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Perché Scajola non va davanti ai giudici? E’ persona informata sui fatti o è iscritto nel registro degli indagati?

(fonte: Rai News 24,Agenzia Asca, repubblica.it)

”E’ grave e avvilente e comunque poco comprensibile che un uomo delle istituzioni adotti una linea di difesa che lo porta a sottrarsi ad un chiarimento della propria posizione di fronte all’autorita’ giudiziaria”.

Cosi’ la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti commenta la decisione dell’ex ministro Claudio Scajola di non presentarsi’ all’audizione fissata per il 14 maggio davanti ai pm di Perugia.

”E’ una scelta opinabile, perche’ chi non ha nulla da nascondere non ha paura di raccontare la verita’ dei fatti nelle sedi proprie e non soltanto nelle trasmissioni televisive”.

Infatti, Claudio Scajola non andrà dai pm a Perugia. L’ex ministro dello Sviluppo economico non si presenterà all’audizione fissata per venerdì nell’ambito dell’indagine sugli appalti per i “grandi eventi”. Secondo il suo legale, Giorgio Perroni, in base alle notizie sull’inchiesta apparse in questi giorni sui giornali l’esponente del Pdl verrebbe sentito “solo formalmente” come persona informata sui fatti. Per questo la deposizione di Scajola avverrebbe “senza il rispetto delle garanzie difensive previste”. Questo ragionamento porta l’avvocato a definire “scorretta” la convocazione. Inoltre ad essere competente dovrebbe essere Roma e non la procura perugina.

“Un testimone e’ obbligato a presentarsi davanti al magistrato altrimenti lo vanno a prendere i carabinieri. Se uno non va e fa parlare il suo avvocato c’e’ solo una spiegazione logica: l’ex ministro Scajola e’ indagato”.
Antonio Di Pietro “rispolvera” il suo ruolo di ex magistrato per “interpretare “durante la trasmissione ‘Otto e mezzo’ su La7 quanto e’ accaduto e cioe’ che l’ex ministro non andra’ il 14 maggio a Perugia.
“Scajola ci sta dicendo, non c’e’ altra spiegazione, che lui e’ indagato. Ecco perche’ parla il suo avvocato. Questa e’ la lettura vera che do di questa vicenda.
Non si presenta, e questa e’ una possibilita’ che ha solo un indagato”. (Beh, buona giornata).

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“Guido Bertolaso si sente sopra le cose, gli uomini e forse anche Dio e parla con una arroganza e una insolenza che non sono certo proprie di un gran servitore dello Stato come lui vuole farsi credere.”

Bertolaso, uno che si vede sopra le cose, gli uomini e anche Dio, di Marco Benedetto-blitzquotidiano.it

Berlusconi ne ha fatto un eroe e avrà le sue buone ragioni. La sinistra, dal Pd a Legambiente, lo guarda con indulgenza e ha certamente molte buone ragioni. Il Papa lo ha santificato da vivo e ha le sue buone ragioni.

Per questo Guido Bertolaso si sente sopra le cose, gli uomini e forse anche Dio e parla con una arroganza e una insolenza che non sono certo proprie di un gran servitore dello Stato come lui vuole farsi credere.

Certo ha servito tutti i governi che si sono alternati in Italia da quando è stato messo a capo della Protezione civile e lo ha fatto con precisione e senza badare a spese. Non aveva da badare alle spese, perché Bertolaso ha poteri che nessuno in Italia ha. Di qualsiasi cosa Bertolaso si occupi, non deve guardare ai limiti che le leggi mettono ai comuni cittadini e nemmeno ai massimi funzionari della pubblica amministrazione. Quanto ai soldi, poi, basta chiedere e gli stanziamenti per le spese fuori budget arrivano.

Sembra però che nessuno si sia mai preso la briga di rilevare come tutta la sua bravura dipenda da questa sua condizione speciale e unica. I giornali ne hanno fatto un eroe e, se non fosse che devono registrare le notizie che vengono dal fronte giudiziario, non si perdono molto nell’esame critico di quel che dice e di quel che si attribuisce.

Appare quasi che nel caso di Bertolaso i giornali più che mai abdichino alla loro conclamata funzione di controllori del pubblico agire e deleghino il ruolo alle Procure della Repubblica, non tenendo conto di una importante differenza, che la magistratura deve giudicare solo secondo il codice penale, mentre i giornali devono giudicare in base a molte regole: del buon senso, della affidabilità, della credibilità politica, dell’etica anche quando non viola alcuna legge penale. Non a caso Berlusconi, che si dichiara eterna vittima di persecuzione giudiziaria, ha scaricato il ministro Claudio Scajola: finora Scajola non è accusato di nulla, ma giustamente Berlusconi non perdona la figura fatta.

Bertolaso, lo si è visto in più di un’occasione, è bravissimo nelle pr e in genere è senza pudori nello spararle anche grosse. Qualche esempio alla rinfusa.

Ricostruisce l’Aquila dopo il terremoto e lo fa letteralmente, come facevano gli antichi: sposta la città un po’ più in là, lasciando le macerie al loro destino.

Guida un dipartimento della pubblica amministrazione dove i carabinieri fanno una retata tra funzionari, imprenditori e non si sa ancora dove arriveranno e lui dice che non si è accorto di nulla. Peccato che in una intercettazione dica al suo braccio destro Angelo Balducci: “Il capo sono io e decido tutto io”. E ancora non ci ha spiegato perché voleva decidere tutto lui a proposito della assegnazione della Maddalena a prezzo stracciati a Emma Marcegaglia, aggressiva presidentessa della Confindustria. Forse agiva per conto di Berlusconi?

Scarica tutti, getta schizzi su tutti. Nella conferenza stampa del 7 maggio, fa pesanti allusioni a colleghi che lavorarono a pochi metri da lui: “Non sono mai stato ospite in alberghi di nessuno”.

Tiene la conferenza stampa a Palazzo Chigi, appoggiando il suo insopportabile maglione al podio su cui domina il marchio “Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Berlusconi non se lo è mai pernesso, ha sempre distinto il suo ruolo di presidente del Consiglio da quello di imputato e per parlare dei suoi fatti ha usato tribune diverse dal suo ufficio.

Di Balducci dice: “Come potevo pensare che fosse quello che dite? Ho preso il presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, cioè il top”. Sembra un capo d’azienda che dica: dovevo coprire un buco nell’organigramma e ho preso, a scatola chiusa, il meglio sul mercato. Peccato che il percorso seguito sia stato meno schematico e Balducci abbia intrecciato incarichi di Ministero con cariche di commissario straordinario per oltre dieci anni e la sua carriera si sia intersecata con quella di Bertolaso almeno fino dai tempi del Giubileo, almeno dal 1999.

Di Diego Anemone, l’imprenditore edile alla radice dello scandalo che ha travolto la Protezione Civile, dice: lo conosco per doveri d’ufficio, ma non l’ho mai frequentato. Peccato che poi vada alle dieci di sera, al centro sportivo di proprietà del figlio di Balducci e ristrutturato da Anemone, per farsi fare dei massaggi da una tal Monica, una brasiliana che a tante altre cose fa pensare. Bertolaso nega e nessuno ha elementi per smentirlo.

A suo onore, o forse a onore del suo istinto di sopravvivenza, evita una festa che Anemone e soci gli hanno organizzato al centro Salaria con un po’ di ragazze. Bertolaso dà buca all’ultimo momento: ma perché quelli si sono sentiti autorizzati a festeggiarlo?

Va a Haiti, senza che nessuno lo abbia chiamato, e dice che l’esercito americano non è all’altezza, facendosi insultare pubblicamente e con ragione da Hillary Clinton che definisce le parole di Bertolaso chiacchiere da bar sport.

Passa qualche mese e si vendica. In conferenza stampa, il 7 maggio dice: ieri mi ha chiamato Bill Clinton [marito di Hillary] per farmi i complimenti per quel che l’Italia ha fatto a Haiti e io volevo fargli una battuta: “io e lei abbiamo un problema che ha lo stesso nome, Monica”, ma poi ho desistito perché io con Monica non ho avuto problemi reali, lui probabilmente qualche problemuccio ce lo ha avuto.

Pregasi notare la poca eleganza di uno che parla con l’ex presidente degli Stati Uniti e dice “io e lei”, pregasi notare la pesante allusione alle corna, peraltro coraggiosamente e dignitosamente portate da Hillary, pregasi notare che Clinton chiama Bertolaso.

Viene in mente quel giornalista napoletano invitato a cena da Bob Geldof, quando suona il telefonino del cantante filantropo. “Era Clinton, voleva sapere del concerto”.

Bertolaso la battuta non la fa, ma all’ambasciata americana a Roma i giornali li leggono e deve essere successo un piccolo finimondo se di sabato mattina il ministro degli Esteri Franco Frattini, di solito rigido nel suo cerimoniale e mite nell’approccio perfino con pirati e terroristi, è stato costretto a dire: Bertolaso chi?

Ma perché, con tutta l’eleganza che le circostanze e la decenza richiedono, non mettono Bertolaso in condizioni di non nuocere? Ci guadagnerebbero l’Italia, il Governo, Berlusconi. Invece lo faranno ministro. Un’idea: perché non al posto di Scajola? Con tutti i poteri del commissario straordinario di tutto, ovviamente. (Beh, buona giornata).

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Attualità Leggi e diritto

Il caso del Ministro Scajola e dell’ex ministro Lunardi: non è al Capo del Governo, né ai giornali che bisogna dichiararsi innocenti. Ma ai magistrati che indagano.

Scandalo Protezione civile, inchiesta G8. il profumo velenoso di Anemone avvolge i ministri Scajola e Lunardi-blitzquotiano.it

Dall’inchiesta sugli appalti del G8 in Sardegna i miasmi hanno ripreso a diffondersi, le spire del veleno hanno cominciato a sfiorare personaggi di primo livello, due ministri o ex di governi Berlusconi sono stati nominati, Claudio Scajola e Pietro Lunardi.

L’elemento di connessione è l’imprenditore Diego Anemone, intrinseco a molte delle grandi opere realizzate in nome e per conto della Protezione civile. Un nome di fiore, quello del costruttore, ma un fiore dal quale sembra emanare un profumo che avvelena tutto e porta nel fango se non in carcere funzionari pubblici (Angelo Balducci e la “cricca”), http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/inchiesta-g8-corruzione-anemone-toro-351414/#mce_temp_url# e ora ministri.

Anche se viene da chiedersi perché queste indiscrezioni escano proprio in questo momento, quando si delineano conflitti di competenze fra le diverse procure della Repubblica interessate all’inchiesta, resta ormai fuori discussione che la gestione dei cosiddetti grandi eventi affidata alla Protezione civile come si trattasse di una emergenza nazionale, fuori da ogni minima e a volte anche inutile procedura di controllo da parte di altre strutture dello Stato si è rivelata il terreno in cui sono cresciute le piante della corruzione e dell’illecito.

Le cronache di questi giorni ne danno la conferma e questo a prescindere dai singoli casi di individuale responsabilità. Quel che si sa viene dalla pubblica accusa e tutti sanno che spesso, una volta che si arrivi a un’aula di giustizia, le accuse non reggono più e i fatti formali possono prevalere sulla sostanza.

Ma la Protezione civile deve essere riformata, le procedure cambiate, la proterva arroganza del potere che ha portato a questo va quanto meno contenuta.
(Beh, buona giornata).

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democrazia Leggi e diritto

Berlusconi al ministro Scajola: “vedrai che tra una settimana si sgonfierà tutto, devi solo tenere duro finché non passa l’onda. Devi difenderti in maniera più dura, con il coltello tra i denti”.

Nuove accuse per Scajola, 4 testimoni lo incastrano. Berlusconi: “Tieni duro e vai avanti”-blitzquotidiano.it

Ci sono 4 testimoni e i passaggi di denaro su alcuni conti bancari a smentire il ministro Scajola e che dimostrano invece come lui conoscesse la provenienza degli 80 assegni “neri” che servirono a pagare oltre la metà del suo appartamento romano, in zona Colosseo. ieri il ministro ha anche ricevuto la solidarietà di Berlusconi. Dimissioni, neanche a parlarne. Il premier lo ha rassicurato: “Devi difenderti con il coltello tra i denti”.

Sulla compravendita dell’appartamento i testimoni concordano nel riferire che fu Scajola stesso a consegnare gli assegni, per un totale di 900mila euro, e che gli furono messi a disposizione proprio da Anemone, l’imprenditore finito in galera per la vicenda degli appalti legati ai Grandi Eventi. Anemone infatti ha ottenuto negli anni passati il Nos, il certificato di “nulla osta di segretezza” che gli ha consentito di aggiudicarsi lavori cosiddetti “sensibili”, vale a dire la ristrutturazione o la costruzione di edifici per il ministero dell’Interno, per quello della Giustizia comprese alcune carceri, e per i servizi segreti

Le testimonianze, da come risulta dagli atti dei pm di Perugia che conducono l’indagine, concordano nel riferire che il giorno del rogito fu proprio il ministro ad avere materialmente in mano quegli assegni. E che, nonostante fosse consapevole del reale valore dell’immobile (1 milione e 710mila euro), il ministro davanti al notaio dichiarò che il costo fosse di 600mila. Secondo l’accusa la mossa di Scajola ha due spiegazioni. Da una parte nascondere al Fisco la portata reale dell’operazione e dall’altra cancellare la traccia di altre due circostanze: la consegna di 200mila euro alle due venditrici dell’appartamento al momento dell’accordo preliminare, e il legame con l’architetto Angelo Zampolini, braccio destro di Anemone oggi indagato per riciclaggio, che gli aveva consegnato gli 80 assegni.

Il racconto che fanno le sorelle Barbara e Beatrice Papa, venditrici dell’appartamento, e Zampolini, dimostra che Scajola sapesse da dove provenivano i soldi, mentre finora il ministro ha dichiarato di aver comparto la casa per un valore di 600mila euro, accendendo un mutuo presso la banca San Paolo Imi. Nel 2004, dunque, il ministro decide di acquistare casa e coinvolge Diego Anemone, imprenditore vicino al ministero dell’Interno, guidato da Scajola fino a due anni prima. Anemone passa la faccenda all’architetto Zampolini che sottopone al ministro alcune proposte: la scelta cade sull’appartamento in viadel Fagutale 2, vista Colosseo. Costo: 1milione e 710 mila euro. Poco prima del rogito le due sorelle Papa ammettono di aver ricevuto dal ministro 200mila euro, senza alcun contratto preliminare. Zampolini davanti ai magistrati sostiene che i soldi fossero del ministro ma gli inquirenti ritengono che fosse la prima “tranche” con cui Anemone comprava casa a Scajola.

Ci sono poi i 900mila euro, cambiati in 80 assegni da Zampolini presso un’agenzia della Deutsche Bank. E’ Zampolini stesso, il 6 luglio di quel 2004, ad andare in banca. 80 assegni, non un numero a caso. Ognuno dell’importo di 12mila500 euro, ossia la soglia massima prima che scatti l’obbligo da parte della banca di avvertire il circuito interbancario e la Guardia di Finanza. Ma in banca, un impiegato zelante decide comunque di fare un controllo su quella “operazione sospetta di frazionamento”, come viene chiamata in gergo. Sarà l’inizio dell’inchiesta.

Ma torniamo al giorno del rogito. Si svolge negli uffici del ministro alla presenza del notaio Gianluca Napoleone, delle due sorelle Papa e di Scajola stesso. In questa occasione le Papa ricordano che il ministro consegna loro gli 80 assegni per un valore di 900mila euro. Ma davanti al notaio il prezzo dichiarato della vendita è di 600mila: il ministro infatti ha con sè altri assegni della banca San Paolo Imi presso la quale ha acceso un mutuo. Da questa ricostruzione il notaio avrebbe quindi autenticato una compravendita non corrispondente alla realtà, ma su queso punto Napoleoni si giustifica dicendo che il passaggio degli 80 assegni non è avvenuto davanti ai suoi occhi e che comunque le leggi del 2004 non impedivano una eventuale scrittura privata tra le parti per integrare il prezzo di vendita.

Il ministro ora si difende dalle accuse e riceve l’appoggio del premier Berlusconi che ha incontrato ieri a palazzo Grazioli. Dimissioni? Neanche a parlarne. “Claudio devi andare avanti – insiste Berlusconi – anche perché, se accettassi le tue dimissioni, ne uscirebbe indebolito il governo: daremmo un’immagine di sfaldamento proprio mentre siamo sotto l’attacco di Fini. Non se ne parla”. Berlusconi, stando al racconto dei presenti, prova quindi a tranquillizzarlo: “Se la prendono con te per attaccare me, lo sai. Ma vedrai che tra una settimana si sgonfierà tutto, devi solo tenere duro finché non passa l’onda. Devi difenderti in maniera più dura, con il coltello tra i denti”.

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