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“Legge bavaglio”: io non sto zitto.

Il 1° luglio tutti in piazza contro la legge – bavaglio
IL SILENZIO UCCIDE LA LIBERTA’, di Giulio Gargia-3Dnews, settimanale allegato al quotidiano Terra.

Ora sembrano che facciano marcia indietro. Ora che perfino l’OSCE, l’organizzazione europea per la sicurezza, quella che in genere interviene in Kirghizistan o in Kurdistan, critica questo bavaglio contro giudici e giornalisti e dice che l’hanno fatta grossa, ora che Fini rilancia e Bossi si sfila, ora insomma… si prendono una pausa.

Si profila perciò uno stop, almeno temporaneo, della più sciagurata e malfatta legge tra tutte quelle pessime concepite e approvate in questi anni. Un provvedimento che ha paura non solo dei cronisti, ma perfino dei blogger, cui vuole applicare gli stessi criteri del Corriere della Sera. Ma nessuno si illuda che rinunceranno. Prima o poi, appena una notizia casuale o gonfiata ad arte farà cambiare il vento, ci riproveranno. Perciò, non solo non bisogna fermare la mobilitazione, ma rilanciarla e darle degli obiettivi che non siano più solo difensivi.

Attaccare sul terreno dell’avversario, quello mediatico. Riproporre leggi che levino la RAI alla politica e la restituiscano ai cittadini, come quella firmata da Tana De Zulueta e abbandonata in una commissione del governo Prodi. Costruire iniziative come “RAI per una notte”, cose che non “parlino” di comunicazione, ma la “facciano”, che si possa vedere, questa comunicazione. Come ha fatto Santoro quella notte, rilanciato e moltiplicato da centinaia, migliaia di Tv regionali, locali, satellitari, digitali.

Chiediamo alla Federazione Nazionale della Stampa di farsi carico di organizzare ancora – con o senza Santoro – iniziative come quella, che facciano parlare “ oscurati e oscurandi”, per dirla come Giulietti, tutte le sorelle di Cucchi, le madri di Aldrovandi, gli amici di Sandri, i padri di Agostino ( il poliziotto di Palermo ammazzato da un intrigo di mafia e apparati deviati) che hanno nll’opinione pubblica la loro prima, immediata difesa. Al di là e al di sopra del processo, che ha tempi e articolazioni e obiettivi diversi.

Se i cingolati del premier si sono fermati, un po’ è merito anche degli sforzi di quei tanti ragazzi, cittadini e professionisti che hanno messo con determinazione, metaforicamente e no, il loro corpo davanti ai carri armati del premier che stanno per occupare la nostra Tien A Men. Sappiamo che finchè ci sarà una telecamera accesa a riprenderli, sarà più difficile schiacciarli.

Quello di queste settimane è stato un grande esempio di “ giornalismo partecipativo”, di chi ha “ fatto notizia” per non farsi strappare le notizie. Buon segno, ma non basta. Non abbassiamo il microfono. E il 1° luglio, tutti in piazza Navona. (Beh, buona giornata).

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Ecco il palinsesto autunnale della Rai: all’appello manca Santoro.

Raiuno. Molti cambiamenti nel day time, dalla programmazione festiva, con l’approdo sulla rete ammiraglia di In famiglia, storico contenitore di Michele Guardì, e la nuova conduzione di Lorella Cuccarini a Domenica In; nei giorni feriali, Antonella Clerici torna a condurre La prova del cuoco, mentre nel pomeriggio Maurizio Costanzo riapre il sipario su Bontà loro, seguito dal contenitore familiare Festa Italiana. Sarà affiancato da Mara Venier alla guida de La vita in diretta Lamberto Sposini, mentre Carlo Conti torna con L’eredità e Fabrizio Frizzi con I soliti ignoti, promosso anche in prime time, il sabato sera per una versione con concorrenti vip.

Per la programmazione serale, dopo Miss Italia, si aprirà una grande stagione di fiction, calcio della nazionale e intrattenimento, con la nuova edizione di Ti lascio una canzone, con Antonella Clerici, e I migliori anni, abbinato alla Lotteria Italia e condotto da Carlo Conti. In seconda serata si segnala la conferma dei quattro appuntamenti di Porta a Porta, di e con Bruno Vespa.

Raidue. Tornano dal lunedì al venerdì I fatti vostri con Giancarlo Magalli e il sabato e la domenica Mezzogiorno in famiglia con Amadeus e Laura Barriales, mentre la fascia per i ragazzi si arricchisce di due nuovi segmenti, telefilm e programmi per ragazzi. Al pomeriggio, prendono il via un nuovo contenitore, affidato a Caterina Balivo, e I gialli sul due, che abbina un classico del genere, La signora in giallo, a uno di nuova generazione come Numbers.

Dopo lo sport, appuntamento con la striscia di X-factor, mentre il sabato è confermato quello con Top of the pops. Nel prime time, arriva l’atteso Persone sconosciute, la coproduzione Rai-BBC-Fox, firmata da Bryan Singer (il regista de I soliti sospetti) che negli USA sta sbancando gli ascolti. E poi nuovi episodi per i cult NCIS, Castle, Cold Case, Criminal Minds. Sempre in prima serata tornano Voyager e X-Factor, condotto da Francesco Facchinetti e Alessandra Barzaghi e con Elio in giuria, e arriva un nuovo programma di intrattenimento condotto da Monica Setta, Solo per amore. Informazione in seconda serata, con la rubrica economica di Barbara Carfagna e gli approfondimenti di Gianluigi Paragone.

Raitre. Diventa mattiniero Andrea Vianello, per condurre un nuovo programma dalla parte dei cittadini, dal lunedì al venerdì, seguito da un nuovo talk show condotto da Michele Mirabella. Il sabato TV Talk, la tv che fa conoscere la televisione, si sposta al pomeriggio. Confermati Le storie di Corrado Augias, i telefilm, la programmazione per i ragazzi, Geo & Geo con Sveva Sagramola.

In fascia access, il nuovo Zaum, nome futurista per una sorta di ‘blob’ tematico, insieme allo stesso Blob e ai nuovi episodi di Un posto al sole. Al sabato e alla domenica torna Che tempo che fa, di Fabio Fazio con Luciana Littizzetto, seguito dal programma Report di Milena Gabanelli, da Elisir con Michele Mirabella, il sabato da Ritorno al futuro, con Alex Zanardi, e poi Nati liberi, di Licia Colò.

Nel prime time feriale, il nuovo programma di intrattenimento e memoria, affidato a Pippo Baudo, il debutto di Hotel Patria, dedicato alle domande di cittadini e con esperti in studio, le conferme del programma di informazione di Giovanni Floris Ballarò e di quello di servizio condotto da Federica Sciarelli Chi l’ha visto?, la scommessa di Fabio Fazio e Roberto Saviano, Vieni via con me. In seconda serata, spazio all’ironia con Gene Gnocchi la domenica e con Serena Dandini a Parla con me nelle seconde serate feriali, ma anche alla Storia e alle ‘storie’: le Storie maledette di Franca Leosini, o quelle di Amore criminale e di Un giorno in pretura. Beh, buona giornata.

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Il bavaglio sulle intercettazioni: le conseguenza di una legge liberticida.

Con la nuova legge i magistrati e
i giornali avranno più difficoltà
A cura di FRANCESCO GRIGNETTI-lastampa.it
1- Le intercettazioni telefoniche
Intercettazioni possibili solo per i reati puniti con più di cinque anni di carcere. I telefoni possono essere messi sotto controllo per 75 giorni al massimo. Se c’è necessità, motivata dalpme riconosciuta dal giudice, è possibile un periodo aggiuntivo di tre giorni, prorogabili di volta in volta con provvedimento delpm controfirmato dal giudice fino a che esista la necessità. Per i reati più gravi (mafia, terrorismo, omicidio, ecc.) le intercettazioni sono possibili per 40 giorni, più altri venti prorogabili. Inoltre, le intercettazioni disposte per un reato potranno essere utilizzate anche per provarne un altro, purché il fatto sia lo stesso.

2- Divieti e sanzioni
Gli atti delle indagini in corso possono essere pubblicati solo per riassunto. Gli editori che ne consentono la pubblicazione in maniera testuale rischiano fino a 300mila euro di multa. Le intercettazioni sono off limits per la stampa fino a conclusione delle indagini: per gli editori che violano il divieto, sono previste sanzioni oltre i 300 mila euro, che salgono a 450mila euro se si tratta di intercettazioni di persone estranee alle indagini o che devono essere espunte dal procedimento perché illecite o irrilevanti ai fini processuali. Condanne dure anche per i giornalisti: fino a 30 giorni di carcere o una sanzione fino a 10.000 euro se pubblicano intercettazioni durante le indagini o atti coperti da segreto.

3- Intercettazioni ambientali
Niente più microfoni piazzati in casa o in auto per registrare le conversazioni degli indagati. Le «cimici» saranno consentite per un massimo per tre giorni, prorogabili di tre in tre con provvedimento delpmcontrofirmato dal giudice.

4- Pm in televisione
Se il responsabile dell’inchiesta passa alla stampa atti coperti dal segreto d’ufficio o rilascia dichiarazioni pubbliche su un’inchiesta a lui affidata può essere sostituito dal capo del suo ufficio. La sostituzione non avviene più per automatismo,ma occorre la volontà del capo dell’ufficio.

5- Norma transitoria
Le nuove regole si applicano ai processi in corso. Quindi, anche se erano già state autorizzate intercettazioni con le vecchie regole, dovrà essere applicato il tetto dei 75 giorni. Dal giorno di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, inoltre, saranno necessari 15 giorni di vacatio ordinaria per consentire alle Procure di allestire il registro segreto e un luogo dove conservare le intercettazioni, di cui è responsabile il capo dell’ufficio.

6- Riprese dei processi
Sulle riprese tv per i processi decide il presidente della Corte d’Appello, che può autorizzarle anche se non c’è il consenso delle parti.

7- Registrazione
Le registrazione carpite di nascosto sono permesse solo ai servizi segreti e ai giornalisti professionisti e pubblicisti.

8- Preti e onorevoli
Se nelle intercettazioni finisce un sacerdote bisogna avvertire la diocesi; se l’intercettato è un vescovo il pmdeve avvertire la segreteria di Stato vaticana. Per quanto riguarda i parlamentari, occorre il via libera della Camera di appartenenza. Vietato ascoltare assistenti e familiari degli onorevoli se sono estranei ai fatti per cui è in corso l’indagine.

Ecco alcuni casi clamorosi che non potremmo più sapere

Mafia, nulla su Ciancimino e addio a Gomorra
La vera vita di don Vito Ciancimino, raccontata dal figlio Massimo, i suoi rapporti pericolosi con la mafia, gli incontri dell’ex sindaco di Palermo con Bernardo Provenzano, e poi la misteriosa trattativa con lo Stato. Quindi il Papello mafioso, le richieste di Totò Riina, le intuizioni di Paolo Borsellino, i contatti con gli ufficiali del Ros dei carabinieri, forse la chiave occulta che sottostà alle stragi del ‘92. Tutto questo e molto altro non si sarebbe mai potuto raccontare con la nuova legge perché guai a riferire di un atto giudiziario, come sono gli interrogatori di un testimone quale è Ciancimino jr. Il libro «Don Vito», scritto da Francesco La Licata, non sarebbe mai arrivato in libreria. Ma anche «Gomorra» di Saviano.

La «cricca», tre anni per far emergere gli affari sui grandi appalti
La Cricca è un termine azzeccato per raccontare la consorteria di Balducci & soci che viene fuori, guarda caso, da un’intercettazione. E’ uno degli indagati che ne parla al telefono, e si lamenta perché è rimasto escluso da certi appalti fiorentini, a dire: «Ecco, vedi, questa è la cricca romana…». Sapeva di che cosa parlava. Ma quelle intercettazioni, con la nuova legge, non ci sarebbero mai state. I carabinieri di Firenze, infatti, sotto la guida della procura, hanno intercettato i protagonisti dei Grandi Appalti per quasi tre anni. Sono centinaia di migliaia le conversazioni captate. Una montagna. E mai, in tre anni, una fuga di notizie che abbia messo in forse l’inchiesta. Solo quando sono scattate le manette, nel febbraio scorso, e con le ordinanze dei giudici è iniziata la «discovery» degli atti, i media hanno scoperto l’esistenza stessa di quest’inchiesta. Molti retroscena sarebbero rimasti ignoti. E con la nuova legge anche i resoconti sarebbero stati ben diversi, parziali, minimali. I giornalisti avrebbero potuto raccontare «per riassunto» gli atti, non per esteso. E mai un’intercettazione sarebbe finita sulle pagine di un giornale.

Furbetti del quartierino, le imprese di Ricucci e la caduta di Fazio
Aho, qua stamo a fa’ i furbetti del quartierino…». Indimenticabile Stefano Ricucci. Era l’estate del 2006. L’immobiliarista dall’accento romanesco, partito dal nulla e entrato nel salotto buono della finanza italiana, era stato appena arrestato. E l’Italia scoprì, scorrendo avidamente le pagine dei giornali, le gesta di un nuovo ceto d’imprenditori. Le intercettazioni finirono a pacchi sui giornali, anche quelle francamente ininfluenti, tipo l’sms di Anna Falchi al marito. Di tutto ciò, un domani, nulla si saprà fino al termine delle indagini preliminari. E forse Antonio Fazio, l’ultimo Governatore a vita, che con sé ha trascinato nel fango anche questa prerogativa di Bankitalia, sarebbe ancora al suo posto.

Caso Scajola, addio alle notizie sulla casa con vista sul Colosseo
Era e rimane un testimone, Claudio Scajola. Il suo, è un caso di ministro della Repubblica che si dimette prima ancora di avere ricevuto un avviso di garanzia o di essere iscritto al registro degli indagati. A suo carico insomma non c’è nulla di rilevante dal punto di vista penale a tutt’oggi. Ma politicamente parlando, la questione è diversa. Quando si è scoperto che il costruttore Diego Anemone aveva fatto arrivare novecentomila euro alle due signore che vendevano la celebre casa con vista sul Colosseo, tramite i buoni uffici dell’architetto Zampolini, e che quindi quella compravendita era quantomai misteriosa, i sondaggi ordinati da Berlusconi hanno segnato una scossa tellurica. Ed è caduta una testa. La storia dell’appartamento di Claudio Scajola non ha neanche a che fare con le intercettazioni. C’entrano gli accertamenti bancari, la testimonianza di Zampolini e delle due sorelle Papa, alcuni buoni articoli di cronaca giudiziaria. Gli italiani hanno saputo e si sono formati un’opinione. Di tutto ciò, con la nuova legge in arrivo, non si sarebbe potuto sapere nulla. E il ministro Scajola sarebbe sempre al suo posto.

Protezione civile, le discutibili amicizie di Bertolaso
Macelleria mediatica», dice Guido Bertolaso. L’immagine è forte. Denota l’esasperazione di un sottosegretario al centro della curiosità dei media. Ma in quale paese al mondo, dove ci sia la libertà di stampa, potrebbe passare inosservata la vicenda di un sottosegretario potentissimo, commissario straordinario in un’infinità di situazioni di emergenza reale e non, che è costretto penosamente ad ammettere una volta che conosce sì Diego Anemone e ha con lui rapporti familiari, ma «so come evitare le trappole»; che proprio ad Anemone ha affidato lavori di falegnameria per il suo villino ai Parioli, ma «erano tapparelle»; che sua moglie aveva avuto un incarico professionale da Anemone per 90 mila euro; infine la storia non chiara dell’appartamento di via Giulia che forse lo pagava Anemone e forse no; e che i massaggi della fisioterapista del Salaria Sport Village gli avevano fatto «vedere le stelle perché mi aveva “sconocchiato” la schiena»? La storia dei Grandi Appalti è ancora da scrivere, ma quello che è emerso finora dall’inchiesta, in futuro non più pubblicabile se non per estremo riassunto, racconta di comportamenti forse non censurabili sul piano penale, ma sicuramente sul piano dell’opportunità per chi manovra miliardi di euro a sua discrezione.

La caduta di Prodi, dopo le telefonate di Lady Mastella
L’ ultimo governo Prodi, qualcuno se lo ricorda ancora? Accadeva due anni fa: ministro della Giustizia era Clemente Mastella; sua moglie, la signora Lonardo, presidente del consiglio regionale della Campania. L’Udeur compagno di strada della sinistra, ma in perenne lite con i dipietristi e con la sinistra radicale. In questo instabile equilibrio politico piombarono due inchieste penali. Una partiva dalla Calabria, titolare era Luigi De Magistris. L’altra veniva dalla Campania, procura di Santa Maria Capua Vetere. Furono due mazzate. Fu svelato il sistema-Mastella di nomine e di clientelismo. Indimenticabile quell’intercettazione in cui la signora Mastella diceva di un ex del suo partito, tale Gigi Annunziata, direttore generale della Asl per grazia di partito: «Allora per quanto mi riguarda lui è un uomo morto! E lo è anche per mio marito. Quindi per cortesia tenetevene alla larga: dal punto di vista professionale tu incontri chi vuoi. Ci mancherebbe. Ma dal punto di vista politico le cose passano attraverso di noi». L’intercettazione finiva sui giornali il 17 gennaio 2008. Pochi giorni dopo cadeva il governo Prodi.

Lo scandalo escort, inutilizzabili i nastri della D’Addario
In Parlamento, la norma che vieta in futuro di autoregistrarsi «fraudolentemente» le telefonate, l’hanno chiamata assai maliziosamente Emendamento D’Addario. Inevitabile infatti il riferimento a quelle registrazioni che la escort più famosa d’Italia, la barese Patrizia D’Addario, effettuò in casa Berlusconi la sera che fu ricevuta dal premier e poi, il giorno dopo quando il premier la chiamò al telefono per salutarla e chiacchierare sulla notte bollente trascorsa assieme. Quelle autoregistrazioni finirono agli atti di un’inchiesta penale, l’inchiesta sui maneggi di Giampi Tarantino (ancora in corso) e poi in un libro («Gradisca presidente», Aliberti editore) che l’ha buttata sul felliniano. La novità è davvero rivoluzionaria perché fino ad oggi le autoregistrazioni erano un caposaldo delle difese, un modo considerato più che lecito per tutelarsi, e molti big della politica sono più che abituati a registrare tutti i colloqui che si svolgono nel loro studio. All’Emendamento D’Addario sono seguite alcune specifiche deroghe per gli agenti segreti, per le forze di polizia e per i giornalisti professionisti perché il divieto era parso francamente esagerato. Resta lecito autoregistrarsi anche per i normali cittadini, ma solo per utilizzarle nel corso di controversie davanti a un giudice o per farne oggetto di esposti.

Il caso Minzolini, le pressioni sul Tg1 e l’Authority
Trani, in Puglia, oltre che per lo splendido centro storico, è divenuta famosa per la sua piccola procura da dove qualche mese fa s’intercettava tutto il mondo. A margine di un’inchiesta su certi imbrogli che si consumano con le carte di credito, era finito sotto ascolto il telefono di Augusto Minzolini, il direttore del Tg1, e quello di Giancarlo Innocenzi, membro dell’Authority sulle Comunicazioni. Non indagati, ma intercettati. E s’è finiti per registrare le telefonate di Berlusconi che chiama Minzolini «direttorissimo» oppure che chiede la testa di Michele Santoro. Fuga di notizie, intercettazioni sui giornali, grande scandalo di questi (per il tono usato da Berlusconi) e di quelli (perché le intercettazioni sono già a disposizione del grande pubblico). E intanto si va a votare alle Regionali, che il Cavaliere stravince, a dimostrazione che la via giudiziaria non aiuta granché sul piano elettorale.

La morte di Cucchi, le foto del pestaggio non le avreste viste
U n atto giudiziario può anche essere una fotografia, inserita nel faldone di un’inchiesta. La foto del giovane detenuto Stefano Cucchi, per dire, morto in un ospedale romano dopo un sicuro pestaggio e una lunga agonia. Per scelta della famiglia la foto finì sui giornali e fu chiaro a tutti che erano volate le botte. Nel clima di commozione alcuni testimoni trovarono la voglia di collaborare. Disse la sorella Ilaria: «Con la nuova legge non avremmo potuto far conoscere la verità». Per chi volesse rivivere la vicenda, è appena uscito un libro («Non mi uccise la morte», Castelvecchi editore) con le foto della vergogna. In futuro sarebbe impossibile.

Le dimissioni di Saccà, c’erano una volta le veline raccomandate dal Cavaliere
C’era una volta un potente direttore di Raifiction di nome Agostino Saccà che spesso e volentieri era al telefono con Silvio Berlusconi, amico di lunga data. Anche per lui la buccia di banana furono alcune intercettazioni, ordinate dalla procura di Napoli, effettuate nel dicembre 2007, che portarono alla luce le trattative di Berlusconi con alcuni senatori per arrivare alla «spallata» contro il governo di sinistra. Con l’occasione si scoprì che Saccà si dava un gran daffare per agganciare politici e portarli da Berlusconi, ma che quest’ultimo, a sua volta, implorava Saccà di dare lavoro a qualche attrice a lui cara. Tre anni dopo, le inchieste sono finite nel nulla, ma si cominciarono a conoscere le gesta del Cavaliere sotto le lenzuola.

Rignano Flaminio, nessuno spazio ai dubbi sulle violenze
Non soltanto la grande politica, ma anche la cronaca sarà rivoluzionata dopo questa legge che vieta di entrare nei dettagli di un’inchiesta. Si prenda il caso dei presunti pedofili di Rignano Flaminio. Una vicenda assolutamente controversa: tre maestre, una bidella, un benzinaio di colore, un autore tv, nell’aprile 2007 finiscono in carcere perché accusati di atti di pedofilia; il paese si spacca. Davvero è stata scoperta una banda di perversi o è un caso di suggestione collettiva? Tra continui colpi di scena il processo sta iniziando ora. Nel frattempo l’opinione pubblica è stata informata minuziosamente e le difese hanno potuto spiegare i loro argomenti. Quantomeno il dubbio è stato insinuato: e se fossero innocenti? Non è poco se poi venissero assolti. (Beh, buona giornata).

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Risale il numero degli italiani che leggono giornali e riviste. Questa è una buona notizia.

Audipress, l’indagine sulla lettura della stampa in Italia, torna a pubblicare i dati dopo quasi 2 anni di black out: l’ultima pubblicazione risaliva ai dati di lettura cumulati dei cicli Autunno 2007-Primavera 2008. Alcune innovazioni introdotte nel questionario avevano creato un grave problema di comparabilità con i dati precedenti tanto da portare al comunicato stampa del 4 Febbraio 2009: “I dati rilevati con la nuova metodologia non sono confrontabili con i precedenti e conseguentemente il Consiglio ha deciso di non dare luogo alla pubblicazione dei dati dell’indagine sperimentale Autunno 2008…”.

In assenza dei dati di lettura il mercato ha guardato con ancora maggiore attenzione ai dati di diffusione, che in questi ultimi anni hanno registrato un tendenziale calo per la maggioranza delle testate. In questo quadro la pubblicazione dei nuovi dati di lettura era attesa con una notevole curiosità e con una certa apprensione per lo stato di salute di molte testate. Audipress invita a non fare confronti con il passato. Ma poiché la definizione di lettore non è sostanzialmente cambiata, riteniamo utile analizzare come il tempo trascorso abbia inciso sui lettori delle testate rilevate.

Il nostro confronto, quindi, è con l’edizione 2008/I. I risultati sono molto, molto sorprendenti.

Quotidiani – lettori giorno medio. Rilevati 52 Quotidiani a pagamento + 3 free.
+4% il totale lettori Quotidiani con la maggior parte delle testate in crescita rispetto al passato. Non è cambiata la classifica dei primi 5 quotidiani a pagamento: in testa La Gazzetta dello Sport con quasi 4 milioni di lettori nel giorno medio, in crescita dell’8%. Seguono La Repubblica (3,2mio +5%), Il Corriere della Sera (2,9mio -1%), La Stampa (1,7mio +17%) e Corriere dello Sport-Stadio (1,7mio + 25%).

E-Polis, con poco più di 1,4mio di lettori, guadagna la sesta posizione (era al nono posto) con una crescita del 46% dovuta alle edizioni aperte nel corso del 2008-2009. Sopra il milione di lettori troviamo Il Resto del Carlino (1,3mio +13%), Il Messaggero (1,3mio -2%) e Il Sole 24 Ore (1mio -8%).

Per quanto riguarda i quotidiani free, Leggo mantiene la leadership (2,2mio) ma, essendo in flessione (-5%), si riduce il gap con City (2mio +2%). Metro perde l’8% di lettori nel giorno medio (1,8mio).

Settimanali – lettori ultimo periodo. Rilevati 34 Settimanali + 5 Supplementi.
Stabile il totale lettori Settimanali (+0,4%) e anche in questo caso la maggior parte delle testate sono in crescita (20 su 34) ! Sorrisi e Canzoni Tv mantiene la leadership (4,9mio +0,3%). Il secondo posto lo guadagna Chi (3,4mio) con un salto di due posizione grazie ad una crescita del 24% (era al 5° posto). Di conseguenza scendono di una posizione Oggi (3,2mio +4%) e Panorama (2,9mio +2%). Il Settimanale Di Più fa un gran balzo dal decimo al quinto posto (2,8mio +19%). Le testate sopra al milione di lettori sono tutte in crescita, tranne Famiglia Cristiana (2,7mio) che perde il 3% dei lettori. In alcuni casi le crescite sono a doppia cifra, come per Donna Moderna (+10% 2,6mio), Telesette (+13% 1,4mio), Vanity Fair (+15% 1,2mio) e Visto (+54% 1,2mio). Gioia (0,6mio +49%) scala 9 posizioni (dal 30° a 21° posto) riducendo il distacco con Grazia (0,8mio -8%). Parlando ancora dei femminili, Tu perde il 50% dei lettori (0,4mio) e A-Anna il 17% (0,5mio).

Per quanto riguarda i supplementi, sono tutti in crescita ad eccezione di Affari & Finanza. Nessuna nuova testata in rilevazione, mentre non sono più rilevati Cioè, Guerin Sportivo (cambio nome e periodicità), Repubblica Salute, I Viaggi di Repubblica (entrambi posizionati all’interno del quotidiano) e Corriere della Sera Magazine (diventato Sette).

Mensili – lettori ultimo periodo. Rilevati 72 Mensili + 1 Supplemento
Anche il totale lettori Mensili è positivo (+2%) con 45 testate in crescita, 1 stabile, 24 in flessione, 5 uscite rispetto alla precedente edizione e 2 new entry: Hachette Home con 92mila lettori e Velvet con 290mila lettori.

Nessuna novità ai primissimi posti della classifica: Focus mantiene il primo posto con oltre 6,2mio di lettori (+10%), seguito da Quattroruote (4,3mio +3%) e da Al Volante (2,4mio +5%). Crescite a doppia cifra per quasi tutti i mensili con oltre 1 milione di lettori (dalla quarta all’undicesima posizione). Variazioni superiori al 20% per Cucina Moderna che registra un +37% (1,5mio) e per Glamour +22% (1,2mio) che dal 13° posto sale all’8°. Cucina Moderna non è un caso eccezionale, poiché tutti i mensili di cucina hanno guadagnato lettori.

Internet
All’intervistato che ha dichiarato la lettura di una testata, quotidiana e/o periodica, è stato chiesto se ha visitato almeno una volta il sito della testata corrispondente. Questa è una novità di Audipress 2010/I. Novità che consente di leggere la fruizione web, ma solo per le testate di cui si è dichiarata la lettura. In altre parole, sappiamo quanti lettori del quotidiano cartaceo “x” hanno dichiarato di aver visitato il sito del medesimo quotidiano.

Per la quasi totalità dei quotidiani rilevati, c’è almeno un lettore che ha dichiarato di aver visitato il sito del quotidiano letto. La Repubblica è il quotidiano con il maggior numero di lettori-visitatori del proprio sito: oltre 1 milione di lettori ha dichiarato di aver visitato anche il sito del quotidiano, cioè il 34% del totale lettori del cartaceo. Segue, per numero di lettori del sito, Il Corriere della Sera con poco più di 800mila (28%).

I lettori della Gazzetta dello Sport, invece, non vantano percentuali altrettanto elevate: infatti sono solo il 16% del totale lettori (poco più di 600mila). Così come per La Repubblica, anche Il Sole 24 Ore ha un terzo dei suoi lettori che ha dichiarato di aver visitato il sito. Per quanto riguarda i periodici sono poche le testate che riportano un dato e, di queste, nella maggior parte dei casi, il valore assoluto è molto contenuto.

Tra i settimanali spiccano con oltre 100 mila lettori, L’Espresso e Panorama, rispettivamente con il 12% e il 6% dei lettori che hanno dichiarato di aver visitato anche il sito.Tra i mensili segnaliamo Quattroruote (691mila, pari al 16% del totale lettori), Focus (475mila / 8%), National Geographic Italia (176 mila / 17%) e Pc Professionale (156mila / 24%).
(Beh, buona giornata).

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La Rai sta per diventare un “servizietto” pubblico.

Santoro, Setta e Paragone “tagliati”, Dandini, Fazio e Saviano “dimezzati”: il can can dei palinsesti Rai-blitzquotidiano.it

E’ can can dei palinsesti in casa Rai. Le bozze sono arrivate sul tavolo del direttore generale Mauro Masi e martedì verranno discusse in Consiglio di amministrazione. Ma già non mancano le sorprese. Più che un can can si potrebbe parlare di “caos” dei palinsesti, tra trasmissioni cancellate, giornalisti sostituiti, puntate dimezzate. Michele Santoro, Monica Setta e Gianluigi Paragone rischiano di chiudere i programmi. Serena Dandini e la coppia Fabio Fazio-Roberto Saviano sono a rischio “dimezzamento”. I giornalisti di RaiNews24 sono sul piede di guerra e scioperano. In più la mannaia dei tagli al personale si sta per abbattere sull’azienda.

Iniziamo da Raidue dove le sorprese, a dir la verità, erano attese. Nel palinsesto 2010-2011 non c’è “Annozero” di Michele Santoro. Nella tabella degli orari, il giovedì sera, al suo posto compare la scritta “spazio informativo”. Così, laconico, senza ulteriori spiegazioni. Prova che la frattura tra il conduttore e i vertici Rai è ancora in corso. Tanto che Santoro ha annunciato una conferenza stampa lunedì 7 giugno alle 12 a viale Mazzini per spiegare la vicenda della “separazione consensuale” dalla Rai.

Ma Santoro non è l’uncio a risentire del can can dei palinsesti. Ad essere a rischio di riconferma sono anche le trasmissioni “Il fatto del giorno” di Monica Setta e “L’ultima parola” di Gianluigi Paragone. Anche in questo caso al posto delle loro trasmission, si legge sul palinsesto “spazio informativo”. Per ora è tutto un punto di domanda, sono delle ipotesi, dei dubbi. Dubbi che verranno sciolti presto, visto che i palinsesti definitivi verranno approntati l’8 giugno durante la riunione del Consiglio d’amministrazione.

Movimenti, stravolgimenti e polemiche non riguardano solo il secondo canale. Anche Raitre naviga in acque agitate. Il viceministro Paolo Romani il 2 giugno ha criticato duramente la trasmissione “Parla con me” di Serena Dandini e nella bozza dei palinsesti il programma perderebbe una serata delle quattro settimanali per far spazio a speciali sui 150 anni dall’Unità d’Italia. Intanto, sempre su Raitre è scoppiato il caso Fabio Fazio – Roberto Saviano per il programma “Vieni via con me”. E’ già tutto pronto: quattro puntate in ottobre condotte da Fazio e con ospite speciale Saviano. Quattro puntate per quattro argomenti: una dedicata a Piergiorgio Welby, una alla ‘ndrangheta, una sulla ricostruzione in Abruzzo dopo il terremoto del 6 aprile 2009, una sulla vicenda dei rifiuti a Napoli. Proprio questi due ultimi argomenti, che infastidirebbero il governo Berlusconi, potrebbero passare sotto la mannaia dei vertici Rai. A viale Mazzini, infatti, si punta a dimezzare le serate di Saviano ed eliminare proprio quelle in cui si parlerebbe di terremoto e di rifiuti. Dalle iniziali quattro puntate, quindi, si passerebbe a due. Il tira e molla tra i dirigenti Rai e la coppia Fazio-Saviano è già in atto. Da una parte i vertici di viale Mazzini sono fermi sul punto. Dall’altro Fazio punta i piedi e dice: o si fanno tutte e quattro le puntate o non se ne fa niente.

Sull’argomento già monta la polemica. Il portavoce dell’Idv, Leoluca Orlando parla della Rai come “la stalla di Arcore” e di Mauro Masi come “lo stalliere di Arcore”. Di tutta risposta il presidente Masi ha deciso di querelare l’esponente dipietrista per “le dichiarazioni diffamatorie di inaudita gravità rilasciate ad agenzie di stampa”. In aperto contrasto con i vertici di viale Mazzini scendono in campo anche i “finiani” di FareFuturo, la fondazione del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Il direttore di Ffwebmagazine oggi scrive: “Speriamo che non sia vero. Perché non è un bel paese quello in cui la propria televisione pubblica, la televisione di tutti, decide di tagliare un evento culturale prima che mediatico come la trasmissione di Roberto Saviano. Significa che lo Stato abdica alle sue funzioni per accontentarsi di nani e ballerine, di zerbini e di veline”.

In casa Rai rimane poi aperto il caso Ruffini. L’ex direttore di Raitre è stato reintegrato da un giudice ma quello che è stato il suo posto è attualmente occupato da Antonio Di Bella. Il direttore della Rai, Mauro Masi, starebbe dunque pensando ad affidare a Ruffini la direzione di RaiCinema oppure quella di RaiNews24, determinando, però, l’allontanamento di Corradino Mineo e un altro, inevitabile, giro di walzer.Proprio oggi i giornalisti di RaiNews24 sono scesi sul piede di guerra, hanno indetto uno sciopero e fatto un sit in a viale Mazzini contro la “carenza di mezzi e risorse” con cui devono lavorare e contro “l’oscuramento” di RaiNews24 sul digitale in varie parti d’Italia.

A complicare ulteriormente le cose in casa Rai sono, infine, i tagli e gli esuberi di personale necessari per ripareggiare il bilancio dell’azienda nel 2012. La quota minima di esuberi che è stata individuata è di 750 posti. I tagli ci saranno anche tra i giornalisti: si parla di 1700 dipendenti dell’informazione che verranno mandati a casa. Le “uscite”, promettono a viale Mazzini, saranno per lo più soluzioni “soft” con pensionamenti e incentivi alla pensione. A risentire della crisi dei fondi Rai saranno anche interi settori dell’azienda. Quelli non non centrali, come il trucco e il parrucco, saranno appaltati a società esterne. Si taglierà poi sulle spese “extra” come quelle per le auto e i pullman di servizio. Masi inoltre sta pensando ad accorpare alcune redazioni, come quella di RaiNews24 e Televideo e RaiInternational oltre che, ma è solo un’ipotesi, chiudere definitivamente l’edizione notturna del Tgr e del Tg1 di mezza sera. (Beh. buona giornata).

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democrazia Media e tecnologia Società e costume

Berlusconi e il suo solito show da guitto di periferia. Che palle.

Show del premier al Quirinale-corriere.it

Giardini del Quirinale, ricevimento per la festa della Repubblica del 2 giugno. Occasione per uno show del premier Silvio Berlusconi. Che non risparmia nessuno: Bersani, Rutelli, alcuni alti prelati, la mamma di un magistrato.

RUTELLI – Il premier dunque è in vena di scherzi e battute. Una signora gli si avvicina e dice: «Presidente, sa che mio figlio è il più giovane magistrato d’Italia?». Risposta: «Poverino, sarà disperato». Poi Berlusconi incontra Francesco Rutelli e la moglie Barbara Palombelli. «Ma come mai è sempre abbronzato?» chiede il premier alla giornalista. Rutelli abbozza una difesa d’ufficio, ma il Cavaliere lo precede: «Ho capito – dice alla moglie -, tu lavori e lui lo mandi al mare». La Palombelli accetta lo scherzo e critica i politici: «Presidente, si sa che non fanno niente». Berlusconi la corregge: «No quelli che governano hanno da fare, sono quelli dell’opposizione che non fanno niente».

BERSANI – Poi arriva lo “sketch” con Bersani. Il premier sta rassicurando un’invitata sulla sua presenza alla parata di mercoledì: «Ci sarò sicuramente, faccio parte della banda». Si accorge della presenza del leader del Pd: «Io faccio la banda ma lui fa la cavalleria; è sempre all’attacco, è inesauribile. Ogni giorno ce ne ha due o tre, mica solo una. Ha una costanza…». Pronta la replica di Bersani: «Faresti meglio a pensare a Bonaiuti: quanti stipendi gli dai? Due o tre?». «No, lavora gratis» ribatte il premier.

CESA E CONTI – Nel mirino del premier anche Lorenzo Cesa e l’ad dell’Enel Fulvio Conti: Berlusconi rivela (fra il serio e il faceto) di aver offerto ai centristi il posto di ministro dello Sviluppo economico aggiungendo però che il partito di Pier Ferdinando Casini «ha preferito restare in vacanza». Poi tocca al sondaggista Renato Mannheimer: «Nonostante lui ho ancora il 62% dei consensi». Di Mario Baldassarri (presidente della commissione Finanze del Senato) dice – a una signora che lo accompagna – che è «saggio ma molto focoso».

PEDOFILIA – Infine arriva il turno di alcuni alti prelati. Berlusconi dice loro di aver difeso «accoratamente» la Chiesa cattolica sotto attacco per gli scandali di pedofilia. Prima però ha raccontato di uno scherzo che gli è stato fatto a una cena di compleanno: un signore travestito da monsignore si è improvvisamente messo a cantare per poi togliersi l’abito talare e rivelarsi un cantante di professione. «Mi ha persino dato la benedizione» dice il premier, aggiungendo infine: «E io che avevo fatto anche una difesa così accorata della Chiesa per alcune cose che stanno accadendo».

GELO CON FINI – L’unico che non può godere dell’inesauribile buon umore del premier è Gianfranco Fini, al quale viene riservata una fugace stretta di mano lontano da occhi indiscreti. Durante il ricevimento il presidente del Consiglio e il presidente della Camera, accompagnato da Elisabetta Tulliani, si sono praticamente ignorati evitando qualunque contatto. Anche con i giornalisti il premier ha mantenuto il più assoluto silenzio, tacendo sull’attacco israeliano alle navi dei pacifisti e sulle questioni di politica interna, come il ddl intercettazioni. «Parlo solo con dichiarazioni ufficiali, tutto quello che dovevo dire l’ho detto» spiega.
Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

2010, fuga da Facebook.

di Marco Ferri-3Dnews, inserto di cultura, spettacolo e comunicazione di Terra, quotidiano ecologista.

Facebook non è per niente creativo. Non produce assolutamente nulla. Tutto quello che fa è mediare relazioni che si sarebbero allacciate in ogni caso.

“Io disprezzo Facebook. Questa azienda statunitense di enorme successo si descrive come «un servizio che ti mette in contatto con la gente che ti sta intorno». Ma fermiamoci un attimo. Perché mai avrei bisogno di un computer per mettermi in contatto con la gente che mi sta intorno? Perché le mie relazioni sociali debbono essere mediate dalla fantasia di un manipolo di smanettoni informatici in California? Che ha di male il baretto?”, scriveva qualche anno fa di Tom Hodgkinson, noto scrittore inglese, sulle pagine di The Guardian.
Secondo Tom Hodgkinson ,Facebook è un progetto ben foraggiato, e le persone che stanno dietro il finanziamento, un gruppo di capitalisti “di rischio” della Silicon Valley, hanno un’ideologia ben congegnata che sperano di diffondere in tutto il mondo. Facebook è una delle manifestazioni di questa ideologia, un’espressione di un particolare tipo di liberalismo neoconservatore

Malgrado il progetto sia stato concepito inizialmente dalla star da copertina Mark Zuckerberg, il vero volto che sta dietro Facebook è il quarantenne venture capitalist della Silicon Valley e filosofo “futurista” Peter Thiel
Thiel è considerato da molti nella Silicon Valley e nel mondo del venture capital a stelle e strisce come un genio del liberismo. Ma Thiel è più di un semplice capitalista scaltro e avido. Infatti è anche un filosofo “futurista” e un attivista neocon. Filosofo laureato a Stanford, nel 1998 fu tra gli autori del libro The Diversity Myth [Il Mito della Diversità, ndt], un attacco dettagliato all’ideologia multiculturalista e liberal che dominava Stanford. In questo libro sosteneva che la “multicultura” portava con sé una diminuzione delle libertà personali.
Thiel è membro di TheVanguard.org, un gruppo di pressione neoconservatore basato su internet.

Internet è un’immensa attrattiva per i neocon come Thiel, perché promette, in un certo senso, libertà nelle relazioni umane e negli affari, libertà dalle noiose leggi nazionali, dai confini nazionali e da altre cose di questo genere
«Con Facebook Ads, i nostri marchi possono diventare parte del modo di comunicare e interagire degli utenti su Facebook», disse Carol Kruse vicepresidente della sezione marketing interattivo globale, gruppo Coca Cola.
“Condividere” è la parola in lingua di Facebook che sta per “pubblicizzare”. Chi si registra a Facebook diventa un girovago che parla delle reclame di Blockbuster o della Coca Cola, e tesse le lodi di questi marchi agli amici. Stiamo assistendo alla mercificazione delle relazioni umane, l’estrazione di valore capitalistico dall’amicizia?

Recentemente, il fondatore Mark Zuckerberg ha fatto una sorta di mea culpa sulla privacy policy di Facebook.” Sono stati commessi troppi errori in tema di privacy”, ha scritto nero su bianco Zuckerberg in un articolo apparso sul Washington Post.

Ma forse la verità sta nel fatto che milioni di utenti si sono stancati di essere “prigionieri”di Facebook. Infatti, il 31 maggio si prepara la giornata di “evasione di massa”, indetta da QuitFacebookDay.com.
Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia

No alla legge bavaglio. Una manifestazione a Roma.

(da micromega)

No alla legge bavaglio
Lunedì 24 maggio, ore 10-14

Teatro dell’Angelo, Via Simone de Saint Bon 19, Roma

Interverranno tra gli altri:

Silvia Bartolini, Oliviero Beha, Giuseppe Cascini (Anm), Giancarlo De Cataldo, Concita De Gregorio, Arturo Di Corinto, Lorenzo Fazio (Chiarelettere), Gianni Ferrara, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Gamberini (avvocato famiglie vittime Ustica), Giuseppe Laterza, Gianfranco Mascia, Ezio Mauro, Alessandro Pace, Stefano Rodotà

In collegamento dal Teatro Franco Parenti a Milano:

Fiorello Cortiana, Giorgio Marinucci, Valerio Onida

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democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia

Appello contro la legge bavaglio.

“La libertà è partecipazione informata”-nobavaglio.it

Al Senato la maggioranza cerca di imporre la Legge sulle intercettazioni telefoniche che scardinerebbe aspetti essenziali del sistema costituzionale.
Sono a rischio la libertà di manifestazione del pensiero ed il diritto dei cittadini ad essere informati.
Non tutti i reati possono essere indagati attraverso le intercettazioni e viene sostanzialmente impedita la pubblicazione delle intercettazioni svolte
Una pesante censura cadrebbe sull’informazione. Anche su quella amatoriale e dei blog (Art.28).
Se quella legge fosse stata in vigore, non avremmo avuto alcuna notizia dei buoni affari immobiliari del Ministro Scajola e di quelli bancari di Consorte.
Se la legge verrà approvata, la magistratura non potrà più intervenire efficacemente su illegalità e scandali come quelli svelati nella sanità e nella finanza, non potrà seguire reati gravissimi.
Si dice di voler tutelare la Privacy: un obiettivo legittimo, che tuttavia può essere raggiunto senza violare principi e diritti.
Si vuole, in realtà, imporre un pericoloso regime di opacità e segreto.
Le libertà costituzionali non sono disponibili per nessuna maggioranza.

Stefano Rodotà
Fiorello Cortiana
Juan Carlos De Martin
Arturo Di Corinto
Carlo Formenti
Guido Scorza
Alessandro Gilioli
Enzo Di Frenna

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Attualità democrazia Media e tecnologia

La lettera aperta che Maria Luisa Busi, giornalista Rai ha scritto a Augusto Minzolini, direttore del TgUno. Una fotografia dell’Italia.

(fonte: repubblica.it).
“Caro direttore ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell’edizione delle 20 del Tg1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori”.

“Come ha detto il presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli: ‘La più grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la sua identità, parte dell’ascolto tradizionale”.

“Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perché è un grande giornale. E’ stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l’informazione del Tg1 è un’informazione parziale e di parte. Dov’è il Paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d’Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perché negli asili nido non c’è posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l’onore di un nostro titolo.

E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie. Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell’Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè falliti? Dov’è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell’Italia esiste. Ma il tg1 l’ha eliminata. Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel Tg1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale”.

“L’Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un’informazione di parte – un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull’inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo – e l’infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale”.

“Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto. Nell’affidamento dei telespettatori è infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. E’ lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori”.

“I fatti dell’Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. E’ quello che accade quando si privilegia la comunicazione all’informazione, la propaganda alla verifica”.

Nella lettera a Minzolini Busi tiene a fare un’ultima annotazione “più personale”: “Ho fatto dell’onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non è tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente. Pertanto:
1)respingo l’accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente – ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI – le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un arricchimento. Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c’è più alcuno spazio per la dialettica democratica al Tg1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo.
2)Respingo l’accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti. E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.
3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l’intervista rilasciata a Repubblica 2, lettera nella quale hai sollecitato all’azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di “danneggiare il giornale per cui lavoro”, con le mie dichiarazioni sui dati d’ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni. Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: ‘il Tg1 darà conto delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a campagne ideologiche”. Posso dirti che l’unica campagna a cui mi dedico è quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto. Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama – anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta – hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni. Sono stata definita ‘tosa ciacolante – ragazza chiacchierona – cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali’ e via di questo passo. Non è ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate risponderà il mio legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle 20. Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che abbiamo bisogno”.

E conclude: “Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità.
Quello che nutro per la storia del Tg1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere”. (Beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia Popoli e politiche Società e costume

“La memoria è l’anima della civiltà e della cultura.”

Il futuro della memoria, di Dino Messina-http://lanostrastoria.corriere.it/2010/05/il-futuro-della-memoria.ht

Quale avvenire per la memoria? Sembra un gioco di parole ma è uno dei temi cruciali del mondo contemporaneo, assediato da un fiume di informazioni, da un eccesso di dati. Non a caso questa domanda ha dato il titolo a uno degli incontri più seguiti al Salone del libro, con Umberto Eco affiancato da Patrizia Violi e Maurizio Ferraris. “Senza memoria – ha esordito Eco con la consueta verve – non si può andare né in paradiso né all’inferno. Se non metti insieme quel che hai visto oggi con quel che è successo ieri affronti la realtà come un drogato. Se non hai memoria perdi l’anima e la memoria è l’anima della civiltà e della cultura. La funzione della memoria non è soltanto di ricordare ma anche di selezionare”.

Ed è su questo punto che mostra tutti i suoi limiti il mondo del web, paragonato a quel personaggio creato da Jorges Luis Borges, “Funes el memorioso”, con una tale capacità di ricordare da essere quasi un prodigioso idiota. “Con il suo eccesso di informazione – ha detto Eco – il web rappresenta una cultura che non ha messo niente in latenza e che a volte ci impedisce di capire”. Inoltre questa informazione enorme rischia di scomparire. Chi ci garantisce, si è chiesto lo scrittore e semiologo, che gli attuali supporti informatici abbiano la stessa capacità di durata della carta? “Oggi un computer non riesce a leggere un floppy disk di dieci o quindici anni fa mentre riusciamo ancora a studiare un incunabolo di cinquecento anni fa”.

Il paragone tra carta e web riguarda naturalmente le enciclopedie. Anche Umberto Eco consulta Wikipedia, l’enciclopedia on line controllata dal basso, dalla comunità, “che tuttavia non è la comunità scientifica”. E’ vero che esiste un comitato che controlla le voci ma non lo fa con tutte: “Nella biografia a me dedicata per esempio avevano scritto che ero sposato con la figlia del mio editore. Un’invenzione totale. Il rischio – ha concluso Eco – è di un disfacimento medioevale dove vale soltanto la voce della tradizione senza un vero controllo”. E, ritornando alla triade iniziale, ha scandito il professore, “se la memoria è l’anima della cultura, SOS”.

Selezionare, ragionare sui fatti, costruire memoria è compito essenzialmente degli storici, cui ieri sono stati dedicati due incontri di particolare rilievo: “Dalla memoria alla storia” di Giovanni De Luna, e la discussione tra Ernesto Galli della Loggia e Francesco Traniello, con Roberto Righetto di “Avvenire”, “Memoria e oblìo. 150 anni di storia d’Italia”. De Luna si è misurato con il problema delle tantissime leggi sulla memoria, una campo nient’affatto neutrale: “Perché per esempio per ricordare le vittime della Shoah è stata scelta la data del 27 gennaio 1945, giorno della liberazione di Auschwitz e non il 16 ottobre 1943, giorno della deportazione nel ghetto di Roma? Evidentemente si voleva far passare in secondo piano le responsabilità italiane”.

Tra le tante leggende riaffioranti in questi anni sul processo unitario, Galli della Loggia ha criticato tra le altre la vulgata che vuole il Mezzogiorno penalizzato dal processo di unificazione nazionale: “Al Sud gli analfabeti erano l’80 per cento della popolazione, contro una percentuale del 40-50 al Nord. Le regioni settentrionali avevano per esempio l’85 per cento della produzione della seta e esportavano soprattutto in altri Paesi europei. C’è da chiedersi perché sia nata e si sia diffusa questa leggenda”. Una delle risposte è che le tre grandi ideologie, il cattolicesimo politico, il comunismo e il fascismo hanno sposato la tesi del Risorgimento incompiuto fatto ai danni delle popolazioni meridionali.
Se la memoria è uno strumento inerte quando manca la selezione, senza l’analisi storica può essere anche dannosa.

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Attualità Media e tecnologia

Criteri giornalistici.

‘Sono accuse infondate’. Cosi’ la direzione del Tg1 replica alle polemiche nate sui dati dell’Osservatorio di Pavia su un presunto squilibrio a favore della maggioranza. ‘Abbiamo solo seguito un criterio giornalistico – spiegano fonti della direzione – ed e’ chiaro che in un momento come questo, in cui tiene banco la dialettica interna al Pdl, la maggioranza ha piu’ spazio’. Non c’è niente di più divertente dell’ironia involontaria. Beh, buona giornata.

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democrazia Media e tecnologia

Come il direttore del Tg Uno si guadagna lo stipendio.

L’Osservatorio di Pavia realizza per la Commissione di Vigilanza sulla Rai i un rapporto mensile. Secondo l ‘Osservatorio nel mese di Aprile il il Tg1 (il tv governativo, diretto da Augusto Minzolini) ha riservato a tutti i partiti di opposizione (Pd, Udc e Idv in particolare) il 19,6% degli spazi. Il resto se lo spartiscono il governo (43,2%) e i partiti di maggioranza (15%). Ancora più evidente lo squilibrio se si guarda ai politici più presenti in video: sui primi tre gradini del podio ci sono tre esponenti del centrodestra: al primo posto c’è ovviamente Berlusconi, che sul Tg1 delle 20 ha parlato per 667 secondi. Più del doppio del tempo riservato al secondo classificato, il presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha fatto sentire la sua voce per 314 secondi, tallonato dal ministro degli Esteri Franco Frattini con 294 secondi. Beh, buona giornata.

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Attualità Media e tecnologia

Che cos’è Roberto Saviano, agli occhi di Emilio “lecca-lecca” Fede?

Il berlusconismo di Fede riesuma la guerra al “culturame” di Maio Ajello-ilmessaggareo.it

E’ tornato il «culturame». Il berlusconismo avrebbe potuto prendere tante cose buone dalla tradizione della Dc, e invece ha adottato il suo aspetto meno esaltante: la polemica contro il «culturame» che fu lanciata da Mario Scelba. Che cos’è Roberto Saviano, agli occhi di Emilio Fede? «Non un eroe, ma un rompiscatole» appartenente, a quel ceto di intellettuali vanitosi e sinistresi che Brunetta, Bondi e compagnia mettono continuamente nel mirino della destra. Al punto che si preferisce un coiffeur per rifare gli Uffizi, o un ex dirigente della Mc Donald’s, Mario Resca, per dirigere i Beni Culturali. E se Saviano, già attaccato da Berlusconi, è un «rompiscatole» un po’ come la Guzzanti, un altro esponente del «culturame» – l’economista Marco Biagi, ucciso dalle Br – era un «rompicoglioni», secondo l’appena dimissionato Scajola. Lo Scelba che parlava di «culturame» era anche un politico serio, pure troppo, che intratteneva coversazioni e carteggi di alto livello con don Sturzo. I suoi epigoni si sono accontenati al massimo di qualche chiacchiera con il compianto don Gianni (Baget Bozzo) o di qualche sbirciata ai libri di Tremonti. (Beh, buona giornata).

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Qual è il segreto della longevità del manager?

Il segreto per campare 100 anni non è nella genetica, ma nella personalità e in uno stile di vita sereno. Lo dice una ricerca australiana. I tratti comuni evidenziati fra 200 persone ultracentenarie sono non fumare, non bere in eccesso, mantenere un peso regolare, buone relazioni e contatti sociali, ottimismo e apertura al cambiamento. Secondo lo studio dell’Università del Nuovo Galles del sud, la longevità è ereditaria nel 20-30% dei casi, mentre i fattori ambientali pesano fra il 70 e l’80%.

Ma qual è il segreto della longevità del manager? La domanda è lecita, nonché di grande attualità, vista la moria di top manager nella pubblicità italiana degli ultimi mesi. Non fumano, non bevono, non hanno la pancetta. Magari capiscono poco di comunicazione, però hanno avuto almeno il talento di intrattenere buone relazioni e contatti sociali, si sono sempre atteggiati a un grande ottimismo. Oh, mio dio, adesso che ci penso deve essere la mancanza di apertura al cambiamento. Mannaggia. Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La ricerca di nuovi clienti nella pubblicità italiana.

Se per un buon giornalista la notizia non è che un cane ha morso un uomo, ma è che un uomo ha morso un cane, per un buon pubblicitario le cose stanno così: immaginate un mandria di
cavalli, al galoppo nella prateria. Adesso figuratevi che tra i cavalli selvaggi al galoppo ci sia una zebra. Uno si chiederebbe: che ci fa una zebra in una mandria di cavalli? Il creativo, invece, rovescerebbe la domanda: che ci fa una mandria di cavalli intorno alla zebra? Si chiama meccanismo di rovesciamento, serve a dare una notizia, sorprendendo l’ascoltatore, il telespettatore, il navigatore, il lettore.

Lo so, lo so: la pubblicità sorprendente in Italia non è di moda, anzi, si pratica il banale conformismo della ripetizione. Così che invece che di cavalli, meglio sarebbe parlare di somari.
Ma, tornando ai cavalli, mi sembra una buona metafora che possa descrivere come si fa new business, cioè si cerca di conquistare nuovi clienti nel nostro mercato della comunicazione
commerciale.

Ecco la metafora.
Non ci sono più cavalli selvaggi da domare: il mercato è saturo, non si affacciano alla comunicazione nuovi soggetti, cioè scarseggiano prodotti innovativi, nuovi territori per le marche.
Le ‘giacche blu’, cioè le multinazionali, nell’era della globalizzazione continuano a usare il 7° cavalleggeri dei grandi network: lenti, polverosi, gnucchi e scomodi, come Forte Apache.
Comandati da testoni presuntuosi e perdenti, come il generale Custer. Ma, nella speranza che la tromba suoni la carica e prima o poi “arrivano i nostri”, continuano a mandare messaggeri a Forte Apache. Quelli però stanno facendo le grandi manovre nel cortile e prima che partano in formazione da combattimento per risolvere i problemi dei coloni, pardòn, dei clienti, quelli i clienti hanno già perso lo scalpo.

Poi nel mercato italiano ci sono piccole tribù, che si rifiutano di finire nelle riserve. E allora che fanno? Siccome cavalli liberi non ce ne sono più, e avvicinarsi a Forte Apache è pericoloso e
dispendioso, allora strisciano nella prateria, aspettando il momento buono per rubare i cavalli alla tribù vicina. La quale si incazza, maledice la sfiga. E poi che fa? Striscia nella prateria, aspettando il momento buono per rubare i cavalli alla tribù vicina. Io rubo a te, che tu rubi a me. Il fatto è che a ogni scorreria, il valore della mandria rubata si assottiglia.

Forse, bisognerebbe fare come Geronimo, cioè fare un consorzio di creativi, mettere d’accordo le piccole tribù e provocare una sonora Little Big Horn e addio i generali Custer e tanti saluti ai
Forte Apache. Ma questo è tutto altro film. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Media e tecnologia

“La tutela della privacy è divenuta il pretesto per aggredire l’odiata magistratura, l’insopportabile stampa.”

La legge che ordina il silenzio stampa, di STEFANO RODOTÀ-repubblica.it
SE LA legge sulle intercettazioni verrà approvata nel testo in discussione al Senato, sarà fatto un passo pericoloso verso un mutamento di regime. I regimi non cambiano solo quando si è di fronte ad un colpo di Stato o ad una rottura frontale. Mutano pure per effetto di una erosione lenta, che cancella principi fondativi di un sistema. Se quel testo diverrà legge della Repubblica, in un colpo solo verranno pregiudicati la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto di sapere dei cittadini, il controllo diffuso sull’esercizio dei poteri, le possibilità d’indagine della magistratura. Ci stiamo privando di essenziali anticorpi democratici. La censura come primo passo concreto verso l’annunciata riforma costituzionale, visto che si incide sulla prima parte della Costituzione, quella dei principi e dei diritti, a parole dichiarata intoccabile? Se così sarà, dovremo chiederci se viviamo ancora in uno Stato costituzionale di diritto.

Questa operazione sostanzialmente eversiva si ammanta del virtuoso proposito di tutelare la privacy. Ma, se questo fosse stato il vero obiettivo, era a portata di mano una soluzione che non metteva a rischio né principi, né diritti. Bastava prevedere che, d’intesa tra il giudice e gli avvocati delle parti, si distruggessero i contenuti delle intercettazioni relativi a persone estranee alle indagini o comunque irrilevanti; si conservassero in un archivio riservato le informazioni di cui era ancora dubbia la rilevanza; si rendessero pubblicabili, una volta portati a conoscenza delle parti, gli atti di indagine e le intercettazioni rilevanti.

Su questa linea vi era stato un largo consenso, che avrebbe permesso una approvazione a larga maggioranza di una legge così congegnata.

Ma l’obiettivo era diverso. La tutela della privacy è divenuta il pretesto per aggredire l’odiata magistratura, l’insopportabile stampa. Non si vuole che i magistrati indaghino sul “mostruoso connubio” tra politica e affari, sull’illegalità che corrode la società. Si vuole distogliere l’occhio dell’informazione non dal gossip, ma da vicende che inquietano i potenti, dal malaffare. Se quella legge fosse stata approvata, non sarebbe stato possibile dare notizie sul caso Scajola, perché si introduce un divieto di pubblicazione che non riguarda le sole intercettazioni.
In un paese normale proprio quest’ultima vicenda avrebbe dovuto indurre alla prudenza. Sta accadendo il contrario. Al Senato si vuole chiudere al più presto. E questo è coerente con l’affermazione del presidente del Consiglio, secondo il quale in Italia “c’è fin troppa libertà di stampa”. Quale migliore occasione per porre rimedio a questo eccesso di una bella legge censoria?

Scajola, infatti, è stato costretto a dimettersi solo dalla forza dell’informazione. Una situazione apparsa intollerabile. Ecco, allora, il bisogno di arrivare subito ad una legge che interrompa fin dall’origine il circuito informativo, riducendo le informazioni che la magistratura può raccogliere, impedendo che le notizie possano giungere ai cittadini prima d’essere state sterilizzate dal passare del tempo. Non si può tollerare che i cittadini dispongano di informazioni che consentano loro di non essere soltanto spettatori delle vicende politiche, ma di divenire opinione pubblica consapevole e reattiva.

Si arriva così all’infinito silenzio stampa, all’opinione pubblica impotente perché ignara dei fatti, visto che nulla può esser detto su qualsiasi fatto delittuoso fino all’udienza preliminare, dunque fino a un tempo che può essere lontano anni dal momento in cui l’indagine era stata aperta. Che cosa resterebbe della democrazia, che non vuol dire soltanto “governo del popolo”, ma pure governo “in pubblico”? In tempi di corruzione dilagante si abbandona ogni ritegno e trasparenza, si dimentica il monito del giudice Brandeis: in democrazia “la luce del sole è il miglior disinfettante”. Stiamo per essere traghettati verso un regime di miserabili arcana imperii, di un segreto assoluto posto a tutela di simoniaci commerci di qualsiasi bene, di corrotti e corruttori, di faccendieri e di veri criminali.

Questo regime non avvolgerebbe soltanto in un velo oscuro proprio ciò che massimamente avrebbe bisogno di chiarezza. Creerebbe all’interno della società un grumo che la corromperebbe ancor più nel profondo. Le notizie impubblicabili, infatti non sarebbero custodite in forzieri inaccessibili. Sarebbero nelle mani di molti, di tutte le parti, dei loro avvocati e consulenti che ricevono le trascrizioni delle intercettazioni, gli atti d’indagine, gli avvisi di garanzia, i provvedimenti di custodia cautelare. Questo materiale scottante alimenterebbe i sentito dire, la circolazione di mezze notizie, le allusioni, la semina del sospetto. Renderebbe possibili pressioni sotterranee, o veri e propri ricatti. Creerebbe un clima propizio ad un “turismo delle notizie”, alla pubblicazione su qualche giornale straniero di informazioni “proibite” che poi rimbalzerebbero in Italia.

Accade sempre così quando ci si allontana dalla via retta della democrazia e dei diritti. Dal diritto d’informazione in primo luogo, che non è privilegio dei giornalisti, ma diritto fondamentale d’ogni persona, la premessa della sua cittadinanza attiva, del suo “conoscere per deliberare”. Ce lo ricordano le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, dov’è sempre ripetuto che “la libertà d’informazione ha importanza fondamentale in una società democratica”. In una sentenza del 2007, che riguardava due giornalisti francesi autori d’un libro sulle malefatte di un collaboratore di Mitterrand, la Corte ha ritenuto che la notorietà della persona e l’importanza della vicenda rendevano legittima la pubblicazione anche di notizie coperte dal segreto. In una sentenza del 2009 si è messo in evidenza che eccessivi risarcimenti del danno a carico di giornalisti e editori possono costituire una forma di intimidazione che viola la libertà d’informazione: che cosa dovremmo dire quando, da noi, il testo all’esame del Senato impugna come una clava le sanzioni pecuniarie con chiaro intento intimidatorio? E guardiamo anche agli Stati Uniti, al fermo discorso di Hillary Clinton sul nesso tra democrazia e libertà di espressione su Internet, alle ultime sentenze della Corte Suprema che, pure di fronte a casi sgradevoli e imbarazzanti, ha riaffermato la superiorità del Primo Emendamento, appunto della libertà di espressione

Un velo d’ignoranza copre gli occhi del legislatore italiano. Ma non è il benefico velo che lo mette al riparo da pressioni, da influenze improprie. È l’opposto, è la resa alla imposizione di chi non vuole che si guardi al mondo quale veramente è. Nasce così un’anomalia culturale, prima ancora che giuridico-istituzionale. Ci allontaniamo dai territori della civiltà giuridica, e ci candidiamo ad esser membri a pieno titolo del club degli autoritari Certo la nostra Corte costituzionale prima, e poi quella di Strasburgo, potranno ancora salvarci. Intanto, però, la voce dei cittadini può farsi sentire, e non è detto che rimanga inascoltata.
(Beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia Pubblicità e mass media Società e costume

Per Draquila della Guzzanti una grande campagna pubblicitaria, con Bondi, Brambilla e Bertolaso come testimonial.

Il ministro della Cultura, Sandro Bondi, ha «declinato» l’invito a partecipare al prossimo festival di Cannes, esprimendo «rincrescimento e sconcerto per la partecipazione di una pellicola di propaganda, Draquila, che offende la verità e l’intero popolo italiano».

Draquila è un docufilm satirico scritto e interpretato da Sabina Guzzanti, sulla vicenda della ricostruzione de L’Aquila, colpita dal terremoto.

Giorni fa il ministro del Turismo Micaela Brambilla ha detto: “Mi riservo di dare mandato all’avvocatura dello Stato per i danni che queste immagini potrebbero arrecare al nostro paese. Queste immagini mi indignano e mi offendono ancor prima come cittadino che come ministro. E’ ora di finirla di gettare discredito sul nostro paese. La sinistra da mesi critica e cerca di buttare fango sulla nostra Italia”.

Ma il primo a urlare alo scandalo è stato il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso: “Portando Draquila a Cannes credo che l’Italia non farà una bella figura. Presto, prestissimo, si parlerà di noi e dell’Aquila, a un festival del cinema si presenterà una verità che non è ‘la’ verità ma, appunto ‘una parte’ di verità”.

Se queste cose avessero un senso, allora dovremmo dire che tutta la stagione del neo-realismo italiano, per esempio, ha gettato discredito alla rinascita e alla ricorstuzione dell’Italia post-bellica. Cosa, che tutti sanno è risultata essere stata proprio l’esatto contrario.

D’altro canto c’è poco da stupirsi: per quanto sia avvilente, questa è la realtà del livello politico e culturale degli uomini e delle donne del nostro attuale governo. Per far bella figura davanti al loro capo, il Cavaliere, non si rendono neppure conto che sono proprio queste insensate dichiarazioni di servilismo che gettano discredito sul nostro Paese.

Parole che fanno il verso ai quei tempi bui e feroci, quanto cialtroni e ridicoli in cui la Cultura di questo paese era diretta dal famigerto Minculpop, il ministro della propaganda durante il Fascismo.

Detto questo, c’è da notare un risvolto incredibilmente grottesco: così facendo, i membri del governo stanno interpretando, inconsapevolmente e gratuitamente, il ruolo di testimonial di una inedita campagna pubblicitaria a favore di Draquila, che a questo punto rischia seriamente di vincere un premio a Cannes. Da non credere. Beh, buona giornata.

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democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia

“Al Senato la maggioranza cerca di imporre la legge sulle intercettazioni telefoniche che scardinerebbe aspetti essenziali del sistema costituzionale.”

Al Senato la maggioranza cerca di imporre la legge sulle intercettazioni telefoniche che scardinerebbe aspetti essenziali del sistema costituzionale.

Sono a rischio la libertà di manifestazione del pensiero ed il diritto dei cittadini ad essere informati.

Non tutti i reati possono essere indagati attraverso le intercettazioni e viene sostanzialmente impedita la pubblicazione delle intercettazioni svolte.
Una pesante censura cadrebbe sull’informazione. Anche su quella amatoriale e dei blog.

Se quella legge fosse stata in vigore, non avremmo avuto alcuna notizia dei buoni affari immobiliari del Ministro Scajola e di quelli bancari di Consorte.

Se la legge verrà approvata, la magistratura non potrà più intervenire efficacemente su illegalità e scandali come quelli svelati nella sanità e nella finanza, non potrà seguire reati gravissimi.
Si dice di voler tutelare la Privacy: un obiettivo legittimo, che tuttavia può essere raggiunto senza violare principi e diritti.

Si vuole, in realtà, imporre un pericoloso regime di opacità e segreto.
Le libertà costituzionali non sono disponibili per nessuna maggioranza.

Stefano Rodotà. Fiorello Cortiana, Juan Carlos De Martin, Arturo Di Corinto, Carlo Formenti , Guido Scorza.

Facciamo sentire la nostra voce.

Interveniamo direttamente aderendo all’appello e scrivendo ai senatori membri della Commissione Giustizia.
(Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia

“Se fosse già in vigore la legge proposta dal ministro Alfano sulle intercettazioni, gli italiani nulla saprebbero ancora della casa di Scajola.”

Con la nuova legge neppure una riga. Se la nuova legge fosse già in vigore neanche una riga sulla casa di Scajola, di Luigi Ferrarella -corriere.it

Cosa c’entrano le intercettazioni con il caso Scajola? Niente: alla base della sua vicenda non ci sono microspie, ma solo assegni bancari e dichiarazioni di testimoni, atti peraltro tutti non più coperti da segreto perché depositati al Tribunale del Riesame. Eppure, se fosse già in vigore la legge proposta dal ministro Alfano sulle intercettazioni, gli italiani nulla saprebbero ancora della casa di Scajola. E nulla gli italiani ancora saprebbero perché nulla i giornali avrebbero potuto scriverne in questi 12 giorni, e ancora fino a chissà quanti altri mesi.

Al contrario di quello che i promotori della legge raccontano, e cioè che con essa intendono impedire la pubblicazione selvaggia di intercettazioni segrete, l’attuale testo in discussione alla Commissione Giustizia del Senato vieta, con la scusa delle intercettazioni, la pubblicazione — non solo integrale ma neanche parziale, neanche soltanto nel contenuto, neanche soltanto per riassunto — degli atti d’indagine anche se non più coperti dal segreto, e questo fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza.

In più, aggancia la violazione di questo divieto a un’altra legge già esistente (la 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese per reati commessi dai dipendenti nell’interesse aziendale), e per ogni pubblicazione arbitraria fa così scattare non solo ammende maggiorate per i cronisti (da 2 a 10 mila euro, dunque con oblazione a 5 mila euro), ma soprattutto maxi-sanzioni a carico delle aziende editoriali fino a 465 mila euro a notizia

Per dare un’idea dell’impatto, i quotidiani nazionali, con quello che hanno pubblicato di vero e di più non segreto in questi 12 giorni, rischierebbero già 4/5 milioni di euro, e i loro cronisti oblazioni già per 60 mila euro a testa (sempre che il giudice non ritenga, a motivo della gravità del fatto, di negare l’oblazione e avviare il giornalista a un processo che potrebbe concludersi con la condanna a 2 mesi di arresto per ogni pubblicazione arbitraria).

Il caso di Scajola è ancor più istruttivo perché rivela quanto ipocrita sia il ritornello di chi vuole far discendere dalla sola rilevanza penale la condizione di «scrivibilità» di una vicenda giudiziaria, e dalla sola qualifica di indagato l’unico criterio di interesse pubblico di una notizia.

Il ministro non è indagato dalla Procura di Perugia ed è possibile che nemmeno lo sia in futuro, quindi in base a questo buffo criterio non si dovrebbe scriverne alcunché. Allo stato, anzi, Scajola è un «terzo» estraneo ai fatti di reato contestati invece ad Anemone e Zampolini per il controverso tragitto immobiliare di quegli 80 assegni, e dunque la sua vicenda, misurata su questo singolare parametro, dovrebbe restare esente da attenzioni giornalistiche.

Ma quanto questo sarebbe assurdo l’ha dimostrato indirettamente proprio un importante dirigente del partito di Scajola e di Alfano, il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini, quando poche settimane fa convocò una conferenza stampa per sventolare alcune intercettazioni allegate a una memoria difensiva depositata agli atti e dunque non più segrete, dalle quali a suo avviso emergevano non reati ma indebiti comportamenti di un dirigente del centrosinistra toscano. Iniziativa assolutamente legittima, se l’onorevole Verdini la ritiene valida e se, come ogni giornalista, se ne assume la responsabilità (su veridicità e continenza) rispetto ai già oggi esistenti confini della diffamazione.

Solo che il coordinatore del Pdl dovrebbe andare a farlo presente al ministro della Giustizia, appena approderà in Parlamento la legge che dichiara di voler fermare le intercettazioni selvagge ma in realtà vieta la cronaca. O provare a ricordarlo al presidente del Consiglio quando, come ieri, afferma che in Italia «c’è fin troppa libertà di stampa». (Beh, buona giornata).

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