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A Roma c’è un’archeologa della cultura.

Può la cultura rammendare le lacerazioni del tessuto sociale? 

Una conversazione con Carmela Lalli del IX Municipio di Roma.

Carmela Lalli, archeologa tardoantica e medievale, è assessore alla Cultura del IX Municipio del Comune di Roma. La capitale è suddivisa in quindici municipi, il IX comprende una popolazione di oltre 183mila abitanti. Più di Rieti, Viterbo, Frosinone messe insieme, quasi un terzo in più del solo comune di Latina, tanto per rimanere nei confini della regione Lazio.  Con oltre mille abitanti per chilometro quadrato, il IX Municipio comprende quattro quartieri, dieci zone e sei frazioni. 

Assessore Lalli, come si fa a pianificare una coerente ed efficace politica culturale in un territorio così esteso e frastagliato da differenze urbanistiche, nonché socioculturali?

Bella domanda. È la sfida cui sono stata chiamata a raccogliere tre anni e mezzo fa, quando mi hanno offerto l’Assessorato dedicato alla scuola e alla cultura. 

Forse ci voleva proprio un’archeologa per scavare tra mille problemi e difficoltà e rinvenire preziose soluzioni.

È una metafora divertente, tuttavia non così lontana dalla realtà. Risalire all’origine di molti problemi e tentare di dare una soluzione è il mio pane quotidiano, ormai.

In tutto questo vasto territorio, ci sono solo due multisala, due biblioteche comunali, alcuni musei all’EUR, scuole medie e superiori, non in tutti i quartieri del municipio.

Diciamo che questi sono alcuni degli strumenti che, se messi in rete, possono essere un’infrastruttura culturale importante. Certo è altrettanto importante che un sentimento di coesione sociale faccia dialogare tra loro i comitati di quartiere e le associazioni culturali con le biblioteche e le scuole, in modo che emergano energie capaci di dare gambe non solo a eventi, ma a vere e proprie buone pratiche di diffusione capillare di esperienze culturali. L’obiettivo è portare cultura dove non c’è, in modo da arricchire la qualità della vita dei cittadini ovunque essi vivano. 

In compenso nel municipio ci sono tre grandi centri commerciali più un famoso outlet. La Grande distribuzione fornisce più aggregazione della cultura?

È una tendenza che attraversa tutte le grandi città, non solo italiane. 

Fa un po’ impressione il successo di questi “non luoghi” in una città come Roma, un luogo pieno di storia, di verde, di bello. 

Tutti gli amministratori pubblici, che abbiano chiaro il loro ruolo di facilitatori del buon vivere dei cittadini, sanno che il tempo libero dal lavoro esclusivamente dedicato agli acquisti non è un modello sano. D’altronde la pandemia, che ha costretto a chiudere per un certo lasso di tempo i centri commerciali, ha messo in luce che il consumo non può essere un elemento così determinante, direi totalizzante, della vita dei singoli. 

Il fatto è che, a mio giudizio, la cultura crea socialità. Anche quando uno si isola per leggere un libro, in realtà entra in contatto con un argomento, una storia che lo collega alla collettività. L’acquisto, al contrario, è un atto peculiare, cercare un buon affare è di per sé un gesto individualista, quel volerlo a tutti i costi solo per sé costringe all’egoismo, e poi all’esibizione, a quel “io ce l’ho prima di te”  se non addirittura “io me lo posso permettere e tu no”, che crea una competizione che si basa non sulle capacità umane, ma sulla elementare capacità di spesa, che divide le persone per censo e quindi nega loro di fatto la cittadinanza, attraverso l’uguaglianza, che è uno dei cardini del patto sociale sancito della Costituzione della Repubblica.

Temo abbia ragione. Spesso l’esibizionismo della merce è un fattore che scatena episodi di bullismo nelle nostre scuole. Quando la competizione del sapere diventa invece quella dell’avere si incrina la stessa funzione sociale dell’istruzione pubblica.

Parlando di urbanistica, Renzo Piano, anni fa, ha usato la metafora del rammendo e della rigenerazione urbana delle periferie.  

Mi piace questo paragone, l’idea del rammendo del tessuto sociale è quasi un’allegoria del nostro lavoro. Rammendare la coesione sociale attraverso l’ago della cultura, per ricucire gli strappi subiti dai diritti dei cittadini, per rigenerare la loro qualità della vita, per rendere non solo vivibile il loro abitare nel quartiere, ma anche godibile la loro socialità. Ecco quello che dovremmo impegnarci a fare nel concreto.

Per esempio?

Recentemente abbiamo varato un progetto che abbiamo intitolato “Vitamine per le menti”. Con una serie d’iniziative, incontri, dibattiti e presentazioni, vogliamo far dialogare la scuola e gli studenti con la società civile e la società civile con la scuola, coinvolgendo le biblioteche comunali, – che a Roma sono veri e propri avamposti di cultura sui territori-, i musei, le associazioni culturali, le onlus.

Come?

Sul modello di “Dedicato alle donne” che abbiamo lanciato lo scorso mese di marzo in partnership con Nove Onlus. In piena pandemia, abbiamo avviato -per tutto il mese- webinar, per un totale di 24 appuntamenti, che hanno coinvolto donne e uomini della cultura, del cinema, del teatro, della musica, delle professioni e delle istituzioni che, a partire dallo specifico della condizione della donna nella nostra società, hanno raggiunto tematiche geopolitiche, scientifiche, filosofiche, dal diritto alla stessa funzione della democrazia come luogo in cui si confrontano le contraddizioni sociali. 

Avete registrato un riscontro positivo?

Un bilancio più che positivo, direi. “Dedicato alle donne”si svolgeva la mattina, e vi hanno partecipato gli studenti delle scuole del IX Municipio che erano in “Dad”, didattica a distanza. Nel pomeriggio, si svolgevano incontri con esperti e cittadini. Sono stati appuntamenti molto seguiti. Ricordo con emozione il confronto tra gli studenti italiani e le studentesse afghane, via web in diretta da Kabul, grazie alla collaborazione di Nove, onlus italiana che opera in Afghanistan. C’è stata una grande attenzione da parte delle ragazze e dei ragazzi romani e un loro coinvolgimento straordinario. È stato il miglior viatico possibile per disegnare e varare il progetto “Vitamine per le menti”. Nel quale verrà ancora coinvolta Nove, accanto ad altre onlus, alle associazioni culturali, ai comitati di quartiere e a istituzioni culturali pubbliche. Mi sembra un nuovo modello d’intervento che possa dare risultati promettenti.

Che progetti avete in atto quest’estate?

Grazie alla fattiva collaborazione con alcuni dirigenti scolastici, abbiamo aperto le scuole al territorio. Per tutta l’estate, in ottemperanza alle norme anti-Covid, le scuole rimarranno aperte e i cittadini potranno usufruire degli spazi per praticare sport e attività fisica. Abbiano stipulato convenzioni con associazioni sportive che forniranno corsi a prezzi accessibili a tutti. 

Il sogno di Tullio De Mauro, che immaginava le scuole aperte la mattina per gli studenti e il pomeriggio e la sera per gli adulti che abitavano nei dintorni, in modo che la scuola continuasse a fornire a tempo pieno la sua funzione di emancipazione culturale e coesione sociale. Quale sarebbe il sogno dell’Assessore da realizzare  durante il mandato?

Approfitto per dirlo a tutti. Tra i quartieri di Roma che fanno parte del IX Municipio c’è Trigoria. Come i romani sanno, a Trigoria si allena la Roma, una delle due squadre di calcio della capitale. Mi piacerebbe che la società sportiva creasse insieme a noi le condizioni per la diffusione dell’attività fisica e sportiva sul territorio, a disposizione dei cittadini di ogni età. 

Una specie di “responsabilità sociale” della Roma verso le cittadine e i cittadini che condividono lo stesso territorio.  Sono a disposizione dei dirigenti della Roma, se vogliono condividere questo sogno e farlo diventare un progetto concreto.

 È una bella idea. Spero si riesca a fare gol.

Secondo me sarebbero loro a far un bel gol a tutto vantaggio della collettività, oltre il perimetro dei fans dei loro giocatori e della passione dei loro tifosi. 

Non c’è dubbio che anche lo sport abbia bisogno di cimentarsi con la crescita culturale, il calcio soprattutto.  D’altra parte, mettere in rete tutte le risorse disponibili al rammendo del tessuto sociale e alla rigenerazione di una buona vita collettiva sembra un progetto ambizioso. Ma le premesse ci sono. Spesso ci lamentiamo della mediocrità della classe dirigente di questo paese e della povertà di idee e di spirito di iniziativa degli amministratori pubblici. Non è il caso di Carmela Lalli, archeologa della cultura in uno dei più popolosi municipi della Capitale.  

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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