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Finanza - Economia - Lavoro

La crisi greca è solo la miccia accesa di un bomba nel sistema economico globale.

L’innesco di una crisi sistemica, di Pino Cabras – Megachip.

Con il precipitare della crisi greca si confermano le analisi di chi non era compromesso con la propaganda o con i pii desideri. La crisi si colloca nel solco di una crisi molto più vasta, una crisi sistemica. Si poteva comprendere da subito. Chi ha causato la crisi, ossia il sistema bancario ombra, punta ancora ai soliti suoi superprofitti, soverchiando i poteri collocati più alla luce del sole.

I giganti della speculazione di Wall Street sanno che il dollaro, l’architrave della finanza mondiale, dovrà cedere, perché allo stato è impossibile rifinanziare la valanga di titoli del debito pubblico statunitense che verrà a scadere fra pochi mesi. Perciò va fatta crollare l’alternativa monetaria disponibile, l’euro, e creare un bisogno forzoso ed estremo di dollari.

Nel frattempo, con i meccanismi delle “profezie che si autoadempiono”, da loro dominati attraverso spaventose entità criminali (le agenzie di rating), gli speculatori decidono i tempi e i modi dei crolli, su cui hanno scommesso montagne di soldi con la certezza – a breve – di vincere.

Lo schema somiglia al crollo del 2008-2009. Allora affossavano le banche, che sapevano gravate di scommesse impossibili su debitori insolventi. Ora affossano gli stati sovrani, che sanno esposti verso trucchi creati dagli stessi speculatori e verso piramidi di debiti fuori controllo. Ecco Standard & Poor’s , Moody’s e Fitch a decidere ancora quando un titolo deve andare all’inferno.

Se ne fregano di avere una pessima reputazione e di non essere attendibili agli occhi di chi usa la ragione per valutare la loro “oggettività” nelle valutazioni. I meccanismi legali sono inesorabilmente dalla loro parte. La Banca Centrale europea non può acquistare i bond spagnoli o greci se il loro rating non raggiunge una certa soglia. Così, chi decide il rating può decidere quando e come far cadere i pezzi di un sistema. Stati interi.

E questo gioco da padroni dell’universo è condotto dagli speculatori non solo a dispetto di ciò che abbiamo chiamato reputazione, ma perfino nonostante le inchieste del Congresso, della Sec e della Fed. Così, per capire quali sono i veri “poteri forti”.

L’annuncio delle facce di bronzo di Goldman Sachs e JP Morgan Chase è che non si parla più di 45 miliardi di euro per salvare Atene, ma di almeno 600 miliardi di euro per salvare il “Club Med” dell’euro. Una cifra superiore a quanto dissanguò le casse Usa per impedire il collasso totale nel 2008, quando i contribuenti furono salassati per 700 miliardi di dollari, una parte dei quali allegramente finiti nei bonus dei “Masters of Universe”.

Con l’uso di titoli derivati “credit default swaps” (Cds), la speculazione anziché assicurarsi contro la bancarotta (problema di medio termine), vi ci punta direttamente per guadagnarci subito, creando contagio finanziario, di cui non avverte la minima responsabilità. Nella sua ottica, questi al momento saranno problemi insolubili delle banche europee.

Lo ricorda Federico Rampini su «la Repubblica» del 29 aprile 2010: «Un’inchiesta del Department of Justice accusa i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Grenlight, Sac capital) di aver concordato un attacco simultaneo all’euro, in una cena segreta l’8 febbraio a Wall Street. Il giorno dopo, 9 febbraio, al Chicago Mercantile Exchange i contratti futures che scommettevano su un tracollo dell’euro erano schizzati oltre 54.000, un record storico. Con Goldman Sachs e Barclays in buona vista nelle cronache su quelle grandi manovre.»

La grande finanza anglosassone sta decidendo che gli europei saranno divisi in nordici e sudici. Noi sudici a ciucciarci il default, da subito.

In realtà anche la Gran Bretagna è seduta su una voragine di debiti e bugie contabili, che si rinvia il più possibile, almeno a dopo le elezioni politiche.

E sullo sfondo, irrisolvibile con gli strumenti ordinari, c’è il nodo più grosso, gli USA.

Tanti Stati, non solo i PIGS mediterranei, per coprire i debiti e le scadenze, avranno scelte estremamente costose da fare: aumentare le imposte, scatenare l’inflazione per ridurre il peso del debito, altrimenti fare bancarotta. Quel che è peggio, queste situazioni possono addirittura arrivare in contemporanea, anche negli Stati Uniti.

La politica sarà investita naturalmente da tensioni e novità di enorme portata, che spazzeranno via interi sistemi.
(Beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia Pubblicità e mass media Società e costume

Per Draquila della Guzzanti una grande campagna pubblicitaria, con Bondi, Brambilla e Bertolaso come testimonial.

Il ministro della Cultura, Sandro Bondi, ha «declinato» l’invito a partecipare al prossimo festival di Cannes, esprimendo «rincrescimento e sconcerto per la partecipazione di una pellicola di propaganda, Draquila, che offende la verità e l’intero popolo italiano».

Draquila è un docufilm satirico scritto e interpretato da Sabina Guzzanti, sulla vicenda della ricostruzione de L’Aquila, colpita dal terremoto.

Giorni fa il ministro del Turismo Micaela Brambilla ha detto: “Mi riservo di dare mandato all’avvocatura dello Stato per i danni che queste immagini potrebbero arrecare al nostro paese. Queste immagini mi indignano e mi offendono ancor prima come cittadino che come ministro. E’ ora di finirla di gettare discredito sul nostro paese. La sinistra da mesi critica e cerca di buttare fango sulla nostra Italia”.

Ma il primo a urlare alo scandalo è stato il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso: “Portando Draquila a Cannes credo che l’Italia non farà una bella figura. Presto, prestissimo, si parlerà di noi e dell’Aquila, a un festival del cinema si presenterà una verità che non è ‘la’ verità ma, appunto ‘una parte’ di verità”.

Se queste cose avessero un senso, allora dovremmo dire che tutta la stagione del neo-realismo italiano, per esempio, ha gettato discredito alla rinascita e alla ricorstuzione dell’Italia post-bellica. Cosa, che tutti sanno è risultata essere stata proprio l’esatto contrario.

D’altro canto c’è poco da stupirsi: per quanto sia avvilente, questa è la realtà del livello politico e culturale degli uomini e delle donne del nostro attuale governo. Per far bella figura davanti al loro capo, il Cavaliere, non si rendono neppure conto che sono proprio queste insensate dichiarazioni di servilismo che gettano discredito sul nostro Paese.

Parole che fanno il verso ai quei tempi bui e feroci, quanto cialtroni e ridicoli in cui la Cultura di questo paese era diretta dal famigerto Minculpop, il ministro della propaganda durante il Fascismo.

Detto questo, c’è da notare un risvolto incredibilmente grottesco: così facendo, i membri del governo stanno interpretando, inconsapevolmente e gratuitamente, il ruolo di testimonial di una inedita campagna pubblicitaria a favore di Draquila, che a questo punto rischia seriamente di vincere un premio a Cannes. Da non credere. Beh, buona giornata.

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democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia

“Al Senato la maggioranza cerca di imporre la legge sulle intercettazioni telefoniche che scardinerebbe aspetti essenziali del sistema costituzionale.”

Al Senato la maggioranza cerca di imporre la legge sulle intercettazioni telefoniche che scardinerebbe aspetti essenziali del sistema costituzionale.

Sono a rischio la libertà di manifestazione del pensiero ed il diritto dei cittadini ad essere informati.

Non tutti i reati possono essere indagati attraverso le intercettazioni e viene sostanzialmente impedita la pubblicazione delle intercettazioni svolte.
Una pesante censura cadrebbe sull’informazione. Anche su quella amatoriale e dei blog.

Se quella legge fosse stata in vigore, non avremmo avuto alcuna notizia dei buoni affari immobiliari del Ministro Scajola e di quelli bancari di Consorte.

Se la legge verrà approvata, la magistratura non potrà più intervenire efficacemente su illegalità e scandali come quelli svelati nella sanità e nella finanza, non potrà seguire reati gravissimi.
Si dice di voler tutelare la Privacy: un obiettivo legittimo, che tuttavia può essere raggiunto senza violare principi e diritti.

Si vuole, in realtà, imporre un pericoloso regime di opacità e segreto.
Le libertà costituzionali non sono disponibili per nessuna maggioranza.

Stefano Rodotà. Fiorello Cortiana, Juan Carlos De Martin, Arturo Di Corinto, Carlo Formenti , Guido Scorza.

Facciamo sentire la nostra voce.

Interveniamo direttamente aderendo all’appello e scrivendo ai senatori membri della Commissione Giustizia.
(Beh, buona giornata).

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Attualità Leggi e diritto

Nostalgia canaglia.

Dal Duce a spese nostre di Gianluca Di Feo-L’espresso

Con i contributi pubblici per l’editoria, Ciarrapico pagava anche le trasferte dei neofascisti sulla tomba di Mussolini a Predappio. Un risvolto inedito emerso dall’indagine della procura di Roma Tutti dal Duce, tanto paga lo Stato.

Giuseppe Ciarrapico siede nel parlamento della Repubblica nata dalla sconfitta del fascismo ma non ha mai negato la sua passione per la camicia nera. E questa sua dedizione alla causa mussoliniana emerge anche dall’indagine della magistratura, che lo accusa di avere frodato ventidue milioni di euro: soldi pubblici destinati a sovvenzionare l’editoria e ottenuti mentendo sui conti e sulla reale proprietà del suo impero editoriale.

In un file intitolato “Edizioni Giuseppe Ciarrapico” contenuto in una pen drive sequestrata nel 2007 dalla Guardia di Finanza a una collaboratrice dell’attuale parlamentare Pdl, si scopre il vero uso di un fido da 75 mila chiesto per «un’iniziativa editoriale relativa a un’opera di Gianpaolo Pansa». Pansa è l’autore, tra l’altro, de “Il sangue dei vinti” sulle esecuzioni sommarie commesse da alcuni ex partigiani all’indomani del 25 aprile 1945. Ma Ciarrapico ha liberamente interpretato la questione organizzando con i quattrini dello Stato (il fido sarebbe stato saldato con i contributi per l’editoria) una grande gita collettiva al sepolcro di Benito Mussolini.

In questa contabilità parallela si scrive infatti che con il fido viene pagata una trasferta in autobus a Predappio. Il file riporta due voci: “10.780 euro per pulmann Predappio” e “7.370 Rosati per servizio Predappio”. La seconda spesa dovrebbe indicare un servizio di catering fornito dal bar Rosati di Piazza del Popolo, che secondo le indagini appartiene allo stesso Ciarrapico ed è uno dei più noti della capitale.

Sul Web c’è ancora traccia di una comitiva organizzata il 28 ottobre 2007 dalla associazione Campo della Memoria, «d’accordo con il dottor Giuseppe Ciarrapico, la X Mas e la federazione combattenti Repubblica sociale». Sono le principali organizzazioni di reduci repubblichini, molto care a Ciarrapico: gruppi che non raccolgono soltanto veterani novantenni che scelsero di andare a Salò ma hanno una platea crescente di giovanissimi neofascisti come dimostrano i siti che hanno rilanciato la trasferta a Predappio.

A Predappio si va per un solo motivo: “Rendere omaggio alla tomba di Benito Mussolini”, come spiega l’annuncio della comitiva. La data poi ha un forte valore simbolico: è quella del 85mo anniversario della marcia su Roma, la fine della democrazia. L’avviso rimasto sulla Rete offre un autobus cinquanta posti per i camerati romani. Ma dalla spesa si può dedurre che i fan del Duce partiti grazie alla sovvenzione del “Ciarra” dovevano essere parecchi: almeno tre pulman.

Ai magistrati della procura di Roma tutto questo interessa per dimostrare tutta la falsa contabilità con cui – secondo l’accusa – il parlamentare si sarebbe fatto consegnare 22 milioni di euro di denaro pubblico: fondi destinati ad aiutare l’editoria e finiti indirettamente anche per pagare i picnic in camicia nera. Perchè anche il fido servito a finanziare la spedizione repubblichina poi confluiva in quei bilanci beneficiati dal denaro dei contribuenti italiani.

E in tema di saluti romani nell’ordinanza dei giudici c’è la ricostruzione di un altro episodio diventato celebre: i manifesti fatti stampare da Ciarrapico nell’autunno 2007 contro la svolta antifascista di Gianfranco Fini e affissi in tutte le strade di Roma. Poster che mostravano il leader di An con il braccio teso e la scritta “Fini, una garanzia ideale e politica”. Quando la Digos convoca il responsabile della tipografia per interrogarlo come testimone, Ciarrapico gli telefona e lo invita a tacere. Viene intercettato mentre lo apostrofa: “Tu gli devi dire che non hai motivo di rispondere…Io non devo rendere conto a nessuno…Rendo conto al mio amministratore delegato che è il dottor Giuseppe Ciarrapico”. E dopo l’interrogatorio, il “Ciarra” chiama direttamente la questura per protestare: «Nella mia azienda è stato prelevato un dipendente…». Sostiene che questo era avvenuto senza informare l’autorità giudiziaria «circostanza appresa direttamente dal procuratore capo di Frosinone». Solo sei mesi più tardi Francesco Storace rivelò che i manifesti erano opera di Ciarrapico: «Mi ha telefonato e mi ha detto: Hai visto cosa gli ho fatto…». (Beh,buona giornata).

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Popoli e politiche Salute e benessere Società e costume

Scorie di tutti i giorni.

di Marco Ferri – da 3D, inserto di Terra.(pubblicato anche su megachipdue.info)

“Viviamo in un mondo di merda”. Niente di più vero, niente di meno retorico. Ora una giornalista inglese, Rose George, ha sostanziato questa affermazione, facendo la sua personale indagine su come e quanta sostanza organica producano gli umani. In un libro inchiesta che si chiama “ Il grande bisogno”

ci informa di come e quanto sei miliardi di persone si svuotino le viscere tutti i giorni, più o meno in contemporanea, a seconda dei rispettivi fusi orari.

Certo, se sei nato in paese ricco, la fai nella tazza. Se sei nato in paese povero la fai dove capita. La cosa più gustosa (con rispetto parlando) è che l’autrice del libro in questione divide il mondo in due categorie: quelli che si siedono e quelli che si accucciano (dietro un albero, in un vicolo, in mezzo a una strada).

In effetti, bisogna dire che anche “ il grande bisogno” risponde alle leggi del mercato. Se sei nato nel mondo “ricco”, la fai in una tazza di ceramica, hai a disposizione della carta “igienica” per strofinarlo, e magari anche un altro apparato, dotato di acqua calda, per pulire l’origine della nefandezza e un morbido asciugamanino per rendergli l’estremo, confortevole omaggio. Se sei un pezzente, “vai a cacare” dove capita.

La lotta di classe passa anche per la tazza del gabinetto: se sei un operaio, un impiegato, un precario, vai nel bagno comune. Se un quadro, un dirigente hai il tuo WC. Se poi sei il capo, vuoi mettere: una bella seduta confortevole, igienizzata, in una vera stanza da bagno, spaziosa e profumata, ti da il senso del comando: una vera e propria cacata da Re. Senza contare che se sei nato in una metropoli moderna, tiri l’acqua e tutto sparisce. Va nelle fogne. E chi si è visto si è visto. Se sei nato nel momento sbagliato e nel luogo sbagliato, allora sei nella merda fino al collo: l’escremento rimane lì e da li fa danni, all’ambiente, alla salute.

La gente si ammala e magari ci muore di malattie infettive. Perché quella, lei, è proprio stronza: diffonde malattie, peggio di un’arma di distruzione di massa. Certo anche qui il problema è che se sei nato nel mondo dei WC, hai il privilegio di lavarti il sedere con l’acqua potabile. Se sei nato nella parte sbagliata, sei nella merda fino agli occhi: non hai acqua da bere, figuriamoci per fare il bidè.

Per noi occidentali, che la facciamo nella tazza, e a volte la facciamo pure fuori dal vaso, le fogne sono un “luogo non luogo”, da utilizzare come figura retorica: “fascisti, carogne, tornate nelle fogne”, tanto per fare un esempio. Ma per chi si accuccia e la fa quando proprio gli scappa, beh, le fogne sono un miraggio, una conquista sociale, un traguardo del benessere. Anche da noi, d’altro canto, il sistema fognario è spesso la prova provata che il quartiere non è più abusivo: il palazzinaro ha tirato su case, poi arriva il Comune che deve fare strade, allacciare acqua, luce e telefono e, finalmente, fare le fogne.

E’ uno sporco lavoro, certo, ma con un poco di mazzette qualcuno lo deve pur fare. Rimangono tracce di sporco, sbaffate di malaffare, olezzo di corruzione.

Ma così va il mondo. Una volta c’era una scritta, nei bagni di un liceo romano. Così recitava: “Chi col dito il cul si netta, presto in bocca se lo metta, resterà così pulito, carta, culo, muro e dito.”

Ogni riferimento al rapporto tra la cacca e la classe dirigente di questo nostro bel paese è assolutamente intenzionale. Serviva per restare in argomento, senza cambiare discorso. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia

“Se fosse già in vigore la legge proposta dal ministro Alfano sulle intercettazioni, gli italiani nulla saprebbero ancora della casa di Scajola.”

Con la nuova legge neppure una riga. Se la nuova legge fosse già in vigore neanche una riga sulla casa di Scajola, di Luigi Ferrarella -corriere.it

Cosa c’entrano le intercettazioni con il caso Scajola? Niente: alla base della sua vicenda non ci sono microspie, ma solo assegni bancari e dichiarazioni di testimoni, atti peraltro tutti non più coperti da segreto perché depositati al Tribunale del Riesame. Eppure, se fosse già in vigore la legge proposta dal ministro Alfano sulle intercettazioni, gli italiani nulla saprebbero ancora della casa di Scajola. E nulla gli italiani ancora saprebbero perché nulla i giornali avrebbero potuto scriverne in questi 12 giorni, e ancora fino a chissà quanti altri mesi.

Al contrario di quello che i promotori della legge raccontano, e cioè che con essa intendono impedire la pubblicazione selvaggia di intercettazioni segrete, l’attuale testo in discussione alla Commissione Giustizia del Senato vieta, con la scusa delle intercettazioni, la pubblicazione — non solo integrale ma neanche parziale, neanche soltanto nel contenuto, neanche soltanto per riassunto — degli atti d’indagine anche se non più coperti dal segreto, e questo fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza.

In più, aggancia la violazione di questo divieto a un’altra legge già esistente (la 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese per reati commessi dai dipendenti nell’interesse aziendale), e per ogni pubblicazione arbitraria fa così scattare non solo ammende maggiorate per i cronisti (da 2 a 10 mila euro, dunque con oblazione a 5 mila euro), ma soprattutto maxi-sanzioni a carico delle aziende editoriali fino a 465 mila euro a notizia

Per dare un’idea dell’impatto, i quotidiani nazionali, con quello che hanno pubblicato di vero e di più non segreto in questi 12 giorni, rischierebbero già 4/5 milioni di euro, e i loro cronisti oblazioni già per 60 mila euro a testa (sempre che il giudice non ritenga, a motivo della gravità del fatto, di negare l’oblazione e avviare il giornalista a un processo che potrebbe concludersi con la condanna a 2 mesi di arresto per ogni pubblicazione arbitraria).

Il caso di Scajola è ancor più istruttivo perché rivela quanto ipocrita sia il ritornello di chi vuole far discendere dalla sola rilevanza penale la condizione di «scrivibilità» di una vicenda giudiziaria, e dalla sola qualifica di indagato l’unico criterio di interesse pubblico di una notizia.

Il ministro non è indagato dalla Procura di Perugia ed è possibile che nemmeno lo sia in futuro, quindi in base a questo buffo criterio non si dovrebbe scriverne alcunché. Allo stato, anzi, Scajola è un «terzo» estraneo ai fatti di reato contestati invece ad Anemone e Zampolini per il controverso tragitto immobiliare di quegli 80 assegni, e dunque la sua vicenda, misurata su questo singolare parametro, dovrebbe restare esente da attenzioni giornalistiche.

Ma quanto questo sarebbe assurdo l’ha dimostrato indirettamente proprio un importante dirigente del partito di Scajola e di Alfano, il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini, quando poche settimane fa convocò una conferenza stampa per sventolare alcune intercettazioni allegate a una memoria difensiva depositata agli atti e dunque non più segrete, dalle quali a suo avviso emergevano non reati ma indebiti comportamenti di un dirigente del centrosinistra toscano. Iniziativa assolutamente legittima, se l’onorevole Verdini la ritiene valida e se, come ogni giornalista, se ne assume la responsabilità (su veridicità e continenza) rispetto ai già oggi esistenti confini della diffamazione.

Solo che il coordinatore del Pdl dovrebbe andare a farlo presente al ministro della Giustizia, appena approderà in Parlamento la legge che dichiara di voler fermare le intercettazioni selvagge ma in realtà vieta la cronaca. O provare a ricordarlo al presidente del Consiglio quando, come ieri, afferma che in Italia «c’è fin troppa libertà di stampa». (Beh, buona giornata).

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Attualità Leggi e diritto

Dietro la vicenda Scajola potrebbe esserci un “Vaso di Pandora”: un’agenda con mille nomi.

Scajola, dalla lettera anonima spunta un’agenda con “mille nomi”-blitzquotidiano.it

L’intera bufera giudiziaria che ha portato alle dimissioni, ieri, del ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola è partita da un esposto anonimo. Una missiva inviata alla procura di Firenze nei giorni bollenti dell’inchiesta sui “Grandi Eventi”, (gli appalti del G8 e della Maddalena) che portò all’arresto nel febbraio scorso, tra gli altri, di Angelo Balduccci e dell’imprenditore Diego Anemone.

Proprio quella lettera permise ai magistrati di risalire all’ex autista di Balducci, il tunisino Hidri Fathi, interrogato il 25 marzo scorso. Fu lui ad affermare, tra l’altro, di aver consegnato per conto di Anemone, all’architetto Angelo Zampolini (accusato di riciclaggio) 500 mila euro. Gli stessi soldi, trasformati in assegnati circolari che, secondo l’accusa, sarebbero stati consegnati nel 2004 alle venditrici dell’immobile, le sorelle Barbara e Beatrice Papa, a margine dell’atto di acquisto dell’appartamento di Scajola al Colosseo.

L’anonimo raccontata la storia di Fathi in maniera dettagliata. Riporta circostanze precise che avrebbero visto l’ex autista di Balducci protagonista, a volte nei panni di “messo” di buste, documenti, ma anche di assegni. «Il mio amico tunisino – si legge nella lettera inviata alla procura di Firenze – mi raccontava che era stato fortunato ad avere incontrato Balducci. Ascoltava telefonate, partecipava a cene, e poi Balducci gli dava tanti soldi per il lavoro che svolgeva. Il periodo di lavoro in questione è quello del governo Berlusconi».

Dal dossier emerge un vero e proprio sistema gelatinoso di affari, tangenti e appalti pubblici: «Balducci – si legge nella missiva – firmava i progetti che mandava a Pietro Lunardi (ex ministro delle Infrastrutture, n.d.r.). Lunardi approvava e li rimandava a Balducci. Balducci a sua volta dava il lavoro a Diego, il quale aveva costituito dieci società». E ancora: «Con i soldi delle tangenti per anni sono state comprate ville a Cartagine, per poi essere rivendute. E questo denaro, una volta rientrato in Italia veniva reinvestito».

L’anonimo suggerisce perfino agli stessi magistrati di verificare con i loro occhi: «Se mi permettete un suggerimento – si legge – potete andare in Tunisia, a Cartagine, e vedere che le ville comprate venivano intestate all’autista di Balducci per poi essere rivendute dopo tre anni. Dove sono stati investiti quei soldi? Appartamenti a Parigi e nei centri storici di Milano e Roma». «Mi permetto di darle 3 consigli: verificare la causa a Roma tra Diego e Fathi, chiedere a Balducci delle ville intestate al tunisino a Cartagine; rintracciare l’autista di Balducci e chiedere dell’agenda con i mille nomi». Sarebbe questa la vera gallina dalle uova d’oro per i magistrati che stanno cercando di rintracciare tutti i nomi coinvolti nella vicenda. L’agenda, promette il mittente, è in grado di scuotere il Palazzo. E di far tremare ancora una volta il centrodestra.

Un’altra inchiesta partita da Roma si incrocia con le indagini delle Procure di Firenze e Perugia sulla “cricca” dei Grandi Eventi. Percorrendo strade diverse, Roma e Firenze si sono trovate a indagare sugli stessi obiettivi anche se il filone romano verterebbe sul business dell’eolico. Nel mirino dei magistrati spuntano altri 10 nomi di parlamentari “eccellenti”. Tutti finiti, a quanto pare, nel grande intreccio di affari e tangenti.

L’indagine, parallela a quella nella quale sono stati coinvolti e arrestati Balducci, Rinaldi, De Santis e l’imprenditore Diego Anemone, vede coinvolti altri deputati e senatori, che hanno chiesto e ottenuto l’aiuto di Denis Verdini su intercessione del senatore Marcello Dell’Utri, il cui nome è più volte spuntato nelle intercettazioni telefoniche della Procura di Roma. Oltre a Dell’Utri e Verdini, dalla intercettazioni spuntano i riferimenti diretti e indiretti che portano a Claudio Scajola, al suo fedelissimo, deputato Ignazio Abrignani, al presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci. C’è anche il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, e tantissimi altri esponenti del centrodestra nonché funzionari e dirigenti del ministero di via Arenula. (Beh, buona giornata).

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democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Oggi, in una conferenza stampa ufficiale, rispondendo alla domanda di un giornalista, il Presidente del consiglio dei ministri ha detto che “in Italia, di libertà di stampa ce n’è fin troppa”.

Ma davvero “ce n’è fin troppa” di libertà di stampa in Italia-di Mimmo Càndito-lastampa.it

Oggi, in una conferenza stampa ufficiale, rispondendo alla domanda di un giornalista, il Presidente del consiglio dei ministri ha detto con qualche tono di sprezzo che “in Italia, di libertà di stampa ce n’è fin troppa”.

Non è davvero la prima volta che B esprime simili opinioni, che hanno un suono minaccioso, e certamente non sono rispettosi del ruolo di un capo di governo di un paese democratico. E mi rendo conto che si rischia ancora una volta di riproporre un tema di dibattito nel quale gli umori di pancia troppo spesso prevalgono sulle ragioni di una riflessione critica.

Ma la dichiarazione è troppo violenta perché io non debba consegnarla alla vostra attenzione. La commento con una nota che ho trasmesso alle agenzie di stampa a nome di Reporters Sans Frontières, di cui – come alcuni di voi sanno – sono presidente della sezione italiana. Il testo dice:

“Quanto dichiara il Presidente del consiglio, sulla “troppa libertà di stampa in Italia”, suona amaramente come una di quelle minacciose dichiarazioni che erano pratica di governo di certi poteri che venivano definiti “latinoamericani”. Reporters sans Frontières classifica l’Italia al 49.mo posto nella classifica mondiale sulla libertà di manifestazione del pensiero, ultima tra i paesi di democrazia avanzata: la colpa di questa delusa classificazione sta nelle anomalie del nostro sistema mediatico, che certamente non cancella la libertà dei massmedia ma ne condiziona drammaticamente l’esercizio, nel settore privato quanto in quello pubblico.

Giornalisti epurati se dissenzienti, giornalisti premiati se servili, attacchi agli spazi di investigazione, normative penalizzanti del lavoro di cronaca politica, minacce continue contro le voci che denunciano un clima di pesante riduzione al conformismo, mistificazione spudorata della realtà, utilizzo spregiudicato del conflitto di interessi: altro che “troppa libertà”, si va instaurando una cultura dell’esercizio intollerante del potere che viene fatto passare come legittimo uso del voto popolare.

Che è invece un tradimento dell’art.1 della Costituzione italiana, che riconosce “la sovranità del popolo” ma ne condiziona la forza e la vigenza “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Difendere la Costituzione nella integrità del suo dettato deve essere – dovrebbe essere – il dovere solennemente giurato di un governo rispettoso del valore del giudizio critico che la stampa esercita senz’altri limiti che quelli della legge, La libertà di stampa non è mai troppa, in una democrazia: ne difende le ragioni e la stessa identità di sistema”. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Leggi e diritto

Scajola va a casa (quella con vista sul Colosseo?).

Claudio Scajola si è dimesso dalla carica di ministro dello Sviluppo economico. Travolto dalla vicenda della compravendita, con presunti fondi neri, di una casa al Colosseo il ministro dello Sviluppo economico ha annunciato la rinuncia all’incarico di governo. “Per difendermi”, ha detto in conferenza stampa, “non posso continuare a fare il ministro come ho fatto in questi due anni”.

Nonostante l’esortazione a difendersi col coltello tre i denti, impartitagli da Berlusconi, alla fine la sua posizione è diventata insostenibile, costringendolo ad anticipare il rientro dalla Tunisia e a convocare i giornalisti per annunciare il passo indietro. “Da dieci giorni sono vittima di una campagna mediatica senza precedenti”, ha detto ancora. “Vivo una grande sofferenza”.

L’ex ministro ha comunque ribadito la sua estraneità ai fatti che gli vengono contestati: “Non potrei mai abitare in una casa comprata con i soldi di altri”, ha affermato. “Se dovessi acclarare che la mia abitazione fosse stata pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l’interesse, i miei legali eserciterebbero le azioni necessarie per l’annullamento del contratto”. Affermazione strampalata (si è mai visto uno che compra una casa senza sapere di chi sono i soldi con cui l’ha comprata?), che suona comunque come una vera e propria ammissione.

Scajola resterà comunque a Roma, visto che le sue dimissioni riguardano il Governo, ma non il Parlamento, dove continuerà a sedere come deputato nelle fila del Pdl. A proposito di Pdl: non è che qualcuno gli chiede anche le dimissioni da parlamentare della Repubblica? Sarebbe un atto dovuto, ma c’è da sperarci poco.

Un’ultima domanda, questa volta diretta al presidente del Consiglio dei Ministri, nonché capo del partito di maggiornanza: scusi, che fine ha fatto l’annunciato disegno di legge contro la corruzione politica? Beh, buona giornata.

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democrazia Leggi e diritto Popoli e politiche

Armi nucleari in Italia? Dove? Quante? Possiamo saperlo, signor Presidente del Consiglio dei Ministri?

Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad nel suo intervento durante la conferenza per la revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) al Palazzo di Vetro dell’Onu a New York si è scagliato contro i Paesi che detengono armi nucleari, chiedendo che vengano dismesse. “Vanno smantellate le armi nucleari nelle basi militari degli Stati Uniti e dei loro alleati in altri Paesi, compresa la Germania, l’Italia, il Giappone e l’Olanda”, ha detto il presidente iraniano, mentre per protesta le delegazioni dei Paesi occidentali, Italia compresa, abbandonavano la sala. Beh, buona giornata.

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Attualità Popoli e politiche Società e costume

La Sindone esposta in questi giorni a Torino è un falso. Perché nel Terzo Millennio la fede cattolica ha bisogno di venerare relique e insistere ancora sugli aspetti feticistici e superstiziosi di questa come di tante altre «devozioni popolari»?

di Paolo Flores d’Arcais, da MicroMega 4/2010, in edicola

La Sindone esposta in questi giorni a Torino è un falso. O meglio, è un vero telo di lino di produzione medioevale, ed è vero – al di là di ogni ragionevole dubbio – che non ha nulla, ma proprio nulla a che fare con il corpo di un profeta ebraico itinerante in Galilea ai tempi dell’imperatore Tiberio, morto per crocefissione a Gerusalemme sotto l’imputazione di lesa maestà all’impero romano. (….) Eppure, basterebbe confrontare quanto sappiamo dalla lettura critica dei vangeli sulla sepoltura di Gesù, per escludere che la Sindone di Torino abbia qualcosa a che fare con il suo corpo.

Basterebbe confrontare quanto ricaviamo dalle sepolture ebraiche di quell’epoca per giungere ad analoga esclusione.

Basterebbe prendere atto che quando in epoca medioevale la Sindone compare per la prima volta, il primo vescovo che se ne occupa la presenta esplicitamente e tassativamente come un artefatto di un artista dell’epoca (dando perfino ad intendere che sia noto il «chi»). Basterebbe prendere atto che l’analisi del tessuto, delle fibre, della lavorazione, esclude che il telo sia collocabile per la sua produzione nella Palestina dell’occupazione romana, e affermi che le sue caratteristiche coincidono invece con i manufatti medioevali.

Basterebbe prendere atto che l’impronta di un volto umano avvolto in un lenzuolo, una volta che il lenzuolo venga steso, ha una larghezza pressoché doppia di quella della Sindone – è il noto effetto della maschera di Agamennone, che ciascuno può riprodurre con se stesso – e che lo stesso effetto di «dilatazione» dell’immagine, benché in misura minore, dovrebbe aversi anche per il resto del corpo.

Basterebbe riconoscere che i rivoli di sangue (presunto sangue) avrebbero dovuto colare in direzioni completamente diverse, e del tutto diversi dovrebbero essere i segni (presunti) della flagellazione. Basterebbe prendere atto che la prova regina per ogni datazione di reperto archeologico, quella del carbonio 14, affidata dalla curia di Torino a tre laboratori internazionali di sua scelta, ha dato unanime e inequivocabile risultato: epoca medioevale, tra metà del Duecento e metà del Trecento.

Basterebbe prendere atto che tutti i tentativi per rimettere in discussione questi risultati, scoprendo pollini o monete ad hoc, sono stati tutti ridicolizzati da riscontri critici attenti e circostanziati (che il lettore paziente potrà trovare in questo volume).

Basterebbe non dimenticare che la fede non dovrebbe aver bisogno di reliquie, come non smise mai di sottolineare la Riforma, che stigmatizzava il carattere feticistico e superstizioso di questa come di tante altre «devozioni popolari».

Basterebbe infine ricordare che fu il cardinal Ballestrero, arcivescovo di Torino, a riconoscere che l’esame al carbonio 14 segnava la parola fine ad ogni disputa e doveva essere accettata da tutti i credenti. Ma tutte queste evidenze, ciascuna delle quali già da sé risolutiva, non serviranno a nulla.

Chi oggi vive nell’Italia di Berlusconi e Ratzinger non vive in un paese dell’Europa moderna, tale perché ha metabolizzato tre secoli successivi all’illuminismo, ma in un luogo geostoricamente oscuro e indefinibile, dove l’unica cosa certa è che il modello di razionalità e di scienza, quando va bene, è un’incredibile trasmissione di superstizioni chiamata Voyager, mentre l’accertamento dei fatti, lo spirito critico, l’uso della logica, sono additati urbi et orbi come il nemico e il male da cui libera nos. Amen. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Il ministro Scajola e la casa con “vista Colosseo”.

“180 metri quadri a 600mila euro con vista sul Colosseo per qualsiasi romano che cerca casa o paga l’affitto è un qualcosa di surreale”. Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma dixit. Beh, buona giornata.

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Attualità Finanza - Economia - Lavoro Lavoro

Il Federalismo della disoccupazione giovanile.

(fonte: ilmessaggero.it)
Nel 2009 in sei Regioni il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni è risultato superiore al 30%: in Sardegna è al 44,7%, in Sicilia al 38,5%, in Basilicata al 38,3%, in Campania al 38,1%, in Puglia al 32,6%, in Calabria al 31,8% e nel Lazio al 30,6%. Sul versante opposto le Regioni con la disoccupazione più bassa sono la Toscana con il 17,8%, la Valle d’Aosta con il 17,5%, il Veneto con il 14,4% e il Trentino-Alto Adige con il 10,1%.

A scattare la fotografia sulla disoccupazione giovanile è la Confartigianato nelle elaborazioni flash appena pubblicate e che vede il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) arrivato a marzo 2010 al picco del 27,7%, 2,9 punti percentuali in più rispetto ad un anno prima. Se si prende a riferimento il tasso di occupazione, in otto regioni si riscontra un tasso inferiore al 20%: i valori più bassi in Campania (12,9%), seguita dalla Calabria (13,4%), la Basilicata (13,6%), la Sicilia (14,2%), la Sardegna (15,5%), il Molise (17,7%), l’Abruzzo e la Puglia (18,4%).

I tassi di occupazione più alti Confartigianato li registria in Valle d’Aosta con il 27,8%, in Emilia-Romagna con il 28,1%, in Lombardia con il 28,8%, in Veneto con il 30,2% e in Trentino-Alto Adige con 34,2%. La più bassa occupazione dei giovani tra 15 e 24 anni in Campania con il 12,9%, in Calabria con il 13,4%, Basilicata con 13,6%, Sicilia con 14,2% e Sardegna con il 15,5%.
(Beh, buona giornata).

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Attualità

La Russa, il ministro repubblichino della repubblica di Arcore rinnega Fini.

(da repubblica.it)
“Fini ha sbagliato? Non ci interessa dire chi ha ragione e chi ha sbagliato: dico che personalmente con grande sacrificio e amarezza ho dovuto rilevare che fosse giusta una strada diversa, quella di rimanere nel Pdl”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, nel corso di un convegno a Milano sul tema “la nostra destra nel Pdl”, dove ha riunito di quadri della parte ex An del Pdl.

“La strada – ha detto La Russa – è di far crescere il Pdl, di migliorarlo, e di non aprire una crisi che fa piacere solo alla sinistra in un momento in cui vinciamo tutte le elezioni, in un momento in cui stiamo costruendo un partito nuovo che Fini e Berlusconi hanno voluto insieme”. La Russa ha spiegato di auspicare un destra “rispettosa della nostra storia, della cultura e della nostra tradizione, ma nel contempo una destra che sa interpretare anche la realtà di oggi, quindi una destra moderna come quella che abbiamo voluto a Fiuggi. Ma un destra che non rifugga dalla sensibilità che gli uomini di destra hanno sempre portato nella politica”.

Alla domanda se ci fosse febbre nel Pdl, La Russa ha risposto: “Non c’è febbre, c’è solo un po’ di amarezza almeno da parte nostra, da parte di chi ha una storia in An perché quello che è successo poteva facilmente essere evitato. Non c’erano ragioni profonde, non si viene da una sconfitta, anzi si viene da una innumerevole serie di successi elettorali, da un solo anno di vita del Pdl. Credo che se non ci fosse stato lo spauracchio, l’annuncio da parte di Fini di voler creare gruppi autonomi e quindi di aprire la strada alla secessione si sarebbe potuto arrivare a soluzioni completamente diverse e noi stessi avremmo assunto atteggiamenti diversi”. Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Leggi e diritto Popoli e politiche

Come si dice in lingua greca “come mai sempre in culo agli operai”?

Luce verde di Bruxelles agli aiuti alla Grecia, che oggi ha presentato un piano «solido e credibile» per la Ue ma drastico per i cittadini e soprattutto per i lavoratori del settore pubblico che si vedranno tagliare indennità, 13ma e 14ma mensilità e congelare stipendi e pensioni.

Non ci saranno tagli salariali per il settore privato, ma saranno ridotti straordinari e indennità di licenziamento e resa più elastica la possibilità di mandare a casa i lavoratori. Il Paese è chiamato a fare «grandi sacrifici» per «evitare la bancarotta», ha detto oggi il premier greco Giorgio Papandreou, annunciando l’accordo tra governo, Commissione Ue, Bce e Fmi sul programma pluriennale di risanamento dei conti che farà guadagnare ad Atene gli aiuti della zona euro e del Fondo monetario, sotto forma di prestiti bilaterali.

L’ammontare degli aiuti – che per il ministro francese dell’Economia Christine Lagarde sarà tra i 100 e i 120 miliardi di euro su tre anni – sarà annunciato oggi a Bruxelles nella riunione straordinaria dell’Eurogruppo dedicata all’attivazione del meccanismo di aiuti per Atene. Secondo il piano di austerity che ha presentato oggi il ministro delle finanze Giorgio Papaconstantinou, l’Iva sarà aumentata del 2% e arriverà fino al 23%. Saliranno poi del 10% le tasse su carburanti, alcolici e sigarette e aumenteranno anche quelle sui beni di lusso e sulle lotterie. In tutto, il governo prevede di risparmiare 30 miliardi di euro fino al 2012 – oltre i 4,8 miliardi già annunciati per il 2010 – e di ridurre il deficit dall’attuale 14% sotto il 3% del Pil entro il 2014.

Per la Commissione Ue, il piano di rigore che non ha precedenti in Eurolandia è «solido e credibile» e gli aiuti sono «decisivi per la stabilità della zona euro». Perciò il presidente della Commissione, Josè Manuel Barroso, ha chiesto ai ministri di attivare il meccanismo di prestiti, che per Papandreou salveranno il Paese dalla bancarotta. Si tratta, per il ministro delle Finanze greco, della cifra più alta mai concessa ad un Paese, che proteggerà Atene dall’esposizione sui mercati fino al 2012. L’accordo, ha spiegato Papandreou, comporterà «grandi sacrifici» per i greci. «Si tratta di sacrifici duri ma necessari, senza i quali la Grecia farebbe fallimento», e «evitare la bancarotta è la linea rossa» che il governo non vuole oltrepassare, ha aggiunto il premier socialista.
(Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Finanza - Economia - Lavoro Leggi e diritto

Artefice della crisi greca è una classe politica poco seria e una delle banche d’affari più famose al mondo: Goldman Sachs. Investitori e cittadini vengono frodati da chi dovrebbe proteggerli e nessuno se ne accorge perché è facile muoversi sotto il radar dei controlli finanziari.

di Loretta Napoleoni-www.caffe.ch/news/firme/47284.

Finanza ed economia sono invischiate in una singolare catena di Sant’Antonio. Percorriamola a ritroso. Questa settimana la Grecia, che da un mese é sull’orlo della bancarotta, ha chiesto aiuto al Fondo Monetario. Ha un buco finanziario di 300 miliardi di euro. Sembra una storia degli anni ‘70 quando il FMI era l’autoambulanza delle agonizzanti economie occidentali colpite dall’epilessia energetica.

Artefice della crisi greca é una classe politica poco seria e una delle banche d’affari più famose al mondo: Goldman Sachs che in cambio di lauti compensi ha manipolato i conti dello stato facendoli apparire molto più solidi di quello che erano. L’equivalente insomma del falso in bilancio di un’impresa. Eppure per decenni questa banca ha fornito al Tesoro americano spavaldi ministri delle finanze, gente che ha svolto anche e sopratutto un’attivita’ di controllo e regolamentazione del sistema finanziario.

La scorsa settimana la Sec, la Security and Exchange Commission statunitense, ha accusato Goldman Sachs di frode nei confronti di altri clienti, l’accusa e’ di essersi approffittata dei propri clienti nella formazione e vendita di un fondo di mutui spazzatura americani con la complicità di un grosso hedge fund di Wall Street.

A gennaio uno studio di avvocati di Pasadena, in California, ha citato in giudizio per frode 5 membri della Sec. Tra il 2004 ed il 2007 avrebbbero archiettato vendite di azioni fittizie utilizzando una società finanziaria canadese per un valore di quasi 3 miliardi di dollari.

Se volessimo potremmo continuare il nostro viaggio a ritroso, ma bastano questi fatti per farci capire che il problema attuale dell’economia e della finanza occidentale é il sistema di controllo. Ebbene il presidente Obama questa settimana ha presentato il tanto atteso programma di riforma finanziaria, peccato che non aiuti a riparare questa falla.

Investitori e cittadini vengono frodati da chi dovrebbe proteggerli e nessuno se ne accorge perché é facile muoversi sotto il radar dei controlli finanziario. Esistono troppi organi preposti tutti con poteri limitati, nessuno ha dunque una visione di grand’angolo e nessuno ha le risorse per fare bene il suo lavoro. Il presidente Obama vorrebbe allargare il numero dei controllori, propone addirittura di un organo gestito dai consumatori all’interno della Riserva federale con i poteri di regolarne i prestiti alle banche. Perché non razionalizzare invece l’intero sistema e creare un’unica e potentissima istituzione? Perche’ per far passare la riforma finanziaria Obama ha bisogno dell’approvazione del Congresso dove non ha una maggioranza schiacciante. E la sua riforma piace poco.

Difficle dunque mettere fuori legge la catena di Sant’Antonio della finanza globalizzata. La limitazione che il presidente vorrebbe imporre alle banche, e cioé l’obbligo di giocarsi in borsa soltanto i soldi propri o quelli dei clienti consenzienti, sarebbe auspicabile ma bisognerebbe verificare come questo consenso viene raggiunto. Anche il contenimento dell’investimento bancario negli hedge funds e nelle società di private equities necessita di un controllo statale capillare Persino che al momento non é possibile. Persino il contenimento dell’attività dei i lobbisti, i grandi burattinai di Washington, ha bisogno di un rigido sistema di controllo. Ma concepire un organo in grado di ‘spiare’ il comportamento dei membri del Congresso sarebbe inconcepibile in America. Il problema quindi persiste: chi controlla i controllori? (Beh, buona giornata).

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Attualità Leggi e diritto

Il caso del Ministro Scajola e dell’ex ministro Lunardi: non è al Capo del Governo, né ai giornali che bisogna dichiararsi innocenti. Ma ai magistrati che indagano.

Scandalo Protezione civile, inchiesta G8. il profumo velenoso di Anemone avvolge i ministri Scajola e Lunardi-blitzquotiano.it

Dall’inchiesta sugli appalti del G8 in Sardegna i miasmi hanno ripreso a diffondersi, le spire del veleno hanno cominciato a sfiorare personaggi di primo livello, due ministri o ex di governi Berlusconi sono stati nominati, Claudio Scajola e Pietro Lunardi.

L’elemento di connessione è l’imprenditore Diego Anemone, intrinseco a molte delle grandi opere realizzate in nome e per conto della Protezione civile. Un nome di fiore, quello del costruttore, ma un fiore dal quale sembra emanare un profumo che avvelena tutto e porta nel fango se non in carcere funzionari pubblici (Angelo Balducci e la “cricca”), http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/inchiesta-g8-corruzione-anemone-toro-351414/#mce_temp_url# e ora ministri.

Anche se viene da chiedersi perché queste indiscrezioni escano proprio in questo momento, quando si delineano conflitti di competenze fra le diverse procure della Repubblica interessate all’inchiesta, resta ormai fuori discussione che la gestione dei cosiddetti grandi eventi affidata alla Protezione civile come si trattasse di una emergenza nazionale, fuori da ogni minima e a volte anche inutile procedura di controllo da parte di altre strutture dello Stato si è rivelata il terreno in cui sono cresciute le piante della corruzione e dell’illecito.

Le cronache di questi giorni ne danno la conferma e questo a prescindere dai singoli casi di individuale responsabilità. Quel che si sa viene dalla pubblica accusa e tutti sanno che spesso, una volta che si arrivi a un’aula di giustizia, le accuse non reggono più e i fatti formali possono prevalere sulla sostanza.

Ma la Protezione civile deve essere riformata, le procedure cambiate, la proterva arroganza del potere che ha portato a questo va quanto meno contenuta.
(Beh, buona giornata).

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democrazia Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Freedom House: in Italia la televisione fa molto male all’informazione.

Giornalismo, rapporto Usa: solo grazie a giornali e internet in Italia informazione parzialmente libera: colpa della tv-blitzquotidiano.it

L’informazione italiana continua a essere “parzialmente libera” anche se i giornali stampati e internet sono totalmente liberi, a causa della pesante concentrazione nel campo della tv e la crescente interferenza da parte del governo nelle scelte editoriali del servizio pubblico televisivo. Lo afferma il rapporto annuale di Freedom House, un’organizzazione americana che monitora sin dal 1980 la libertà di stampa a livello mondiale.

Si tratta di un giudizio che fa della tv il centro dell’informazione di un paese e non dà il giusto peso che hanno i giornali e in misura crescente i siti internet nella informazione della opinione pubblica. I giornali in Italia sono liberi, ognuno può scrivere quello che vuole anche se nessun giornale ospiterebbe stabilmente articoli di collaboratori di tendenza contraria a quella del giornale stesso.

Questo vale per tutti i giornali, anche quelli che si sostengono unici difensori della libertà di stampa, ed è anche codificato dalla gurisprudenza e dal contratto di laovro nazionale dei giornalisti. Difficilmente un giornalista di destra potrà lavorare secondo le sue idee in un giornale di sinistra e viceversa.

Oggi comunque, grazie alla moltiplicazione delle fonti di informazione e alla caduta delle barriere d’accesso dovute a internet, è possibile formarsi una opinione abbastanza ampia su ogni evento.

Per quanto riguarda la tv, non era necessario che ce lo dicessero gli americani, perché lo sapevamo da noi, comunque, secondo il rapporto, il nostro Paese resta la nazione con il più alto tasso di concentrazione dei mezzi di comunicazione tra quelle dell’Europa occidentale e questo appunto è dovuto al fatto che una sola persona, Silvio Berlusconi, controlla direttamente, con Mediaset, tre delle dodici reti tv nazionali e, almeno temporaneamente, in quanto capo del governo, due delle tre reti e due dei tre tg della Rai.

Ancor più sbilanciata appare la situazione in campo televisivo se si considera che tra Rai e Mediaset occupano il 90% dell’audience e della pubblicità televisiva.

Come l’Italia, per quanto riguarda la libertà di stampa, in Europa, ci sono solo i paesi balcanici e quelli dell’Est, come Croazia, Bosnia, Serbia, Montenegro, Macedonia, Bulgaria e Romania. (Beh, buona giornata).

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Lavoro Leggi e diritto

Morire sul lavoro il Primo Maggio è il tragico emblema di come in Italia si trattano i lavoratori.

Incidente mortale sul posto di lavoro il Primo maggio. La tragedia è avvenuta in una azienda agricola di Alberese (Grosseto) dove un operaio, Lucio Rossi, di 33 anni residente a Rispescia, è morto mentre stava lavorando su una macchina che raccoglie il fieno e lo compatta in covoni cilindrici (rotoballe). Le cause dell’incidente sono ancora da chiarire. La procura di Grosseto ha aperto un’inchiesta e ha disposto l’autopsia.

L’operaio non era un dipendente dell’azienda ma della cooperativa di servizi “Il Sordino”. Era uscito di casa alle 14 per prendere servizio. Durante il lavoro, secondo quanto appreso, è rimasto intrappolato all’interno della macchina e il suo corpo è stato ritrovato proprio all’interno di una rotoballa. Sulla vicenda indagano i carabinieri di Alberese. Sul posto è intervenuta anche la Medicina del lavoro. La macchina è stata posta sotto sequestro.

La vittima lascia la moglie e un bimbo di sette anni. Morire sul lavoro il Primo Maggio è il tragico emblema di come in Italia si trattano i lavoratori. (Beh, buona giornata).

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Attualità Leggi e diritto Popoli e politiche Società e costume

Un esempio di rara tempestività della Chiesa cattolica contro la pedofilia: il Papa condanna i comportamenti del Capo dei Legionari di Cristo. L’accusato non commenta: è morto due anni fa.

“I gravissimi e obiettivamente immorali comportamenti” di padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, “confermati da testimonianze incontrovertibili si configurano, talora, in veri delitti e manifestano una vita priva di scrupoli e di autentico sentimento religioso”.

Lo afferma il comunicato della Santa Sede diffuso al termine delle riunioni in Vaticano.. Papa Benedetto XVI – informa il comunicato del Vaticano – si appresta a nominare un suo delegato e si “è riservato di indicare” le modalità di un “accompagnamento” dei Legionari di Cristo nel profondo processo di revisione.

Padre Degollado, morto nel 2008, è stato accusato di pedofilia, abusi sessuali e tossicodipendenza. Gli si attribuiscono inoltre relazioni con diverse donne; da una donna messicana ebbe una figlia, ma altre donne avviarono cause di riconoscimento della paternità, si ritiene che ebbe almeno due mogli e tre figli. Le prime accuse nei confronti del sacerdote risalgono al 1948.

Sessantanni di porcherie, e una condanna due anni dopo la morte. Una tempestività che lascia davvero senza fiato. Beh, buona giornata.

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