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Attualità Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Berlusconi dice che il Times di Londra è “insufflato” dalla sinistra. Rupert Murdoch se la starà ridendo a crepa pelle.

Berlusconi risponde sul Times. «I giornali stranieri – dice il premier ai microfoni di 28 Minuti, su Radio Due- sono in collegamento diretto con i giornali della sinistra italiana: sono cose ispirate e insufflate dalla sinistra italiana». Rupert Murdoch se la starà ridendo a crepa pelle, (“la prossima volta che ti viene in mente di mettermi il 20% di Iva su Sky e Fox, pensaci prima”, forse sta pensando). Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Per la prima volta nella storia, Radio Vaticana fa pubblicità. Urbi et orbi.

Il prossimo 6 luglio andrà in onda il primo spot pubblicitario su Radio Vaticana. Sarà una campagna appositamente studiata e realizzata da Enel in cinque lingue (italiano, inglese, spagnolo, francese e tedesco) per la Radio Vaticana. La pianificazione prevede circa 300 passaggi fino al 27 settembre. Gli spazi commerciali saranno mandati in onda in fasce orarie appropriate e non interromperanno mai le trasmissioni. Beh, buona giornata.

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Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: Rcs manda a casa 175 giornalisti?

Media/ Rcs taglia tutti i periodici e paga 25 milioni di Tfr-blitzquotidiano.it
Cura da cavallo per sanare i bilanci del gruppo Rcs? Dalle indiscrezioni giunte e raccolta da Affari Italiani il piano dell’ ad Angelo Perricone sarebbe drastico: tagliare tutti i periodici e mandare a casa 175 giornalisti in un colpo solo. Per farlo il gruppo sarebbe disposto a pagare 25 miloni di tfr: sarebbe questa indiscrezione ad avere fatto schizzare in alto il titolo in Borsa, alla fine della settimana scorsa. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Media e tecnologia Società e costume

Il caso delle dieci domande di Repubblica ha fatto il giro del mondo: “Mr. Berlusconi, why don’t you answer the press?”, scrive The Huffington Post.

Sui giornali esteri sempre spazio alle 10 domande poste da “Repubblica”.Così la stampa internazionale chiede al premier di rispondere. Stupore per la mancata solidarietà al nostro giornale di ALESSIA MANFREDI- repubblica.it

Così la stampa internazionale chiede al premier di rispondere
Il primo ad occuparsene è stato il Times londinese di Rupert Murdoch, poi il caso delle dieci domande poste da Repubblica a Silvio Berlusconi sul suo rapporto con la diciottenne Noemi Letizia, rimaste senza risposta, ha fatto il giro della stampa estera.

Dalla Gran Bretagna alla Spagna ad altri paesi, autorevoli quotidiani hanno mostrato il loro sostegno a Repubblica, dando ampio spazio all’inchiesta, sottolineando il silenzio e l’ira del premier. Altri hanno semplicemente riferito il caso. In un’intervista a Repubblica, il direttore di Die Zeit, Giovanni Di Lorenzo, ha detto che insultare un quotidiano “in Germania provocherebbe l’immediata solidarietà di tutti gli altri media, indipendentemente dal loro orientamento politico”. Alla questione sono stati dedicati diversi articoli e commenti. Ecco i principali.

“Public Duty and Private Vendetta”, The Times, 18 maggio 2009. Le lamentele di Silvio Berlusconi, che si ritiene vittima di diffamazione, non hanno alcun senso, si legge nell’editoriale non firmato del Times, che, secondo la tradizione anglosassone, riflette l’opinione della direzione del giornale. Le domande di Repubblica, continua il Times, non sono un’intrusione nella vita privata, ma sono legate al suo ruolo di politico e magnate dei media. E l’attacco di Berlusconi al giornale è un tentativo di intimidire il dissenso.

“Mr. Berlusconi, why don’t you answer the press?”, The Huffington Post, 20 maggio 2009. Il caso approda anche sull’influente sito di informazione online di Arianna Huffington.

“In praise of La Repubblica”, The Guardian, 23 maggio 2009. Anche il Guardian dedica un editoriale al caso, intitolato, semplicemente, “Elogio a La Repubblica”. “Nonostante rumori minacciosi da parte di Silvio Berlusconi, il principale quotidiano di centro-sinistra si è rifiutato di smettere di chiedere risposte alle 10 domande poste al premier circa la sua relazione con una adolescente napoletana, Noemi Letizia”, si legge nel testo, che insiste sul diritto della stampa in una società democratica a fare domande e conclude: “Repubblica sta facendo una battaglia solitaria e merita sostegno”.

“Papi, en la encrucijada”, El Pais, 20 maggio 2009. “Papi, al crocevia” titola il commento del quotidiano spagnolo, che ripercorre l’origine della crisi, dalle dichiarazioni di Veronica Lario, sottolineando l’anomalia di Berlusconi, capo del governo, “editore del maggior gruppo mediatico del Paese”, il suo controllo quasi totale della informazione televisiva, fino alle domande di Repubblica, seguite da ira e silenzio. Sarebbe salutare per la democrazia italiana, argomenta El Pais, “che Berlusconi prendesse carta e penna e spiegasse al mondo perché lo chiamano papi”.

“How one newspaper’s shameful questions have rattled Silvio Berlusconi”, The Observer, 24 maggio 2009. Il giornale inglese ripercorre in un lungo articolo l’intera vicenda Noemi, le domande “vergognose” di Repubblica che hanno innervosito il presidente del Consiglio, provocato una dura reazione da parte della stampa di destra, e innescato gli insulti del premier al cronista di Repubblica.

“Les questions sur les starlettes font enrager Silvio Berlusconi”, La Tribune de Geneve, 16 maggio 2009. E’ un Silvio Berlusconi “sull’orlo di una crisi di nervi” quello che se la prende con il principale quotidiano di Roma, secondo il quotidiano svizzero. Le domande di Repubblica, per far luce sulle molte zone d’ombra sono rimaste senza risposta perché il Cavaliere ha invocato il complotto, si legge sul quotidiano.

“L’origine des liens entre Berlusconi et la jeune Noémie”, Le soir, 24 maggio 2009. Il giornale belga riprende il caso usando un servizio della France Presse.

“L’affaire Noemi poursuit Berlusconi”, Le Figaro, 25 maggio 2009. Anche il quotidiano francese conservatore, che ieri sul caso titolava “La Repubblica mette in imbarazzo Berlusconi” continua a dare spazio alla vicenda Noemi, che “sta perseguitando il presidente del Consiglio”, dando conto della campagna di Repubblica, delle incongruità rivelate dall’inchiesta sul rapporto fra la ragazza ed il presidente del Consiglio e della richiesta di spiegazioni in Parlamento da parte dell’opposizione.

“L’insubmersible”, Slate.fr, 25 maggio 2009. Sul sito di informazione online diretto da Jean Marie Colombani, un lungo articolo di Marc Lazar riflette sull’enigma Berlusconi: accerchiato dai guai, dalla “strana relazione con la ragazza napoletana”, incalzato dalla stampa d’opposizione, “accusata di aver rivelato informazioni su di lui e di chiederne conto, come è normale in democrazia”, e ancora dal caso Mills e dall’economia in rosso. Eppure inaffondabile.

“Italie: la vie privée de Silvio Berlusconi continue de troubler la campagne”, Le Monde, 25 maggio 2009. Aumentano i guai per Silvio Berlusconi, si legge sul quotidiano francese. “Le spiegazioni contraddittorie date dal presidente del Consiglio” su Noemi Letizia “sono state smentite da un ex fidanzato della ragazza”.

“Sa liaison dangereuse”, La dernière heure, 25 maggio 2009. Berlusconi non ha finito di spiegare la sua relazione con un’adolescente, si legge sul quotidiano belga.

“Berlusconi e la 18enne: Cos’è successo veramente?”, Die Welt, 25 maggio 2009. Il quotidiano tedesco riprende le rivelazioni di Repubblica e rileva come la crisi “privata” in casa Berlusconi sia diventata ormai affare di stato.

Sulla stessa linea la Suddeutsche Zeitung, “Berlusconi, das model und die “lüge”, Berlusconi, la modella e la “bugia”.

E Bild:”So lernte Berlusconi die 18-Jährige wirklich kennen”, Così Berlusconi conobbe davvero la diciottenne.

“Ex Noemi klapt uit school over Berlusconi”, De Telegraaf, 25 maggio 2009. “L’ex di Noemi rivela”, si legge sul quotidiano olandese, che riprende l’intervista a Repubblica di Gino Flaminio.

Anche De Volkskrant parla delle rivelazioni dell’ex fidanzato di Noemi: “‘Berlusconi loog over relatie met minderjarige”‘, “‘Berlusconi ha mentito sulla sua relazione con la minorenne'” è il titolo del pezzo. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Per uscire dalla quarta crisi Murdoch ha deciso di far pagare le news su internet. Gli editori italiani ci stanno facendo un pensierino.

di G.Bal.-sole24ore.com
L’era delle news online come commodity gratuita è finita. «Finalmente i grandi editori hanno capito che non tutto può essere gratis», dice Andrea Riffeser Monti, a.d. del gruppo Poligrafici Editoriale. Il dibattito sul futuro della stampa su internet è partito con l’annuncio del magnate Rupert Murdoch: «In futuro i giornali online si pagheranno».

Una riflessione continuata giovedì sulle pagine del Sole 24 Ore con l’intervento del presidente del gruppo L’Espresso, Carlo De Benedetti che ha sottolineato come per i giornali esista «certamente uno spazio per conquistare utenti web disposti a pagare i contenuti giornalistici». A patto però che siano contenuti ad «elevato tasso di esclusività e di valore aggiunto », un aspetto che mette in prima fila i giornali di settore, dallo sport all’economia, e locali, perché più legati al territorio. In serata poi la presa di posizione di Google. Dopo aver riflettuto sulla possibilità di entrare nel capitale del New York Times, il gruppo ha annunciato di voler abbandonare le ambizioni editoriali e l’a.d. Eric Schmidt ha confessato a Financial Times di essere scettico sulle proposte di Murdoch. Di certo la questione sarà all’ordine del giorno del convegno “Crescere tra le righe” (al via oggi a Borgo La Bagnaia in provincia di Siena) organizzato dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, guidato da Andrea Ceccherini. Il futuro dell’editoria online sarà uno dei punti centrali della relazione d’apertura del presidente Ceccherini, così come in quelle di Giancarlo Cerutti e Claudio Calabi, presidente e a.d. del Gruppo 24 Ore, e di Maurizio Costa, a.d. di Mondadori.

«La prospettiva è complicata, bisogna capire come fare», spiega Alessandro Zegler, a.d. di Athesis, il gruppo editoriale dei quotidiani locali L’Arena, Il Giornale di Vicenza e BresciaOggi, che aggiunge: «Abbiamo lavorato molto per essere pronti al grande passo, ma si devono trovare le giuste modalità. Finora abbiamo scoperto che tra i nostri lettori c’è una bassa sovrapposizione tra carta e online». Scommette sui giornali locali anche Repubblica che ha lanciato,solo su internet, l’edizione di Parma non disponibile in cartaceo: «Con l’abbonamento – spiega il gruppo –si può accedere ai contenuti premium, dall’archivio storico al giornale in formato pdf», una formula proposta anche da Athesis, ma che – almeno per il momento – non raccoglie molti consensi: «Gli abbonati online – dice Zegler – sono alcune centinaia, per lo più studi professionali ». Più scettico il d.g. di Avvenire, Paolo Nusiner che dice: «La chiave di volta è il consumatore, dobbiamo assecondare i nostri lettori». A dicembre il gruppo editoriale ha terminato il restyling del sito, «ma non abbiamo ancora una linea definita».

Sul futuro dell’informazione su internet si divide anche il Parlamento. Per Maurizio Gasparri (Pdl) «alcuni contenuti internet saranno a pagamento, ma ci sarà sempre una grande offerta free»; così l’ex premier Massimo D’Alema (Pd): «Dato che i giornalisti andranno sempre pagati, forse bisognerà pagare i giornali online, soprattutto se dobbiamo pensare che il cartaceo tenderà a scomparire ». Assolutamente contrario Massimo Donadi (Idv): «La libera circolazione delle notizia è un’enorme ricchezza». «Di certo –dice l’a.d.di Microsoft Italia, Pietro Scott Jovane – non si può cambiare di punto in bianco senza offrire qualcosa di diverso, di nuovo e di speciale ». Un ragionamento condiviso da Riffeser Monti che parla di una transizione lunga almeno 3- 4 anni durante la quale si lavorerà a contenuti speciali, «ma finché non si muoveranno i grandi gruppi internazionali – conclude – non cambierà nulla». (G.Bal.)

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: sciopero delle maestranze Mediaset, ma nessuno lo dice.

Mediaset in sciopero bella notizia (oscurata)-il manifesto.it

Udite udite. E diffondete. Forse è l’unico modo per permettere a questa notizia di raggiungere più orecchie possibile: i lavoratori di Mediaset sono in sciopero. Difendono i loro salari e chiedono che vengano ripristinate le “normali relazioni sindacali”. Ma oggi devono prima di tutto lottare contro il silenzio. La loro astensione dal lavoro, infatti, sembra non interessare a nessuno.

Di loro non parlano neanche le agenzie di stampa. Paradossale ma vero: accade “qualcosa” – qualcosa di inedito, c’è da dire – nella più grande azienda di comunicazione italiana, e i protagonisti faticano a bucare lo schermo. Ma tant’è, a Berluscolandia.
I fatti: Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per oggi uno sciopero dei lavoratori della Videotime di Roma. La Videotime è la società licenziataria di Mediaset-Rti che lavora nei centri di produzione “Palatino” e “Elios”. Qui vengono registrati programmi molto seguiti: dal Tg5 a Matrix a Forum. I lavoratori della Videotime si occupano anche del programma “Uomini e Donne” di Maria De Filippi, che però viene registrato a Cinecittà. Si tratta dei tecnici, della parte di produzione, dei parrucchieri, dei truccatori, dei sarti. Insomma, di tutto il personale che serve per mettere in piedi un programma.

Ebbene, dall’anno scorso sono tempi di magra. Mediaset dice di essere in crisi (ricavi netti nell’anno 2008: +9%, utile netto: +14,3%) e per questo stringe la cinghia: niente più diaria per gli esterni, fermi i passaggi di livello, diminuzione dei premi di produzione, azzeramento della politica retributiva. Questo è quanto denunciano i sindacati: “Un esempio – spiega Roberto Crescentini, delegato fistel-Cisl della Rsu di Videotime – sabato registriamo Matrix. I lavoratori hanno chiesto di lavorare in straordinario. Ma l’azienda ha chiesto ai parrucchieri solo quattro ore di lavoro, e non sette. Alla domanda: perché? La risposta è stata: l’azienda è in crisi. Figurarsi – dice Crescentini – noi siamo i primi a non voler affossare l’azienda e a capire che è in corso una grave crisi economica e finanziaria. Ma Mediaset è in crisi?”. La domanda è pertinente, visto che, racconta Crescentini: “Alla puntata di Forum in cui era ospite Barbara D’Urso, Mediaset ha pagato un parrucchiere 1.300 euro. Come anche viene pagato tutti i giorni un parrucchiere per la conduttrice Rita Dalla Chiesa, ad un prezzo che ci pare esorbitante, visto il momento: 700 euro”. Insomma, dicono i lavoratori, se bisogna fare sacrifici che li facciano tutti.

Secondo il dato dei sidnacati lo sciopero è andato benissimo: l’adesione ha sfiorato il tetto del 95%. Ultima chicca: il Comitato di redazione del Tg5 ha inviato un comunicato di solidarietà ai lavoratori di Videotime. Il comunicato, a quanto pare, doveva essere letto durante l’edizione odierna. Ma è stato stoppato. Ci sono notizie più importanti. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: è vero che Google voleva comprare il New York Times.

Google voleva comprare il New York Times, parola di Ceo di Gianni Rusconi -sole24ore.com

Non erano speculazioni ma indiscrezioni fondate. Quando nei mesi scorsi i media americani parlavano spesso e volentieri delle intenzioni di Google di investire direttamente nell’editoria non stavano arrampicandosi alla notizia dell’anno. Che il gigante dei motori di ricerca stesse realmente valutando l’opportunità di acquisire una grande quotidiano – il nome più gettonato era il New York Times – l’ha confessato in una lunga intervista al Financial Times il Ceo della società di Mountain View, Eric Schmidt. L’ammissione è stata però accompagnata da un’importante precisazione: Google, oggi, non è più interessata ad investire in alcun media cartaceo per via dei rischi collegati a un’operazione particolarmente dispendiosa. Niente acquisti e nemmeno l’ipotesi di una quota azionaria (per la storica testata si vociferava una possibile cessione del 20% del pacchetto azionario, offerto dal fondo Harbinger Capital Partners) dunque. Il mestiere della compagnia, ha detto in sostanza Schmidt, è quello di sviluppare e vendere tecnologia e non contenuti e quanto al rapporto con i grandi editori (che vivono una fase di grande difficoltà) le collaborazioni sono le benvenute con l’unico obiettivo di fare funzionare bene la pubblicità sui siti Web di questi ultimi (con il Washington Post e altri la partnership è già avviata da tempo).

Arrivata quindi l’ufficiale conferma del passo indietro, molto analisti si sono chiesti cosa sarebbe potuto cambiare per Google se avesse portati avanti il progetto di scalata al New York Times. Non è stata infatti la casa californiana a contribuire alla picchiata delle vendite delle copie stampate dei più grandi giornali d’America? Buttarsi nel mercato dei contenuti, oltretutto con un modello non profit (Google.org, avrebbe sconfessato la missione tecnologica della società e sconvolto i già precari equilibri del settore media? Sarebbe stata solo un’azione speculativa, dettata dalla possibilità di accaparrarsi “a prezzi di saldo”, una quota importante di uno dei giornali più importanti del mondo? O una precisa strategia per fare il botto nell’advertising on line?
Domande a cui ora non ha più senso dare risposte. Google rimane al suo (in fluentissimo) posto e Schmidt pure. Al Financial Times il top manager, che è membro del team economico voluto da Barak Obama, ha confermato che non correrà per un ruolo politico, perché “non c’è una seconda vita dopo Google…”. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: segnali di non ripresa.

“Nonostante i piccoli segnali di miglioramento di aprile, le prospettive non cambiano, anche il secondo trimestre si preannuncia molto difficile”, Maurizio Costa, amministratore delegato della Mondadori dixit.

Per far fronte alla crisi, secondo Costa intervenire sui costi è necessario ma non sufficiente, dal momento che gli editori devono confrontarsi allo stesso tempo con la forte flessione degli investimenti pubblicitari e la necessità di cambiare modello di business per l’avvento delle nuove tecnologie. Beh, buona giornata.

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democrazia Media e tecnologia

Le 10 domande di Repubblica:”Nessun altro leader democratico avrebbe potuto ignorare i quesiti su questa amicizia nel modo in cui lo ha fatto Berlusconi”, scrive The Guardian.

“In praise of La Repubblica” (A elogio de la Repubblica) è l’editoriale pubblicato da The Guardian. Ecco il testo.

“Nonostante rumori minacciosi da parte di Silvio Berlusconi, il principale quotidiano italiano di centro-sinistra si è rifiutato di smettere di chiedere risposte alle 10 domande poste al premier circa la sua relazione con una adolescente napoletana, Noemi Letizia. Nessun altro leader democratico avrebbe potuto ignorare i quesiti su questa amicizia nel modo in cui lo ha fatto Berlusconi. La sua spiegazione di come ha conosciuto la famiglia Letizia non regge. Egli non ha spiegato l’affermazione della sua giovane amica sul fatto che il premier le avrebbe aperto la strada in politica o nello show business. Né ci sono state spiegazioni sulle nuove rivelazioni secondo cui la 18enne signorina Letizia è proprietaria di quattro case. Questa è molto più che curiosità della stampa. Sua moglie ha detto che non può più stare con un uomo che “frequenta minorenni” e che egli “non sta bene”. Repubblica ha fatto notare che le dichiarazioni della signorina Letizia sui regali di compleanno ricevuti dall’uomo che lei chiama ‘papi’ lasciano intendere che erano amici da quando lei aveva 15 anni. La stampa rimane una delle poche forze critiche in una società in cui quasi tutti i canali televisivi rispondono a Mr. Berlusconi. Finora, il suo solo gesto per dare spiegazioni è stato di apparire in un talk show il cui ossequioso presentatore gli ha lasciato pronunciare un monologo autogiustificativo. Ma quando un giornalista di Repubblica ha provato a fargli una domanda questa settimana, Mr. Berlusconi ha perso le staffe. “Che diritto ha di fare domande?”, ha gridato. La risposta, in una società democratica, deve essere: “Tutti i diritti del mondo”. Repubblica sta combattendo una battaglia solitaria e merita sostegno”. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi e le nomine Rai: “Il fatto è che tra Rai e Mediaset controllano il 90% o giù di lì dell’audience e delle risorse pubblicitarie e non c’è barba di antitrust che senta il prurito di occuparsene.”

Le nomine Rai confermano che Berlusconi ha una marcia in più di Marco Benedetto-blitzquotidiano.it

1. Tutti si indignano, inutilmente. La Rai è per sua natura lottizzata, e questo non si deve giudicare un aspetto negativo, ma un valore democratico. La Rai è una macchina di diffusione di informazioni e idee in una posizione di semi monopolio, strutturata come un’azienda, ma per la quale, data la rilevante natura politica del suo ruolo, la sua rispondenza alle esigenze della democrazia vale di più della sua funzionalità al prioritario obiettivo aziendale di generare profitti. Non è quindi uno scandalo che i partiti, secondo il peso in Parlamento, abbiano l’effettivo potere di nomina di capi e sottocapi a tutti i livelli, fino all’ultimo redattore. Anzi è un fatto positivo, perché in questo modo i partiti, che sono lo strumento primario e prioritario della partecipazione dei cittadini alla vita politica, e le idee che i partiti esprimono, hanno accesso alle onde radio e tv.

Il problema è piuttosto quello del controllo dell’altro semimonopolio, che è in mano a un privato. Il fatto che poi quel privato sia anche capo del Governo e quindi eserciti un’influenza dominante sulla Rai, in quanto rappresentante pro tempore dell’azionista Stato, come dimostra la vicenda che stiamo commentando, è solo un’aggravante del problema. Il fatto è che tra Rai e Mediaset controllano il 90% o giù di lì dell’audience e delle risorse pubblicitarie e non c’è barba di antitrust che senta il prurito di occuparsene. Ma forse questo è il tema che la sinistra avrebbe dovuto affrontare, quando lo poteva fare (e ahinoi nessun sa dire quando lo sarà di novo): non tanto quello di espropriare Berlusconi della sua azienda, quanto quella di imporre all’altro semimonopolio regole di governance democratica analoghe a quelle della Rai.

Quelli che se la prendono con la partitocrazia nella Rai, che modello hanno da proporre in alternativa? La meritocrazia per concorso per titoli, punti e esami? Da come funziona lo Stato italiano, che su un tale meccanismo si dovrebbe basare, non c’è da esserne troppo entusiasti. La Rai in mano ai privati? Ma forse i privati sono le vestali del sacro fuoco del merito? Decenni di vita in questo mondo dell’informazione coronati dalle più recenti esperienze dirette e solo osservate portano a concludere il contrario.

Le scelte dei vertici sono condizionate nel migliore dei casi da affinità ideologiche con la proprietà, nella peggiore dalla volontà di compiacere poteri superiori; comunque i criteri non sono mai neutri. La differenza tra il pubblico e il privato è che, per i ruoli sottostanti, nel pubblico scelgono gli azionisti (secondo la giusta quanto vilipesa definizione di Bruno Vespa), nel privato i capi e capetti della più o meno lunga catena di comando, sempre secondo criteri di affinità ideologica, culturale, politica o amicale.

2. Da un po’ di giorni tutti si affannano a dire e indignarsi. Il presidente della commissione parlamentare di vigilanza Rai Sergio Zavoli, un mito per i giornalisti italiani, indimenticabile e ineguagliabile, per chi ha dall’età il privilegio di averlo potuto ascoltare, cantore del Giro d’Italia dell’epoca d’oro di Coppi e Bartali, è più che intrinseco alla Rai. Vien da dire che forse c’era Zavoli prima della Rai e certo alla schiera dei giornalisti Rai è intrinseco. Ha alzato la voce non per dire che Augusto Minzolini sia inadatto a dirigere il Tg1, ma semplicemente per dire che forse dentro la Rai c’era tanta gente altrettanto capace. Discorso più da sindacalista che da vigilante sul corretto funzionamento dell’ente.

3. In realtà quello che si deve sottolineare su come sono andate le nomine è che Silvio Berlusconi ha vinto un’altra volta. Mentre tutti strillano, Lui ha portato a casa quello che voleva: ha piazzato Minzolini, del quale ha piena fiducia, al Tg1 e ha bloccato ogni ambizione di Mauro Mazza, che gli ex An volevano al Tg1, facendolo nominare direttore della Rete 1: un premio di consolazione su cui tutti metteremmo la firma. Per il resto si vedrà dopo le elezioni.

Anche se An e Forza Italia sono confluiti nell’unico partito Pdl, gli uomini dei due ex partiti conservano, come naturale, culture e affinità politiche e ideologiche derivanti dai partiti di provenienza. E mentre l’ex Forza Italia è Berlusconi, l’ex An conserva una sua compattezza e una conseguente autonomia culturale rispetto al Capo, che non è rappresentata solo dalle più o meno comprensibili uscite di Gianfranco Fini, il loro ex leader, ma anche da quell’intreccio di amicizie, lealtà e interessi dei suoi ex colonnelli. A questi è vicino Mazza e Mazza questi volevano al Tg1.

Per questa stessa ragione, e nessuno può dargli torto, Berlusconi non ce lo voleva. Da qui il blitz di mercoledì pomeriggio. Lo stallo sulle nomine a Tg e Rete 2 ne è una conseguenza: gli uomini ex An non gradivano la nomina a direttore di Raidue di Susanna Petruni, una giornalista che, a quanto pare, ha come merito principale quello di seguire Berlusconi nelle sue trasferte; e alla fine non gradivano nemmeno più tanto la nomina a direttore del Tg1 di Mario Orfeo, direttore del Mattino di Napoli e ottimo giornalista di carta stampata di grande scuola: poiché non è la capacità in discussione, ma la lealtà, non è un discorso che vada tanto giù agli ex camerati quello che gli fa Berlusconi: di cosa vi lamentate? Orfeo è vostro, il fatto che lo voglia io non cambia le cose.

Invece, a quanto pare, per gli ex uomini di An le cose cambiavano e così tutto è stato rinviato a dopo le elezioni. Che sia loro convenuto lo si saprà solo il 7 giugno. Il rischio è che se Berlusconi esce rafforzato dal confronto elettorale, butterà sulla bilancia della Rai la sua spada di Brenno e magari non ci sarà più il posto nemmeno per Orfeo.

Lo stesso rischio corre la sinistra, in particolare il Pd. Per consuetudine ormai consolidata, alla maggioranza vanno due Tg e Reti, all’opposizione ne va una, con il numero 3 da tempo sempre alla sinistra, così come il numero 2 alla destra, e con Tg e Rete 1 che si spostano secondo la lancetta del voto.

Secondo la prassi, quindi, in questo giro di nomine il Pd avrebbe dovuto confermare o cambiare i direttori dei due feudi di sia pertinenza e tutti davano per decisa la conferma di Paolo Ruffini alla terza rete e l’esordio alla direzione del Tg3 di Bianca Berlinguer, figlia dello scomparso segretario del Pci dei tempi dell’eurocomunismo. Però poi qualcosa si è inceppato e Dario Franceschini ha smentito l’assenso dato da Massimo D’Alema al pacchettino delle nomine di sinistra. A quel che si è potuto leggere, Franceschini trova sbagliato procedere alle nomine in Rai prima delle elezioni. Potrebbe avere ragione, se fosse sicuro di un balzo in avanti del suo partito il 7 giugno.

Ma da tutte le avvisaglie che si sono potute percepire negli ultimi mesi, quello di Franceschini può rivelarsi un calcolo sbagliato. Le avvisaglie sono che Berlusconi sembra avviato su un piano inclinato che ha come punto di arrivo i ritratti di Napoleone e Giulio Cesare. Lo si è capito dai suoi attacchi, anche recenti, ai giornali e ai magistrati, lo si è capito dalla sua dichiarata ambizione di arrivare al 51% dei suffragi: un numero magico per un imprenditore del suo calibro, perché quel numero vuol dire che con appena una piccola frazione sopra la metà del capitale uno può farla da padrone in un’azienda.

Estendendo la logica del 50,1% alla politica, Berlusconi è pronto a fare il padrone anche lì. E a questo punto c’è solo da confidare nel suo buon cuore e nella sua cvolontà di rispettare la prassi politica italiana. E se invece decidesse di far saltare il tavolo e mettere ad esempio a dirigere il Tg3 una persona, magari di sinistra, ma non indicata dalla segreteria del Pd? Sarebbe semplicemente la ripetizione di quel che vuole fare col Tg2, quindi non è fantapolitica, ma probabilità. E sarebbe per il Pd una ulteriore sconfitta. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: il sistema televisivo italiano alla prese con vecchi problemi, ma di fronte a una crisi inedita.

Raiset* e il pluralismo. Una partita persa di Giuseppe Giulietti-blitzquotidiano.it

Esiste davvero un polo Raiset? Secondo alcuni commentatori no, anzi il conflitto di interessi è solo una invenzione di spiriti malevoli, accecati da un livore tardo comunista. Per convalidare questa tesi non si esita, ma guarda un po’, a rispolverare la teoria del complotto e a liquidare con disprezzo chiunque osi mettere in discussione un dogma che sembra essere più solido di quello trinitario che, almeno per i credenti, dovrebbe essere oggetto di culto e di venerazione.

Nella lista degli eretici che non vogliono inginocchiarsi di fronte al nuovo idolo sono così finiti il parlamento europeo, la commissione europea, la federazione internazionale degli editori e dei giornalisti, i costituzionalisti quasi tutti e da ultimo la grande agenzia americana Freedom house che ha retrocesso l’Italia tra i paesi semiliberi perché a quei signori sembra strano che un presidente del consiglio di un qualsiasi staterello del globo possa controllare in modo diretto o indiretto le principali reti televisive.
Quelli di Freedom House, per altro, sono talmente sinistrorsi che, giustamente, hanno cacciato all’inferno e agli ultimi posti della classifica i paesi a regime comunista a cominciare da Cuba e dalla Cina.

L’elenco degli infedeli si arricchisce da oggi di un inaspettato nuovo ospite: l’autorità di garanzia delle comunicazioni e il suo osservatorio incaricato di rilevare il pluralismo dei soggetti politici nei tg nazionali pubblici e privati.

Da qualche giorno sul sito dell’autorità sono comparsi i dati relativi al mese di aprile. La loro lettura è di difficile comprensione, ma non occorre essere un genio della statistica per rilevare come il presidente del consiglio da solo sbaragli il campo. Tutto effetto del terremoto che ha alterato i valori precedenti? Neppure per sogno, anzi l’osservatorio ha addirittura scorporato i dati relativi al sisma per non alterare la rilevazione. Nonostante questo il risultato non cambia, il mese di aprile conferma il trend del mese di marzo, per la prima volta non viene rispettata neppure la regola non scritta che prevedeva l’assegnazione di tempi paritari tra governo, maggioranza e opposizione.

Per non lasciarci prendere la mano dalla propaganda abbiamo chiesto ad un tecnico che ha collaborato alla elaborazione di dati di fornirci una scheda di lettura. Ve la proponiamo in esclusiva per Blitz:
Osservazioni sul monitoraggio politico aprile 2009
Premessa
Nel monitoraggio vengono rilevati:
Tempo di notizia: indica il tempo dedicato dal giornalista all’illustrazione di un argomento/evento in relazione ad un soggetto politico/istituzionale.
Tempo di parola: indica il tempo in cui il soggetto politico/istituzionale parla direttamente in voce.
Tempo di antenna: indica il tempo complessivamente dedicato al soggetto politico-istituzionale ed è dato dalla somma del “tempo di notizia” e del “tempo di parola” del soggetto.
Le analisi sono state dunque svolte sul tempo di antenna ritenuto maggiormente rappresentativo dello spazio dedicato alla forza politica.
Con riferimento alle rilevazioni di aprile l’avvenimento del sisma in Abruzzo (avvenuto in data 6 aprile 2009) ha determinato una polarizzazione dell’informazione televisiva sull’evento, di carattere eccezionale.
Il confronto con i dati di marzo dimostra però che tale evento non ha influenzato in modo significativo la distribuzione delle percentuali di tempo di antenna attribuite ai vari soggetti (che già nel mese di marzo risultavano particolarmente squilibrate), ma probabilmente ha inciso sul tempo complessivo dedicato dai tg ai soggetti politico/istituzionale (anche se tale aspetto non è colto dal monitoraggio).

Osservazioni
In generale emerge con chiarezza uno squilibrio a favore della maggioranza in tutte le reti (con l’eccezione del tg3) con l’evidenza di alcuni aspetti peculiari:

* il Tg4 nel mese di aprile ha dedicato alla maggioranza olte l’80% del tempo concentrandosi su governo e presidente del consiglio per oltre il 75%;
* il Tg5 nella seconda quindicina di aprile ha dedicato alla maggioranza oltre il 50% del tempo, ed all’opposizione il 30% rispetto ad uno storico del 15-20%. Emerge però che l’aumento a favore dell’opposizione è dovuto alla crescita dello spazio dedicato alle forze politiche minori;
* Studio aperto registra già dal mese di marzo rilevanti percentuali a favore della maggioranza/governo, riequilibrando un po’ solo nella seconda quindicina di aprile (da un tempo medio del 73% alla maggioranza si è passati al 56%);
* Il Tg2 e La7 anche nella seconda quindicina di aprile mantengono un forte squilibrio a favore del governo (45% nel tg2 e 47% nel tg di La7);
* Il Tg1 mantiene costantemente oltre il 50% alla maggioranza e circa il 25-30% all’opposizione.
* Il Tg3 appare la testata più equilibrata con il 40% per maggioranza/governo e 37% per l’opposizione.

Cosa altro aggiungere? Sarà una casualità ma il presidente vola nelle e sulle reti di sua proprietà, in taluni casi addirittura si configura una violazione persino della debolissima legge sul conflitto di interessi che configura come causa di infrazione grave un sostegno continuato e privilegiato ad una forza politica o a un singolo soggetto. In questo caso dovrebbe essere la medesima autorità a intervenire. Per ora nulla è accaduto.
La situazione non migliora neppure in casa Rai,con l’eccezione del Tg3, una situazione analoga si rileva anche La 7.
La scheda tecnica segnala che tale tendenza si sta consolidando e che i dati del terremoto l’hanno solo resa più evidente.
È del tutto evidente che, almeno dal punto di vista quantitativo, sia giusto ipotizzare il prossimo ulteriore consolidamento di un polo Raiset con tutte le conseguenze immaginabili sul piano del pluralismo politico ma anche su quello non meno delicato del pluralismo industriale e della libertà dei mercati di riferimento.

Quello che sorprende maggiormente, infine , è la quasi olimpica serenità, con la quale la pubblicazione dei dati è stata accolta dai diversi attori politici. La serenità di Berlusconi e dei suoi amici trova conforto nei dati, quella dei suoi avversari molto meno.
A proposito: il conflitto di interessi non esiste e comunque non incide minimamente sulle modalità della rappresentazione televisiva, chi osa dire il contrario sia messo al rogo come accadeva agli eretici e alle streghe ai bei tempi della santa inquisizione…(Beh buona giornata).

(* acronimo giornalistico che sta per Rai e Mediaset)

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democrazia Media e tecnologia

Il Times di Londra: “le domande poste da la Repubblica – sul coinvolgimento del signor Berlusconi nella selezione delle candidate, e sul fatto se egli abbia promesso di aiutare la signorina Letizia a perseguire una carriera in politica o nello spettacolo – non sono intrusioni nella vita privata.”

Il Times dalla parte di Repubblica “Berlusconi vuole intimidire il dissenso”-da repubblica.it

Il Times di Londra dedica oggi un editoriale non firmato, come è tradizione della stampa anglosassone quando l’articolo riflette l’opinione della direzione del giornale, sulla questione delle dieci domande poste da “Repubblica” a Silvio Berlusconi.

L’editoriale del giornale, di cui è proprietario Rupert Murdoch, è intitolato “Public Duty and Private Vendetta” (Dovere pubblico e vendetta privata”), con questo sommario: “L’attacco di Silvio Berlusconi contro un giornale italiano è una campagna per intimidire il dissenso”. Ecco il testo dell’editoriale:

“Silvio Berlusconi, il primo ministro italiano, si lamenta di essere vittima di una diffamazione. Egli ha attaccato la Repubblica dopo che il giornale lo ha sfidato a spiegare la sua relazione con un’aspirante modella di 18 anni, Noemi Letizia, che si rivolge a lui chiamandolo ‘Papi’. Secondo il signor Berlusconi, questo è un complotto della sinistra per minare la sua autorità. La lamentela del signor Berlusconi è sfrontatamente insensata. Egli ha invitato a deriderlo promuovendo come candidati per le elezioni europee delle giovani donne il cui glamour personale supera la conoscenza politica. Questa ultima impresa ha spinto sua moglie, che soffre da lungo tempo, a chiedere il divorzio.

Le domande poste da la Repubblica – sul coinvolgimento del signor Berlusconi nella selezione delle candidate, e sul fatto se egli abbia promesso di aiutare la signorina Letizia a perseguire una carriera in politica o nello spettacolo – non sono intrusioni nella vita privata. Esse si collegano al ruolo pubblico del signor Berlusconi come uomo politico e come magnate dei media. I contorti affari politici del signor Berlusconi sono ulteriormente confusi dal suo dominio dei media. Egli controlla tre canali televisivi nazionali.

La sua campagna contro la Repubblica sembra un sinistro tentativo di intimidire il dissenso per proteggere una reputazione privata. E’ particolarmente di cattivo gusto che egli abbia usato la propria posizione nei media per criticare la propria moglie, insinuando che ella è mentalmente instabile. Queste sono le azioni di un uomo ricco e potente che tratta la politica e i media come feudi. Il signor Berlusconi ha apparentemente scarsa comprensione delle divisioni tra interesse privato e dovere pubblico. Il giornale che lo critica sta facendo un’opera di pubblico servizio per una popolazione malamente governata”. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: che succede se Rai e Sky non trovano un accordo sul satellite.

TRA LA RAI E SKY NON METTERE MEDIASET di Giovanni Valentini-la Repubblica.

È una scelta strategica molto delicata e importante, per la Rai, per il mercato dell’ informazione e per tutti noi cittadini telespettatori, quella che il vertice di viale Mazzini si accinge a compiere nei suoi rapporti con Sky. Entro il prossimo luglio, la tv di Stato deve decidere se rinnovare o meno il contratto con l’ emittente satellitare di Rupert Murdoch che offre 474 milioni di euro per i prossimi sette anni, in cambio della trasmissione dei canali pubblici sulla propria piattaforma. E bene ha fatto il Consiglio di amministrazione ad accogliere la proposta del direttore generale, Mauro Masi, di avviare rapidamente una trattativa per cercare di spuntare le condizioni migliori, sulla linea indicata dal presidente Garimberti.

Un eventuale divorzio tra Rai e Sky è destinato ad avere effetti rilevanti sul sistema televisivo italiano, sulle quote di mercato – soprattutto pubblicitario – delle due emittenti, e infine sulle nostre abitudini di teleutenti. Ma fatalmente si ripercuoterebbe anche su Mediaset, la tv del presidente del Consiglio, che seguirebbe subito a ruota sulla stessa strada e ne trarrebbe verosimilmente i maggiori benefici per fronteggiare il crollo della pubblicità. Tanto che si può parafrasare nel caso specifico il motto popolare, particolarmente in voga negli ultimi tempi a proposito delle vicende coniugali di Silvio Berlusconi: tra mogliee marito, con quel che segue.

La valutazione sulla congruità del “quantum” è rimessa naturalmente alla discrezionalità e responsabilità del Cda di viale Mazzini. E tuttavia non si tratta soltanto di un valore economico. In forza del principio della “neutralità tecnologica”, infatti, al pari di tutte le altre televisioni pubbliche d’ Europa la Rai è tenuta a diffondere i suoi programmi sul maggior numero di piattaforme possibili: il nuovo sistema digitale terrestre, quello satellitare, Internet, i telefoni cellulari e quant’ altro.

Se l’ accordo con Sky non dovesse più risultare conveniente, dunque, l’ azienda di Stato dovrebbe comunque attrezzarsi per trasmettere via satellite, sostenendo altri costi e magari accoppiandosi proprio con Mediaset. Per la Rai, in realtà, il problema si pone in termini di danno emergente e lucro cessante, come si dice in linguaggio giuridico. Danno emergente, perché – in caso di fallimento della trattativa con Sky – da qui al 2016 l’ azienda pubblica perderebbe 474 milioni di euro. A cui vanno aggiunte, come già detto, le spese per un nuovo satellite. E per un’ azienda che prevede di chiudere il bilancio 2009 con un deficit di oltre cento milioni, non è evidentemente una bazzecola.

Poi, c’ è – per così dire – il lucro cessante: cioè l’ effetto negativo, sul piano degli ascolti e quindi della raccolta pubblicitaria, di una separazione dalla televisione di Murdoch. Non solo perché in molte regioni non arriva né il vecchio segnale analogico né il nuovo segnale digitale, a cominciare proprio dalla Sardegna dove è già scattato il fatidico switchoff, il passaggio o la transizione da un sistema all’ altro, per cui il satellite resta l’ unica piattaforma utilizzabile. Ma ancor più per il fatto che ormai una buona parte del pubblico, in Italia o dall’ estero, utilizza abitualmente la parabola di Sky per scegliere attraverso lo stesso telecomando i canali in chiaro della Rai, di Mediaset e della 7 oppure quelli criptati nel bouquet della tv a pagamento. È più che opportuno, allora, che il vertice della Rai compia un’ analisi approfondita dei costi e dei benefici: ci mancherebbe altro. Con un “buco” del genere, sarebbe un delitto rifiutare l’ offerta di Murdoch, sopportare i costi di un nuovo satellite e per di più rischiare di perdere audience e pubblicità. Per fortuna, c’ è ancora la Corte dei conti o magari la magistratura ordinaria a cui ricorrere.

Ma, a parte i compiti istituzionali della Rai, i suoi legittimi interessi e le sue scelte autonome, non vorremmo proprio che l’ azienda di Stato – come il marito che vuole fare un dispetto alla moglie – per indebolire Sky si privasse degli attributi o comunque si danneggiasse da sola, alla maniera di Tafazzi, il personaggio televisivo incline al masochismo. A differenza di Mediaset, la nostra tv pubblica – come ha giustamente rilevato l’ ex ministro Paolo Gentiloni – non ha un’ offerta di pay-tv. E perciò, al di là delle migliori intenzioni, un eventuale divorzio da Sky finirebbe per avvantaggiare principalmente il suo più diretto concorrente, l’ altro incumbent del vecchio duopolio analogico e del nuovo duopolio digitale. Nel libro di memorie citato all’ inizio, è l’ ex consigliere di amministrazione della Rai, Carlo Rognoni, a evocare lo spettro dell’ Alitalia. E non è affatto rassicurante per il futuro della televisione pubblica.

«È il mercato – predica ora Rognoni – che impone alla politica di fare un passo indietro e prendere atto dei suoi doveri: fissare con chiarezza la missione del servizio pubblico nell’ era della rivoluzione digitale; impedire che la Rai perda credibilità; non lasciare che una grande azienda finisca come l’ Alitalia, nel giro di qualche anno». Tutto ciò è vero oggi. Ma era vero anche nel 2005, quando il centrosinistra partecipò alla maxi-lottizzazione e insediò i suoi uomini al vertice di viale Mazzini. Ed era vero, purtroppo, anche prima. (Beh, buona giornata).

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La quarta crisi: Il Messaggero manda a casa il 25% dei giornalisti.

Stato di crisi a Il Messaggero, lo storico quotidiano della Capitale. Il piano dei tagli prevede, dal 1° luglio 48 tra pensionamenti, prepensionamenti ed esodi vari . Si tratterebbe di un ridimensionamento pari a circa il 25% della redazione del giornale più importante di Roma, di proprietà della famiglia Caltagirone. Beh, buona giornata.

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La quarta crisi: Rcs a -17,7%.

(fonte: corriere.it)
Via a misure strutturali incisive per contenere i costi in casa Rcs. Il Consiglio di amministrazione del gruppo Rcs ha approvato infatti «una impegnativa e incisiva serie di misure strutturali» per «adeguare le dinamiche dei costi dell’intero gruppo all’attuale situazione di grave deterioramento ma anche di assoluta non visibilità dell’andamento dei mercati, specie pubblicitari e delle loro prospettive». È quanto si legge nel comunicato diffuso proprio al termine del consiglio di amministrazione di Rcs che si è riunito per approvare il bilancio della trimestrale. «Il programma di azioni di Rcs – scrive ancora la casa editrice del Corriere della Sera – assume come presupposto i trend negativi della pubblicità, la contrazione delle diffusioni e dei collaterali. Il progetto assume altresì, come presupposto, il mantenimento delle linee strategiche della multimedialità integrata e dell’accelerazione dei ricavi digitali, riparametrati al relativo e più contenuto tasso di crescita. Con queste fondamentali premesse, lo schema di interventi elaborato punta a definire, oltre alla prosecuzione delle misure già avviate nella seconda parte del 2008, una struttura dei costi che possa essere sostenibile con il forte decremento dei ricavi, come sopra indicato, puntando a raggiungere nell’anno a regime, ed anche in assenza di ripresa dei ricavi, quel livello di marginalità dal quale sviluppare adeguate risorse per i nuovi modelli di business ed una sempre maggiore valorizzazione delle proprie testate e delle attività di Gruppo. Solo con questa serie di significative azioni Rcs MediaGroup potrà fronteggiare il perdurare dell’attuale situazione congiunturale».

LE MISURE – «Le misure, strutturali e permanenti, – prosegue il comunicato di Rcs – riguarderanno trasversalmente tutte le società del Gruppo (ad esclusione di Dada), sia in Italia sia all’estero, per una manovra complessiva superiore a 200 milioni di euro, comprensivi di tutte le voci rilevanti, inclusa quella relativa al costo del lavoro. Si stima che il piano, che sarà attivato fin da subito, possa produrre compiutamente i suoi effetti definitivi, in assenza – ovviamente – di ulteriori deterioramenti della situazione di mercato e di fatti al momento non prevedibili, nell’arco ipotizzabile di 24 mesi. Gli oneri straordinari connessi alla sua attuazione graveranno in massima parte sull’esercizio in corso, che, pertanto, vedrà un risultato significativamente negativo, mentre l’esercizio 2010 potrà già beneficiare di gran parte degli effetti attesi.

IL BILANCIO – Rcs MediaGroup ha chiuso il primo trimestre dell’anno con una perdita netta 40,7 milioni di euro, che si confronta con un risultato negativo per 18,6 milioni al 31 marzo 2008. I ricavi netti consolidati sono scesi del 17,7% a 514,9 milioni di euro, i ricavi pubblicitari del 30,2% a 155 milioni.
I ricavi pubblicitari di Gruppo risentono, in particolare, del forte calo della raccolta dell’area Quotidiani Spagna, solo in minima parte compensato dalla crescita dell’online e del mezzo televisivo. In Italia, i ricavi delle aree Quotidiani e Periodici risultano sostanzialmente in linea con i mercati di riferimento. I ricavi diffusionali si attestano a 297,4 milioni, rispetto ai 337,8 milioni del pari periodo 2008 (-12%), principalmente per i minori ricavi dell’area Libri, per effetto della programmata e progressiva riduzione dei lanci di opere collezionabili in Italia ed all’estero. I ricavi editoriali diversi passano da 65,5 a 62,5 milioni (-4,6%).

ORGANICO – L’organico medio al 31 marzo 2009 si riduce a 6.550 unità, rispetto alle 6.682 (al netto delle attività destinate alla dismissione) del primo trimestre 2008, grazie alle efficienze realizzate in tutte le aree del Gruppo, e nonostante le variazioni di perimetro e i nuovi ingressi nell’ambito dello sviluppo del gruppo Dada e dei new media.

QUOTIDIANI ITALIAE SITI INTERNET – L’area Quotidiani Italia registra ricavi pari a 149,4 milioni (170 milioni nel pari periodo 2008). I ricavi pubblicitari, che si contraggono del 22,8%, riflettono la generalizzata flessione del mercato riguardante tutti i mezzi, solo parzialmente bilanciata dalla positiva raccolta del comparto online, che continua ad essere in crescita, anche se in misura minore rispetto al primo trimestre 2008. In particolare, il comparto internet del sistema multimediale legato al Corriere della Sera registra un incremento del 23,9%, con tassi superiori alle medie di mercato, e quello de La Gazzetta dello Sport è in linea rispetto allo stesso trimestre 2008. I ricavi diffusionali, che segnalano una flessione del 4,3%, riflettono la comune crisi delle diffusioni. I prodotti collaterali sono sostanzialmente in linea con l’analogo periodo dell’esercizio precedente. Nel primo trimestre 2009 Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport, pur risentendo della crisi delle diffusioni che ha colpito tutto il mercato, mantengono la leadership nei settori di riferimento rispettivamente con 585.000 (-10,4%, anche per la riduzione di copie promozionali scarsamente remunerative) e 335.000 (-5,9%) copie medie giornaliere. Nel mese di marzo, i siti online Corriere.it e Gazzetta.it hanno registrato nuovi record di accessi, rispettivamente con 13 e 7,8 milioni di lettori unici mese (+15% e + 27%). . Il Corriere della Sera, dallo scorso mese di marzo, è il primo quotidiano italiano presente su Kindle 2, il lettore palmare di libri elettronici di Amazon, disponibile ora negli Stati Uniti e, dal 2010, in Europa. (Beh, buona giornata).

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La quarta crisi: la pubblicità italiana crolla a -18%.

Gli investimenti pubblicitari, nei primi tre mesi dell’anno ammontano a 2.095 mln con una diminuzione del -18,2% rispetto al corrispondente periodo del 2008. L’analisi dei mezzi mostra una flessione del -15,4% per la Tv, del -25,8% per la Stampa, del -20,1% per la Radio. Variazioni negative anche per Outdoor (- 37,1%), Cinema (-26,7%), Cards (-39,0%) e Direct mail (-16,0%). Performance positive per Internet e per l’Out of home tv, entrambi a +3,5%.

Nei primi tre mesi di quest’anno gli investimenti pubblicitari ammontano a 2.095 mln con una diminuzione del -18,2% rispetto al corrispondente periodo del 2008. Il confronto mensile marzo 2009 verso marzo 2008 fa registrare il -16,3%. Tutti i settori merceologici hanno ridotto la spesa rispetto all’anno scorso ad eccezione di Enti/Istituzioni e Turismo/Viaggi che crescono rispettivamente del +1,5% e del +3,2%. Wind, Vodafone, Ferrero, Volkswagen, Barilla, Unilever, Procter&Gamble, Danone, Fiat Div. Fiat Auto e Telecom Italia Mobile sono i dieci Top Spender del trimestre con circa 303 mln euro, il 12% in meno del corrispondente periodo del 2008.

L’analisi dei mezzi mostra per la Televisione, considerando sia i canali generalisti che quelli satellitari (marchi Sky e Fox), una flessione sul trimestre del -15,4% e sul mese del 14,4%. Tra i principali settori si evidenzia il calo di Alimentari (-12,1%), Automobili (-23,6%), Telecomunicazioni (-6,7%) e l’exploit di Enti/Istituzioni (+66,2% ), grazie a Campagne Sociali e Concorsi/Pronostici.

La Stampa, nel suo complesso, ha un calo del -25,8%. I Periodici diminuiscono del -29,2% con l’Abbigliamento a -32,0%, la Cura persona a -23,2% e l’Abitazione a -19,0%. I Quotidiani a pagamento mostrano una flessione del -23,6% con l’Automobile e l’Abbigliamento, i due settori più importanti, che riducono gli investimenti rispettivamente del -40,3% e del -36,9%. In controtendenza il settore Abitazione che raggiunge gli 11,7 milioni con una crescita sul trimestre del 34,9% e del 74,4% sul mese. E’ soprattutto la Commerciale Nazionale a frenare con una diminuzione del -28,9%, ma sono in calo anche la Locale (-17,4%) e la Rubricata/Di Servizio (-19,3%). In contrazione anche la raccolta dei Quotidiani Free/Pay Press (- 26,9% ).

La Radio diminuisce del -20,1% sul trimestre, ma del -8,6% sul confronto mensile. Tra i settori in positivo a marzo 2009 si evidenziano: Auto, Moto/Veicoli e Gestione Casa. Fanno registrare variazioni negative Outdoor (- 37,1%), Cinema (-26,7%), Cards (-39,0%) e Direct mail (-16,0%). Performance, invece, positive per Internet e per l’Out of home tv: entrambi i mezzi crescono del +3,5%.

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: Mondadori -34%.

(fonte:advexpress.it)

Il Consiglio di Amministrazione di Arnoldo Mondadori Editore, riunitosi oggi, 14 maggio, sotto la presidenza di Marina Berlusconi ha esaminato e approvato il resoconto intermedio di gestione sul primo trimestre dell’esercizio 2009, presentato dal vice presidente e amministratore delegato Maurizio Costa .

Il primo trimestre dell’esercizio è stato pesantemente condizionato dagli effetti delle problematiche del settore finanziario e, successivamente, dei settori produttivi e del consumo, già sviluppatesi nel corso del 2008. I mercati di riferimento del Gruppo Mondadori sono stati caratterizzati da:
– nei periodici, il fenomeno negativo più significativo è stato il crollo del mercato degli investimenti pubblicitari, stimato superiore al 30% in Italia e al 20% in Francia; molto più contenuta la contrazione delle diffusioni, in particolare in Francia, grazie al buon andamento degli abbonamenti; sempre in forte diminuzione, come previsto, il mercato dei prodotti collaterali
– nei libri, nei primi tre mesi dell’anno si sono registrati valori in sostanziale stabilità nel canale delle librerie di catena, con una leggera contrazione a livello complessivo.

L’impatto della drastica riduzione degli investimenti pubblicitari sulla redditività del Gruppo Mondadori nel primo trimestre è stato rilevante ed anche le vendite di prodotti collaterali hanno ridotto significativamente il loro apporto al margine operativo. Le azioni di contenimento dei costi di gestione, impostate e implementate già nello scorso esercizio e continuate con ancora maggiore determinazione, hanno prodotto effetti positivi; sono proseguiti inoltre gli investimenti per lo sviluppo delle attività digitali, del network internazionale e del progetto di lancio di Grazia in Francia.

Nel primo trimestre 2009 il fatturato consolidato è stato di 354,5 milioni di euro (-23% rispetto ai 460,3 milioni di euro dello stesso periodo del 2008); a perimetro costante la flessione è stata del 16,4%. Il margine operativo lordo consolidato è risultato di 14,2 milioni di euro (-70,7% rispetto ai 48,4 milioni di euro dell’esercizio precedente), con un’incidenza sul fatturato del 4% rispetto al 10,5% del 2008.

Il risultato operativo consolidato è stato pari a 8 milioni di euro (-79,1% rispetto ai 38,2 milioni di euro del primo trimestre del 2008), con ammortamenti di attività materiali ed immateriali per 6,2 milioni di euro (10,2 milioni di euro nel 2008); l’incidenza sui ricavi è passata dall’8,3% del primo trimestre 2008 al 2,3%. Il risultato netto consolidato è negativo per 1,8 milioni di euro rispetto ai +17,7 milioni di euro dell’esercizio precedente. Il cash flow lordo del primo trimestre 2009 è stato di 4,4 milioni di euro rispetto ai 27,9 milioni di euro del 2008. La posizione finanziaria netta del Gruppo al 31 marzo 2009 presenta un saldo negativo pari a -454,2 milioni di euro, in miglioramento rispetto ai -490,3 milioni di euro di fine 2008.

Libri
Nel primo trimestre del 2009 la Divisione Libri ha confermato la propria leadership di mercato (con una quota del 26,8%), in netta preminenza rispetto ai principali concorrenti, con una buona tenuta del comparto trade. I ricavi complessivi nel periodo sono stati di 89 milioni di euro (-5,4% rispetto ai 94,1 milioni di euro dello stesso periodo dell’esercizio precedente). Al netto delle vendite congiunte il decremento è del 4,5%. Tra le singole case editrici si segnalano le buone performance di Sperling & Kupfer e Einaudi. Sperling & Kupfer ha realizzato nel primo trimestre 2009 ricavi per 8,2 milioni di euro (+32,3% sullo stesso periodo del 2008).

Nel primo trimestre 2009 Einaudi ha registrato ricavi netti di 12,1 milioni di euro, in crescita del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2008. In leggero calo i ricavi di vendita di Edizioni Mondadori, pari a 37 milioni di euro (-5,9% rispetto al primo trimestre 2008). Piemme ha registrato ricavi per 12 milioni di euro, in calo del 17,8% rispetto al primo trimestre 2008. Il fatturato di Mondadori Electa ha raggiunto nel primo trimestre del 2009 gli 8,3 milioni di euro (-16,2% sul 2008). Mondadori Education ha registrato ricavi netti di vendita pari a 2,3 milioni di euro (2,7 milioni nello stesso periodo dell’anno precedente), in una stagione dell’anno, come di consueto, con impatti minimi sul fatturato.

Periodici Italia
Il primo trimestre dell’anno è stato condizionato per i periodici Mondadori, così come per tutta l’editoria italiana e internazionale, dai pesanti effetti della crisi esplosa nell’ultima parte del 2008. Da un lato il calo dei consumi ha inevitabilmente interessato la spesa per l’acquisto di giornali e riviste e, soprattutto, dei prodotti collaterali; dall’altro la crisi finanziaria ha indotto le aziende a ridurre drasticamente gli investimenti in comunicazione con una forte conseguente contrazione della spesa pubblicitaria.

La Divisione Periodici Italia (in cui rientrano anche proventi e margini dell’attività di licensing internazionale e dello sviluppo del digital), ha realizzato nel primo trimestre 2009 ricavi per 124,7 milioni di euro (-23,2% rispetto ai 162,3 milioni di euro dello stesso periodo del 2008). Al netto delle vendite congiunte il decremento è del 17,3%. Tale andamento è stato determinato dai seguenti elementi: diminuzione dei ricavi diffusionali (-7,2%), influenzati da un andamento non positivo del mercato che ha interessato tutti i segmenti in cui opera la Divisione.

A livello di copie vendute Mondadori, con un decremento del 9% a fronte di un comparto in calo del 12,1% (a febbraio), ha incrementato la propria quota di mercato; forte contrazione dei ricavi da prodotti collaterali (-33,9%), che hanno continuato il progressivo assestamento verso dimensioni più contenute. Nel primo trimestre dell’anno il mercato ha registrato un’ulteriore caduta (a febbraio -24,9% a valore), in particolare nei comparti editoriali e dei prodotti audiovisivi, mentre ha tenuto maggiormente quello musicale. In questo scenario le performance di Mondadori sono state migliori rispetto al contesto di riferimento dei periodici; importante ridimensionamento dei ricavi pubblicitari (-35,7%), in particolare nei settori moda, cosmetica e arredamento, rispetto a un primo trimestre 2008 in forte crescita e particolarmente favorevole per Mondadori.

Tra i fatti più significativi del trimestre si segnalano:
– il lancio del nuovo settimanale Tu Style effettuato a fine gennaio con un esito ad oggi molto promettente in termini di diffusione e di raccolta pubblicitaria; l’attività di sostegno promozionale a numerose testate che ha contribuito a contenere gli effetti negativi del contesto di riferimento;
– un approccio estremamente rigoroso alla gestione che ha consentito di ridurre, in modo direttamente proporzionale al calo dei ricavi, i costi di produzione, di marketing, editoriali e le spese generali.

Per quanto riguarda le attività digitali, la concentrazione degli investimenti sul polo femminile ha portato nel primo trimestre dell’anno in corso a ottimi risultati: i ricavi del sito di Donna Moderna sono cresciuti del 25% a fronte del +3,9% registrato dal mercato (dati Nielsen a febbraio). Nel mese di marzo è stata inoltre lanciata una nuova versione del sito di Cosmopolitan .

Attività internazionali
Come già detto, il mercato internazionale dei periodici ha risentito degli stessi elementi di criticità del mercato italiano, con un calo dei consumi e una contrazione degli investimenti in comunicazione. Ciononostante Mondadori ha aumentato nel primo trimestre 2009 i propri ricavi da royalties, grazie a nuovi lanci nell’ambito del network di Grazia e di Casaviva: a gennaio è nata Casaviva India , cui ha fatto seguito a febbraio l’edizione di Grazia in Cina, con eccellenti risultati sia in termini di advertising che di diffusione.

Per quanto riguarda i Balcani, anche la consociata Attica ha risentito del rallentamento dell’economia, registrando nel primo trimestre un calo dei ricavi pubblicitari e delle vendite congiunte, in buona parte compensato da una forte azione sul contenimento dei costi.

Mondadori France ha conseguito nel primo trimestre 2009 un fatturato complessivo di 83,6 milioni di euro (-14,5% rispetto ai 97,8 milioni di euro del corrispondente periodo dell’anno precedente). A perimetro costante e al netto delle vendite congiunte il calo è stato dell’8,9%. I ricavi diffusionali, che rappresentano il 70% del totale di Mondadori France, hanno registrato una flessione dell’8,4% (-5,9% a perimetro costante), con difficoltà maggiori sui settimanali (in particolare sulle guide televisive), sul segmento people e sull’auto. Al contrario hanno tenuto gli abbonamenti che continuano a rappresentare una stabile fonte di ricavi in una fase congiunturale come l’attuale. Nel periodo è continuata la forte attenzione del management al contenimento dei costi.

In uno scenario particolarmente sfavorevole per gli investimenti pubblicitari, i ricavi di Mondadori France in questo comparto sono risultati in calo del 23,9% (-19,2% a perimetro costante); a volume i risultati sono sostanzialmente in linea con il dato di mercato (-17,4%, fonte: TNS-MI).

Pubblicità
In Italia gli investimenti pubblicitari dei primi mesi del 2009, se confrontati con quelli del primo trimestre dello scorso anno, hanno mostrato un avvio estremamente critico, confermando il progressivo deterioramento del mercato già emerso chiaramente dalla seconda parte del 2008. In attesa dei dati definitivi si prevedono, sulla base delle evidenze di Nielsen a febbraio, deboli segnali di crescita solo per il segmento internet; in forte sofferenza ancora radio, televisione e il comparto stampa, in cui i periodici hanno mostrato maggiori difficoltà rispetto ai quotidiani, avvantaggiati da un calo meno deciso della pubblicità locale. Nello specifico, i periodici, hanno registrato un andamento negativo sia in termini di spazio, sia in termini di prezzi, in tutti i settori merceologici.

Mondadori Pubblicità ha chiuso i primi tre mesi del 2009 con una raccolta complessiva di 51,7 milioni di euro (-34,5% rispetto ai 78,9 milioni di euro dello stesso periodo 2008). Per rafforzare ulteriormente gli interventi commerciali e valutare ogni possibile azione di ottimizzazione, la concessionaria ha acquisito dallo scorso marzo anche la raccolta dell’emittente nazionale Radio Kiss Kiss, consentendo nuove sinergie a livello di struttura.

Direct Marketing
Nel primo trimestre dell’anno il mercato degli investimenti in direct mail ha registrato un calo superiore al 20%: in questo contesto, grazie alla qualità della propria offerta, Cemit Interactive Media ha conseguito risultati superiori al mercato. Il fatturato si è attestato a 4,8 milioni di euro, in contrazione del 9,4% rispetto ai 5,3 milioni di euro dello stesso periodo dell’esercizio precedente, per la mancata attività relativa alle campagne elettorali avvenuta nel marzo 2008.

Retail
Il fatturato della Divisione Retail è stato di 41,8 milioni di euro (-3,5% rispetto ai 43,3 milioni di euro dello stesso periodo del 2008). La Divisione ha risentito nel trimestre, da un lato, del generalizzato calo dei consumi, dall’altro del confronto con un primo trimestre 2008 particolarmente positivo. Nel periodo sono stati peraltro posti in atto interventi volti a ridurre i costi di gestione, in modo da minimizzare gli impatti conseguenti alla contrazione dell’attività.

Mondadori Retail ha registrato un fatturato di 26,8 milioni di euro, in calo del 7,7% rispetto ai 29 milioni di euro del primo trimestre 2008: la contrazione è stata inferiore nel settore del libro, supportato tra l’altro da molte campagne promozionali realizzate con gli editori, mentre il calo è stato più sensibile per quanto riguarda i prodotti digitali.

Nel periodo i negozi in gestione diretta hanno raggiunto le 29 unità (28 punti di vendita nel primo trimestre 2008).

Mondadori Franchising ha registrato un fatturato di 15 milioni di euro (+5,3%) rispetto ai 14,3 milioni di euro dei primi tre mesi dello scorso anno, grazie allo sviluppo del network di librerie ed Edicolè che hanno raggiunto nel periodo i 404 punti vendita complessivi (357 nel primo trimestre 2008).

Radio
Nel primo trimestre dell’anno il mercato radiofonico non è risultato immune dalla contrazione degli investimenti pubblicitari, registrando nel solo primo bimestre una contrazione del 27,2% (Fonte: Nielsen) con leggeri segnali di ripresa da marzo. In questo contesto i ricavi netti di R101 nel periodo sono stati di 3 milioni di euro (-16,7%) rispetto ai 3,6 milioni di euro dello stesso periodo dell’esercizio precedente.

Si tratta essenzialmente di ricavi pubblicitari quota editore corrispondenti a una raccolta pubblicitaria lorda di oltre 4,4 milioni di euro, in calo del 14% rispetto ai 5,1 milioni di euro dell’analogo periodo dell’anno precedente: il dato si confronta con un primo trimestre 2008 in cui R101 aveva registrato una raccolta in crescita del 56% rispetto al primo trimestre 2007, a fronte di un mercato cresciuto del 9% .

Da inizio 2009 Audiradio ha cambiato la modalità di rilevazione degli ascolti, affiancando alla tradizionale indagine telefonica per i dati del giorno medio, una sezione di ricerca, tramite panel diari, che fornisce per le radio iscritte gli ascoltatori nei 7, 14, 21 e 28 giorni. La nuova modalità di rilevazione dell’audience radiofonica permette inoltre una valutazione puntuale della pianificazione pubblicitaria, che avviene nella maggior parte dei casi con campagne che durano più di due settimane. Secondo le nuove rilevazioni R101 raggiunge nel mese circa 9 milioni di ascoltatori, riducendo sensibilmente il gap rispetto alle prime cinque radio commerciali.

Evoluzione prevedibile della gestione
La situazione economica a livello nazionale ed internazionale nel primo trimestre, come precedentemente evidenziato, ha subito il temuto impatto della crisi apertasi nel corso del 2008; i dati relativi ai consumi e agli investimenti si sono ulteriormente deteriorati, mentre le previsioni di ripresa dell’economia sono spostate più avanti nel tempo.

Per quanto riguarda il mercato di riferimento di Mondadori, il cui fatturato è comunque diversificato per business e territorialmente, l’impatto derivante dal crollo degli investimenti pubblicitari delle aziende nel trimestre e dall’ulteriore contrazione delle vendite di prodotti collaterali è stato significativo. Le azioni di semplificazione organizzativa e di reingegnerizzazione dei processi, iniziate già nello scorso esercizio, hanno consentito alla Società di mitigare gli effetti negativi del mercato nel trimestre: ancora maggiore sarà l’impegno in questo ambito nei prossimi mesi, sia per ridurre ulteriormente gli impatti negativi in questo esercizio sia, soprattutto, per dimensionare gli assetti strutturali alle future esigenze.

Per quanto riguarda la stima sui risultati dell’esercizio non si può che ribadire quanto espresso in occasione della presentazione dei dati 2008: la previsione relativa ai futuri scenari di mercato resta estremamente difficile ma è realistico attendersi per il 2009 livelli di redditività inferiori allo scorso esercizio, particolarmente per i business più legati agli investimenti pubblicitari. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: Mediaset a -13% nel primo trimestre 2009, ovvero quando la tv commerciale perde i ricavi della comunicazione commerciale.

(fonte:advexpress.it)
Il Consiglio di Amministrazione di Mediaset, riunitosi il 12 maggio sotto la presidenza di Fedele Confalonieri (nella foto), ha approvato la relazione sul primo trimestre 2009. I risultati del Gruppo dei primi tre mesi dell’esercizio hanno risentito dell’accentuarsi, soprattutto in Spagna, della profonda fase recessiva che ha investito l’economia mondiale nel corso degli ultimi mesi del 2008, determinando una sensibile contrazione degli investimenti pubblicitari nei due mercati geografici di riferimento.

In tale contesto, il Gruppo ha comunque contenuto rispetto ai propri concorrenti la flessione della raccolta pubblicitaria, consolidando le proprie quote di mercato e mantenendo la leadership d’ascolto sui target commerciali di riferimento e conquistando con Canale 5 il primo posto assoluto su tutto il pubblico televisivo nel periodo di garanzia. La forte azione di controllo esercitata sui costi televisivi e l’ottimo andamento di Mediaset Premium hanno inoltre consentito di attenuare, soprattutto in Italia, l’impatto negativo sui margini economici indotto dai minori ricavi pubblicitari.

I ricavi netti consolidati del Gruppo Mediaset ammontano a 967,2 mln di euro in flessione del 12,0% rispetto ai 1.098,9 mln del primo trimestre 2008. L’ebit è pari a 139,3 mln di euro rispetto ai 255,8 mln dello stesso periodo dell’anno precedente. La redditività operativa si attesta al 14,4% rispetto al 23,3% del primo trimestre 2008. L’utile netto di competenza del Gruppo è pari a 60,0 mln di euro rispetto ai 121,0 mln di euro del primo trimestre dell’anno precedente. La posizione finanziaria netta di Gruppo passa da -1.371,7 mln di euro del 31 dicembre 2008 a -1.256,3 mln al 31 marzo 2009. Nei primi tre mesi dell’esercizio la generazione netta di cassa è stata pari a 122,5 mln di euro rispetto ai 279,9 mln dello stesso periodo dell’anno precedente.

Per quanto riguarda l’Italia , nel primo trimestre 2009 i ricavi netti consolidati hanno raggiunto gli 807,8 mln di euro in diminuzione del 5,0% rispetto agli 850,5 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente. Ricavi pubblicitari televisivi lordi: raggiungono i 645,7 mln di euro con una flessione del 13,0% rispetto ai 742,1 mln del primo trimestre 2008. Sulla base dei dati Nielsen relativi ai primi due mesi dell’esercizio, la raccolta pubblicitaria delle reti Mediaset ha mostrato un rallentamento più contenuto sia rispetto a quello del mercato pubblicitario complessivo (-22,2%) sia a quello del mercato pubblicitario televisivo (-23,1%), escludendo in entrambi i casi il contributo di Mediaset .

Ricavi Mediaset Premium: i ricavi Pay Tv (vendita di carte, ricariche ed Easy Pay) hanno raggiunto i 72,2 mln di euro con una crescita del 63,7% rispetto ai 44,1 mln di euro dei primi tre mesi del 2008. Le carte attive al 31 marzo 2009 sono pari a circa 3,3 milioni rispetto ai 2,9 milioni del 31 dicembre 2008. L’ebit si è attestato a 95,6 mln di euro rispetto ai 137,9 mln del primo trimestre 2008. I costi televisivi totali registrano una diminuzione dell’1,8% rispetto al primo trimestre 2008 a conferma di una scrupolosa politica di efficienza che non ha effetti sulla ricchezza del palinsesto e sugli ascolti delle reti Mediaset. L’utile netto è stato pari a 47,4 mln di euro rispetto agli 80,5 mln di euro del primo trimestre 2008.

Ascolti televisivi: nei primi tre mesi dell’esercizio le reti Mediaset confermano la leadership nazionale in tutte le fasce orarie tra i telespettatori tra i 15 e i 64 anni (target commerciale). Mediaset registra il 42,0% in prima serata e il 42,1% nelle 24 ore. Canale 5 oltre a essere prima rete italiana in prime time su tutto il pubblico televisivo nel periodo di garanzia con il 22,9% (11 gennaio – 31 marzo) è la rete italiana più vista nel target commerciale con il 24,8% in prima serata e il 23,7% nelle 24 ore.

Per quanto riguarda invece il mercato spagnolo, nei primi tre mesi del 2009 i ricavi netti consolidati generati dal Gruppo Telecinco sono stati pari a 159,7 mln di euro rispetto ai 249,0 mln dello stesso periodo dell’anno precedente. Tale risultato ha ovviamente risentito della congiuntura economica e finanziaria negativa sia a livello nazionale che internazionale. L’Ebit, anche in virtù del forte controllo dei costi complessivi (-11,5%), è stato pari a 43,7 mln di euro rispetto ai 117,9 mln di euro del 2008. La redditività operativa è pari al 27,3% (47,4% nel primo trimestre del 2008). L’utile netto è stato pari a 29,3 mln di euro rispetto agli 81,5 mln dei primi tre mesi del 2008. Telecinco consolida il proprio ruolo di prima rete assoluta spagnola in prime time con il 17,5% in termini di ascolti televisivi. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia

Il punto di vista di Obama sulla quarta crisi.

Durante un incontro con la stampa a Washington, Bakak Obama ha sottolineato l’importanza che ha per la tenuta della democrazia il lavoro dei giornalisti. “So che sono tempi difficili per molti di voi, che ci sono grandi giornalisti che stanno perdendo il lavoro a causa delle difficoltà del settore – ha detto – sono tempi di rinnovamento tecnologico, di cambiamento. Ma ci tengo a dire che il vostro servizio è essenziale per la tenuta della democrazia”.

“Voi – ha aggiunto, tra gli applausi dei tanti giornalisti presenti – a volte peccate di approssimazione.
Ma ogni giorno ci aiutate a renderci conto della complessità del mondo in cui viviamo. Questa è una stagione di rinnovamento e di cambiamento. Per questo, sinceramente, vi offro il mio ringraziamento e il mio supporto”.Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Quarta crisi: “Rupert Murdoch ha sparato la sua cannonata. Per uscire dalla crisi i giornali sulla rete passino all’accesso a pagamento.”

Vittorio Zambardino contro il magnate Murdoch e la sua idea di far pagare le notizie sulla Rete-blitzquotidiano.it

Per il boss della News Corporation Rupert Murdoch i giorni dell’accesso gratuito ai siti web dei giornali stanno per finire. I siti di giornali come il “Times” ed il “Sun” non saranno più gratuiti entro 12 mesi. Quali saranno le conseguenze della proposta e della decisione presa da Murdoch? Nel suo Blog, Vittorio Zambardino, giornalista di “Repubblica”, analizza l’intera questione di Murdoch e dei giornali on-line:

“Rupert Murdoch ha sparato la sua cannonata per uscire dalla crisi i giornali sulla rete passino all’accesso a pagamento. Non che nessuno se ne sia accorto, quando a dire che bisogna far pagare l’accesso on line ai giornali era stato il direttore del New York Times, Bill Keller. Ma se lo dice lo squalo che non ne sbaglia una – è il ragionamento dell’industria – allora vuol dire che così si deve fare: basta con i siti di informazione gratuiti. Si paga tutto. […]”.(Beh, buona giornata).

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