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In pubblicità, sempre meglio non esagerare troppo.

Il capo del governo italiano, in visita a Lampedusa, isola siciliana, meta di continui sbarchi di profughi in fuga dalle catastrofi umanitarie del nord Africa, ha tentato di placare gli animi esasperati dei cittadini promettendo la soluzione di tutti i problemi nelle prossime ore.

Per fugare ogni scetticismo, il capo del governo italiano, durante un comizio, ha affermato, tra l’altro che: acquisterà una villa nell’isola; che aprirà un casinò; che farà nascere un campo da golf.
Bene. Poi però ha esagerato: ha promesso la candidatura dell’isola al Premio Nobel per la Pace, direte voi. Ma va.

Non è questo il problema, che è invece aver promesso che Lampedusa sarà zona franca dalle tasse. Questa proprio non ci voleva, esagerando rischia di tirarsi la zappa sui piedi: un casinò, un campo da golf, una villa in un paradiso fiscale, ancorché nostrano? Poi dice che uno pensa sempre male. In pubblicità, sempre meglio non esagerare troppo.
In politica, non so. Beh, buona giornata.

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Attualità Media e tecnologia Popoli e politiche Pubblicità e mass media

“…e quel carico di neri che non sono più profughi, non sono più clandestini, non sono più rifugiati, non sono più immigrati, ma sono solo deportati”.

Il Cavalier Laqualunque, di FRANCESCO MERLO-la Repubblica.

NELL’ISOLA dei disperati il più disperato è lui. Con la camicia scura aperta sul collo e il doppiopetto nero che è diventato enorme, Berlusconi a Lampedusa è più Cetto Laqualunque dello stesso Albanese.

È venuto a svuotare l’isola così come andò a svuotare Napoli. Lì i rifiuti e le lordure furono caricati sui Tir, dispersi via terra con destinazione ignota, e qui sulle navi, onda su onda il mare li porterà al largo dell’Italia degli egoismi regionali e del ricatto secessionista.

“Sono lampedusano” dice, e sembra la caricatura di Kennedy a Berlino, “stamattina ho comprato una villa su Internet, si chiama “Le due palme””. Più tardi, a un cronista che lo aspetta sulla sabbia nascosto dietro una delle due palme confesserà compiaciuto: “Ma è tutta da rifare”. Le tv mandano ossessivamente l’immagine della facciata, il muro di cinta, e poi sabbia, stoppie, l’intervista ai vicini di casa. Ha già speso due milioni di euro. Il solito vento che, in qualsiasi stagione, qui fa perdere la voce, agita le piante basse e dunque anche Berlusconi, che è gonfio come una mongolfiera, per un momento perde l’equilibro e sembra migrare, lui che vorrebbe migrare lontano da tutte le regole, anche quella di gravità.

Noi italiani sappiamo che Berlusconi si butta sulle disgrazie quando sente di essere in disgrazia. Ma Lampedusa gli serve anche a dissimulare, a tenere occupata l’Italia nel giorno in cui la maggioranza parlamentare, ridotta in servitù, lo sta spudoratamente liberando dei suoi processi. Le promesse ai terremotati furono le sue campagne del grano. Ma questa volta la scenografia lo tradisce. Lampedusa infatti è due volte palcoscenico, due volte finzione: è il solenne e forse fatale teatro espiatorio per attirare e distrarre la più vasta delle platee ma è anche il remake dell’autarchia del “ci penso io” come estrema risorsa per illudersi ancora. Berlusconi fa il palo a Lampedusa, mentre a Roma i suoi scassinano il Parlamento e rubano i pesi della Bilancia.

E però tra il governatore Lombardo e il sindaco De Rubeis, circondato da assessori, imprenditori locali e guardie del corpo che qui non si distinguono dai corpi che hanno in guardia, nel mezzo di una nomenklatura scaltra, truce e goffa, Berlusconi esibisce una fisicità terminale che va ben oltre Cetto Laqualunque. È quella dei dittatori africani e degli oligarchi russi. Ha portato a Lampedusa più Africa lui che gli immigrati.

È atterrato all’ora dei Tg quando i soldati avevano finito di pulire il Porto vecchio, la stazione marittima e la famosa “collina della vergogna”. Il Tg3 documenta la pulizia anche degli slogan di protesta, si vede il sindaco che grida alla folla: “Basta cu ‘sti minchia di cartelli”. Ruspe e camion dei netturbini hanno spazzato via la tendopoli proprio come a Napoli spazzarono le strade, e ora le tv mostrano il “com’era” e il “com’è”.

Resistono, a testimoniare l’inciviltà della miseria, stracci, bottiglie, escrementi accanto ai ciuffi d’erba di una primavera che a fine marzo a Lempedusa è già estate: domina il giallo che solo al tramonto si tinge di arancione. Berlusconi garantisce che porterà “il colore, come a Portofino”. Promette pure il premio Nobel per la Pace, il campo da golf e il casinò che è un vecchio sogno non solo dei lampedusani più eccentrici, vale a dire la risorsa di chi non ha risorse, ma è soprattutto l’aspirazione della malavita intossicata di danaro che ha impiantato in tutti gli angoli della Sicilia le sue bische clandestine, i luoghi sordidi dove si sfogano il bisogno sociale e la pulsione individuale.

Quando Berlusconi scende dall’aereo, i disperati già avanzano sul molo in fila indiana, ciascuno con la mano sulla spalla dell’altro, “una mano sola per evitare l’effetto trenino” mi ha spiegato un funzionario degli Interni. Sono immagini che testimoniano l’umiliazione di uomini ardimentosi. Quasi tutti i primi piani li mostrano con le palpebre semichiuse forse perché non riescono più a vedere lontano. Ai lati, per tenerli in riga, ci sono i poliziotti con i guanti di gomma e le mascherina sulla bocca per proteggersi dal male fisico, per non entrare in contatto con la sofferenza dei corpi che, proprio come aveva ordinato Bossi, si stanno togliendo dalle balle.

E mentre Berlusconi si mette in gioco nella più triste di tutte le sue demagogie, giura di cacciare per sempre gli immigrati che ci sono e quelli che verranno, promette aiuti europei e corrimano, vasi di fiori, niente tasse per tutti, una scuola, investimenti turistici, trasmissioni promozionali della Rai e di Mediaset …, mentre, insomma, Berlusconi delira, la nave da crociera sembra una carboniera del diciassettesimo secolo, con la broda sciaguattante di acqua di mare, le zaffate, un equipaggio militare efficiente a bordo e riservato a terra, e quel carico di neri che non sono più profughi, non sono più clandestini, non sono più rifugiati, non sono più immigrati, ma sono solo deportati.

Se si mettono a confronto queste immagini che, comunque la si pensi, sono angoscianti e dolorose, con quelle della piccola folla festante attorno allo Sciamano, si capisce che non c’è solo lo stridore tra la violenza della realtà e la pappa fradicia della demagogia. Qui c’è anche il sottosviluppo di piazza, il sud di Baaria, – “santo Silvio pensaci tu” – la bocca aperta e lo schiamazzo delle feste patronali, il bisogno del voto, del miracolo, del divo: “Silvio!, Silvio!, Silvio!”. C’è la tristezza infinita di un Meridione che è ancora e sempre lo scenario naturale degli imbonitori, dello zio d’America come quel Thomas DiBenedetto che ha appena comprato la Roma, del messia e del conquistador, il mito antico dell’uomo che viene da fuori, dell’uomo del cargo che può essere un capopartito, un cantante, un calciatore e non importa chi, purché venga appunto da fuori, perché è all’interno che questo Sud non trova pace. Ed è probabile che questa visita diventi un mito rituale, la chimera di una Lampedusa protagonista, porto franco, una specie di Las Vegas del Mediterraneo, il sogno come variante del sonno. Dev’essere per questo che i miei sciagurati paesani lo hanno applaudito invece di mandarlo. .. alla deriva nel suo cargo. (Beh, buona giornata).

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Eccolo il salvacondotto per Berlusconi.

Delitto perfetto, di Massimo Giannini- repubblica.it

Sulla guerra lunga contro la Libia no. Incapace e irresponsabile, Silvio Berlusconi non è in grado di “metterci la faccia”. Ma sulla guerra-lampo contro i magistrati sì. Feroce e inesorabile, il Cavaliere la faccia ce la mette. Il blitzkrieg sul processo breve è la drammatica conferma di un lucido progetto di destrutturazione del sistema giurisdizionale. L’unica cosa che davvero conta, per il presidente del Consiglio, è ora e sempre fermare la macchina dei processi che lo riguardano. E così, nell’ombra della Camera oscurata per un giorno dai riflettori spostati su Lampedusa, il premier consuma il delitto perfetto. Lunedì la scena madre a Milano, con il predellino bis davanti al Palazzo di Giustizia trasformato in un qualsiasi palaforum da campagna elettorale: colossale finzione propagandistica, per dimostrare al suo popolo che lui ai processi ci va, nonostante la “persecuzione giudiziaria” di questi diciassette anni perpetrata dai soliti comunisti. Oggi, nel retroscena di Montecitorio, l’accelerazione improvvisa sul disegno di legge che contempla tra l’altro l’accorciamento dei tempi di prescrizione per gli incensurati: ultimo e definitivo “salvacondotto”, per mettersi al riparo entro l’estate dalla probabile condanna nel processo Mills.

Come sempre, quando la posta in gioco del Cavaliere è la giustizia non si sbaglia mai: conviene scommettere sul peggio. Perché il peggio, puntualmente, arriva. A dispetto dei finti ingenui dell’opposizione, che ancora credono alle menzogne
del premier o ai bluff del suo Guardasigilli. In un giorno solo, il governo fa piazza pulita dell false promesse che hanno accompagnato la presunta “riforma Alfano”: mai più norme ad personam, ma leggi nell’interesse dei cittadini. In un giorno solo, la maggioranza con il processo breve fa due passi avanti sul terreno dell’arbitrio legislativo, dopo aver simulato un passo indietro sull’emendamento per la responsabilità civile dei giudici. È la tattica collaudata in un quasi Ventennio. Con una mano, esibita al pubblico plaudente, ti porgo il ramoscello d’ ulivo. Con l’altra mano, nascosta dietro la schiena, mi preparo a colpirti col bastone.

Adesso ci risiamo. Con un’aggravante in più. Per salvare il premier con la norma tagliata a misura per la sua prescrizione, passa una legge che rischia di azzerare circa 100 mila processi, tra cui molti di quelli su reati comuni gravissimi (dalla violenza sessuale alla rapina), oltre a quelli su Thyssen, Parmalat, Antonveneta, e la Casa dello Studente dell’Aquila. È il prezzo, carissimo, messo da Berlusconi sul conto degli italiani: per garantire la sua impunità, devono rinunciare alla loro giustizia. Questa è la vera “riforma” del centrodestra. (Beh, buona giornata)

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Direttori o caporali?

C’è una fattispecie giuridica che prevedere che una persona faccia più danni che produrre
benefici: si chiama “incompatibilità ambientale”. Succede che un capo venga assegnato a
un compito, per svolgere il quale egli assume la direzione di un certo numero di
dipendenti. Quando però sia per questioni caratteriali, sia per i metodi autoritari la
difficile relazione tra il capo e i dipendenti diventa un vero e proprio ostacolo, per
“incompatibilità ambientale”, il capo viene rimosso, se non addirittura licenziato.

Se guardiamo a quanto succede al TgUno, sembrerebbe si sia in presenza di un caso esemplare di “incompatibilità ambientale” tra il direttore della testata e i giornalisti. C’è ormai una lunga teoria di avvenimenti che potrebbero essere la prova provata: dalla rimozione alla conduzione del Tg che poi viene annullata dal tribunale del lavoro,
dall’inconsistenza degli editoriali in video del direttore, che ha portato non solo un
drastico calo di ascolti, ma anche all’inserimento di un commentatore “di peso”, Ferrara,
che certo quest’opera di supplenza non la fa davvero gratis.

L’ultima, in ordine di tempo, la vicenda del “libro bianco” sulle scorrettezze porofessionali del direttore del TgUno, redatto a cura dei menmbri uscenti di un organismo sindacale. Anche in questo caso, stupisce la reazione di Minzolini, che accusa i redattori del libro bianco di essere faziosi. Tanto per riconfermare la sua ormai irreversibile “incompatibilità ambientale.”

Certo, quello del direttore del TgUno non è affatto un caso isolato di
“incompatibilità ambientale”. Abbiamo visto il ministro Brunetta scagliarsi contro i
dipendenti pubblici, che dal suo ministero dipendono. Vista la Gelmini avercela coi
professori, gli studenti e recentemente anche con i bidelli. Visto il ministro della
Giustizia avercela coi magistrati. Ma l’esempio di incompatibilità ambientale per
antonomasia riguarda, ironia della sorte, la ministra dell’Ambiente. Nuclearista
convinta, dopo aver cercato di impapocchiare una diffesa di ufficio del nucleare in
Italia, si è lasciata sfuggire un fuori onda degno di dimissioni immediate: ha detto più
o meno che se continuamo a dire ste cazzate perdiamo le prossime elezioni amministrative.

Il consenso potè più della salute e così si è inventata la storia della moratoria. Tanto
per mandare in bianco il prossimo referendum. Insomma, anche per “incompatibilità
ambientale” ci vuole un minimo di professionalità. Non basta essere nominato capo per
saper fare il dirigente. Né essere definito “direttorissimo” per saper fare il direttore. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto

Prove tecniche di salvacondotto. Ognuno sta facendo il gioco delle parti in commedia. A tutti farebbe comodo salvare Berlusconi dai processi. Ma siamo poi sicuri che si leva di mezzo?

Processo breve, sì a norma salva premier
“E’ fatta apposta per aiutare Berlusconi” – Via libera della commissione giustizia della Camera all’emendamento del relatore al ddl Maurizio Paniz che riduce i tempi di prescrizione per gli incensurati. Pd, Udc e Fli abbandonano la commissione

Riecco la norma salva-premier. La Commissione giustizia della Camera ha approvato, a maggioranza, la norma taglia-prescrizione per gli incensurati. Durante il voto sugli emendamenti, alla ripresa dei lavori nel pomeriggio, è passato l’emendamento Paniz quattro-bis che premia chi ha la fedina pulita e allunga i tempi della prescrizione per chi è recidivo. La norma non si applica ai procedimenti in cui è già stata pronunciata sentenza di primo grado. Hanno votato contro Pd, Udc, Idv e Fli. Si da Pdl, Lega e Responsabili.

Immediata la reazione dei deputati dell’Udc, di Fli e del Pd che hanno abbandonato i lavori della commissione. “Prendiamo atto – dichiara il capogruppo del Pd Donatella Ferranti – che non c’è più alcuna possibilità di costruire migliorando il testo insieme”. Analogo il commento di Lorenzo Ria (Udc) secondo il quale la maggioranza sta andando avanti da sola senza ascoltare i contributi che arrivano dall’opposizione”. Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, invece, resta: “Siamo riusciti a ridurre moltissimo la portata della norma pertanto restiamo e votiamo contro”.

L’emendamento Paniz stabilisce che le misure predisposte non si applichino ai procedimenti nei quali, alla data dell’entrata in vigore della legge, è già stata pronunciata sentenza di primo grado e modifica l’art. 161 del codice penale prevedendo che “salvo che si proceda per i reati di cui all’articolo 51, comma 3 bis e 3 quater del codice di procedura penale (reati più gravi come quelli di mafia o il sequestro di persona a scopo di estorsione, ndr), in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un sesto del tempo necessario a prescrivere, di un quarto nel caso di cui all’art. 99 primo comma (che riguarda la recidiva), della metà nei casi di cui all’articolo 99 secondo comma, dei due terzi nei casi di cui all’articolo 99 quarto comma e del doppio dei casi di cui all’articolo 102, 103 e 105”.

Duro il capogruppo del Pd in commissione, Donatella Ferranti: “Sono spudorati sembra stiano approfittando della guerra per accelerare tutte le norme che riguardano Berlusconi. La prescrizione breve se sarà approvata in questa forma darà un duro colpo alla lotta alla corruzione”. “Il testo – afferma Pierluigi Mantini dell’Udc – è stato molto modificato e molto migliorato ma contiene il trucco modesto di un favore ad personam sulla prescrizione agli incensurati”. Ma Paniz non ci sta: “In nessun modo si arriverebbe alla fine del processo Mills a fine febbraio dell’anno prossimo. State svilendo il mio lavoro”. (Beh, buona giornata).

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Popoli e politiche

“Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente”. Berlusconi dixit. Sulla Libia c’è chi spara cazzate e chi spara missili.

“Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce personalmente”. Lo ha detto, secondo quanto riferiscono i presenti, il premier Silvio Berlusconi durante la cena a sostegno del candidato sindaco a Torino del Pdl Michele Coppola.

Intanto succede che la coalizione oggi ha preso di mira le principali roccaforti di Gheddafi: Tripoli, attaccata per il terzo giorno consecutivo, Sabah, nel sud del paese, e Sirte, la città natale del rais dove le autorità libiche lamentano molti morti. Il colonnello risponde usando scudi umani e martellando Misurata, dove secondo gli insorti vi sono stati quarantina di morti. La città, secondo un portavoce governativo, sarebbe ora sotto il controllo dei lealisti. Secondo l’ammiraglio americano Mike Mullen, capo degli Stati maggiori unificati, la prima ondata di attacchi ha permesso di imporre la no-fly zone. E adesso si passa alla seconda fase, che prevede l’attacco ai rifornimenti per le truppe di Gheddafi.

I primi a riprendere i raid sulla Libia sono stati i francesi. Poco prima delle 14, sono decollati anche tre Tornado italiani da Trapani Birgi. In serata, i raid aerei si sono concentrati nuovamente su Tripoli. Nella capitale si sono udite forti esplosioni vicino al bunker del Colonnello, seguite dal rumore della contraerea. Il portavoce del governo ha poi dato notizia di attacchi anche contro Sirte e Sabah.

Nonostante i raid, le truppe lealiste sono riuscite ad entrare a Misurata, terza città libica 170 chilometri ad est di Tripoli. Secondo un portavoce dei ribelli, i gheddafiani sono entrati con i carri armati nel centro della città, dove si contano molti morti. Le forze di Gheddafi hanno portato civili a Misurata dalle città vicine per usarli come scudi umani.

Fonti mediche a Misurata hanno detto che le milizie di Gheddafi hanno ucciso 40 persone. «Hanno compiuto un massacro, sparavano anche con armi pesanti», ha detto al telefono un abitante di nome Saadoun. Bombardamenti da parte dell’esercito sono segnalati anche da abitanti della città orientale di Zenten, difesa strenuamente dai ribelli.

I lealisti bombardano il centro della città di Zintan, in Tripolitania, ha annunciato una fonte dei ribelli citata da al-Arabiya. Secondo la fonte, «le brigate circondano la città e ci stanno attaccando. Negli scontri in corso oggi siamo riusciti a catturare alcuni loro soldati».

Il Pentagono ha fatto sapere che Gheddafi «non è nella lista dei bersagli della coalizione. Alcuni giornalisti occidentali, però, in nottata sono stati portati nel complesso di Bab el Aziziya a Tripoli, la residenza di Gheddafi: a loro è stato mostrato un edificio completamente distrutto da un missile. La palazzina ospitava alcuni uffici. Secondo il portavoce libico sorgeva ad appena una cinquantina di metri dalla tenda dove il leader libico riceve gli ospiti di riguardo. Non si sa dove Gheddafi si trovasse al momento dell’attacco. I raid, criticati apertamente dalla Lega Araba, hanno permesso di neutralizzare le difese antiaeree.

Voci in Libia sulla morte di Khamis Gheddafi, figlio del colonnello Muammar, che sarebbe deceduto ieri a Tripoli. Voci smentite dal governo. Secondo il sito dell’opposizione al-Manara, Khamis sarebbe morto per le ferite riportate nei giorni scorsi, quando un pilota dell’aviazione passato con l’opposizione avrebbe aperto il fuoco nei pressi della caserma di Bab al-Aziziya, nel centro di Tripoli. Khamis Gheddafi era a capo di una delle brigate del regime impegnate contro gli insorti. Sesto dei figli del colonnello, aveva il grado di capitano dell’esercito ed era responsabile del reclutamento e dell’addestramento dei mercenari africani.

Gli Usa: estenderemo no fly zone. Il generale americano Carter Ham, comandante dell’ Us Africa Command, ha detto che le operazioni sulla Libia puntano ora ad estendere la no fly zone. «L’operazione finora è riuscita. È stata eseguita facendo molta attenzione a evitare vittime civili. L’avanzata delle forze di Gheddafi verso Bengasi è stata fermata». Interpellato sulle vittime civili di Misurata il generale Ham ha precisato che «l’estensione della no fly zone punta proprio a proteggere i civili». L’area della no fly zone avrà un’estensione di mille chilometri, ha specificato il generale, estensione resa possibile grazie all’intervento di aerei aggiuntivi delle forze della colazione, tra cui quelli italiani.

Addestramento militare per civili libici pro Gheddafi. I civili libici che a partire da ieri si sono recati presso le sedi locali dei Comitati popolari per ricevere le armi promesse dal regime dovranno iniziare presto un corso di addestramento militare, ha annunciato la tv di stato, che ha pubblicato un messaggio sullo schermo nel quale si informa che «Il Comitato di Difesa annuncia alle migliaia di persone che si sono registrate presso i comitati popolari per ottenere le armi che presto saranno contattati per iniziare un addestramento militare in modo da essere pronti ad usarle nel momento opportuno».

Riuscita la prima missione italiana. «La missione è stata raggiunta positivamente e gli obiettivi sono stati raggiunti», dice il Colonnello Mauro Gabetta, comandante del 37esimo Stormo della base militare di Trapani, per fare un resoconto dell’operazione condotta dall’Italia con i sei tornado decollati poco prima delle venti. Dei sei tornado, due tanker, che appartengono al 6/o Stormo di Ghedi (Brescia), sono stati i primi a rientrare alla base dopo aver effettuato il rifornimento aereo degli altri velivoli, Tornado Ecr, che provengono dal 50/o Stormo di Piacenza, e che sono rientrati poco prima delle 23 di ieri sera.

«L’operazione condotta dai nostri velivoli è stata un’operazione di soppressione delle difese aeree avversarie – ha spiegato Gabetta – È stata condotta positivamente e i nostri ragazzi sono tornati a casa». Sulle capacità offensive di Tornado entrati in azione, il colonnello Gabetta si è limitato solo a dire che «sono questi missili che sono costruiti per la soppressione delle difese aeree avversarie».

La Russa: contraerea Gheddafi neutralizzata. I quattro Tornado italiani in azione ieri sulla Libia avevano il compito di «neutralizzare le fonti radar nemiche», nell’ambito di «una più vasta operazione il cui obiettivo era di mettere a tacere la contraerea libica per consentire di realizzare la no fly zone: questo obiettivo è largamente realizzato, l’opera potrebbe considerarsi addirittura completata», ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Il ministro ha aggiunto che i Tornado sono stati «accompagnati dai nostri caccia che funzionano da scorta». L’obiettivo italiano era quello di controllare la presenza di radar ed eventualmente lanciare missili ma non è stato necessario passare al bombardamento.

Pilota italiano: non abbiamo lanciato missili. «Nell’operazione di ieri sera abbiamo solo pattugliato nei cieli della Libia e non abbiamo ritenuto di lanciare missili antiradar – ha detto il maggiore Nicola Scolari, uno dei piloti dei sei Tornado – È stata una missione di pattugliamento in cui eravamo pronti a reagire per sopprimere radar ma ieri non abbiamo verificato presenza di radar nemici e così non abbiamo ritenuto di lanciare missili».

Il segretario generale dell’Onu Ban ki-Moon è stato aggredito in piazza Tahrir al Cairo da manifestanti filo Gheddafi. I manifestanti che si sono riuniti davanti alla sede della Lega araba prima dell’arrivo del segretario generale dell’Onu, hanno anche assaltato un paio di automobili mentre passavano davanti alla sede della Lega Araba. Ban ki-Moon usciva in quel momento da un altro cancello poco vicino dopo il suo incontro con Amr Moussa. «Stop alle violenze e avvio del dialogo», ha detto Ban Ki-Moon durante la riunione.

La Ue è pronta a inviare una missione militare umanitaria in Libia, hanno deciso i ministri degli esteri dei 27. «L’Ue è pronta a fornire un sostegno nell’ambito della politica comune di sicurezza e difesa (Csdp) all’assistenza umanitaria in risposta a una richiesta dell’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) e sotto il coordinamento Onu», si legge nelle conclusioni adottate dal Consiglio Ue affari esteri a Bruxelles. Inoltre «tali azioni rispetteranno pienamente le linee guida Onu sull’uso degli asset militari e di difesa civile (Mcda)».

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Berlusconi, la riforma della Giustizia e l’amaro medicinale Giuliano.

Il lato oscuro della forza di Berlusconi è tutto, ma proprio tutto nel lato debole e lampante dell’opposizione parlamentare al Governo. Non è una novità, ma sui temi della riforma della Giustizia l’ossatura politica del centro-sinistra diventa cartilagine. Su cui pestano i giannizzeri del centro-destra. Primo fra tutti il capo del servizio d’ordine del Berlusca, Giulianone Ferrara che dai microfoni di RaiUno indora agli italiani la pillola della crisi del belusconismo, tutte le sere, dopo il TgUno di Minzolini. Lui viene dopo il tiggì. Ma lui, anche e soprattutto viene dopo il PCI. Di cui era appunto capo del servizio d’ordine. Non ha cambiato mestiere, solo padrone. Ma, soprattutto, Ferrara non ha cambiato mentalità.

Nelle file del Pci amava l’uso della giustizia contro i movimenti sociali, nati a sinistra del Partito comunista. La generazione che attraverso la storia del nostro paese tra il ’68 e il ’77 conobbe molto bene l’uso politico della giustizia in Italia. Manganellate in piazza, ma anche poliziotti travestiti da “autonomi”, secondo la dottrina Cossiga, eppoi sentenze addomesticate dalla logica della conservazione del potere democristiano e dalla politica di “Unità nazionale” con cui il Pci entrò nell’area di governo alla fine dei Settanta. E poi teoremi giudiziari, e poi carceri speciali, e poi confino di polizia, come ai tempi del Fascismo. A metà degli anni Ottanta, nelle carceri italiane si potevano contare la bellezza di quattromila “prigionieri politici”, come si diceva allora.

Tutta l’attenzione giudiziaria fu concentrata nello sconfiggere con la repressione un vasto movimento giovanile, di cui la sinistra comunista e socialista avevano letteralmente perduto il controllo, politico e sociale. Fu facile il trucco di considerare tutti terroristi: il trucco fu favorito dal Pci, e messo in pratica dalla Magistratura italiana. Che oggi vanta di aver sconfitto il terrorismo, come se i fenomeni sociali si potessero sconfiggere con le sentenze, invece, come di fatto è avvenuto, con la gestione politica dei cambiamenti economici e sociali che trasformarono il Paese. Il crollo del delta dell’inflazione, l’introduzione di norme che favorirono l’occupazione giovanile, furono le vere cause della fine della violenza politica in Italia. Ma col benessere, insorsero i reati dei colletti bianchi, la criminalità politica, il connubio tra il malaffare e la corruzione politica. Di alcune procure si parlò come de “Il porto delle nebbie”. E venne alla luce la P2, di cui autorevoli esponenti di codesta compagine governativa fecero parte, mai essendo perseguiti. Poi venne Tangentopoli.

Fu la Magistratura italiana a spazzare via una intera classe dirigente o essa implose, annegando tra valigette di banconote, che viaggiavano su e giù per la Penisola, per essere poi recapitate ai tesorieri di quei partiti di governo, pronti a restituire, pronto cassa, favori, emendamenti, leggi ad personam? Eccolo, allora il lato oscuro della forza di Berlusconi, che è entrato in politica perché orfano di quei partiti che mediavano tra i suoi appetiti e le leggi dello Stato.

Quello che si capisce dalle concioni televisive del capo del servizio d’ordine degli interessi di Berlusconi è la grande nostalgia di un grande “Porto delle Nebbie” nel quale non attracchino mai i processi che inchioderebbero chi ha imparato a far politica per fare affari, quelli suoi. La nostalgia di un grande accordo politico, sul modello del governo di unità nazionale, o se volete del Caf (il famoso accordo Craxi, Andreotti, Forlani) perché la politica fosse comunque sempre il sifone che miscela e separa le acque bianche da quelle nere.

E’ affascinante questa visione della politica italiana. Vorrebbe essere moderna, ma sa di modernariato della Prima Repubblica. Giuliano Ferrara vorrebbe si dicesse di se stesso che è l’Eugenio Scalfari della centro-destra. Faccia pure.

Quello che è comico è come si contrabbandi una riforma della Giustizia che è invece una ingenua contro-riforma. Ma tant’è. Le vie del Signore sono infinite: uscendo da via delle Botteghe Oscure, in cammino verso via della Conciliazione, il Nostro è stato folgorato da un’intuizione storica. L’Italia non è forse il Paese in cui la Chiesa Cattolica Romana varò la Controriforma senza neanche aspettare che in Italia nascesse la Riforma? Esattamente come fece il Pci dopo il XX Congresso del Pcus: accettò il rapporto di Kruscev senza porsi mai la questione stalinista.

Beh,non si può negare la coerenza di Ferrara. E’ sempre stato l’uomo giusto nel posto giusto. Ieri era fedele alla linea del CC (Comitato Centrale), oggi è molto più sensibile al cc (conto corrente). Beh, buona giornata.

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Un brutto momento per la lobby del nucleare in Italia.

E’ passata sotto silenzio la decisione del Giuri, l’organo di autocontrollo della pubblicità italiana circa l’ingannevolezza del messaggio pubblicitario firmato dal Forum nucleare. Vi ricorderete che persone giocavano a scacchi, i bianchi a favore i neri contro la reintroduzione del nucleare in Italia. Il Giuri ha appunto censurato questa campagna.

Non è che mi faccia piacere: sono stato più volte “utente” delle decisioni del Giuri. Cose che succedono. Il fatto è che le tesi sostenute dalla campagna non stanno in piedi. Infatti, quelle teorie sono crollate dopo il terribile terremoto e il successivo tsunami che ha funestato il Giappone. E la cosa terrificante è che alla fine delle cause “naturali” della sciagura, cominciano le cause “umane” della sciagura.

Vale a dire la presunzione di poter controllare la scissione dell’atomo per produrre energia. Il fatto eclatante è che il Giappone, a distanza di 65 anni sta pagando le due versioni storiche dell’uso dell’atomo: vittima fu dell’uso “militare” dell’energia atomica (Hiroshima e Nagasaki), è attualmente vittima dell’uso “civile” dell’energia atomica: stanno esplodendo centrali nucleari a Fukushima.

Un caso più unico che raro di preveggenza dell’Istituto di autodisciplina? Una forzatura della verità da parte del committente, il Forum? Propendo per la seconda ipotesi, anche perché così potrebbero essere in essere attenuanti verso l’agenzia di pubblicità che ha concepito la campagna degli scacchi. Nella quale si vedeva uno scacco matto. Che nella realtà è uno scacco pazzo, pazzo come il Dottor Stranamore, film indimenticabile del sempiterno Kubric. Non credo che il mio amico Chicco Testa sia un novello Stranamore. Penso invece che attualmente la realtà rischia molto seriamente di superare la più sfrenata fantasia. Quando uscì nelle sale cinematografiche ‘Sindrome cinese’ (regia di James Bridges, con Michael Douglas, Jane Fonda e Jack Lemmon), film che pregonizzò l’incidente nucleare a di Three Mile Island, avvenuto lo stesso anno, nel 1979 negli Usa.

La sindrome cinese è la capacità teorica che la fusione del nocciolo possa perforare da parte a parte il globo terrestre. A Fukushima si sta rischiando la fusione, per il quale motivo si rilasciano fuoriuscite controllate, cercando di dosare il sovrariscaldamento del nocciolo delle centrali. Cominciano a contarsi “danni collaterali” di questa strategia: sono vittime umane. Tra “sindrome cinese” e “strategie giapponesi” il problema è: la smettiamo una volta per tutte di fare pubblicità radioattiva? Beh,buona giornata.

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Attualità Natura Salute e benessere Scienza

Menzogne radioattive.

(fonte: rainews24)

Un ex progettista di centrali nucleari giapponesi ha accusato il governo giapponese di non dire tutta la verita’ sulla situazione degli impianti atomici danneggiati dal terremoto. Masashi Goto, in una conferenza stampa a Tokyo di cui da’ notizia la Bbc, ha detto che per il Giappone si prospetta una crisi gravissima, che uno dei reattori dell’impianto di Fukushima-Daiichi e’ “altamente instabile” e che le conseguenze di un’eventuale fusione sarebbero “tremende”.

Finora il governo giapponese ha detto che un’eventuale fusione non porterebbe al rilascio di dosi significative di materiale radioattivo. Goto e’ di diverso avviso: secondo lui i reattori di Fukushima-Daiichi sono sottoposti a aumenti di pressioni ben oltre i livelli previsti quando sono stati costruiti. C’e’ il grave rischio di una esplosione con materiale radioattivo ‘sparato’ su un’area molto vasta, ben oltre l’area di evacuazione di venti chilometri imposta dalle autorita’.

Goto ha detto che nel reattore 3 di Fukushima-Daiichi, dove la pressione sta salendo a rischio esplosione, e’ stato usato un tipo di combustibile chiamato Mox (un misto di ossido di plutonio e ossido di uranio): il fallout radioattivo potrebbe essere due volte peggio. L’esperto nucleare ha accusato il governo di nascondere deliberatamente informazioni vitali: “Non e’ stato detto abbastanza su come e’ stato ventilato l’idrogeno”. Goto ha anche descritto come “altamente inconsueto e pericoloso” l’uso dell’acqua di mare per raffreddare i reattori di Fukushima-Daiichi.

Descrivendo lo scenario peggiore, l’esperto ha detto che vi sarebbe “la fusione del nucleo. Se le barre cadono e si mescolano con l’acqua il risultato e’ un’esplosione di materiale solido, come un vulcano che diffonde materiale radioattivo. Vapore o una esplosione dell’idrogeno possono disperdere le scorie oltre 50 chilometri. E il tutto rischia di essere moltiplicato: ci sono molti reattori nella zona, cosi’ ci potrebbero essere molte Cernobyl”. (Beh, buona giornata).

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Attualità

La bella e la bestia.

(fonte: ilmessaggero.it)

Un tentativo di corrompere una funzionaria dell’anagrafe in Marocco affinché modificasse la data di nascita di Ruby, la ragazza che, non ancora diciottenne, veniva ospitata alle feste di Arcore, e che ora è al centro del processo nel quale Silvio Berlusconi verrà giudicato per concussione e prostituzione minorile a partire dal prossimo 6 aprile. La vicenda, pubblicata oggi in esclusiva dal “Fatto”, e che potrebbe avere dei risvolti giudiziari con tanto di apertura di un’inchiesta, ha scatenato la bagarre politica, con l’Italia dei valori che protesta («Abbiamo toccato il fondo») e grida all’impeachment.

Già venerdì la Procura di Milano dovrebbe valutare se aprire un’inchiesta sul caso riportato dal quotidiano e per il quale gli stessi legali del premier hanno chiesto «che sia subito chiarito ogni particolare ». Gli avvocati hanno annunciato anche che il capo del governo ha dato loro mandato «di depositare una specifica denuncia all’autorità giudiziaria al fine di accertare la veridicità o meno» dei fatti narrati, sottolineando che il premier,«totalmente estraneo a ogni eventuale illecito comportamento», ne esce danneggiato.

A narrare quel che sarebbe accaduto lo scorso 7 febbraio a Fkih Ben Salah, il piccolo paese ai piedi dell’Atlante dove è nata Ruby, è la stessa funzionaria comunale. La donna ha raccontato che due uomini italiani, provenienti forse da Milano e accompagnati da un interprete marocchino che «lavorava in un consolato in Italia», si sono presentati da lei in ufficio e le hanno «offerto – come dice in una intervista pubblicata sul sito del Fatto – una cifra enorme in cambio della modifica del certificato di nascita di una ragazza di nome Karima El Marough.». In sostanza i due “emissari” le avrebbero promesso – pare – qualche migliaia di euro, in cambio di un “ritocco” del certificato anagrafico di Ruby, facendola invecchiare di un paio di anni, anticipando la data di nascita della ragazza dal 1° novembre 1992 al 1° novembre 1990. La funzionaria però si è rifiutata: «Io tengo al mio posto di lavoro – ha affermato – e la legge marocchina non mi consente di falsificare le età delle persone. Quelle persone cercavano di corrompermi. Ma io non ho voluto infrangere la legge».

La magistratura milanese, intanto, nelle prossime ore prenderà in esame il caso per mettere a fuoco innanzitutto la competenza territoriale a indagare, per poi eventualmente aprire un fascicolo in cui potrebbe ipotizzare il reato di istigazione alla corruzione. Che Ruby, nei mesi scorsi, avesse più volte mentito sulla sua data di nascita è un dato assodato, anche se agli atti dell’inchiesta ci sono comunque una serie di intercettazioni nelle quali emerge che la giovane, a ridosso del 1° novembre scorso, data del suo 18° compleanno, stesse aspettando quasi con ansia l’arrivo di quel giorno. Come è stato spiegato da chi ha avuto modo di leggere le carte, per lei significava diventare maggiorenne e liberarsi del fardello della vita trascorsa tra una comunità e l’altra e non doversi più preoccupare di essere ripescata per strada e rinchiusa in qualche struttura protetta. Accanto a ciò bisogna registrare che qualche giorno fa il Giornale, il quotidiano della famiglia Berlusconi, aveva riportato alcune parole pronunciate in privato dal premier: «Abbiamo la prova che Ruby è stata registrata all’anagrafe marocchina due anni dopo la sua nascita. Una prova che presenteremo durante il processo».

Gli attacchi di Pd e Idv. E mentre Niccolò Ghedini e Piero Longo chiedono che si «faccia chiarezza sulla vicenda» perché danneggia il presidente del Consiglio, il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, sostiene che «nel caso fosse vera, imporrebbe l’immediato impeachment». E poi ancora reazioni: si va da Emanuele Fiano e Luigi Zanda, parlamentari del Pd , che chiedono al governo di «dare rapida ed esaustiva risposta», ad esponenti del Pdci che parlano di «ombre inquietanti». (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La pubblicità, il pane fresco che si fa tutti i giorni.

“Per il mio Paese faccio sacrifici. Che non mi troverei a fare se fossi un privato cittadino”. Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa a palazzo Chigi dopo il consiglio dei ministri. “Mi hanno chiesto a che punto erano i miei denti (dopo l’aggressione di Milano, ndr). Non sono ancora riuscito a mettere l’altro dente perché – ha spiegato – ho il nervo scoperto che non guarisce. E questo per me è un sacrificio grande, un rischio a cui sono andato incontro e che, se fossi stato un privato cittadino, non avrei corso. A questo punto il presidente del consiglio ha mostrato, a bocca aperta, il dente mancante ai giornalisti.

Questo è un lampante esempio di pubblicità-intrattenimento: il prodotto si mostra al pubblico, cercando di stupire, di spiazzare. Siamo proprio sicuri che questo sia il futuro dell’advertising? Lo chiedo non solo perché la stragande maggioranza dei consumatori italiani sanno bene quanti ‘sacrifici’ bisogna fare per pagare il conto del dentista. Ma lo chiedo a chi sostiene che il futuro dell’advertising sia intrattenere e non invece informare sulle virtù della marca, attraverso gli espedienti dell’esagerazione, del rovesciamento, dell’iperbole tipici del linguaggio della pubblicità. Quegli espedienti che sono convincenti proprio perché dichiaratamente sono pubblicitari, dunque innocui, non invasivi, in definitiva accettabili. La pubblicità cerca affetto, stima, atteggiamenti positivi, come ci insegnava Pirella.

Se la pubblicità diventa coercizione del consenso sprofonda nella propaganda. La propaganda è un assordante rumore di fondo. La pubblicità è la costruzione della reputazione, esercitata attraverso il rendere pubblico le qualità dei prodotti, il talento dei marchi. Con irriverenza, ma buon gusto. Ecco perché l’intrattenimento è attività effimera, mentre la pubblicità è una cosa concreta. Insomma, tanto per rimanere in tema, sarebbe come avere il pane, ma non i denti. Beh, buona giornata.

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Attualità

A Berlusconi urge igienista dentale.

“Per il mio Paese faccio sacrifici, Che non mi troverei a fare se fossi un privato cittadino”. Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nella conferenza stampa a palazzo Chigi dopo il consiglio dei ministri. “Mi hanno chiesto a che punto erano i miei denti (dopo l’aggressione di Milano). Non sono ancora riuscito a mettere l’altro dente perché – ha spiegato – ho il nervo scoperto che non guarisce. E questo per me è un sacrificio grande, un rischio a cui sono andato incontro e che, se fossi stato un privato cittadino, non avrei corso”. A questo punto il presidente del consiglio ha mostrato, a bocca aperta, il dente mancante ai giornalisti. Se qualcuno conoscesse un’igenista dentale, potrebbe segnalarlielo. Beh, buona giornata.

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Attualità

La Terza carica dello Stato è ignorante (peggio della Quarta).

In un convegno a Milano, Gianfranco Fini cita a sproposito Leonardo Sciascia. Se avesse letto davvero “Il giorno della civetta”, (magari avrebbe anche potuto vedere l’omonimo film) saprebbe che le categorie umane citate nel libro sono cinque: uomini, mezziuomini, ominicchi, ruffiani e quaquaraquà.

Ma tutto questo Fini non lo sa. Né il gostwriter che gli scrive i discorsi. I fascistelli attempati sono ignoranti (tanto da tessere le lodi alla contro-riforma Gelmini). Devono tutto a uno zotico che è diventato capo del Governo. E da lui dipendono, aggiungendo difetti a difetti.

Ai lettori scegliere a quale delle cinque categorie umane possano ambire a far parte la Terza e la Quarta carica dello Stato. Magari conicidono con la citazione autentica dal libro di Leonardo Sciascia.

Il disastro dell’Italia è chi lo governa.

Beh, buona giornata.

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