di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Martedì 20 maggio Giuseppe Busia, dal 2020 presidente dell’Anac, l’Autorità Anticorruzione, ha presentato alla Camera dei Deputati la Relazione al Parlamento sull’attività dell’agenzia nel 2024.
Busia è tornato a puntare il dito contro il Codice dei contratti pubblici varato dal governo Meloni nel 2023, meglio noto come Codice degli appalti, e contro il cosiddetto Correttivo entrato in vigore quest’anno, sottolineandone le ricadute letali sulla sicurezza e la salute dei lavoratori.
“È inammissibile che si continuino a registrare ancora troppi incidenti e troppe morti sul lavoro – è stato il preambolo – Al Casellario delle imprese di Anac risultano 1.448 annotazioni per violazioni delle norme su salute e sicurezza solo nel 2024, con un incremento del 43% rispetto al 2023 e dell’87% rispetto al 2022.
In questo contesto, i rischi maggiori vengono dai subappalti, specie se realizzati “a cascata”. Il ricorso a tale istituto, quando non è giustificato da ragioni sostanziali, legate alla specificità delle prestazioni da realizzare, rivela spesso una previsione non corretta della stazione appaltante nel dimensionamento della gara o nella suddivisione in lotti.
Ne derivano ripercussioni negative sulla stessa stazione appaltante, che si ritrova con prestazioni di qualità inferiore; sui subappaltatori, in particolare PMI, che vedono erosi i propri margini di profitto, e soprattutto sui lavoratori, troppo spesso anello debole della catena”.
Busia contesta il boom degli affidamenti diretti e il crollo degli appalti di lavori, che nel 2024 si sono ridotti del 38,9%, per via “dell’eccesso di frazionamento artificioso degli appalti per rimanere al di sotto delle soglie di legge, dietro cui sovente si nascondono sprechi e infiltrazioni criminali e mafiose.
Troppi continuano ad essere gli affidamenti diretti, la cui incidenza numerica, sul totale delle acquisizioni di servizi e forniture del 2024, è risultata essere di circa il 98%.
Preoccupa, soprattutto, il crescente addensamento degli affidamenti non concorrenziali tra i 135.000 e i 140.000 euro, a ridosso della soglia: più che triplicato rispetto al 2021, quando il valore-limite era di 75.000 euro.
Specie in alcuni contesti, gli amministratori onesti si trovano più esposti a pressioni indebite, non potendo più opporre l’esigenza di dover almeno aprire un qualche confronto competitivo con altri operatori economici, al di sotto dei 140.000 euro”.
Quanto al correttivo al Codice dei contratti, il presidente di Anac rileva come “non è stato introdotto l’obbligo di dichiarare il titolare effettivo delle imprese, mentre appare evidente la necessità che il contraente pubblico conosca con chi si rapporta, al di là degli schermi societari.
Questo, non solo per ridurre il rischio di pericolose infiltrazioni, ma anche per prevenire offerte combinate o altre gravi alterazioni della concorrenza.
Nessun intervento è stato fatto sulle soglie per aumentare trasparenza e competitività, come pure per ripristinare verifiche preventive sugli affidamenti in house, utili ad evitare distorsioni del mercato e rallentamenti conseguenti a possibili contenziosi”.
Sul sito dell’Anac (anticorruzione.it) il rapporto completo.