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Siamo un paese normale? No, Speciale.

Il Tar del Lazio ha dato torto al Ministero dell’Economia e ha confermato la sospensiva chiesta dal consigliere Rai Angelo Maria Petroni contro la sua revoca da parte dell’azionista ministero dell’Economia. Con questa decisione i giudici hanno di fatto confermato la sospensiva delle procedure di esclusione di Petroni dal Cda. Come è noto, Il 29 […]

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Il Tar del Lazio ha dato torto al Ministero dell’Economia e ha confermato la sospensiva chiesta dal consigliere Rai Angelo Maria Petroni contro la sua revoca da parte dell’azionista ministero dell’Economia. Con questa decisione i giudici hanno di fatto confermato la sospensiva delle procedure di esclusione di Petroni dal Cda.

Come è noto, Il 29 maggio scorso venne sospesa la convocazione dell’assemblea generale della Rai fissata per i giorni 4 e 5 giugno nel corso della quale dovevano essere sancita la fuoriuscita di Petroni. La conseguenza della decisione di oggi sarà l’annullamento della nuova assemblea generale della Rai che è in programma per l’11 giugno prossimo. Dunque, la governance della Rai registra un altro brutto colpo. A meno di non assumere la decisione di azzerare il Cda, la situazione di stallo, per non dire di paralisi del servizio pubblico radiotelevisivo continua.

Però, almeno, le motivazione della sentenza del Tar, che come noto non entrano nel merito, accendono un luce, che illumina esattamente la situazione. “Rilevato che nel caso di specie – è detto nel provvedimento – la sostituzione del ricorrente trae origine in ragioni palesemente extragiuridiche, che oltretutto costituiscono un ‘continuum’ con quelle di eguale natura asserenti al metodo di scelta dei componenti del Consiglio di amministrazione della Rai, nelle quali il ministro, nella lucida analisi svolta innanzi alla commissione parlamentare, ha individuato la causa delle persistenti disfunzioni dell’organo collegiale, e non in fatti o comportamenti in una qualsiasi misura imputabili al ricorrente”.

Come a dire: non è colpa di Petroni se il Cda non funziona, se la maggioranza del Cda è tutta schierata contro l’azionista, cioè il ministro dell’Economia, cioè il Governo. E’ vero, ma è un’arma a doppio taglio: perché se da un lato si dà torto all’azionista, dall’altro si riconosce che la situazione di ingovernabilità ha precise responsabilità politiche.

Il governo ha cercato la via morbida, ha presentato due disegni di legge, una sul riordino dell’intero sistema, l’altra sulla riforma della Rai, entrambi a firma del competente ministro Gentiloni. Fatto sta che nessuna delle due iniziative legislative è gradita alla Cdl. Che crede e pratica la rissa, come risposta alle offerte di dialogo da parte della maggioranza.

Gli interessi economici del capo dell’opposizione sono pericolosamente in gioco, se l’Italia si dota di norme di ispirazione europea. La rendita di posizione, politica ed economica di Mediaset sembra essere la linea Maginot della Casa delle Libertà. Lo dimostra direttamente il continuo boicottaggio alla discussione sui provvedimenti Gentiloni da parte della Cdl nelle commissioni parlamentari, lo dimostrano indirettamente il susseguirsi di tentativi di “spallata”, anche ricorrendo alla doppia debraiata, tra il populismo elettorale e forsennati attacchi mediatici al Governo, con tanto della calunnia organizzata, di cui il caso Speciale è stato in ordine di tempo il fatto più eclatante.

Il gioco è al massacro, e tutti i mezzi sono buoni, soprattutto quelli cattivi. Stretta in mezzo tra la tracotanza di chi non ha rispettato le regole quando era al governo, figuriamoci ora che è all’opposizione, da un lato, e la debolezza di chi si sente sempre sotto minaccia, invece che al governo del Paese, che è l’atteggiamento politico e psicologico del governo Prodi, la Rai patisce e subisce non solo la concorrenza sempre più che sleale del concorrente sul mercato, ma un vero e proprio assedio, dentro e fuori le sue strutture, alcune delle quali senza direzione da mesi.

Un consiglio di amministrazione che lavora contro, e dunque oggettivamente a favore della concorrenza, accanto a un membro palesemente non gradito dall’azionista i cui interessi dovrebbe rappresentare non è un consiglio di amministrazione, è qualcosa di molto simile alla famosa Quinta colonna.

Questo basterebbe a scioglierlo immediatamente, in qualsiasi paese del mondo. Ma ormai, lo sappiamo che non siamo un paese normale. Il nostro è un paese Speciale. Beh, buona giornata.

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

Una risposta su “Siamo un paese normale? No, Speciale.”

Evviva! Roma è antifascista e contro ogni guerra! Non importa quanti imbecilli calpestino i nostri sampietrini, Roma è per sua natura (la natura di Trastevere) inadatta ad ospitare i suddetti imbecilli!! Mi consolo con poco, ma sono contenta che quell’animale di Walker non vada a Trastevere, eccheccacchio!

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