Categorie
Finanza - Economia

Mentre l’italietta berlusconista si interroga sulle relazioni “piccanti”, la nuova politica industriale di stato del ventunesimo secolo è stata inaugurata con l’accordo Opel-Magna. L’amico Vladimir ha fatto maramao all’amico Silvio.

Opel-Magna, la vittoria politica dell’asse del gas Putin-Schröder -sole24ore.com

La nuova politica industriale di stato del ventunesimo secolo è vicina al suo battesimo. Se l’accordo tra la cordata rappresentata da Magna con Gm e il governo di Berlino andrà a buon fine, sarà il primo grande affare tra governi nell’economia del dopo crisi finanziaria. con un vincitore certo: la Russia di Vladimir Putin. E finanziatori altrettanto certi: la Germania di Angela Merkel e i contribuenti tedeschi.

Si entra in un territorio nuovo, dove i muscoli di stato sostituiscono il mercato. la nuova proposta targata Magna-Sberbank-Gaz presentata ieri non é ancora chiara. Ma ci sono alcuni punti fermi. Magna, produttore canadese di componenti per automobili, ha una buona liquidità in cassa ma soffre parecchio della crisi: nel primo trimestre del 2009, il suo fatturato si é quasi dimezzato. Prenderà il 20 per cento di Opel. Sberbank é la prima banca russa, pubblica, amata dal primo ministro éutin che la sogna come «banca del popolo», ma é in guai anche più seri di quelli delle banche occidentali. Prenderà il 35 per cento di Opel. Gaz, produttore di automobili controllato dall’oligarca oleg Deripaska, sta in un mercato, quello russo, che nel 2009 probabilmente crollerà del 60 per cento. Prenderà lo zero per cento di Opel perché é senza soldi, ma promette di garantire un milione di auto tedesche vendute ogni anno tra Russia e Cina. Il resto delle azioni resterà per il 35 per cento in mano alla Gm americana e per un 10 per cento andrà ai dipendenti della casa automobilistica tedesca».

Non un gran punto di partenza, bisogna dire. la cordata, però, ha sì debolezze ma ha anche un grande punto di forza. È amata, da prima ancora che si sapesse cosa voleva fare, da gran parte della politica tedesca, soprattutto dai socialdemocratici che stanno al governo come partner dell’Unione Cdu-Csu della signora Merkel, e dai forti sindacati della germania. È difficile dire come sia esploso all’improvviso questo amore, visto che la proposta Magna- Sberbank-Gaz é molto onerosa e rischiosa per la germania. Una risposta, però, c’é. si chiama Gerhard Schröder.

L’ex cancelliere, dopo avere perso le elezioni del 2005, é diventato un grande mediatore di affari internazionali che fonda la sua forza su un rapporto strettissimo con Putin e sulla rete di relazioni eccezionali che ha in Germania e in occidente. È presidente del comitato degli azionisti del Nord Stream, il controverso gasdotto controllato dalla moscovita Gazprom che collegherà Russia e Germania e irrita molti paesi europei. Ha un ruolo da ago della bilancia nel consiglio di amministrazione della litigiosissima joint-venture petrolifera bp-tnk tra il gruppo britannico e un gruppo di investitori russi. Media affari in Iran. e sul caso Opel ha ispirato – secondo le informazioni che circolano a Berlino – la cordata Magna-sberbank-Gaz. Ha capito che la crisi Opel era un’opportunità per Putin di mettere un piede in un gruppo ad alta tecnologia occidentale e ha pensato a una soluzione.

Magna – nel cui consiglio di sorveglianza siede Franz Vranitzky, ex cancelliere austriaco e socialdemocratico – funziona da volto accettabile per l’opinione pubblica tedesca e nell’affare Opel di suo rischia poco. Dietro, stanno le armate russe: senza soldi, ma che si sono assicurate una promessa di prestito da quattro miliardi da Commerzbank, banca tedesca in cui il governo di Berlino ha da poco preso una quota del 25 per cento. sulla base del suo nome, poi, Schröder ha galvanizzato l’esercito socialdemocratico tedesco che ha subito alzato la bandiera Magna- Sberbank-Gaz: dai sindacati a Frank Walter Steinmeier, leader della Spd e suo ex capo di gabinetto quando era cancelliere. un capolavoro. Angela merkel? Riesce a non nazionalizzare Opel, come in un primo momento voleva la Spd, e a non rompere troppo gli equilibri nel suo governo di grande coalizione. Nei prossimi giorni, però, avrà parecchi guai.

Share
Categorie
democrazia

“Il gossip, lo show, il privato che fagocita il pubblico, i problemi veri semplificati fino a divenire non-problemi, dunque falsi problemi: questi i golem, e tutti provengono dalle officine del berlusconismo.”

Vacuità della politica di BARBARA SPINELLI-La Stampa.

Non è la prima volta che il presidente del Consiglio s’indigna per il trattamento che gli riservano i magistrati che lo processano, o i giornalisti che indagano sulla spregiudicatezza con cui mescola condotte private e pubbliche. S’indigna a tal punto che le due figure – il magistrato, il giornalista – sono equiparate a quella del delinquente: è avvenuto giovedì all’assemblea della Confesercenti. Le tre categorie sono assimilate a loro volta all’opposizione politica. Le accuse che vengono loro rivolte sono essenzialmente due. Primo, l’offesa al popolo sovrano, al consenso che esso ha dato alle urne e che imperturbato rinnova nei sondaggi. Secondo, la natura pretestuosa di tali attacchi antidemocratici: il primato dato alla forma sulla sostanza, ai problemi finti degli italiani su quelli veri, allo show sulla realtà, al gossip sulla politica del leader.

L’accusa va presa sul serio, perché il premier ha costruito il proprio carisma sulla maestria dello show e non ha concorrenti in materia. In particolare sa abbandonarlo, se serve, e presentare l’avversario come vero manipolatore della società dello spettacolo. Come ha scritto Carlo Galli, «il suo vero potere è sul linguaggio e sull’immaginario»: qui è l’egemonia che dagli Anni 80 esercita sul senso comune degli italiani, e che l’opposizione non ha imparato a scalfire (la Repubblica 25 maggio).
Ma qualcosa si va scheggiando, in questo perfetto potere d’influenza, come accade agli apprendisti stregoni che non dominano più interamente i golem fabbricati.

Il gossip, lo show, il privato che fagocita il pubblico, i problemi veri semplificati fino a divenire non-problemi, dunque falsi problemi: questi i golem, e tutti provengono dalle officine del berlusconismo. Sono la stoffa della sua ascesa, gli ingredienti della sua egemonia culturale in Italia. Quel che succede oggi è una nemesi: il problema finto divora quello vero, show e gossip colpiscono chi li ha messi sul trono. All’estero la condanna è dura. Non da oggi, certo: l’Economist lo giudicò «inadatto a governare» il 28 aprile 2001, sono passati anni e Berlusconi resta forte. Ma lo sguardo esterno stavolta s’accanisce, perché finzioni e non-verità si accumulano.

Il fatto è che nel frattempo il mondo è cambiato, attorno a lui. Berlusconi è figlio di un’epoca di vacuità della politica: il mercato la scavalcava impunemente, ignorando ogni regola; l’imprenditore-speculatore sembrava più lungimirante e realista del politico di professione. Il liberalismo dogmatico regnò per decenni, e Berlusconi fu una sua escrescenza. Ma questo mondo giace oggi davanti a noi, squassato dalla crisi divampata nel 2008. La regola e la norma tornano a essere importanti, il realismo dei boss della finanza è screditato, la domanda di politica cresce. È quel che Fini presagisce: senza dirlo si esercita in toni presidenziali, conscio del prestigio miracolosamente sopravvissuto del Colle. La crisi del 2007-2008 è sfociata in America nella sconfitta di Bush, ma quel che Pierluigi Bersani ha detto in una recente conferenza è verosimile: «Il capitalismo non finisce, ma finisce una fase ad impronta liberista della globalizzazione. E non finisce perché c’è Obama, ma c’è Obama perché finisce».

Questo spiega come mai Berlusconi – a seguito della sentenza Mills che lo indica come corruttore di testimoni e della vicenda Noemi in cui appare come boss che esibisce private sregolatezze fino a sfidare il tabù della minorenne – irrita più che mai chi ci guarda da fuori. Un’irritazione che si accentua di fronte ai troppi nascondimenti della verità: nel caso Mills la verità di sentenze che non sono tutte di assoluzione ma anche di prescrizione o assenza di prove; nel caso Noemi la verità di incontri poco chiari. Non dimentichiamolo: quando si incolpano le bolle, finanziarie o politiche, è di menzogne e sortilegi che si parla.

Quel che finisce, attorno a noi, è la negligenza dell’imperio della legge, della rule of law. Non tramonta solo il dogma del mercato onnisciente ma la figura del sovrano-boss, eletto per stare sopra le leggi, i magistrati, le costituzioni, le istituzioni. La fusione tra il suo interesse-piacere privato e il suo agire pubblico diventa un male non più minore ma maggiore, perché nelle democrazie c’è sete di regole e istituzioni, dopo lo sfascio, e non di favole ottimiste ma di realtà e verità. C’è bisogno di gesti fattivi e antiburocratici come la presenza in Abruzzo o a Napoli sui rifiuti, ma c’è anche bisogno di cose che durino più di una legislatura e non siano bolle. È utile osservare l’America, oggi: l’immenso sforzo pedagogico che sta compiendo Obama, per convincere i cittadini che il breve termine è letale, che la Costituzione e le norme devono durare più dei politici.

Deve poter durare il sistema di checks and balances innanzitutto: l’equilibrio tra poteri egualmente forti e indipendenti. Il presidente americano sta riconquistando l’egemonia della parola, con linguaggio semplice e vera passione pedagogica. Il suo discorso su Guantanamo e terrorismo, il 21 maggio, lo conferma: «Nel nostro sistema di pesi e contrappesi, ci deve essere sempre qualcuno che controlli il controllore. \ Tratterò sempre il Congresso e la giustizia come rami del governo di eguale rango». Berlusconi va oggi controcorrente: all’estero non ha altra sponda se non quella di Putin, figura tipica di politico-boss.

Tuttavia la società italiana gli crede ancora, e questo consenso varrà la pena studiarlo, con la stessa umile immedesimazione mostrata da Obama. Varrà la pena studiare perché gli italiani somigliano tanto ai russi, come se anch’essi avessero alle spalle regimi disastrosi. Perché tanta sfiducia verso le regole, lo Stato, la res publica. Non esiste una congenita debolezza morale degli italiani, e dunque occorre capire come mai la politica è così profondamente sprezzata, il conflitto così radicalmente temuto. La tesi esposta più di vent’anni fa dallo studioso Carlo Marletti è tuttora valida: è vero che da noi esiste un «eccesso di pluralismo e complessità che le istituzioni legali non semplificano» adeguatamente. E che al loro posto si sono installate auto-organizzazioni informali, claniche o familiste, che non sono arcaiche ma si sono adattate alla modernità meglio di altre. Marletti spiega come lo sviluppo industriale si sia mescolato alla criminalità organizzata e come si siano creati, in assenza di uno Stato che semplifichi la complessità, meccanismi di semplificazione sostitutivi, solidaristico-clientelari, «di tipo nero o sommerso» (Marletti, Media e politica, Franco Angeli, 1984).

Berlusconi prometteva questa fuga nella semplificazione deviante, meno ingarbugliata che ai tempi della Dc. Secondo il filosofo Václav Belohradsky, essa è basata sul prevalere dei fini personali o corporativi sui mezzi che sono le norme prescritte a chi vuol realizzare tali fini. Tra i due elementi è saltata ogni coerenza ed è il motivo per cui l’Italia vive nell’anomia sociale, come fosse fuori-legge.

In Italia accade questo: le mete del singolo sono tutto, le norme nulla. La legalità vale per gli altri (i clandestini), non per noi, scrive Carlo Galli. Per noi le leggi sono d’impedimento: quelle italiane e anche quelle dell’Unione Europea, come ha ripetuto Berlusconi alla Confesercenti. L’opposizione potrebbe ripartire da qui: dalle norme pericolosamente sprezzate, dall’Europa che il governo finge di poter aggirare senza rischi, dalla sovranità nazionale che esso finge di possedere, a cominciare dal clima. La commistione privato-pubblico ha condotto a tutto questo, non è solo la storia di un padre, di una moglie mortificata, dei loro figli. I più preveggenti dicono: dopo la crisi il mondo non sarà più eguale. Berlusconi promette di conservarlo: anche questo è bolla, ed è spinta rivoluzionaria che si sta esaurendo. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Finanza - Economia Lavoro

Secondo Bankitalia Pil a-5%, disoccupazione a +10%. Questa è la crisi degli italiani, questo è il governo dell’Italia.

La terapia della verità di MASSIMO GIANNINI-Repubblica

SERVE l’asciutto neorealismo post-moderno di Mario Draghi, per rompere il finto orizzonte di cartapesta sul quale Silvio Berlusconi proietta il suo personale Truman Show, a beneficio di un “pubblico” che si vuole ormai trasformato in “popolo”. Dopo la Confindustria di Emma Marcegaglia, tocca ora al governatore della Banca d’Italia il compito di raccontare qualche amara verità a un’opinione pubblica sedata dal prozac della psico-politica governativa.

La prima verità è che l’Italia è un Paese in crisi profonda. Quest’anno il Pil crollerà del 5%. Solo nel semestre ottobre-marzo la caduta è stata pari al 7%. La famosa “ripresa”, sbandierata da Palazzo Grazioli, non esiste in nessun luogo. E persino i “recenti segnali di affievolimento” della recessione, secondo Draghi, esistono solo nei “sondaggi d’opinione”.

La seconda verità è che tanti, troppi italiani stanno male. Il nostro tasso di povertà relativa è molto superiore alla media di Eurolandia: 20%, contro il 16% della Ue. La flessione della domanda e dei consumi nasce da un cedimento del reddito e dell’occupazione che si acuirà nei prossimi mesi. Due quinti delle imprese con oltre 20 addetti licenzieranno personale. Due milioni di lavoratori temporanei vedranno scadere il loro contratto entro la fine dell’anno.

La terza verità è che la “coperta” del nostro Welfare, con buona pace dei ministri Sacconi e Brunetta che la considerano la migliore del mondo, è corta e piena di buchi. Oltre 1 milione e mezzo di lavoratori, se licenziati, non hanno diritto ad alcun sostegno, e circa 800 mila lavoratori possono contare su un’indennità che non raggiunge i 500 euro al mese. Serve “una riforma organica e rigorosa” degli ammortizzatori sociali, e “una misura di sostegno al reddito per i casi non coperti”. Non i pannicelli caldi della Cassa integrazione in deroga, o le pezze a colori dei fondi Fas.

La quarta verità è che anche la straordinaria virtù delle imprese del Quarto Capitalismo rischia di non reggere l’urto delle ristrutturazioni. Nelle prospettive sugli investimenti delle imprese manifatturiere permane “un forte pessimismo” per tutto il 2009. E tra le 500 mila piccole aziende con meno di 20 addetti, che danno lavoro a oltre 2 milioni di persone, è spesso “a rischio la stessa sopravvivenza”. Purtroppo una Fiat che vince in America, o una Tod’s che sbarca in Fifth Avenue, non bastano a fare primavera.

La quinta verità è che una politica economica attendista e rinunciataria ci sta regalando un doppio maleficio: nessuna crescita dell’economia reale, ma nessun risanamento dei conti pubblici. Il governo fa poco per arginare la crisi, ma deficit, debito e spesa primaria corrente continuano a lievitare ugualmente a ritmi vertiginosi. Non è solo l’eredità immane del passato, ma è anche il paradosso italiano del presente. Per questo servono riforme strutturali immediate e “prospettiche”, che ci permettano di rafforzare le manovre anti-cicliche oggi in cambio di un sicuro risanamento di bilancio domani. Dalle pensioni alla pubblica amministrazione, dalla scuola alle infrastrutture. C’è l’imbarazzo della scelta, se solo il governo passasse dalla rappresentazione all’azione.

La sesta verità è che il sommerso, eterna risorsa dell’Italietta furba e irresponsbile, non ci tirerà mai più fuori dal gorgo. L’economia irregolare che pesa per il 15% della ricchezza nazionale è un’anomalia insopportabile anche per un Paese di poeti, di santi e di evasori come il nostro. L’occultamento di una parte così alta di basi imponibili accresce ulteriormente l’onere di chi è ligio al dovere, riduce la competitività delle imprese, accresce le iniquità e “disarticola il tessuto sociale”. E anche qui, il governo non fa quel che deve. Non è un caso che Draghi segnali il collasso delle entrate tributarie. Un gettito Iva che diminuisce dell’1,5%, anche quando i consumi crescono del 2,3%, vuol dire una cosa sola: l’area dell’evasione fiscale si sta allargando.

Sta tutto qui, nel divario tra verità e finzione, l’abisso analitico e “terapeutico” che separa il governo e il governatore. Per Berlusconi la crisi è un “dato psicologico”, virtuale e “percepito”. Per curarla, quindi, basta una tambureggiante psico-terapia collettiva, impartita attraverso il verbo suadente del premier o il titolo compiacente di un tg, per attivare nel cervello del cittadino- consumatore- imprenditore-risparmiatore le endorfine di un “positivismo ad ogni costo”.

Per Bankitalia (come già per Confindustria) la crisi è invece un “fatto economico”, reale e vissuto. Per curarla, dunque, servono riforme vere, qui ed ora, che incidano sull’esistenza quotidiana delle persone, delle famiglie, delle imprese. Usa lo straordinario consenso che hai per cambiare e modernizzare questo Paese, era stata la sfida lanciata al Cavaliere dalla Marcegaglia. Draghi, con parole più sfumate, dice esattamente la stessa cosa. È significativo che a convergere su questa “piattaforma” riformista, contrapposta al “format” populista, stavolta ci siano anche i sindacati.

Sarà anche vero – come sostiene Giulio Tremonti in un’irrituale intervista “a orologeria” uscita ieri sul Sole 24 Ore, guarda caso proprio nel giorno delle Considerazioni finali – che la Banca d’Italia è solo “un’autorità tecnica”, che la vera e unica “sovranità appartiene al popolo” e che “la responsabilità politica è del governo che ne risponde”. Ma resta il fatto che Berlusconi sembra essere rimasto il solo a non capire che il puro galleggiamento, per questo Paese, è inutile. Non ci sarà nessuna quiete, dopo la “tempesta perfetta” che ha travolto noi, e che prima o poi rischia di travolgere anche lui. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità

Lo scoop dell’ex-fidanzato che prende i soldi per rilasciare interviste: il pacco, il contro-pacco e la legge del contrappasso.

Il capo dei senatori del partito di maggioranza ha accusato il quotidiano la Repubblica di aver pagato l’ex fidanzato della fanciulla che chiama papi il presidente del Consiglio dei Ministri.

Il quotidiano ha risposto, sfidandolo a trovare le prove che sia stato versato anche un solo centesimo.

La notizia secondo la quale l’ex fidanzato sarebbe uno disposto a farsi pagare per rilasciare interviste è apparsa su Il Giornale, quotidiano molto vicino al premier. Un paio di cronisti si sono fatti passare per corrispondenti esteri disposti a pagare una intervista. Alle domanda se la Repubblica lo avesse pagato per l’intervista, il giovanotto ha risposto “quelli mi hanno fregato”, cioè non gli hanno dato una lira.

Come si spiega allora la presa di posizione del capo dei senatori del partito di maggioranza? Forse ha visto il servizio di una delle reti commerciali, che oggi nell’edizione di mezza giornata ha mostrato le immagini del cronista de Il Giornale che, seduto in un bar dava dei soldi al giovanotto. E forse il capo dei senatori del partito di maggioranza è stato ingannato dal servizio televisivo, perché mentre fuori campo il giornalista parlava dell’intervista a Repubblica, si vedevano le immagini delle banconote che passavano dalle mani del cronista a quelle dell’ex-fidanzato della fanciulla che chiama papi il premier.

Insomma, sembrerebbe che il capo dei senatori del partito di maggioranza sia caduto in una trappola tesa da una rete televisiva di proprietà del capo del governo. Senza contare, che, se quanto afferma Repubblica è vero, quello che abbiamo letto e che abbiamo visto è che è stato proprio il giornalista de Il Giornale che ha dato soldi all’ex-fidanzato. Insomma, lo scoop si è rivelato un pacco. Il quale pacco è andato a vuoto, ma il contropacco se lo è cuccato il capo dei senatori del partito di maggioranza. Quando si dice la legge del contrappasso. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità Leggi e diritto

Il caso delle foto che il premier ha chiesto di bloccare: “Sono foto di persone, ospiti del presidente del Consiglio, che scendono da aerei dell’aeronautica militare, tra di essi c’è il cantante Apicella.”

Dopo la denuncia dell’avvocato del premier Ghedini, il fotografo Antonello Zappadu è indagato
L’autore degli scatti: “In alcune ragazze forse minorenni. In altre in topless”
Alcune scattate all’aeroporto. Senatori Pd: “Cosa ci faceva Apicella sull’aereo di Stato?”
di GIOVANNI GAGLIARDI-repubblica.it

Sono in mano ai carabinieri di Cagliari le foto scattate lo scorso Capodanno a Villa Certosa, in Sardegna, durante la festa organizzata da Silvio Berlusconi, alla quale avrebbero partecipato decine di ragazze tra cui Noemi Letizia. A consegnarle spontaneamente ai militari nel pomeriggio è stato lo stesso fotografo Antonello Zappadu. Lo ha detto il fratello Tore, il quale ha riferito anche di una perquisizione dei carabinieri nella casa di Olbia dove Antonello Zappadu spesso risiede.

La decisione della Procura “fa seguito ad una esplicita richiesta che noi avevamo avanzato – dice il parlamentare del Pdl e legale di Berlusconi, Niccolò Ghedini – e dovrebbe chiudere la vicenda, anche se naturalmente la decisione spetterà all’autorità giudiziaria”. Le foto (che non riguarderebbero solo la festa di Capodanno, ma anche altre in tempi diversi) sarebbero state scattate da una terrazza e non autorizzate secondo la procura di Roma. Un esposto è stato presentato da Berlusconi anche al Garante della Privacy.

Intanto il premier è tornato ad attaccare la stampa. “Tutti i giornali della sinistra fanno da scendiletto al Pd – ha detto nel corso di un intervento telefonico ad una iniziativa elettorale e Vicenza – siamo stati attaccati dall’opposizione con una campagna elettorale che ancora una volta si è basata sull’insulto, sull’aggressione personale, sulla giustizia ad orologeria, sulle calunnie volgari”.

Quanto alle foto, il sequestro è stato ordinato dal procuratore Giovanni Ferrara e dal pm Simona Maisto che hanno iscritto sul registro degli indagati, per violazione della privacy e tentata truffa, il fotografo Antonello Zappadu, autore delle immagini. Secondo quanto si è appreso, a denunciare Zappadu è stato Ghedini.

Il fotografo, mentre si recava al comando provinciale dei carabinieri di Cagliari ha spiegato che “le foto sono 200-300 e non 700, che è invece il numero più o meno degli scatti, molti dei quali poi cancellati”. Le immagini, ha detto, si possono dividere in tre serie e ha sottolineato che in quelle per le quali il Pm ipotizza la violazione della privacy, i volti dei soggetti sono stati alterati per renderli irriconoscibili.

“La prima serie, su cui mi sembra di capire si accentra l’inchiesta, riguarda una festa a Villa Certosa e i volti di tutte le persone, tranne quella del premier, sono stati alterati da pixel. Tra queste immagini vi sono alcune che ritraggono presenze che, a me, sono parse di minorenni. E a maggior ragione le ho rese irriconoscibili proprio per rispettare le norme sulla privacy e il codice di tutela dei minori”, ha detto Antonello Zappadu.

“La seconda serie – ha proseguito il fotografo – attiene a immagini scattate all’aeroporto Costa Smeralda, cioè in luogo pubblico e quindi senza alcuna violazione delle privacy. Sono foto di persone, ospiti del presidente del Consiglio, che scendono da aerei dell’aeronautica militare, tra di essi c’è il cantante Apicella. Si tratta di arrivi, negli ultimi due anni, quasi settimanali, con sbarco il venerdì sera o sabato mattina e partenza lunedì”.

“L’ultima serie riguarda foto scattate nella zona di un residence, il Country di Porto Rotondo, e ritrae – ha concluso Zappadu – diverse ospiti di Berlusconi, alcune in bikini e topless. Anche in questo caso sono ricorso al pixel per cancellare i visi e renderle irriconoscibili”.

Poi, più tardi, il fratello e portavoce Tore, rettifica di non avere idea se le ragazze nelle foto fossero minorenni o meno. “Sono anche miope, come faccio a dirlo”, afferma con una battuta. “Ma se, come dicono i diretti interessati, in quelle immagini non c’è nulla, perché allora tanto clamore”, si chiede ancora Tore Zappadu.

In precedenza al Corriere della sera, il fotografo aveva detto che alcuni scatti erano stati fatti durante la vacanza dell’allora primo ministro della Repubblica Ceca, Mirek Topolanek e dalla sua delegazione, a Villa Certosa, nel 2008; altre che invece documentano eventi mondani che si sono svolti nella tenuta di Porto Rotondo. All’attenzione dei magistrati, una mail nella quale Zappadu, proponendo l’acquisto delle foto a Panorama per un milione e mezzo di euro, avrebbe spiegato al settimanale che c’era un’altra proposta di acquistare il servizio da parte del settimanale Gente, circostanza falsa secondo i primi accertamenti e che motiva l’accusa di tentata truffa.

Ghedini: “Parole senza fondamento”. “Le dichiarazioni del fotografo Zappadu sono destituite di ogni fondamento”, dice Nicolò Ghedini, avvocato del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che preannuncia “iniziative giudiziarie”. “Le immagini fotografiche – afferma – ritraggono situazioni di assoluta normalità e non vi erano affatto minorenni, salvo che non si vogliano ricomprendere fra questi i giovanissimi figli del primo ministro Ceco, Topolanek e del suo seguito”.

Il Pd all’attacco. “Quali sono le leggi che regolano
l’utilizzo dei voli di stato? Esistono norme che ne dispongono l’utilizzo per spostamenti privati?”, chiedono i senatori del Pd Francesco Sanna e Paolo Nerozzi annunciando la presentazione di un’interrogazione al presidente del Consiglio “sull’utilizzo, testimoniato da alcune delle foto sequestrate dalla procura di Roma, – dicono i senatori – di un volo della Presidenza del Consiglio da parte del cantante Apicella per raggiungere villa Certosa”.

“Sulla base di quali leggi e di quali norme la Procura di Roma ha deciso di effettuare il sequestro anche delle fotografie fatte in luoghi pubblici dal fotografo Antonello Zappadu?”, incalzano altri due senatori del Pd, Albertina Soliani e Roberto Di Giovan Paolo, annunciando una interrogazione parlamentare al governo sulla vicenda del sequestro delle immagini. Rincara la dose Paolo Gentiloni: “Da sempre si cerca di trovare un equilibrio tra diritto di cronaca e tutela della privacy. In questo caso, tuttavia, nei confronti di un cronista sembra essersi scatenata una vera e propria caccia all’uomo. “Più che assistere ad un caso di tutela della privacy pare di trovarsi piuttosto di fronte all’introduzione del delitto di lesa maestà”. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità Leggi e diritto

“La procura di Roma ha disposto il sequestro di centinaia di foto scattate lo scorso Capodanno a Villa Certosa, in Sardegna, durante la festa del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, alla quale avrebbero partecipato decine di ragazze tra cui Noemi Letizia.”

2009-05-30 10:34 ANSA
PREMIER: PM ROMA SEQUESTRA FOTO FATTE A VILLA CERTOSA
ROMA – La procura di Roma ha disposto il sequestro di centinaia di foto scattate lo scorso Capodanno a Villa Certosa, in Sardegna, durante la festa del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, alla quale avrebbero partecipato decine di ragazze tra cui Noemi Letizia. Il sequestro, che sarebbe eseguito in queste ore, è stato ordinato dal procuratore Giovanni Ferrara e dal pm Simona Maisto che hanno iscritto sul registro indagato per violazione della privacy e tentata truffa il fotografo Antonello Zappadu, autore delle foto e di un altro servizio relativo anche alla festa di Capodanno del 2008. Secondo quanto si è appreso a denunciare Zappadu è stato l’avvocato del premier Nicolò Ghedini. All’attenzione dei magistrati c’é in particolare una mail nella quale Zappadu, proponendo l’acquisto delle foto a Panorama per oltre un milione di euro, avrebbe spiegato al settimanale che c’era un’altra proposta di acquistare il fotoservizio da parte del settimanale Gente, circostanza falsa secondo i primi accertamenti e da qui l’accusa di tentata truffa. Le foto sarebbero stati scattate da una terrazza e non autorizzate secondo la procura di Roma. Un esposto è stato presentato da Berlusconi anche al Garante della Privacy.

BERLUSCONI: ESPOSTO A GARANTE
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha presentato un esposto al Garante della Privacy con la richiesta di bloccare la pubblicazione di numerose immagini scattate da un fotografo durante la festa di Capodanno nella residenza sarda di Villa Certosa, alla quale ha partecipato anche Noemi Letizia con altre ragazze. Nel ricorso, del quale danno oggi notizia il Corriere della Sera e la Stampa, Berlusconi precisa che si tratta di “immagini rubate anche in casa. Momenti di intimità del tutto leciti”. Il materiale, composto da circa 700 scatti, era stato offerto al settimanale Panorama per la pubblicazione cui, secondo quanto viene riportato, è stato chiesto un milione e mezzo di euro. Il Corriere pubblica il testo integrale dell’esposto, presentato tre giorni fa e firmato personalmente da Berlusconi, e la replica del fotografo Anntonello Zappadu il quale sostiene che la ricostruzione del premier è inesatta e che “se ci sono scatti vietati non sono miei”. Il quotidiano milanese informa che una denuncia è stata depositata alla procura di Roma. Tra le foto anche quelle della vacanza trascorsa nella villa sarda del premier dall’allora primo ministro della Repubblica ceca Mirek Topolanek.

Nell’esposto presentato al Garante della Privacy il presidente del Consiglio scrive che le foto sono “materiale di illecita provenienza”, frutto di un reato e cita, tra l’altro, l’articolo 615 bis del codice penale concernente le interferenze illecite nella vita privata. “Un consistente gruppo di fotografie – scrive Berlusconi – verosimilmente ritrae nel maggio del 2008 l’allora primo ministro della Repubblica Ceca Topolanek, la sua famiglia, altro ministro del governo ceco, il loro seguito, oltre ad una serie di soggetti che erano stati ufficialmente convocati per le serate d’intrattenimento offerte a Topolanek”. Inoltre, aggiunge il premier, “l’altro gruppo di fotografie verosimilmente ritrae alcuni ospiti in Villa Certosa durante le vacanze natalizie 2008-09. Come è facile osservare dalle fotografie, si tratta di soggetti ripresi in momenti di assoluta intimità del tutto leciti e senza alcun particolare rilievo o connotazione, addirittura mentre si trovavano all’interno delle abitazioni poste a loro disposizione e ritratte mediante potenti ed intrusivi mezzi di riproduzione delle immagini. Appare evidente da quanto esposto che sono stati posti in essere comportamenti penalmente rilevanti. Chiedo pertanto – conclude Berlusconi nel suo esposto – che il Garante voglia adottare tutti i provvedimenti che riterrà opportuni ed in particolare l’inibizione di qualsivoglia utilizzo e o pubblicazione del materiale fotografico sopra indicato”.

Nella controdeduzione inviata al Garante il fotografo Antonello Zappadu definisce “inesatta” la ricostruzione dei fatti offerta da Berlusconi e assicura di non aver fatto “alcuna considerazione ‘politica’ relativa alle fotografie” nel corso delle trattative per la vendita degli scatti. Nello specifico delle foto, Zappadu sottolinea che si tratta di immagini “scattate con tecniche e modalità digitali in diversi luoghi esterni non qualificabili come private dimore”. E aggiunge che non avendo “ricevuto e visionato le fotografie alle quali il dottor Berlusconi può fare riferimento”, possono anche “essere estranee a quelle nella mia disponibilità ” Dalla ricostruzione fatta dai giornali risulta che le foto sono state offerte anche al settimanale Gente ed al gruppo editoriale di Rupert Murdoch. Il fotografo avrebbe inoltre precisato che fra gli ospiti di Villa Certosa a Natale c’erano anche “tantissime minorenni” e Noemi Letizia.

Share
Categorie
Attualità democrazia

«Gran parte del successo di Berlusconi nasce dalla sua abilità di leggere gli umori del Paese. Ora molti si chiedono se finalmente non abbia fatto un calcolo sbagliato e non stia spingendo troppo in là i tolleranti italiani, e se la sua reputazione di fine carriera non somigli sempre più alla decadenza imperiale del “Satyricon” di Fellini».

Berlusconi, Noemi e la stampa estera. Per il New York Times il Cavaliere è “decadente come Satyricon”. Per il Time l’Italia è il “Berlusconistan”-blitzquotidiano.it
La stampa estera torna a parlare di Berlusconi: a parlare del Presidente del Consiglio, sono questa volta due autorevoli testate americane, il New York Times e il Time. «Gran parte del successo di Berlusconi nasce dalla sua abilità di leggere gli umori del Paese. Ora molti si chiedono se finalmente non abbia fatto un calcolo sbagliato e non stia spingendo troppo in là i tolleranti italiani, e se la sua reputazione di fine carriera non somigli sempre più alla decadenza imperiale del “Satyricon” di Fellini». Questo è ciò che scrive il New York Times, al termine di una dettagliata ricostruzione su tutta la vicenda di Noemi Letizia.

Il Time, dalla penna del suo corrispondente Jeff Israely, parla dell’Italia come del «Berlusconistan», dove «il 72enne maestro dei manipolatori ha innescato un ciclo di notizie che in realtà potrebbe portare alla sua fine politica».

Anche il Christian Scence Monitor si occupa della faccenda. Il giornale americano scrive come «nel mezzo di una crisi economica, l’Italia sembra occuparsi più del presunto affaire del primo ministro con una teenager che del summit del G8 di luglio».

I giornali europei hanno pubblicato molti editoriali sul Cavaliere negli ultimi giorni. Il Guardian inglese collega la vicenda e il comportamento di Berlusconi all’ex premier inglese Tony Blair ed alla moglie Cherie scrivendo che «persino i Blair stanno prendendo le distanze da lui». Cherie parlando del viaggio col marito in Sardegna nel 2004 ospiti del Cavaliere, ha preso «in giro la bandana indossata per coprire quello che lei insiste fosse un trapianto di capelli (nonostante il suo rifiuto di ammetterlo)». (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità Leggi e diritto

Ci sono 700 scatti che il premier vuole bloccare: «Se sono foto insignificanti, in momenti di assoluta intimità del tutto leciti e senza alcun particolare rilievo o connotazione”, perché vuole bloccare la loro pubblicazione?»

Silvio al Garante: blocca le foto di Villa Certosa di GUIDO RUOTOLO-La Stampa

E adesso spuntano le fotografie. Centinaia, forse settecento o molte di più. Di Villa Certosa e dei suoi ospiti. Anche illustri, come il primo ministro della Repubblica Ceca, oggi dimissionario, Mirek Topolanek. Foto che Silvio Berlusconi non vuole vedere pubblicate. Mercoledì scorso, il presidente del Consiglio si è rivolto al Garante per la protezione dei dati personali, denunciando il fotografo Antonello Zappadu, per violazione della privacy, accusandolo di aver posto in essere «comportamenti penalmente rilevanti». Il Garante, che ha ricevuto le controdeduzioni del fotografo, non ha ancora deciso le iniziative da prendere.

Nel suo esposto, Berlusconi ricostruisce la storia. Martedì scorso il direttore di Panorama, Maurizio Belpietro, ha contattato l’avvocato Niccolò Ghedini, sostenendo che un suo giornalista, Giacomo Amadori, sapeva che erano in vendita fotografie «che potevano apparire di particolare interesse in relazione agli attuali fatti di cronaca». Il fotografo, scrive Berlusconi nel suo esposto, si era già rivolto ad Amadori nel dicembre scorso, proponendogli l’acquisto di foto «scattate a Villa Certosa». Al giornalista, Antonello Zappadu ha mostrato alcune fotografie. E martedì scorso ha rivelato ad Amadori che «tali foto erano state offerte al Gruppo Hachette-Rusconi e precisamente al direttore del settimanale Gente, dottoressa Monica Mosca».

Che, a detta del fotografo, «era assolutamente interessata ad acquistarle ma si sarebbe riservata una decisione, dovendosi recare a Parigi per ottenere il consenso dell’editore, vista la cifra richiesta». Un milione e mezzo di euro, visto l’interesse dimostrato «da giornali inglesi e francesi». Zappadu manda al giornalista di Panorama la bozza del contratto proposto al settimanale Gente e un campione di fotografie. A quel punto, ricostruisce l’esposto di Berlusconi, Amadori consegna il materiale al direttore Belpietro che, immediatamente, gira all’avvocato Ghedini. Il direttore di Gente spiega all’avvocato Ghedini di non aver avviato nessuna trattativa con Zappadu perché non «interessata all’acquisto» delle foto.

Nell’esposto, Berlusconi ricorda che «un consistente gruppo di fotografie, pur essendovi i volti “oscurati”, verosimilmente ritrae nel maggio del 2008 l’allora primo ministro della Repubblica Ceca Topolanek, la sua famiglia, altro ministro del governo Ceco, il loro seguito, oltre a una serie di soggetti che erano stati ufficialmente convocati per le serate d’intrattenimento offerte a Topolanek». E ancora: «L’altro gruppo di fotografie verosimilmente ritrae alcuni ospiti in Villa Certosa durante le vacanze natalizie 2008/2009». Antonello Zappadu si difende ricordando che le «immagini venivano scattate in diversi luoghi esterni non qualificabili come private dimore».

Insomma, non solo Villa Certosa ma anche, per esempio, l’aeroporto di Olbia. A proposito delle foto dell’ex premier Topolanek, Zappadu fa sapere di aver appreso dall’esposto di Berlusconi l’identità di quell’ospite della villa Certosa. «Posso solo dire – spiega il fotografo – che tra gli ospiti del Natale scorso c’erano tantissime minorenni. Chi ha visto gli scatti giura che c’è anche Noemi».

E sulla trattativa milionaria con il direttore di Gente, il fotografo precisa: «Era una bozza di contratto. Sulla cifra, naturalmente, avrei trattato. Mi sono rivolto a un giornalista che conoscevo, Giacomo Amadori. Pensavo di trattare con un settimanale del gruppo Mondadori e invece mi ha telefonato la segretaria di Berlusconi, Miti Simonetto. A quel punto ho interrotto le comunicazioni». Centinaia di scatti. Secondo indiscrezioni, Zappadu sarebbe in trattativa con il gruppo editoriale di Rupert Murdoch. Riviste inglesi e francesi sarebbero interessate alla pubblicazione delle foto.

«Se sono foto insignificanti, se Berlusconi – commenta Zappadu – scrive nel suo esposto che “i soggetti ripresi in momenti di assoluta intimità del tutto leciti e senza alcun particolare rilievo o connotazione”, perché vuole bloccare la loro pubblicazione?». (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Società e costume

“Quando, la mattina del 31 dicembre 2007, Silvio Berlusconi in persona aveva illustrato alle sue ospiti, arrivate da Roma e Milano con voli privati, quello che sarebbe stato il programma della giornata, tra le 50 ragazze presenti è partito l’applauso.”

L’harem di Berlusconi di Peter Gomez e Marco Lillo-L’espresso
Jet privati, gioielli in regalo, gettone di presenza e shopping offerto. Così 50 ragazze sono state radunate per il Capodanno di Villa Certosa. Dove il Cavaliere le ha intrattenute tra politica, canti e balli. Prima la visita guidata alle meraviglie segrete della tenuta: l’anfiteatro dei cactus, le migliaia di hibiscus, il lago delle palme, le 85 diverse erbe officinali dell’orto della Salute. Poi il pranzo in pizzeria, quella interna al parco, s’intende, allietato dalla chitarra di Apicella. Dopo il pranzo ecco il “corso di politica”,in attesa di potersi sfogare con lo shopping, a spese del padrone di casa, nei centri commerciali della costa. Quindi, a chiudere, tradizionale cenone con tanto di fuochi di artificio.

Quando, la mattina del 31 dicembre 2007, Silvio Berlusconi in persona aveva illustrato alle sue ospiti, arrivate da Roma e Milano con voli privati, quello che sarebbe stato il programma della giornata, tra le 50 ragazze presenti è partito l’applauso. Come in un sogno alla “pretty woman” l’uomo più potente e ricco d’Italia stava invitando quell’eterogeneo gruppo di veline, attricette, ragazze immagine e hostess, ad abbeverarsi alla sua scienza, a mangiare alla sua tavola e a far compere attingendo direttamente dal suo portafoglio. Cose da Mille e una notte. O se preferite da Sultano. Ecco, se si vuole davvero capire perché Veronica Lario, annunciando il suo divorzio, parlasse di “divertimento dell’imperatore”, di “vergini che si offrono al drago” e di un paese che “per una strana alchimia” permette tutto al suo capo, si può partire da qui. Dai racconti sull’ultimo dell’anno 2007 a villa La Certosa, registrati da “L’espresso” dietro garanzia di anonimato, e da quelli sulla corte di giovani donne di cui si circonda il Cavaliere.

Ragazze tra i venti e i trent’anni, in mezzo alle quali – è accaduto, cinque mesi fa, per il Capodanno 2009 – si ritrovano a volte anche minorenni, come la pupilla del premier Noemi Letizia e la sua amica del cuore, Roberta. Con loro Berlusconi dà il meglio di sé. Fa battute, si spreca in gentilezze e galanterie. A ognuna consegna un kit di doni: due braccialetti in onice a forma di tartaruga (simbolo di villa Certosa) per caviglie e braccia; un anello d’argento; il ciondolo a forma di farfalla, segno ormai nemmeno troppo segreto delle amiche del premier; un anello e un sottile braccialetto d’oro. Tutti monili estratti da un sacchetto che il Cavaliere fa tintinnare.

Lo spirito è a metà tra il goliardico e la riunione da villaggio vacanze. Le ragazze ridono e si divertono. Per parecchie di loro è un lavoro.
Tra le 50 ospiti di villa La Certosa, almeno una ventina hanno garantita una sorta di diaria da 1.500 euro al giorno. Per tutte poi, prima della notte di Capodanno, è stata organizzata una visita agli shopping center della zona dove gli uomini della sicurezza del leader del Pdl coprono le spese delle ospiti fino a 2 mila euro. Infine, una volta rientrate a Punta Lada, le ragazze si dividono a gruppi di cinque nelle varie dépendance, mentre le ospiti più vicine al premier sono alloggiate nella tenuta di Paolo Berlusconi, in quei giorni assente. Nei racconti raccolti da “L’espresso” più che i particolari sulla festa, con i bagni nella piscina riscaldata, i balli e l’ovvio trenino finale, colpisce comunque la descrizione delle ore precedenti.

Nel pomeriggio infatti, come in un’anticipazione dei corsi tenuti a Palazzo Grazioli per selezionare le candidature alle europee, Berlusconi ha illustrato per due ore alle sue ospiti i segreti della politica. Eravamo quasi alla vigilia della caduta del governo Prodi. Il Cavaliere, però, ricorda una testimone, se l’è presa anche con l’allora leader di An, Gianfranco Fini. Ma da chi era composta in quei giorni la corte del premier? Le fonti sono concordi nell’indicare tra i presenti il cantante Mariano Apicella, il produttore di fiction Guido De Angelis, l’attrice Camilla Ferranti, le gemelle Ferrera, già meteorine del tg di Emilio Fede, la numero uno del reality trash “Un, due, tre… stalla” Imma Di Ninni, una ex del “Grande Fratello” e due vincitrici del concorso di miss Albania in Italia.

A ben vedere nulla di sorprendente se si pensa che Berlusconi, prima di scendere in campo, è stato un tycoon del piccolo schermo abituato a festeggiare il Capodanno in ampia compagnia, comprese le maggiorate del “Drive In”, programma cult degli anni ’80. Solo che oggi il Cavaliere non è più un impresario tv. È un capo di governo e il fatto d’ospitare per giorni belle ventenni per allietare le sue ore da ultrasettantenne, di invitarle a cena o di frequentarle a Roma, diventa un problema politico. Di sicurezza. E organizzativo. Per accorgersene basta poco. Basta rileggere le intercettazioni del caso Saccà che raccontano come la corte del premier sia impegnata a sistemare le sue ragazze e a impedire che la cosa si sappia in giro.

Il 4 novembre 2007 il leader del Pdl affida a Guido De Angelis il compito di trovare una parte per cinque attrici a lui care. Due giorni dopo Berlusconi accompagna l’amico produttore da suo figlio Piersilvio, chiedendo di farlo lavorare con Mediaset. Piersilvio però non la prende bene. Tanto che non appena il padre e De Angelis se ne vanno, si lamenta con Valentino Valentini, deputato e segretario personale del premier. È proprio Valentini a raccontarlo a De Angelis: “L’operazione non è stata indolore, Piersilvio ha capito tutto, ovviamente. Tu sei la punta di un iceberg di una situazione molto delicata. Io gli ho spiegato: Guido è una persona giusta e corretta anche per gestire delle situazioni delicate. E per voi è in outsourcing. Ma lui (Piersilvio, ndr) ha accettato a malincuore”. Subito dopo De Angelis ne parla a Rosanna Mani, condirettore di “Sorrisi e Canzoni”, da trent’anni al fianco del Cavaliere. E lei commenta: “Valentino dice che Piersilvio è geloso perché sa che lui (Silvio, ndr) ti chiede i favori. Ma è meglio che li chiede a te, così si limitano i danni. Piuttosto che le vada a chiedere a destra e a manca facendo la figura del cretino”.

Per far numero alle feste non bastano però le aspiranti starlette della tv. A volte bisogna ricorrere alle ragazze immagine, quelle che ballano a pagamento nelle discoteche. Per il Capodanno 2008 alcune delle ospiti di Berlusconi, stando alle testimonianze, vengono contattate da Sabina Began, una bellissima modella slavo-tedesca soprannominata “l’Ape regina” nelle cronache mondane della capitale. La Began, che si è rifiutata di rispondere alle domande de “L’espresso”, è molto legata al Cavaliere.

Le pagine di un giornale vicino al centrodestra come “il Tempo” raccontano che in occasione della vittoria elettorale alle politiche 2008, la modella era tra gli ospiti di Palazzo Grazioli e che Berlusconi la teneva sulle ginocchia cantando “Malafemmina” e scherzando diceva: “Se qualcuno mi facesse ora una foto, varrebbe 100 mila euro». Un anno dopo ancora “il Tempo” scrive: “Sabina Began sfoggia un nuovo tatuaggio sulla caviglia. Una farfalla circondata dalla frase: “L’incontro che ha cambiato la mia vita: S. B.”. Che sono le sue iniziali, ma non solo». Anche Sabina fa in qualche modo parte della scuderia di De Angelis.

La Guardia di finanza durante una perquisizione negli uffici del produttore ha trovato il suo nome in un elenco di cinque attrici, tra cui le amiche del premier Elena Russo, Evelina Manna e Camilla Ferranti, segnalate a De Angelis da Mediaset. E lei, dopo aver ottenuto una parte nel film tv “Il falco e la colomba”, prodotto da De Angelis, oggi lavora con continuità. Sono lontani i tempi in cui la bella modella era costretta a vivere nella stanza di un affittacamere nei pressi di Montecitorio. Una casa dove allora abitava anche Elvira Savino, 32 anni, amica della Began e oggi neodeputata del Pdl, dopo essere stata inserita nelle liste elettorali del 2008 su indicazione diretta del Cavaliere che è stato anche suo testimone di nozze. “Non è però stata Sabina a presentarmi Berlusconi. Il fatto che vivessimo entrambe lì è solo un caso”, assicura l’onorevole Savino.

Il via vai di belle ragazze per Palazzo Grazioli e villa Certosa, comunque non è una novità: sono del 2002 le foto di Berlusconi che passeggia in Sardegna mano nella mano con la sua assistente Francesca Impiglia e di Pasqua 2008 quelle con le giovani amiche tenute per mano o sedute sulle sue ginocchia. I problemi veri sono invece quelli legati alla sicurezza. In gran parte dovuti alle pretese (economiche e di lavoro) spesso avanzate da chi è entrato in contatto con il premier: la minaccia, più o meno velata, è infatti quella di far esplodere uno scandalo. E a dirlo non sono le indiscrezioni, ma le carte processuali. “L’espresso” ha già pubblicato la telefonata intercettata dalla Procura di Napoli nel 2007 in cui Berlusconi chide con ansia al direttore di Raifiction Agostino Saccà di far lavorare l’attrice Antonella Troise perché “sta diventando pericolosa”.

E agli atti dell’indagine archiviata su Berlusconi (abuso d’ufficio) per il caso di Virginia Sanjust, una bellissima presentatrice tv legata al Cavaliere e sposata con l’agente del Sisde Federico Armati, c’è un’altra registrazione significativa. Lo 007 e la moglie discutono animatamente. Lui è stato appena espulso dai servizi segreti ed è convinto (a torto secondo i giudici) che dietro al suo licenziamento ci sia stato l’intervento di Virginia e del premier. Così le dice a brutto muso: “Racconterò tutti i fatti: (l’invito a) Palazzo Chigi, il pranzo, il braccialetto (che ti ha regalato)? come lo scartavi… Io c’ho tutte le scatole e i certificati di garanzia dei gioielli”. E poi chiede alla moglie di andare da Berlusconi e avvertirlo che, se non fosse stato reintegrato, lui avrebbe “rovinato” il Cavaliere.

Siamo alla vigilia delle elezioni del 2006, dopo pochi giorni, fatto rarissimo, Armati è ripreso nei servizi. Mentre Virginia Sanjust, tra i tanti regali ricevuti dal Cavaliere, annovera anche un bonifico di 50 mila euro, effettuato a titolo di “prestito infruttifero”, direttamente da un conto corrente del premier. Ma non basta. Perché anche il caso delle ragazze segnalate da Berlusconi al direttore di Raifiction, Agostino Saccà, può essere letto sotto la luce della possibile ricattabilità del premier. E a dirlo è proprio il procuratore aggiunto di Napoli, Paolo Mancuso che, nella lettera con cui nel luglio del 2008 ha trasmesso a Roma per competenza le carte dell’inchiesta, scrive: “Da alcune conversazioni intercettate sull’utenza di Manna Carmela (detta Evelina, ndr) sembrano emergere (e andranno valutate dalla Signoria Vostra quali) condotte riconducibili alla previsione degli articoli 110 e 629 del codice penale (concorso in estorsione, ndr) poste in essere ai danni del predetto onorevole Berlusconi e apparentemente consumate nella città di Roma”.

Mancuso cita quattro telefonate che avrebbero potuto configurare un ricatto ai danni del Cavaliere. In quei colloqui, ora tutti distrutti perché invece ritenuti irrilevanti dai giudici della capitale, l’attrice diceva infatti a Berlusconi che avrebbe fatto una piazzata sotto palazzo Grazioli. Salvo poi placarsi quando lui le garantisce un aiuto sul lavoro. Ma per i magistrati romani quello è soltanto uno sfogo, più che una minaccia. E nella loro richiesta di archiviazione, poi accolta, sostengono che non c’è reato perché le parole e i comportamenti della Manna non erano mai stati in grado di intimorire realmente un uomo come Silvio Berlusconi. L’attrice, contattata da “L’espresso”, di questa vicenda non vuole parlare.

Il 19 febbraio del 2008, del resto, anche davanti ai pm era stata piuttosto evasiva. “Conosco Berlusconi da circa un paio d’anni”, ha detto, “e gli sono legata da un rapporto di affetto e di amicizia. Per ragioni personali preferisco non indicare modalità e circostanze della mia conoscenza con lui”. Da allora Evelina Manna si è messa in stand by e dal suo nuovo appartamento di via Giulia a Roma, con vista sui tetti del centro, valuta contratti e proposte. Evelina lo ha acquistato il 24 aprile di un anno fa, dopo aver versato, qualche settimana prima, una caparra da 10 mila euro alla vecchia proprietaria.

Tutto il resto, 950 mila euro, è arrivato invece con assegni circolari appoggiati su un conto corrente della Banca Roma, filiale di Santi Apostoli. Ma se le si chiede come abbia fatto a mettere da parte quel tesoro, taglia corto: “Ora basta. Berlusconi non c’entra niente. Anch’io ho la mia vita privata”. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità

Per uscire dall’assedio, Berlusconi pensa a elezioni anticipate?

di CLAUDIO TITO-repubblica.it

Per ora è solo una minaccia. L’arma fine di mondo. Eppure Silvio Berlusconi ha iniziato a sventolarla. Non nelle occasioni ufficiali. Ma nelle riunione informali. Negli ultimi giorni, la “soluzione finale” è stata accennata in più di una circostanza. Quale? Le elezioni anticipate.
Il presidente del consiglio si sente sotto assedio. Stretto tra le inchieste giornalistiche, le indiscrezioni sulle indagini condotte dai magistrati a Napoli e il terrore che altre intercettazioni telefoniche possano improvvisamente riemergere dal silenzio. E allora, ha detto ieri mattina in consiglio dei ministri, “non mi farò piegare”. Davanti ai ministri ha evitato con cura di parlare esplicitamente di ricorso alle urne. Eppure nell’ultima settimana con i fedelissimi non ha affatto nascosto che l’ultima carta da giocare sarebbe proprio questa. “Se ci fosse uno show down – sono state le parole ripetute a diversi esponenti del governo – allora dovremmo ripresentarci davanti agli elettori. Chiedere il loro giudizio. E sono convinto che gli italiani staranno ancora con me”.

Allo stato, il premier non ha ancora deciso di imbracciare concretamente il fucile che possa porre fine alla legislatura. Vuole aspettare il risultato delle europee. Soprattutto vuole capire se il “Noemigate” e le inchieste napoletane sul termovalorizzatore imboccheranno una svolta decisa. Circostanze che lui definisce “scorciatoie” per disarcionarlo. “Ma se qualcuno insegue scorciatoie – ha ammonito – sarò io il primo a prenderle. Si torna al voto”. Uno schema proposto pubblicamente pure dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi: Si cercano armi improprie per far fuori il presidente. Ma gli italiani sono pronti a rivotare”. Ragionamenti che in modo meno esplicito il capo del governo ha fatto anche durante la riunione dell’esecutivo di ieri. “Più mi danno delle botte in testa – ha avvertito – più mi sento forte. Di certo tutte queste bugie, tutti questi attacchi non riusciranno a intimidirmi. Io non mi piegherò”.

Sta di fatto, che il sospetto di una macchinazione per assestargli una “spallata” è andato via via crescendo nell’ultimo mese. Il fantasma del “ribaltone” guidato nel 1995 da Lamberto Dini è tornato a materializzarsi dalle parti di Via del Plebiscito. Lo spettro di un governo istituzionale magari per realizzare una parte di riforme istituzionali o una nuova legge elettorale aleggia sui tetti di Palazzo Chigi. Le mosse compiute da settori della finanza e dell’industria lo hanno innervosito. Sospetta che anche in quegli ambienti si stia creando una sponda “ribaltonista”. Il Cavaliere vuole subito spazzare via tutti i dubbi. Che in una certa misura ha manifestato anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ma soprattutto li ha espressi con veemenza agli alleati. E già, perché dai partner di maggioranza avrebbe voluto più solidarietà dopo la richiesta di divorzio di Veronica, dopo le polemiche sulla famiglia Letizia e dopo la sentenza Mills. Tant’è che ancora in consiglio dei ministri ha protestato per come è stato difeso l’altro ieri nel corso della trasmissione “Porta a porta”. Lì, a rappresentare il centrodestra, c’era Ignazio La Russa. “La prossima volta – lo ha rimproverato – chiamami e ti spiego come sono andate le cose”. Del resto si è lamentato anche con il presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ieri i due sono tornati a parlarsi dopo un bel po’ di tempo. Il Cavaliere si è lasciato andare ad un lungo e appassionato sfogo. Non a caso da Montecitorio è uscita una sola indiscrezione sul pranzo: “solidarietà umana all’amico Silvio”. Una formula, usata anche dal capo dello Stato, che non ha convinto del tutto il premier. Poi, certo, il capo del governo e il presidente della Camera hanno concordato i prossimi passi da compiere per ridurre il numero dei parlamentari e per le nomine Rai. Ma il cuore dell’incontro sono state le vicissitudini del Cavaliere.

La carta del voto anticipato resta comunque una “extrema ratio”. Berlusconi ha fatto sapere di volersi buttare a capofitto nella campagna elettorale. “Le volgarità di Franceschini sono un tonico per me”. Adesso considera la frase del segretario democratico sull’educazione dei figli il suo cavallo di battaglia. Secondo il premier, anche il sondaggio recapitato ieri pomeriggio a Via del Plebiscito dimostrerebbe che il passo falso di Franceschini sta penalizzando il Pd. Sebbene sia cresciuta pure l’astensione di centrodestra. “Se poi c’è lo show down…”. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
democrazia

“Chi vuole fare del male fa il pm, il delinquente o il giornalista”. Berlusconi dixit. (Game over?)

Share
Categorie
Attualità democrazia

Elezioni europee 2009: che succede a sinistra?

di Antonio Funiciello-Liberal

Secondo tutti sondaggi recenti, il nuovo partito della sinistra non supererà Io sbarramento. Questo metterebbe in grande difficoltà i leader

ROMA, Sinistra e libertà non ce la fa. I sondaggi sono impietosi e la danno ferma tra il 2% e il 3%: i voti in uscita dal Pd sono tutti per Di Pietro e Rifondazione, così che alla seconda versione di quello che fu l’Arcobaleno (vedi Politiche 2008) non restano che briciole. I fattori di debolezza si sommano inesorabili.

Anzitutto un leader, Nichi Vendola, che non indovina una mossa.
Prima manda a quel paese in diretta televisiva Gasparri, poi scrive una lettera a tutti i leader dell’opposizione per un fronte comune contro il rischio democratico berlusconiano e nessuno gli risponde. Tranne il capo dei comunisti Ferrero, contro cui Vendola ha perso l’ultimo congresso di
Rifondazione: una risposta che suona come una beffa. Gli altri dirigenti sinistri e liberi non si muovono meglio e vivono con inquietudine l’attesa della sconfitta. Ieri Fabio Mussi si è rivolto direttamente agli ex elettori dei Ds con un appello accorato, cercando di irretire a sé chi nel Pd non si sente a casa. I Verdi restano i più perplessi. Oltre alla infausta leadership di Pecoraro Scanio, hanno riposto in soffitta anche il loro simbolo, perdendo un richiamo identitario che forse da solo avrebbe ottenuto lo stesso risultato che farà tra due settimane Sinistra e libertà. Paolo Cento, già sottosegretario all’Economia a favore della decrescita, è tra i più perplessi della strategia elettorale del nuovo cartello, tanto che ha chiesto ufficialmente meno riunioni e più iniziative di piazza.

Meno riunioni, certo.
Perché Sinistra e libertà non riesce a darsi una guida unitaria e per ogni decisione si ritrova costretta a riunire le quattro componenti che le hanno dato vita: i mussiani ex Ds, i socialisti che furono di Boselli, i Verdi che furono di Pecoraro Scanio e i rifondaroli scissionisti. Riunioni occupate a litigare su tutto: dalle questioni macropolitiche, alle faccende di bottega come l’applicazione del manuale Cencelli su chi mandare in televisione. Una babele che si riflette sui media e nel dibattito politico e rappresenta una zavorra pesantissima da scaricare prima e dopo il voto.

Già, perché dopo il 7 giugno, che fine farà Sinistra e libertà?
Le divisioni interne di oggi attengono molto al destino che arriderà al cartello elettorale nella torrida estate che lo attende. E’ noto il teorema del vignettista Sergio Staino, in lista con Vendola ma fondatore e iscritto del Pd, per cui la propria candidatura in Sinistra e libertà servirebbe in realtà per rafforzare i democratici. A tutti è sembrata una boutade. Eppure rivela la trama su cui si giocheranno i destini della formazione dopo il mancato scavalcamento dello sbarramento del 4%, ovvero il rapporto politico col Pd.
Se è vero che la lista di Ferrero e Diliberto, comunque andrà, avrà un futuro, lo stesso non si può dire per i dirigenti di Sinistra e libertà.
Domenica scorsa Franceschini ha auspicato che coloro che, tra questi, vengono dalla vicenda dell’Ulivo rientrino presto nel Pd. In Sinistra democratica, l’anima mussiana dei fuoriusciti diessini, ci pensa ormai più d’uno. Anche perché l’idea di fare la minoranza moderata di una formazione di estrema sinistra è meno allettante di quella di fare la minoranza estrema di un partito di centrosinistra moderato. Anche i socialisti di Nencini sono su questa lunghezza d’onda. I Verdi paiono, invece, intenzionati a rilanciare il loro autonomismo con un irrigidimento ideologico del loro credo ambientalista.
Più difficile da decifrare la sorte di Vendola e dei pochi che per lui hanno lasciato Rifondazione, anche se è probabile che molti torneranno con Ferrero, lasciando Nichi a presiedere la Puglia ancora per qualche mese.
Fino a quando il Pd non gli darà il benservito, scegliendosi per il centrosinistra un altro candidato presidente per le regionali del 2010. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità

Ma è stato sventato davvero un attentato terroristico a New York?

di Pino Cabras – Megachip

“Attentato sventato a New York”, strombazzavano i media il 20 maggio 2009. La notizia ha meritato titoloni e tanti commenti che hanno riempito le “breaking news” e qualche paginone, ma finora si è indagato poco.

Per la maggior parte dei media è scattato il riflesso di chi dice “non abbassiamo la guardia”. E Dick Cheney, l’anima nera della precedente amministrazione USA, ne ha approfittato per l’ennesima tirata contro chi vuole smantellare il sistema da lui messo in piedi. Ma cosa è successo davvero a New York? Un’analisi appena più approfondita rivela sorprese clamorose.

Le vicende di “attentati sventati” degli ultimi anni mostrano in comune il ruolo ambiguo dei servizi di sicurezza.
Non fa eccezione l’ultimo caso newyorchese.

Scopriamo che i quattro «terroristi islamici» hanno una biografia da sfigati ricattabili, delinquenti abituali statunitensi di facile manipolabilità, e dal profilo jihadista improbabile. Il loro ordigno al plastico disposto dinnanzi a una sinagoga non è esploso, era “inerte”. Gli era stato fornito da un quinto elemento, un agente dell’FBI infiltratosi con la promessa di fornire un kit del perfetto terrorista che comprendeva anche un falso missile (per abbattere un aereo). Le mosse erano seguite passo dopo passo, di fatto governate, da molti mesi, in sinergia con altre agenzie federali.

Un importante elemento di raccordo fra i quattro e l’FBI era il cinquantaduenne pakistano Shahed Hussain, diventato informatore dell’agenzia federale dopo che nel 2002 era stato incriminato per banali reati legati a questioni d’immigrazione, e reso così prono ai ricatti. Hussein si presentava ai quattro con molta disponibilità di denaro e con promesse di procurare armi e ordigni speciali.

Ma il pezzo grosso dell’FBI è un altro. Risponde al nome di Robert Fuller. È un agente che ricompare in diverse vicende controverse, sin dalle circostanze legate agli eventi dell’11 settembre 2001.

new-york-four-muckFuller nell’agosto del 2001 ebbe l’incarico di rintracciare e arrestare due persone molto sospette, Khalid al-Mindhar e Nawaf al-Hamzi. La segnalazione era giunta dalla CIA il 23 agosto dopo che i due erano giunti sul suolo USA. Qualche settimana ancora, e i loro nomi sarebbero stati ricompresi nella lista dei presunti dirottatori dell’11/9. La ricerca di Fuller fu talmente svogliata, che finanche la Commissione sull’11/9 ebbe a menzionarne l’indolente inefficacia.

Fuller riappare in cronaca nel novembre 2004. A Washington, sul marciapiede davanti alla Casa Bianca, un uomo si dà fuoco. È lo yemenita Mohamed Alanssi. Sopravvive con il trenta per cento del corpo coperto di ustioni. Nel frattempo emerge un documento di suo pugno nel quale spiega in qualche modo l’insano gesto. È una lettera per Robert Fuller, eccolo lì di nuovo, il quale lo aveva reclutato come informatore. Alanssi scrive di voler vedere la sua famiglia in Yemen prima di dover testimoniare in un tribunale USA su spinta di Fuller perché si dice certo che, dopo quella deposizione, la sua famiglia e lui stesso moriranno. Al «Washington Post» rivela: «Ho fatto un grosso errore a collaborare con l’FBI. L’FBI ha distrutto la vita mia e della mia famiglia, intanto che mi prometteva l’ottenimento della cittadinanza e di pagarmi 100 mila dollari». La somma fu erogata, ma Alanssi non acquisì la cittadinanza USA. La moneta di scambio era una testimonianza a carico di svariati imputati islamici.

Robert Fuller lo rivediamo in Afghanistan, all’aeroporto di Bagram, dove interroga – con i metodi disumani consentiti in questi anni di torture e pressioni – un quattordicenne afghano, Omar Khadr, orbo di un occhio dopo il combattimento in cui è stato catturato. A Khadr sono mostrate diverse foto di presunti guerriglieri, e gli viene chiesto un qualche riconoscimento. Fuller riesce a estorcere al giovane l’identificazione di un uomo canadese di origine mediorientale, Maher Arar, che a quel punto deve rispondere all’accusa di essere stato fra i guerriglieri afghani. Arar è arrestato sul suolo canadese e diventa uno dei tanti casi di «extraordinary rendition». Nell’incertezza giuridica sul grado di copertura sulle pratiche di tortura, Arar è consegnato alla Siria, dove ci sono meno esitazioni costituzionali sui supplizi di Stato (e questo è uno dei più stupefacenti casi di collaborazione fra paesi che altrimenti non si risparmiano atti ostili). Lì Arar viene torturato per mesi e mesi, come è avvenuto in tanti altri casi. Il ragazzo che lo ha accusato finisce intanto nel campo di Guantanamo, dove la commissione militare speciale lo processa nel gennaio 2009. Fuller è chiamato a testimoniare e l’agente FBI ribadisce che il riconoscimento di Arar è avvenuto sulla base di una foto. Il controesame del testimone spinge Fuller ad ammettere che all’inizio il riconoscimento non era stato così netto, anzi era proprio vago, e che solo una protratta «intensa pressione» aveva spinto Khadr a ricomporre in modo più assertivo il ricordo.

Peccato che nel frattempo gli inquirenti canadesi trovano le prove che il loro concittadino, proprio nel periodo in cui secondo Khadr e Fuller si trovava in Afghanistan, era invece in patria. Le autorità si rivolgono alla Siria per riavere Arar, evidentemente innocente. La sua storia viene raccontata dalla cronista Kerry Pither in un libro (Dark Days: The Story Of Four Canadians Tortured In The Name Of Fighting Terrorism).

E poi arriviamo all’ultima vicenda.
I quattro terroristi “islamici” fatti arrestare da Robert Fuller nel 2009 sono: James Cromtie, 44 anni, di cui 12 in prigione, un bugiardo patologico, un violento; David Williams, 28 anni, pluripregiudicato, il quale possiede una pistola da quando se ne compra una coi soldi datigli dall’FBI; Onta Williams, 32 anni, una vita dentro e fuori le prigioni; Laguerre Payen, 27 anni, pregiudicato, schizofrenico sottoposto a trattamento con psicofarmaci.
I quattro hanno incontrato questa caricatura di jihadismo soltanto perché un agente provocatore glielo ha proposto, con insistenze e azioni perseveranti, prospettando loro denaro e armi. Li ha messi insieme lui, insomma. L’allegra compagnia “islamista” non si priva di droghe, banchetti e sontuose bevute.

Il ritratto che emerge somiglia a quello di altri personaggi bizzarri che abbiamo imparato a riconoscere anche nelle cronache sulle deviazioni dei servizi segreti italiani nel corso degli anni, anche di recente, come nei casi di Mario Scaramella o Igor Marini. Sempre oltre il filo dell’impostura e della millanteria, questi soggetti compiono atti che si muovono macchiettisticamente lungo le frange esterne delle trame dei servizi segreti, con coperture, depistaggi, manovre che creano confusione, ma sempre disseminate di riconoscibili contatti con autorità governative. La commistione di vero e falso dei loro racconti e delle schede che li riguardano sembra indicare anche una loro strutturale indifferenza psicologica rispetto al confine tra verità e inganno. Basterebbe poco a smascherare le trame.

Tutta la vicenda dei quattro balordi di New York somiglia maledettamente a un sistema messo in piedi qualche anno fa nell’ambito della Guerra al Terrore. Un comitato di consulenti in seno al Pentagono, il Defense Science Board, nell’estate del 2002 ha proposto la creazione di una squadra di un centinaio di uomini, il P2OG (Proactive, Preemptive Operations Group, ossia Gruppo azioni attive e preventive), con il compito di eseguire missioni segrete miranti a ‘stimolare reazioni’ nei gruppi terroristici, spingendoli a commettere azioni violente che poi li metterebbero nelle condizioni di subire il ‘contrattacco’ delle forze statunitensi (1).

Il paradosso di una simile operazione è spinto fino a limiti estremi. Pare che il piano debba in qualche modo opporsi al terrorismo causandolo.

In base al documento prodotto presso il Dipartimento della Difesa statunitense, altre strategie comprendono il furto di denaro a delle cellule di terroristi o azioni di depistaggio attraverso comunicazioni false. Viene subito alla mente il caso del falso comunicato n. 7 delle Brigate Rosse durante il sequestro di Aldo Moro, nel lontano 1978, uno dei tanti depistaggi degli ‘anni di piombo’, quando erano in incubazione su scala limitata i metodi poi estesi alla globalizzazione della paura.

Gli atti precisi cui ricorrere per ‘stimolare reazioni’ nei gruppi terroristici non sono stati svelati, il tutto in ragione della riservatezza di fonti e contatti da non compromettere.

Un’organizzazione come questa è perfetta per creare confusione e depistaggi, quel genere di caos che si determina nel passaggio dall’«infiltrazione» alla «provocazione».

Il documento del Pentagono si spinge poi a spiegare che l’uso di questa tattica consentirebbe di considerare responsabili degli atti terroristici provocati quei paesi che ospitassero i terroristi, a quel punto considerati dei paesi a rischio sovranità.

Il grande giornalista investigativo Seymour Hersh, una mosca bianca fra la grande stampa, ha rivelato già all’inizio del 2005 che il P2OG è stato rimesso all’opera. Cosa svelava Hersh?

«Sotto il nuovo approccio di Rumsfeld, mi è stato riferito (da fonti interne ai servizi americani, ndr) che agenti militari USA sarebbero stati autorizzati all’estero a fingersi uomini d’affari stranieri corrotti, intenti a comprare pezzi di contrabbando che possano essere utilizzabili per sistemi d’armamento atomici. In certi casi, stando alle fonti del Pentagono, dei cittadini locali potrebbero essere reclutati per entrare a far parte di gruppi guerriglieri o terroristici. Ciò potrebbe comprendere l’organizzazione e l’esecuzione di operazioni di combattimento, o perfino attività terroristiche.»
Evidenziamo: «perfino attività terroristiche».

Anche il prossimo libro di Hersh, di imminente pubblicazione, sarà incentrato sull’esistenza di un mondo pseudo-terroristico e para-terroristico che ha pericolosi punti di contatto con strutture dotate di una qualche patina di legalità.

La recente vicenda di New York, così come le vicende degli attentati londinesi reali o sventati tra il 2005 e il 2007, e altri episodi ancora, sembrano indicare un metodo di lavoro molto consolidato, in grado di inquinare la scena pubblica con una paura indotta. (Beh, buona giornata).

__________________

(1) Russ Kick (a cura di), 50 cose che forse non sai, San Lazzaro di Savena, Nuovi Mondi Media, 2005. Una descrizione della losca operazione ‘P2OG’ è presente anche in Bruno Cardeñosa, 11-S. Historia de una infamia, las mentiras de la versión official, Malaga, Corona Borealis, 2003.

Share
Categorie
Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Per la prima volta nella storia, Radio Vaticana fa pubblicità. Urbi et orbi.

Il prossimo 6 luglio andrà in onda il primo spot pubblicitario su Radio Vaticana. Sarà una campagna appositamente studiata e realizzata da Enel in cinque lingue (italiano, inglese, spagnolo, francese e tedesco) per la Radio Vaticana. La pianificazione prevede circa 300 passaggi fino al 27 settembre. Gli spazi commerciali saranno mandati in onda in fasce orarie appropriate e non interromperanno mai le trasmissioni. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Lavoro Leggi e diritto

Crepa, operaio crepa. Nell’Italia del 2009 morire sul lavoro è solo una semplice fatalità. Non un crimine.

Sono morti in tre nella grande raffineria Saras a Sarroch vicino a Cagliari. Il primo è caduto nel serbatoio intossicato dall’azoto; gli altri due hanno perso la vita perché volevano salvare il compagno. Dovevano pulire un serbatoio dell’impianto di desolforazione. I vapori letali non hanno lasciato scampo. Alla squadra apparteneva un quarto collega, Gianluca Fazio, intossicato anche lui, ma sopravvissuto: “Il primo ad entrare nella cisterna è stato Pierluigi Solinas, Gigi come lo chiamavamo tutti. Doveva controllare quali strumenti portare per iniziare il lavoro. Si è sentito subito male ed è cascato dentro la cisterna. Ho tirato la corda che lo legava ma non riuscivo ad estrarlo. Un operaio lì vicino ha chiamato gli altri due. Bruno – Bruno Muntoni – non ci ha pensato su ed è entrato ma i vapori hanno ucciso anche lui. Allora è toccato a Daniele Melis che ha indossato una maschera antigas e si calato nel serbatoio, ma è successo qualcosa e anche lui è morto”. Beh, buona giornata. (www.youtube.com/watch?v=e6-2ZyIiABk)

Share
Categorie
Finanza - Economia Lavoro Società e costume

La crisi e gli italiani: e pensare che la pubblicità diceva che la vita comincia a 50 anni.

La crisi ha colpito anche le categorie di lavoratori che sembravano più garantite
Dal 1995 per la prima volta la crescita dei senza lavoro supera quella degli occupati
Maschio, sposato, di mezza età
Per l’Istat è il “nuovo disoccupato”
Dal Rapporto Annuale emerge anche una maggiore vulnerabilità degli immigrati
Un milione e mezzo di famiglie ha gravi difficoltà per il cibo, i vestiti e il riscaldamento
di ROSARIA AMATO-repubblica.it

Aumentati nel 2008 i disoccupati maschi tra i 35 e i 54 anni

ROMA – Tra i 35 e i 54 anni, maschio, residente al Centro-Nord, con un livello di istruzione non superiore alla licenza secondaria, coniugato o convivente, ex titolare di un contratto a tempo indeterminato nell’industria. E’ il “nuovo disoccupato”, secondo la descrizione che ne fa il Rapporto Annuale dell’Istat. Perché la crisi non ha prodotto solo disoccupati ‘di lusso’ come i manager, non si è accanita solo sulle categorie da sempre in Italia ai margini del mercato del lavoro: i meridionali, i giovani, i precari, le donne. La novità della crisi è che a perdere il lavoro sono “i padri di famiglia”, le figure di riferimento, che magari portavano a casa stipendi mediocri, ma tali comunque da permettere ad altre persone (moglie, convivente, figli o altri parenti) di condurre un’esistenza dignitosa.

Più disoccupati anche tra gli stranieri. La crisi non ha risparmiato neanche gli stranieri, e anche in questo caso, i più colpiti sono stati gli uomini di età media: “L’andamento dell’ultimo anno – si legge nel Rapporto – segnala un forte calo delle donne disoccupate con responsabilità familiari, soprattutto di quelle con figli, arrivate a incidere non più del 70 per cento a fronte del 78 per cento di tre anni prima. Al contrario, gli effetti della crisi sembrano aver investito i loro coniugi/conviventi uomini, la cui incidenza è invece aumentata in maniera significativa, specie negli ultimi tre trimestri”.

Va peggio alla fascia 40-49 anni. Tanto che nel quarto trimestre del 2008 la quota dei disoccupati stranieri arriva a superare il 10 per cento del totale dei senza lavoro, contro il 6,1 per cento del primo trimestre del 2005. “In particolare – rileva l’Istat – gli stranieri tra i 40 e i 49 anni accusano più degli altri gli effetti della fase recessiva, e spiegano circa il 50 per cento dell’incremento della disoccupazione maschile”.

Il deterioramento del mercato. Dunque i due fenomeni sono collegati. I maschi adulti con carichi familiari, italiani o stranieri, sono diventati i più vulnerabili in una situazione di generale peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro: infatti nel 2008, per la prima volta dal 1995, la crescita degli occupati (183.000 unità) è inferiore a quella dei disoccupati (186.000 unità).

La disoccupazione si fa adulta. Perdono il lavoro i titolari di un contratto a termine, o atipico. Ma vengono licenziati anche i titolari di un contratto a tempo indeterminato ( 32 per cento nel 2008). In dettaglio, questa l’analisi dell’Istat: “Un disoccupato su quattro ha un’età compresa tra i 35 e i 44 anni, mentre l’aumento delle persone tra 35 e 54 anni spiega quasi i due terzi dell’incremento totale della disoccupazione. Si è passati nel tempo da una disoccupazione da inserimento, essenzialmente concentrata nei giovani con meno di 30 anni fino alla metà degli anni Novanta, a una sempre più adulta. Nel corso del 2008 questa tendenza ha accelerato”.

Più ‘padri’ atipici o precari. La crisi ha colpito di più le famiglie con figli, a loro volta vittime di un mercato del lavoro che più che mai li respinge (il tasso di occupazione dei ‘figli’, pari al 42,9 per cento, nel 2008 è sceso di sette decimi di punto rispetto al 2007). E allora, accanto alla disoccupazione dei ‘padri’, si registra un peggioramento del tipo di lavoro. “Tra il 2007 e il 2008 i padri con un’occupazione part time, a termine o con una collaborazione sono 17.000 in più; quelli con un’occupazione ‘standard’ 107.000 in meno”: cioè tra i tanti che vengono licenziati, qualcuno riesce a riciclarsi con un lavoro precario. Tra padri e figli, i più colpiti sono quelli meno istruiti, che al massimo hanno un diploma di scuola media superiore.

Le famiglie che non arrivano a fine mese. La diminuzione o il venir meno dei redditi da lavoro produce povertà. L’Istat individua circa un milione e 500.000 famiglie (il 6,3 per cento del totale) che arrivano alla fine del mese “con grande difficoltà” e che, nell’81,1 per cento dei casi, dichiarano di non essere in grado di affrontare una spesa imprevista di 700 euro. In questo gruppo ci sono le famiglie indietro con il pagamento delle bollette, che non possono permettersi di riscaldare adeguatamente l’abitazione (45,8 per cento). Hanno difficoltà ad acquistare vestiti (62,9 per cento) o ad affrontare le spese per malattie (46,6 per cento). In genere le famiglie di questo gruppo contano su un unico percettore di reddito con un livello di istruzione non superiore alla licenza media, di età inferiore ai 45 anni. Ci sono poi 1,3 milioni di famiglie che hanno difficoltà leggermente inferiori, ma che spesso, a causa dei redditi bassi (nella maggior parte dei casi possono contare su un unico percettore di reddito che ha la licenza media inferiore), hanno difficoltà nei pagamenti, nell’acquisto di alimenti e vestiti, e anche nel riscaldamento della casa.

Le famiglie ‘agiate’ sono 10 milioni. All’altro estremo si collocano le famiglie agiate: 1,5 milioni che arrivano alla fine del mese “con facilità o con molta facilità”, 8,6 milioni che lamentano solo qualche difficoltà sporadica, “imputabile più allo stile di consumo che a vincoli di bilancio stringenti”. Abitano soprattutto al Nord, con una prevalenza di residenti in Trentino Alto Adige e in Valle d’Aosta.

Le famiglie con difficoltà relative. Al centro si collocano le famiglie che non hanno difficoltà economiche eccessive, ma che non risparmiano (spesso si tratta di anziani); le famiglie giovani gravate da un mutuo per la casa, che assorbe una parte più che consistente del reddito disponibile; e infine le famiglie cosiddette ‘vulnerabili’. Si tratta di 2,5 milioni di famiglie, il 10,4 per cento del totale: sono a basso reddito, una parte ha una casa di proprietà, una parte vive in affitto. La loro vulnerabilità è data dal fatto che contano su un solo percettore di reddito, che nel 41,4 per cento dei casi ha preso soltanto la licenza elementare. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità

Il caso della fanciulla che chiama papi il premier: c’è chi ha invocato Renzo, Lucia e Don Rodrigo. Ma quale Promessi Sposi, questa è una banale sceneggiata napoletana, con tanto di Isso, Issa e ‘o malamente.

http://tv.repubblica.it/dossier/10-domande/papi-berlusconi-e-la-mia-noemi/33082?video

Share
Categorie
Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La quarta crisi: Rcs manda a casa 175 giornalisti?

Media/ Rcs taglia tutti i periodici e paga 25 milioni di Tfr-blitzquotidiano.it
Cura da cavallo per sanare i bilanci del gruppo Rcs? Dalle indiscrezioni giunte e raccolta da Affari Italiani il piano dell’ ad Angelo Perricone sarebbe drastico: tagliare tutti i periodici e mandare a casa 175 giornalisti in un colpo solo. Per farlo il gruppo sarebbe disposto a pagare 25 miloni di tfr: sarebbe questa indiscrezione ad avere fatto schizzare in alto il titolo in Borsa, alla fine della settimana scorsa. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Media e tecnologia Società e costume

Il caso delle dieci domande di Repubblica ha fatto il giro del mondo: “Mr. Berlusconi, why don’t you answer the press?”, scrive The Huffington Post.

Sui giornali esteri sempre spazio alle 10 domande poste da “Repubblica”.Così la stampa internazionale chiede al premier di rispondere. Stupore per la mancata solidarietà al nostro giornale di ALESSIA MANFREDI- repubblica.it

Così la stampa internazionale chiede al premier di rispondere
Il primo ad occuparsene è stato il Times londinese di Rupert Murdoch, poi il caso delle dieci domande poste da Repubblica a Silvio Berlusconi sul suo rapporto con la diciottenne Noemi Letizia, rimaste senza risposta, ha fatto il giro della stampa estera.

Dalla Gran Bretagna alla Spagna ad altri paesi, autorevoli quotidiani hanno mostrato il loro sostegno a Repubblica, dando ampio spazio all’inchiesta, sottolineando il silenzio e l’ira del premier. Altri hanno semplicemente riferito il caso. In un’intervista a Repubblica, il direttore di Die Zeit, Giovanni Di Lorenzo, ha detto che insultare un quotidiano “in Germania provocherebbe l’immediata solidarietà di tutti gli altri media, indipendentemente dal loro orientamento politico”. Alla questione sono stati dedicati diversi articoli e commenti. Ecco i principali.

“Public Duty and Private Vendetta”, The Times, 18 maggio 2009. Le lamentele di Silvio Berlusconi, che si ritiene vittima di diffamazione, non hanno alcun senso, si legge nell’editoriale non firmato del Times, che, secondo la tradizione anglosassone, riflette l’opinione della direzione del giornale. Le domande di Repubblica, continua il Times, non sono un’intrusione nella vita privata, ma sono legate al suo ruolo di politico e magnate dei media. E l’attacco di Berlusconi al giornale è un tentativo di intimidire il dissenso.

“Mr. Berlusconi, why don’t you answer the press?”, The Huffington Post, 20 maggio 2009. Il caso approda anche sull’influente sito di informazione online di Arianna Huffington.

“In praise of La Repubblica”, The Guardian, 23 maggio 2009. Anche il Guardian dedica un editoriale al caso, intitolato, semplicemente, “Elogio a La Repubblica”. “Nonostante rumori minacciosi da parte di Silvio Berlusconi, il principale quotidiano di centro-sinistra si è rifiutato di smettere di chiedere risposte alle 10 domande poste al premier circa la sua relazione con una adolescente napoletana, Noemi Letizia”, si legge nel testo, che insiste sul diritto della stampa in una società democratica a fare domande e conclude: “Repubblica sta facendo una battaglia solitaria e merita sostegno”.

“Papi, en la encrucijada”, El Pais, 20 maggio 2009. “Papi, al crocevia” titola il commento del quotidiano spagnolo, che ripercorre l’origine della crisi, dalle dichiarazioni di Veronica Lario, sottolineando l’anomalia di Berlusconi, capo del governo, “editore del maggior gruppo mediatico del Paese”, il suo controllo quasi totale della informazione televisiva, fino alle domande di Repubblica, seguite da ira e silenzio. Sarebbe salutare per la democrazia italiana, argomenta El Pais, “che Berlusconi prendesse carta e penna e spiegasse al mondo perché lo chiamano papi”.

“How one newspaper’s shameful questions have rattled Silvio Berlusconi”, The Observer, 24 maggio 2009. Il giornale inglese ripercorre in un lungo articolo l’intera vicenda Noemi, le domande “vergognose” di Repubblica che hanno innervosito il presidente del Consiglio, provocato una dura reazione da parte della stampa di destra, e innescato gli insulti del premier al cronista di Repubblica.

“Les questions sur les starlettes font enrager Silvio Berlusconi”, La Tribune de Geneve, 16 maggio 2009. E’ un Silvio Berlusconi “sull’orlo di una crisi di nervi” quello che se la prende con il principale quotidiano di Roma, secondo il quotidiano svizzero. Le domande di Repubblica, per far luce sulle molte zone d’ombra sono rimaste senza risposta perché il Cavaliere ha invocato il complotto, si legge sul quotidiano.

“L’origine des liens entre Berlusconi et la jeune Noémie”, Le soir, 24 maggio 2009. Il giornale belga riprende il caso usando un servizio della France Presse.

“L’affaire Noemi poursuit Berlusconi”, Le Figaro, 25 maggio 2009. Anche il quotidiano francese conservatore, che ieri sul caso titolava “La Repubblica mette in imbarazzo Berlusconi” continua a dare spazio alla vicenda Noemi, che “sta perseguitando il presidente del Consiglio”, dando conto della campagna di Repubblica, delle incongruità rivelate dall’inchiesta sul rapporto fra la ragazza ed il presidente del Consiglio e della richiesta di spiegazioni in Parlamento da parte dell’opposizione.

“L’insubmersible”, Slate.fr, 25 maggio 2009. Sul sito di informazione online diretto da Jean Marie Colombani, un lungo articolo di Marc Lazar riflette sull’enigma Berlusconi: accerchiato dai guai, dalla “strana relazione con la ragazza napoletana”, incalzato dalla stampa d’opposizione, “accusata di aver rivelato informazioni su di lui e di chiederne conto, come è normale in democrazia”, e ancora dal caso Mills e dall’economia in rosso. Eppure inaffondabile.

“Italie: la vie privée de Silvio Berlusconi continue de troubler la campagne”, Le Monde, 25 maggio 2009. Aumentano i guai per Silvio Berlusconi, si legge sul quotidiano francese. “Le spiegazioni contraddittorie date dal presidente del Consiglio” su Noemi Letizia “sono state smentite da un ex fidanzato della ragazza”.

“Sa liaison dangereuse”, La dernière heure, 25 maggio 2009. Berlusconi non ha finito di spiegare la sua relazione con un’adolescente, si legge sul quotidiano belga.

“Berlusconi e la 18enne: Cos’è successo veramente?”, Die Welt, 25 maggio 2009. Il quotidiano tedesco riprende le rivelazioni di Repubblica e rileva come la crisi “privata” in casa Berlusconi sia diventata ormai affare di stato.

Sulla stessa linea la Suddeutsche Zeitung, “Berlusconi, das model und die “lüge”, Berlusconi, la modella e la “bugia”.

E Bild:”So lernte Berlusconi die 18-Jährige wirklich kennen”, Così Berlusconi conobbe davvero la diciottenne.

“Ex Noemi klapt uit school over Berlusconi”, De Telegraaf, 25 maggio 2009. “L’ex di Noemi rivela”, si legge sul quotidiano olandese, che riprende l’intervista a Repubblica di Gino Flaminio.

Anche De Volkskrant parla delle rivelazioni dell’ex fidanzato di Noemi: “‘Berlusconi loog over relatie met minderjarige”‘, “‘Berlusconi ha mentito sulla sua relazione con la minorenne'” è il titolo del pezzo. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità Società e costume

Il caso della fanciulla che chiama papi il premier: in Italia i diritti e la dignità delle donne rimangono sempre sulla carta. Velina.

Rotto l’incantesimo del nuovo Don Rodrigo di GAD LERNER-Repubblica.

Forse ora la smetterà d’insistere sulla propria esuberanza sessuale, sulle belle signore da palpare anche tra le macerie del terremoto e sulle veline che purtroppo non sempre può portarsi dietro.

A quasi 73 anni d’età, Silvio Berlusconi si trova per la prima volta in vita sua a fare davvero i conti con l’universo femminile così come lui l’ha fantasticato, fino a permearne la cultura popolare di massa di questo paese. Lui, per definizione il più amato dalle donne, sente che qualcosa sta incrinandosi nel suo antiquato rapporto con loro.

Le telefonate notturne a una ragazzina, irrompendo con la sproporzione del suo potere – come un don Rodrigo del Duemila – dentro quella vita che ne uscirà sconvolta. E poi il jet privato che le trasporta a gruppi in Sardegna per fare da ornamento alle feste del signore e dei suoi bravi. Ricompensate con monili ma soprattutto con aspettative di carriera, di sistemazione. L’immaginario cui lo stesso Berlusconi ha sempre alluso nei suoi discorsi pubblici è in fondo quello di un’Italietta anni Cinquanta, la stagione della sua gioventù: vitelloni e case d’appuntamento; conquista e sottomissione; il corpo femminile come meta ossessiva; la complicità maschile nell’avventura come primo distintivo di potere. Nel mezzo secolo che intercorre fra le “quindicine” nei casini e l’uso improprio dei “book” fotografici di Emilio Fede, riconosciamo una generazione di italiani poco evoluta, grossolana nell’esercizio del potere.

Di recente Lorella Zanardo e Marco Maldi Chindemi hanno riunito in un documentario di 25 minuti le modalità ordinarie con cui il corpo femminile viene presentato ogni giorno e a ogni ora dalle nostre televisioni, con una ripetitiva estetica da strip club che le differenzia dalle altre televisioni occidentali non perché altrove manchino esempi simili, ma perché da nessuna parte si tratta come da noi dell’unico modello femminile proposto in tv. La visione di questa sequenza di immagini e dialoghi è davvero impressionante (consiglio di scaricarla da www. ilcorpodelledonne. com). Viene da pensare che nell’Italia clericale del “si fa ma non si dice” l’unico passo avanti compiuto nella rappresentazione della donna sia stato di tipo tecnologico: plastificazione dei corpi, annullamento dei volti e con essi delle personalità, fino a esasperare il ruolo subalterno, spesso umiliante, destinato nella vetrina popolare quotidiana alla figura femminile senza cervello. Cosce da marchiare come prosciutti negli spettacoli di prima serata, con risate di sottofondo e senza rivolta alcuna delle professioniste, neppure quando uno dopo l’altro si sono susseguiti gli scandali tipicamente italiani denominati Vallettopoli.

In tale contesto ha prosperato il mito del leader sciupafemmine, invidiabile anche per questo. Fiducioso di godere della complicità maschile, ma anche della rassegnata subalternità di coloro fra le donne che non possano aspirare a farsi desiderare come veline.

Tale è stata finora l’assuefazione a un modello unico femminile – parossistico e come tale improponibile negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Spagna – da far sembrare audacissima la denuncia del “velinismo politico” quando l’ha proposta su “FareFuturo” la professoressa Sofia Ventura. Come se la rappresentazione degradante della donna nella cultura di massa non avesse niente a che fare con la cronica limitazione italiana nell’accesso di personalità femminili a incarichi di vertice. Una strozzatura che paghiamo perfino in termini di crescita economica, oltre che civile.

Così le ormai numerose indiscrezioni sugli “spettacolini” imbanditi nelle residenze private di Berlusconi in stile harem – mai smentite, sempre censurate dalle tv di regime – confermano la gravità della denuncia di Veronica Lario: “Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica”. Una sistematica offesa alla dignità della donna italiana resa possibile dal fatto che “per una strana alchimia il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore”.

Logica vorrebbe che dopo le ripetute menzogne sulla vicenda di Noemi Letizia tale indulgenza venga meno.
La cultura misogina di cui è intriso il padrone d’Italia – ma insieme a lui vasti settori della società – risulta anacronistica e quindi destinata a andare in crisi. Si rivela inadeguata al governo di una nazione moderna.
Convinto di poter dominare dall’alto, con l’aiuto dei suoi bravi mediatici, anche una realtà divenuta plateale, l’anziano don Rodrigo del Duemila per la prima volta rischia di inciampare sul terreno che gli è più congeniale: l’onnipotenza seduttiva, la cavalcata del desiderio. L’incantesimo si è rotto, non a caso, per opera di una donna. (Beh, buona giornata).

Share
Follow

Get every new post delivered to your Inbox

Join other followers: