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Billy Bilancia, un anno dopo.

Sabato 3 dicembre alle ore 18 sarà celebrata una messa presso la Chiesa degli Artisti, in Piazza del Popolo a Roma, nel primo anniversario della morte di Billy Bilancia.

Un anno fa, dietro il bancone del corner aperitivi di Vanni, famoso bar di Roma, mentre era intento alla preparazione di un Martini cocktail, Billy fu colto dal malore che se lo portò via. I medici dissero che non aveva sofferto. Come un grande attore, Billy è morto sul palcoscenico, di fronte al suo pubblico. Beh, buona giornata.

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Attualità Società e costume

Che Billy Bilancia non ci sia più è uno sproposito.

“Il quartiere è malfamato, la clientela è quello che è, il locale è sporchino, il proprietario è losco, il personale lascia a desiderare, le bevande sono dozzinali, la cassiera è triste, ma la musica….!” Con questo tormentone cominciava il mio personale rito dell’aperitivo serale da Billy Bilancia. Lo inventai all’Euclide, bar di piazza Euclide a Parioli , il quartiere-bene di Roma, dove per un paio d’anni Billy aveva creato l’angolo degli aperitivi. Billy, mentre preparava il Martini, era la spalla ideale di giochi di parole, che facevano di quei momenti di guarnizione tra la fine di una giornata di lavoro e l’inizio della serata un momento di svago innocente, infantile, giocoso come sanno fare gli adulti tra loro, quando sono amici e il cazzeggio è un tramite di relazione.

Perché Billy era il bar. Non si andava all’Euclide, da Vanni, da Annibale a piazza dei Carracci, tanto per citare solo alcuni tra gli ultimi bar che Billy ha animato. Si andava semplicemente da Billy. Ci vediamo da Billy? Era l’invito per un appuntamento con un amico. I proprietari dei rispettivi locali lo sapevano: Billy, nel suo peregrinare tra i quartieri di Roma, si trainava diverse combriccole di affezionati clienti. Perché a Billy faceva piacere avere “i suoi clienti” sempre intorno. E quando non ti vedeva da un po’, allora ti chiamava. “Pronto, sono Billy.” E io: “Ciao, avanzo di balera, che mi dici?”. E lui:“Ma si può sapere dove vai a prendere l’aperitivo?”. E io, addirittura auto colpevolizzato: “Billy, sono a Milano”. E lui: “Torna presto che sta casa non è un albergo”.

Negli anni siamo stati insieme al ristorante, al cinema, a bere in altri bar, quando era di riposo. Sempre a cazzeggiare, coinvolgendo gli altri, spesso sconosciuti, nei nostri giochi con le parole. Billy mi avrà preparato un numero indefinibile di Martini cocktail. Lo scherzo era che mentre stava tagliando la striscia di limone per il classico twist, gli dicevo: “Billy, ma io volevo l’oliva”. E lui: “Me lo dovevi dire prima”. E io: ”Tu me lo fai apposta”. E lui: “ Non te lo ha mai detto nessuno che tieni la capa fresca”. E io: “In questo bar si mangia pane e veleno”. E lui: “ quale pane, solo veleno”. E allora succedeva che i clienti intorno capivano lo scherzo e si rilassavano e ridevano. Poi, il momento del finale della gag. Portavo il bicchiere alle labbra, assaggiavo un sorso di Martini, lo tenevo in bocca per assaporarlo. In quel momento Billy diceva: “Dai, dillo su!”. E io, roteando la mano destra, dicevo: “Ahhh, che schifo!”. E giù a ridere come ragazzini. Ridevano i clienti, ridevano i camerieri, rideva il proprietario. E, ovviamente, rideva anche la cassa. E la cassiera.

Altro tormentone: “Scusi, ma lei è oriundo?”. “No, io sono Billy”. “Aborigeno, nativo?”. “Noo, io sono Billy, quante volte glielo devo dire”. “Mi scusi devo averla scambiata per un altro”. Lo scherzo della sigaretta nacque per caso al Bramante, il bar che gestiva Giuseppe Pecora, in via della Pace. “Ascoltami Billy”, esordii con aria seria “quando la Nina , la Pinta e la Santa Maria salparono alla volta delle Indie e sbagliando i calcoli nautici si imbatterono nelle Americhe, Cristoforo Colombo, che tutti credevano genovese, ma che forse non è vero, riportò in patria, che infatti era la Spagna e non la Liguria, il pomodoro, la patata, il mais e il tabacco”. Billy mi guardava con gli occhi di chi dice “vabbè, ma dove vuoi arrivare”. “Ecco, Billy, a proposito di tabacco, non è che mi offriresti una sigaretta?”. Questi due sono pazzi, devono aver pensato i clienti del Bramante, che oggi non c’è più.

“E’arrivata la nave dal Brasile?” era il modo per chiedere un caffè. Oppure: “Marco, il solito?”. E io: “Un po’ meglio del solito, per favore”. Per tutti gli anni in cui ci siamo frequentati, il botta e risposta è stato il nostro modo di incontrarci, di passare qualche mezz’ora insieme, io di qua, lui di là del bancone del bar, divertendoci e coinvolgendo gli altri nei nostri scherzetti verbali.

E alla fine, l’immancabile “sigla di chiusura”. Sulla porta, accomiatandoci, la nostra ora dell’aperitivo finiva sempre così: “Billy, dire che è stato un piacere…”. E lui: “…sarebbe uno sproposito”.

Caro Billy, avanzo di balera. Non poter più venirti a trovare e vederti smanettare dietro il bancone di un bar è davvero uno “sproposito”.

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