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Baxandall ci spiega perché Goethe un volta disse che “la bocca è sorda, l’orecchio è muto, ma l’occhio sente e parla”.

“Un oggetto riflette un disegno di luce sull’occhio. La luce entra nell’occhio attraverso la pupilla, viene raccolta dal cristallino e proietta sulla schermo che si trova nel retro dell’occhio, la retina.

Quest’ultima è dotata di una rete di fibre nervose che, per mezzo di un sistema di cellule, filtrano la luce a diversi milioni di ricettori, i coni.

La reazione di coni, che sono sensibili sia alla luce che al colore, consiste nel portare al cervello le informazioni relative alla luce e al colore.

E a questo stadio del processo che nell’uomo gli strumenti della percezione visiva cessano di essere uniformi e cambiano da individuo a individuo.

Il cervello ha il compito di interpretare i dati di prima mano relativi alla luce e al colore ricevuti dai coni e ciò avviene sia grazie a delle capacità innate che grazie a quelle che gli derivano dall’esperienza.

Esso ricava i relativi dettagli dal suo bagaglio si schemi, categorie, abitudini di deduzione e analogia – ‘rotondo’, ‘grigio’, ‘liscio’, ciottolo’ ne possono essere gli esempi verbali – e questi forniscono una struttura e quindi un significato alla fantastica complessità dei dati oculari”. (“Pittura ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento”, Michael Baxandall, Einaudi).

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Di Marco Ferri

Marco Ferri è copywriter, autore e saggista, si occupa di comunicazione commerciale, istituzionale e politica.

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