non è possibile mandarli sui tetti…”) che partono i buu.
Prende il microfono anche il ministro Claudio Scajola – che gioca in casa, visto che Imperia è il suo collegio elettorale – che ribadisce l’intenzione del governo di trovare una soluzione per lo stabilimento Fiat e guadagna un applauso. Qualcuno prova a contestare pure lui ma è pronto l’intervento di Guido Paglia, direttore delle relazioni esterne e della comunicazione Rai, che si alza di scatto e fa un gestaccio con le mani verso l’origine del brusìo a stroncare la protesta. Stacco pubblicitario, si rientra con la banda dell’Arma dei Carabinieri che attacca la colonna sonora di Guerre Stellari. Cinque minuti dopo, l’orchestra e la Clerici intonano Le tagliatelle di nonna Pina. Tutto sembra così surreale.
Erano arivati in dieci alla finale sulla scia delle polemiche scatenate dall’esibizione del ct della Nazionale, Marcello Lippi, con Pupo ed Emanuele Filiberto. La prima scrematura, che ha fatto fuori sette Artisti, è toccata al giudizio combinato dell’orchestra del festival (50%) e del pubblico (50%). Serata ricca di ospiti, in parte autopromozioni Rai, come ieri con Cristiana Capotondi, presto novella Sissi in una miniserie di RaiUno. Stavolta è toccato a Emilio Solfrizzi e ai protagonisti di Tutti pazzi per amore 2, serie amata dal pubblico presto di nuovo su RaiUno, prestati a un’improbabile coreografia in stile Bollywood. E ai bambini di Ti lascio una canzone, che la Clerici riporterà su RaiUno da marzo.
Si esibisce anche Lorella Cuccarini, indosso solo una chitarra bianca, costume di scena del musical Il Pianeta Proibito che sta portando in tour da un paio di mesi. Il (quasi) nude-look spinge la Clerici verso una delle sue celebri scivolate: “Ho visto il lato B di Lorella, accidenti che topolona”. Un omaggio a Michael Jackson con i ballerini che stavano preparando con lui gli show di Londra della scorsa estate, poi finalmente un po’ d’aria internazionale con Mary J. Blige, superstar del r’n’b.
Questi gli ospiti, questi i finalisti, Valerio Scanu il vincitore, ma il Festival oltre ai momenti di caos vissuti durante la serata, ha visto anche polemiche per la qualità della musica. Morgan ha prontamente dichiarato: “Per fortuna non ci sonon andato”. Nino D’Angelo ha caricato invece a testa bassa: “E’ una vergogna. Solo in un paese dei balocchi come l’Italia puo’ succedere una cosa del genere. Non mi fa nemmeno rabbia, ma proprio schifo”, ha detto il cantante a Sorrisi.com. D’Angelo, eliminato giovedi’ dal Festival, ha definito “‘na chiavica” la canzone con cui Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici sono finiti nella terna dei finalisti. (Beh, buona giornata).
L’ideologia del fare di ILVO DIAMANTI-repubblica.it
È l’era del “fare”. I fatti contrapposti alle parole. Quelli che “fanno” opposti a quelli che “dicono”. E perdono tempo a discutere, controllare, verificare. È un argomento caro al premier. Ripreso, in questi giorni, con particolare insistenza per replicare alle polemiche.
Polemiche sollevate dalle inchieste della magistratura sull’opera della Protezione civile, in Abruzzo dopo il terremoto e alla Maddalena, in vista del G8 (in seguito spostato a L’Aquila). E, ancor più, contro le critiche al progetto di trasformare la Protezione civile in Spa per meglio affrontare ogni emergenza. Allargando il campo dell’emergenza fino a comprendere ogni evento speciale e straordinario. Per visibilità e risorse investite. Oltre alle celebrazioni del 150enario dell’Unità d’Italia: i giochi del Mediterraneo e i Mondiali di nuoto; l’Anno giubilare paolino, l’esposizione delle spoglie di San Giuseppe da Cupertino, e i viaggi del Papa in provincia (perché non quelli del presidente della Repubblica e del premier?). Insomma, tutto quanto fa spettacolo e richiede grandi quantità di mezzi. Affidato alla logica della “corsia preferenziale”, superando i vincoli imposti dalle regole, dalle procedure. Dagli organismi di controllo istituzionali. Per sottrarsi ai tempi e alle fatiche della democrazia.
Che spesso delude i cittadini. E impedisce al governo di produrre risultati da esibire, come misura dell’efficacia della propria azione.
La mitologia del “fare” è alla radice del successo politico di Silvio Berlusconi. Il sogno italiano. L’imprenditore che si è “fatto” da sé. Dal nulla ha costruito un impero. In diversi settori. Da quello immobiliare a quello editoriale. A quello mediatico. Anche nello sport, ovviamente. Ha sempre vinto. Dovunque. E ha imparato che, se vuoi “fare”, le regole, le leggi e, peggio ancora, i controlli a volte sono un impedimento. I giudici e i magistrati, per questo, possono rappresentare un ostacolo. Perché non sono interessati ai risultati, ma alle procedure. Alla legittimità e non alla produttività. Anche se nell’era di Tangentopoli i giudici erano celebrati da tutti (o quasi). Tuttavia, allora apparivano non i garanti della giustizia, ma i “giustizieri” di una democrazia malata. Bloccata e soprattutto improduttiva. Ostile ai cittadini e agli imprenditori.
Sul mito del “fare” si basa l’affermazione del politico-imprenditore alla guida di un partito-impresa, che gestisce la politica come marketing e promette di governare il paese come un’azienda. Anzi: di guidare l’azienda-paese. In aperta polemica con il professionista politico e il partito di apparato.
Si delinea, così, un modello neo-presidenziale di fatto. Realizzato su basi pragmatiche ed economiche. Quindi, molto più libero da regole e controlli rispetto ai sistemi presidenziali e semi-presidenziali effettivamente vigenti nelle democrazie occidentali.
L’evoluzione della Protezione civile è coerente con questo modello. Ne è il prodotto di bandiera, ma anche il modello esemplare. In fondo, Bertolaso anticipa e mostra quel che Berlusconi vorrebbe diventare (e costruire). È il suo Avatar. Affronta emergenze “visibili” e produce per questo risultati “visibili”. In tempi rapidi. Puntualmente riprodotti dai media. Napoli. Sepolta dall’immondizia. L’Aquila devastata. Poi, arriva Bertolaso. L’immondizia scompare. Le prime case vengono consegnate a tempo di record. Sotto i riflettori dei media. Che narrano il dolore, l’emozione. E i successi conseguiti dal premier-imprenditore attraverso il suo Avatar. Aggirando vincoli e procedure. Perché nelle calamità, come in guerra, vige lo Stato di emergenza, che non rispetta i tempi della democrazia e della politica. Da ciò la tentazione di estendere i confini dell’emergenza fino a comprendere i “grandi eventi”. Cioè: tutto quel che mobilita grandi investimenti, grandi emozioni e grande attenzione.
La Protezione civile diventa, così, modello e laboratorio per governare l’Italia come un’azienda. Dove il presidente-imprenditore può agire e decidere “in deroga” alle regole e alle norme. Perché lo richiede questo Stato (di emergenza diffusa e perenne). Dove il consenso popolare è misurato dai sondaggi. Dove, per (di) mostrare i “fatti”, invece che al Parlamento ci si rivolge direttamente ai cittadini. O meglio, al “pubblico”. Attraverso la tivù. Dove anche la corruzione diventa sopportabile. Meno “scandalosa”, quando urge “fare” – e in fretta.
Di fronte a questa prospettiva – o forse: deriva – ci limitiamo a due osservazioni
La prima: la democrazia rappresentativa non si può separare dalle regole. Perché la democrazia, ha sottolineato Bobbio, è un “metodo per prendere decisioni collettive”. Dove le procedure e le regole sono importanti quanto i risultati. Perché garantiscono dagli eccessi, dalle distorsioni, dalle degenerazioni. Come rammenta Montesquieu (nel 1748): “ogni uomo di potere è indotto ad abusarne. Per cui bisogna limitarne la virtù”. Bilanciandone il potere con altri poteri. Perché, aggiunge un altro padre del pensiero liberale, Benjamin Constant (nel 1829): “ogni buona costituzione è un atto di sfiducia”. Nella natura umana e del potere.
La seconda osservazione riguarda il fondamento del “fare”, cui si appella il premier. In effetti, coincide con il “dire”. Meglio ancora: con l’apparire. Perché i “fatti” – a cui si appella Berlusconi – esistono in quanto “immagini”. Proposte oppure nascoste dai media. Secondo necessità. Come i “dati” dell’economia e del lavoro. Come i disoccupati o i cassintegrati e i morti sul lavoro. Che appaiono e – preferibilmente – scompaiono sui media. A tele-comando. Perché il pessimismo e la sfiducia minano la fiducia dei consumatori e dei cittadini. Meglio: del cittadino-consumatore. O viceversa.
È la retorica del “fare”. Narrazione e al tempo stesso ideologia di successo. Per costruire e proteggere l’Italia spa.
Lo scorso ottobre con un’ordinanza il Tribunale di Milano ha ritenuto che la concessionaria pubblicitaria di Mediaset, Publitalia, non potesse rifiutare gli spot di Sky definendo questo comportamento come “la messa in atto di un accordo anti-concorrenziale”. Ad oggi, però, Publitalia ha di fatto continuato a non mandare in onda gli spot di Sky Italia. Il Tribunale di Milano ha confermato che il comportamento di Publitalia viola l’ordinanza dell’ottobre 2009, che Sky Italia non è tenuta ad alcun obbligo di reciprocità e che Publitalia risponderà dei danni causati dalla sua inottemperanza, ma il Tribunale ha anche ritenuto di non poter emettere ordini impositivi nei confronti della concessionaria di Mediaset.
Tom Mockridg, Amministratore delegato di News Corporation Stations Europe ha dichiarato: “Prendo atto con rammarico che, in Italia, un’azienda che controlla più dell’85% degli spazi pubblicitari sulla televisione commerciale, può, di fatto, rifiutarsi di trasmettere le campagne di uno dei suoi concorrenti senza che vi sia un rimedio efficace. Sky Italia continuerà a promuovere la propria offerta ai consumatori italiani attraverso altri mezzi di comunicazione così come ha già fatto durante gli ultimi tre mesi; allo stesso tempo News Corporation continuerà ad impegnarsi per ottenere che anche in Italia vi sia una reale concorrenza nel mercato televisivo, portando la questione all’attenzione delle Autorità competenti, a partire dalla Commissione Europea”. Beh, buona giornata.
Tra la chiusura del 2009 e l’inizio del 2010 i manager italiani delle agenzie di pubblicità hanno rilasciato dichiarazioni incoraggianti. Chi ha vantato incrementi a due cifre (uno ha avuto la sfacciataggine di affermare che la sua filiale di Roma ha fatto più 11%), chi ha avuto addirittura il coraggio di dichiarare +50%. Qui si è letto che un’agenzia ha fatto 40 milioni di fatturato, lì che ha un “billing” di 6o milioni. Balle, balle, solo balle. La verità è che è andato in fumo un modello di business: si è distrutto valore, professionalità, autorevolezza. E si sono distrutti centinaia di posti di lavoro.
Infatti, Nielsen Media Research comunica che gli investimenti pubblicitari nel totale anno 2009 ammontano a 8.515 milioni con una flessione del -13,4% sull’anno precedente. La variazione dicembre 2009 su dicembre 2008 è del -1,6%. Nel confronto mensile, infatti, si registrano valori in crescita per la Televisione, la Radio, il Cinema, Internet, le Cards e l’Out of Home Tv. Rallenta il trend negativo dei Quotidiani.
Ferrero, Wind, Unilever, Vodafone, Tim, Procter&Gamble, Barilla, Volkswagen, L’Oreal e Telecom guidano la classifica dei Top Spender del 2009 con investimenti pari a 1.212 milioni di euro, in calo del -6,6% sul 2008.
Nel 2009 la Televisione, considerando i canali generalisti e quelli satellitari (marchi Sky e Fox), mostra una flessione del -10,2%, ma a dicembre si registra una crescita del +2,5%. Hanno andamenti positivi sul mese: Alimentari, Automobili, Toiletries, Gestione Casa e Farmaceutici.
La Stampa nel 2009 ha un calo del -21,6%. I Quotidiani a pagamento mostrano una flessione del -16,0% con l’Automobile a -26,0%, l’Abbigliamento a -19,7%, la Distribuzione a -19,7% e la Finanza/Assicurazioni a -23,7%. Per quanto riguarda le tipologie pubblicitarie, la Commerciale segna il -17,8%, la Locale il -13,6% e la Rubricata/Di Servizio il -14,8%. In contrazione del -26,6% la raccolta dei Quotidiani Free/Pay Press. I Periodici nel 2009 diminuiscono del -28,7% con l’Abbigliamento a -29,2%, la Cura Persona a -23,0% e l’Abitazione a -32,5%.
La Radio chiude il 2009 a -7,7%, con un exploit del +24,6% sul mese di dicembre grazie alle performances di Auto, Alimentari e Finanza/Assicurazioni. Per quanto riguarda gli altri mezzi gli andamenti sull’anno sono: Affissioni -25,4%, Cinema -4,4%, Cards +0,9%, Out of Home Tv +0,2% e Direct Mail -15,8%. Internet cresce del +5,1% grazie al decisivo apporto della tipologia Search.
Si aggiungono al mercato fin qui analizzato gli investimenti pubblicitari sul Transit, la pubblicità dinamica gestita da IGPDecaux su metropolitane, aeroporti, autobus e tram. Nel 2009 l’advertising su questo mezzo è pari a 99 milioni di euro.
I Ceo delle agenzie di pubblicità italiane dovrebbero rispondere a una sola domanda: mentre raccontavate stronzate ai giornali di categoria, quanta gente avete licenziato? Beh, buona giornata.