Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa
Alaa Al-Najjar è una donna, madre, moglie, medico pediatra. Aveva nove figli voluti e desiderati, condivideva con il marito, collega medico, la costruzione consapevole della loro famiglia e la comune passione per la missione di aiutare i bambini.
Ora è sola: la sua famiglia numerosa e piena d’amore è stata annientata da un bombardamento che ha distrutto la loro casa e il loro futuro. Mentre era di turno al Nasser Medical Complex, grande ospedale nel sud di Gaza, ha accolto i corpi quasi irriconoscibili di otto figli, morti a causa di un bombardamento, e suo marito gravemente ferito.
Il corpo di un altro figlio non è stato ancora recuperato, ancora sepolto dalle macerie.
La vita di Alaa alternava sacrifici e soddisfazioni, disponibilità e gratificazioni, sofferenze condivise, sollievo e felicità nel salvare le vite di bambini, vittime innocenti e senza colpa della violenza di adulti senza scrupoli.
Quante volte Alaa, madre e moglie, ha consolato madri e mogli che hanno vissuto la situazione che ora sta vivendo lei stessa? Quante volte avrà gioito con altre donne per una vita salvata, per una guarigione insperata, per un pericolo scongiurato?
Mentre curava i figli di altre madri, mentre vegliava sulla sofferenza di altre donne, mentre rassicurava altre persone, non poteva sapere che quel giorno i corpi dei suoi figli e suo marito stavano arrivando nell’ospedale in cui lavorava.
Ha accolto i corpi senza vita delle sue creature nell’affollato obitorio, non ha potuto curarli e offrire loro la sua professionalità nel reparto dove curava e aiutava altri figli insieme a loro padre.
La situazione dolorosa di Alaa sconvolge per la sofferenza così devastante di una madre che ha perso tutto e in un momento. Altre storie di morte e di sofferenza a Gaza sconvolgono.
Un padre mutilato negli arti superiori non ha potuto abbracciare e accarezzare sua figlia di cinque anni uccisa da un bombardamento e mutilata in uno precedente.
Una giovane madre abbattuta per non poter allattare suo figlio perché lei stessa denutrita è disperata per la morte di suo marito ucciso mentre era in cerca di latte e di cibo per la sua famiglia.
Sono storie di morte e di sofferenza per chi sopravvive, non consideriamole “solo” storie e numeri di un bilancio disumano ed eccessivo, voluto e programmato dalla violenza e dall’odio.
Come fermare la guerra? Chi può ancora farlo? Domande e sofferenze che non trovano risposte accettabili e plausibili.
Chi potrebbe impedire che il massacro continui implacabile da venti mesi, avendo negli occhi le immagini di corpi avvolti in bianchi sudari, ultimo vestito per la dignità umana, può ancora guardare negli occhi i propri figli?
Le macchie di sangue di quei sudari sono macchie incancellabili dalle coscienze già cieche e sorde di pochi esseri umani che non vedono e non sentono il dolore di Gaza e del resto del mondo. Preghiamo! Non abbiamo altra scelta e altra possibilità!
(Fonte: avvenire.it)