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Popoli e politiche

Torturare è giusto, torturare è possibile.

Per sostenere il ripugnante principio secondo la quale ci vuole un “compromesso tra lo stato di diritto e la sicurezza nazionale”, qualche giorno fa sul Corriere della Sera, nei giorni immediatamente successivi all’allarme antiterrorismo lanciato negli aeroporti inglesi, Angelo Panebianco ha scritto:“Immaginiamo che tra qualche mese venga fuori che l’Apocalisse dei cieli, il grande attentato destinato a oscurare persino gli attacchi dell’undici settembre, con migliaia di vittime innocenti, sia stato sventato solo grazie alla confessione, estorta dai servizi segreti anglo-americani, di un jhadista coinvolto nel complotto, magari anche arrestato (sequestrato) illegalmente.”

Panebianco si è poi chiesto:”Chi se la sentirebbe in Europa di condannare quei torturatori? La risposta è: un gran numero di persone. In Italia più che altrove.”
A proposito di tortura e di giustificazione politico-giuridica della tortura, esemplare il caso di Craig Murray, che è stato recentemente intervistato per RaiNews24 da Mario Sanna e Maurizio Torrealta.

Craig Murray è stato ambasciatore britannico in Uzbekistan. Nel periodo cha va dall’agosto del 2002 all’ottobre del 2004 ha scoperto la tortura dei servizi segreti uzbeki sui prigionieri politici e ha denunciato l’uso che delle informazioni estorte, spesso inattendibili, facevano la Cia e il ‘Foreign Office’ inglese.

Craig Murray è stato ascoltato dalla Commissione d’inchiesta dell’Europarlamento sui voli e i sequestri della Cia in Europa alla fine di aprile. Murray è stato ambasciatore britannico in Uzbekistan dal 2002 al 2004. Cosa ha dichiarato Murray alla Commissione? Ha detto che i servizi segreti americani e britannici hanno utilizzato testimonianze di detenuti ottenute mediante tortura e non ha escluso che i servizi segreti di molti paesi europei fossero informati di quanto facessero i loro colleghi in Uzbekistan.

L’ambasciatore ha parlato di “cooperazione” tra i servizi nazionali quando si è avuto a che fare con detenuti sospettati di terrorismo in Uzbekistan. L’alto funzionario si è detto certo del fatto che i servizi uzbeki torturassero i detenuti e che la CIA e l’MI6 britannico ottenessero le informazioni sebbene non partecipassero agli “interrogatori”.

Murray ha raccontato d’aver posto il problema al ministro degli esteri britannico, Jack Straw, il quale concluse, dopo un incontro con il capo dei servizi MI6, che ricevere informazioni ottenute sotto tortura non avrebbe contravvenuto alla Convenzione ONU contro la tortura. A proposito di una domanda posta dal relatore della commissione, Claudio Fava, l’ambasciatore Murray ha affermato di non avere informazioni sulla condivisione delle informazioni tra la CIA e i servizi segreti di Paesi occidentali: “Tuttavia – ha aggiunto – la Germania aveva particolari e stretti legami con i servizi di sicurezza uzbeki e credo che lo scambio di informazioni sia avvenuto”.

Murray ha raccolto le testimonianze di intere famiglie, rivoltesi a lui per assistere i loro congiunti ‘scomparsi’ e sequestrati dai servizi segreti uzbeki. Ha condotto un’indagine e ritiene che oltre 7000 persone, oppositori del regime uzbeko guidato da Islam Karimov, siano state sequestrate e torturate per ordine del governo. Secondo Murray questa azione di feroce repressione interna è stata anche finalizzata alla raccolta di informazioni da parte della Cia.

Secondo la testimonianza di Murray, i prigionieri sotto tortura erano costretti a confessare di tutto: che erano membri di al Qaeda; che avevano contatti con l’Afghanistan e con lo stesso Bin Laden; che andavano in Afghanistan per incontrarlo o che conoscevano persone implicate in questo. Inoltre, chi era torturato era disposto ad ammettere che un gruppo uzbeko di opposizione fosse collegato ad al Qaeda e addirittura confessavano che persone che loro nemmeno conoscevano erano attivisti di Bin Laden.

Ecco un brano dell’intervista di Mario Sanna e Maurizio Torrealta per RaiNews24.

Craig Murray ha voluto raccogliere una dettagliata documentazione sulle violazioni dei diritti umani in tutto il mondo in suo sito e lo sta facendo anche in polemica con il sistema dei media. Come ha reagito la stampa inglese tradizionale davanti alla sua vicenda e alle sue denunce.

I media britannici hanno difficoltà a affrontare a viso aperto questo punto. Nessuno ha mai domandato in modo diretto: “Voi usate materiale di ‘intelligence’ ottenuto con la tortura?” , oppure: “Ma voi non istigate di fatto regimi come quello uzbeko, saudita, algerino? Non incoraggiate questi regimi alla tortura?”. Nessun giornalista ha posto mai queste domande difficili e così il ‘Foregn Office’ è stato in grado di manipolare l’opinione pubblica su questo punto.

Dopo l’11 settembre l’intero sistema dei media in Gran Bretagna è stato dominato dal timore di non mostrare immagini e a non porre sul tappeto questioni che fossero considerate poco patriottiche. Il direttore della BBC e’ stato mandato via perché aveva detto che in Iraq non c’erano armi di distruzione di massa. Ora sappiamo che ciò che diceva la BBC era vero, che non c’erano armi i distruzione di massa in Iraq, ma le due persone ai vertici della BBC sono state mandate via per aver detto una cosa del genere, quindi e’ comprensibile che i giornalisti non si sentano pronti a scavare in profondità su questo argomento nel Regno Unito.

La sua deposizione davanti alla commissione d’inchiesta che indaga sui voli Cia, non è passata inosservata, anzi, ha destato grande sensazione tra gli europarlamentari. Di tutta questa vicenda drammatiche che lei ha vissuto, che ci ha raccontato, qual è stato l’aspetto che più l’ha ferita?

La cosa peggiore per me è stata la scoperta che altri funzionari pubblici, persone che conoscevo da 20 anni erano al corrente di questa situazione. Sono rimasto sbalordito quando ho scoperto che Michael Wood che e’ una brava persona, un uomo che conoscevo da molto tempo trovava una giustificazione legale al modo in ui si poteva eludere il divieto giuridico contro la tortura

A questo punto inizi a pensare: “Perché le persone non si assumono la responsabilità morale delle loro azioni?”.

Se qualcuno riesce a trovare una giustificazione legale alla tortura, allora e’ facile capire come un funzionario pubblico in Germania possa avere ricevuto ordini di andare ad Auschwitz con i carri bestiame e dire: “io sto facendo solo il mio lavoro, sono solo un funzionario pubblico”.

L’articolo di Panebianco, accanto, fatte le debite proporzioni a quelli di Magdi Allam e di Giuliano Ferrara, per non parlare di quelli dell’agente Betulla, e di tutta la macchina propagandistica a favore della guerra di civiltà hanno segnato in questi anni il punto di non ritorno tra lo stato di diritto e la logica della guerra infinita al terrorismo. La testimonianza di Craig Murray è un balsamo per la coscienza critica di ciascuno di noi. Per questa azione in difesa dei diritti umani, Murray è stato costretto ad abbandonare la diplomazia. Beh, buona giornata.

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L’odontotecnico di Bergamo che parla fuori dai denti.

Contro gli sbarchi di immigrati occorre applicare la legge Bossi-Fini che prevede “anche l’uso della forza” perché con una “salva davanti e una dietro” le navi dei clandestini non partirebbero più. E’ questa l’opinione di Roberto Calderoli, vice Presidente del Senato. E aggiunge:” la legge Bossi-Fini va soltanto applicata fino in fondo e la legge parla chiaramente di respingimento alle frontiere e, nel caso, anche dell’utilizzo della forza”.

Non solo: “Una salva davanti, una salva dietro al limite delle acque territoriali e vedrete che – aggiunge il vice presidente del Senato – non solo le navi ritorneranno sui loro passi, ma inizieranno a non partire nemmeno più sapendo ciò che li attende nelle acque intermedie.”

Lo spessore politico e morale del senatore in questione è a tutti noto. E’ noto non perché sia intellettualmente rilevante, quanto per il fatto che molti telespettatori lo videro apostrofare in diretta tv Rula Jebreal, giornalista de La 7 con un elegante riferimento al colore della sua pelle: “Lei è abbronzata”.

E’ noto non perché la sua figura sia politicamente rilevante, ma perché alcune migliaia di telespettatori della tv pubblica lo hanno visto sbottonare la camicia per mostrare la sua intima t-shirt, nella quale s’era fatto serigrafare una delle vignette su Maometto. Complice Clemente Mimun, direttore di RaiUno.

Il programma fu registrato nel primo pomeriggio, ma fu comunque mandato in onda in prime- time, dopo il tg delle 20 di RaiUno. Immediatamente dopo questa sconcia bravata avvennero scontri nella città libica di Bengasi, scontri con le forze di polizia, accorse a protezione del Consolato italiano. Il bilancio della performance televisiva del sen. Calderoli, allora Ministro per le Riforme, fu 16 manifestanti morti ammazzati e un paio di centinaia di feriti.

L’allora Ministro si dovette dimettere, gesto irrilevante perché il Governo Berlusconi era dimissionario, essendo l’Italia in campagna elettorale.

Comunque, il console italiano a Bengasi dovette lasciare di corsa la sede diplomatica, data alla fiamme dai dimostranti inferociti. Una bella pagina per la nostra diplomazia.

Ciò che invece è ignoto è il motivo per cui i senatori della Repubblica abbiano votato il nome di Roberto Calderoli alla carica di vice presidente del Senato. Va ricordato che la presidenza del Senato è, per la Costituzione, la seconda carica dello Stato.

E’ troppo chiedere al presidente del Senato, sen. Franco Marini, impegnato al Meeting di Rimini, molto impegnato nel sostenere il dialogo istituzionale con la vecchia maggioranza, come è stato possibile eleggere un vice presidente che vorrebbe usare le cannonate contro i migranti?

La senatrice Angela Finocchiaro, capo gruppo Ds al Senato ha qualche idea in proposito? E gli altri capogruppo dei partiti di maggioranza?

E’ vero che va garantito il diritto di esprimere liberamente le proprie convinzioni politiche, sbagliate che siano, a un membro della minoranza Ma il signore in questione non ricoprirebbe un carica istituzionale, se non ci fosse stato un accordo tra i gruppi parlamentari in Senato. Si diventa vice presidente sparandole grosse?

E’ anche vero che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: ma è proprio del mare della Sicilia che stiamo parlando. Beh, buona giornata.

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Società e costume

I campionati di marcia indietro.

Apparentemente è una specialità podistica. La corsa all’indietro, o, come dicono gli addetti ai lavori il “retro.running”. Si sta tenendo in Svizzera il campionato mondiale della nuova specialità: 42 atleti provenienti da molti Paesi si sono sfidati nel campionato del mondo di “Retro-running”, su un percorso di undici chilometri di dislivello partendo da 1900 metri per raggiungere la pianura.

In realtà è una straordinaria metafora del mondo attuale, un formidabile tributo all’arretramento su tutti i fronti delle relazioni umane, sociali e politiche. Un icona dell’esser tornati indietro di anni, per ritrovarci immischiati negli scontri di civiltà, nell’era dei diritti negati, dell’intolleranza, della manipolazione dei fatti, dell’intossicazione dell’aria, dell’acqua e della mente.

Tuttavia, il retro-running è spaventosamente moderno e attuale. Più che una specialità olimpica sembra essere l’attitudine odierna della maggioranza delle persone: tirare avanti, con la testa rivolta all’indietro.

Cambia anche il modo di tagliare il traguardo: invece che con la testa in avanti, nel retro-running il filo di lana di taglia con il culo. Apoteosi sublime del fattore C. Beh, buona giornata.

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La mattanza dei migranti.

Dopo la tragedia del rovesciamento del barcone stipato di migranti clandestini avvenuta nella notte tra venerdì e sabato scorsi, nella quale delle centoventi persone a bordo ne sono state tratte in salvo una settantina e recuperati i corpi di dieci, un’altra mattanza tra sabato e domenica: una trentina di persone sarebbero state a bordo del gommone naufragato a circa 70 miglia da Lampedusa. Lo hanno detto gli stessi superstiti soccorsi dal peschereccio ‘Cleos’.

La scia di morti nei mari della Sicilia è lunga, lunga quanto la scorsa legislatura, che si è scagliata contro l’immigrazione, con quella brutta legge Fini-Bossi, la quale non ha risolto il problema, in compenso lo ha drammaticamente aggravato. E’ un triste elenco, ma bisogna scorrerlo per avere l’esatta entità delle colpevoli inadempienze nella lotta contro i trafficanti di migranti.

Il 7 marzo 2002 un barcone carico di clandestini affonda a sud di Lampedusa, mentre viene trainato da un peschereccio di Ma zara del Vallo. Dodici i cadaveri recuperati, undici i superstiti e varie decine i dispersi. Alle fasi del soccorso aveva partecipato anche il pattugliatore della Marina militare ‘Cassiopea’ senza tuttavia intervenire per il trasbordo. L’inchiesta aperta sul caso fu archiviata quanto il comandante dimostrò che l’operazione non era tecnicamente possibile per le proibitive condizioni meteo.
Il 15 settembre 2002 un’imbarcazione con oltre un centinaio di clandestini affonda a circa mezzo miglio da Capo Rossello, sul litorale agrigentino: recuperati 37 cadaveri di immigrati di origine liberiana, altri 92 riescono a salvarsi. Il 22 settembre 2002 una carretta del mare la ‘Bahack’ arriva a qualche centinaio di metri dalla riva tra Scoglitti e Gela, e scarica in mare una sessantina di clandestini. Recuperati 11 cadaveri.

Il 20 giugno 2003 una barca con circa 250 clandestini naufraga in acque internazionali al largo della Tunisia. Il bilancio è di una cinquantina di morti, circa 160 dispersi e 41 sopravvissuti. L’8 agosto 2004: la nave portacontainer ‘Zuiderdiep’ giunge a Siracusa dopo aver tratto in salvo 71 immigrati partiti dalla Libia e naufragati nella traversata. Morte 28 persone. Il 4 ottobre 2004 un’imbarcazione con 75 maghrebini si inabissa davanti alle coste della Tunisia, al largo di Chott Meriem, provocando l’ annegamento di 17 persone. I dispersi sono 47 e 11 le persone salvate dalla guardia costiera tunisina.

Il 23 marzo 2005 solo sei superstiti su un totale di 15 cinesi imbarcati a Malta e abbandonati in mare dagli scafisti maltesi. Il dramma 16 miglia a sud di Punta Secca, nel ragusano. Il 25 maggio 2005 un’onda anomala fa rovesciare una piccola barca di legno, con 27 uomini a bordo, a 60 miglia dalle coste libiche. A soccorrere i naufraghi sono due pescherecci di Ma zara del Vallo, che ne traggono in salvo 11 e recuperano due cadaveri.
Il 12 luglio 2005 un barcone si capovolge 70 miglia a sud di Malta. Le motovedette maltesi recuperano 16 persone, all’ appello ne mancano altre sette. L’11 settembre 2005 nella notte si arena, a pochi metri dalla costa di Gela, un barcone con 170 clandestini tra cui donne e bambini, di origine eritrea, etiope e palestinese. Il bilancio è di 11 morti. La tragedia durante il trasbordo degli immigrati dal peschereccio al gommone che doveva portarli a riva.

Il 23 ottobre 2005 una decina i corpi vengono recuperati dopo il naufragio di una piccola imbarcazione in vetroresina al largo di Malta, dove però si ritiene vi fossero 25 persone. Il 18 novembre 2005 sono almeno 24 le vittime del naufragio di una ‘carretta’ di 16 metri arenatasi a pochi metri dalla spiaggia a Scicli, nel ragusano, su cui viaggiavano altri 177 immigrati. Le morti mentre i clandestini nuotavano verso riva. La notte prima era stato rifiutato l’aiuto offerto dalle motovedette maltesi al barcone, che aveva proseguito nonostante il mare in tempesta.
Il 5 marzo 2006 c’è una strage sfiorata a pochi metri da Linosa: un forte vento rovescia il barcone su cui erano stipati 275 clandestini, uno dei quali rimane ferito. Il giorno prima un’altra barca si era rovesciato tra Malta e l’isola di Gozo: recuperati quattro superstiti ed un cadavere, nove i dispersi. Il 9 giugno 2006 una piccola barca in vetroresina si rovescia, forse per il carico eccessivo, tra Malta e le coste siciliane: 11 vittime e 16 sopravvissuti, fra cui 4 in gravi condizioni.

Il 27 luglio 2006 avviene nuovo naufragio con almeno 17 dispersi al largo di Mahdia in Tunisia. Tre giorni prima, alla foce del Drillo a Gela, erano stati trovati tre cadaveri, fra cui quello di una giovane marocchina poi riconosciuta dalla sorella, che parla di altri sei dispersi su 22. L’annegamento sarebbe avvenuto durante lo sbarco.
Dunque, la strage di migranti dei giorni scorsi altro non è che la continuazione di una mattanza che dura da anni.

Romano Prodi ha commentato le notizie che arrivano dal mare della Sicilia in merito alla strage di Lampedusa. “Servono provvedimenti efficaci – ha detto- l’ho chiesto varie volte anche a livello europeo, e lo ribadisco anche in questa circostanza. Siamo arrivati a livelli che sono del tutto intollerabili. E’ chiaro-ha aggiunto Prodi- che occorre la collaborazione con i paesi che permettono a questi delinquenti di organizzare le spedizioni. Il problema è che non debbono partire, perchè una volta partiti non si riescono più a controllare”.

Non possiamo non ricordare la “gita” in Libia di Berlusconi e Pisanu, con tanto di promesse di costruzione di un’autostrada, in cambio della cooperazione nel pattugliare le coste libiche, da dove, anche nei giorni scorsi sono partite le carrette del mare per venire a naufragare con il loro carico umano nei nostri mari. Alla luce dei fatti fu una tragica farsa.

Il nuovo governo ha cambiato direzione sul tema della migrazione. Ma sul dramma degli sbarchi bisogna fare presto: tra qui e ottobre potremmo avere ancora decine di cadaveri da recuperare in mare.
Beh, buona giornata.

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Siamo mezzo-razzisti.

Secondo uno studio europeo, il Belgio è uno dei Paesi Ue ‘meno impegnati’ nella lotta contro il razzismo. Stando a quanto reso noto dall’ong Enar, il Belgio è agli ultimi posti tra i 17 paesi Ue che hanno dato seguito alle direttive sul tema.

Nel Paese, dice lo studio, aumentano episodi di razzismo, c’è tolleranza verso le discriminazioni, scricchiola il principio della parità delle razze. Il Paese meno razzista è la Finlandia, seguono Gran Bretagna e Olanda.

L’Italia è nona.

Pessimo piazzamento: il frutto amaro di cinque anni di Governo Berlusconi e dell’asse politico Lega-FI. Anche An fece la sua parte, grazie alla Fini-Bossi. L’Udc di Casini? Stava a guardare e poi votava in Parlamento.

Abbiamo un problema, che dobbiamo risolvere in fretta e in profondità, perché essere al nono posto su 17 paesi presi in considerazione vuol dire che siamo a metà classifica, cioè che l’Italia risulta essere un paese mezzo-razzista.

Dal punto di vista democratico, il bicchiere è mezzo vuoto. Beh, buona giornata.

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La sai l’ultima?

“Sono l’italiano che paga in assoluto più tasse e ne sono fiero. Ho pagato anche la tassa sul lusso, perché io pago tutto, anche più di quanto dovrei”. Lo ha detto Silvio Berlusconi all’ennesimo party estivo, stavolta organizzato dalla stilista Krizia nella villa in Costa Smeralda.

Durante la serata ha anche trovato il tempo di dire: “E’ difficile dopo essere stati al governo per cinque anni smettere di pensare all’interesse del mio Paese. Per quel che riguarda i militari in guerra (nel sud del Libano) porterò avanti anche nell’opposizione l’idea che avevo quando stavo al governo. Credo di essere in grado di dare qualche consiglio, dopo cinque anni di governo”.

Prodi e D’Alema sono avvertiti: in caso di bisogno, basta chiamare Silvio. Lui sa come si fa.
Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

L’assassino di Frammartino voleva uccidere un ebreo.

Le forze di sicurezza israeliane hanno catturato il presunto assassino di Angelo Frammartino. Il giovane volontario è stato assassinato a coltellate il 10 agosto mentre passeggiava a Gerusalemme.

L’arrestato, 24 anni, appartiene alla Jihad Islamica. Si chiama Ashraf Abdel Hanaisha ed è stato catturato in Cisgiordania. Ha confessato che era a Gerusalemme per uccidere un ebreo e Frammartino è stato ucciso per errore.

Angelo Frammartino dunque è morto per sbaglio? E’ stato ucciso dal “fuoco amico”? No. Il volontario italiano ha perso la sua giovane vita perché era andato a fare qualcosa di utile per i bambini palestinesi.

La qual cosa non piace a chi fa la guerra uccidendo la gente comune, per rappresaglia, per vendetta, per odio: religioso, razziale, per riaffermare la supremazia della propria civiltà.

In questo senso, l’assassinio di Angelo Frammartino è un fatto politico. Significa che esiste una simmetria, una specularità tra terrorismi, quello imperiale si alimenta di quello jihadista e viceversa.

Nelle guerre moderne, i civili non sono solo le prime vittime, ma i primi obiettivi strategici. L’arrestato aveva nella mente che ha armato di coltello le sue mani la stessa logica di chi ha ordinato di attaccare Cana. Forse c’era un lanciamissili dietro il palazzo dove dormivano 37 bambini. La logica è semplice: io sparo lo stesso, anche se ci sono bambini. Cui corrisponde :io bombardo lo stesso, anche se ci sono bambini.

Ashraf Abdel Hanaisha voleva uccidere un ebreo. Dunque, Angelo Frammartino che era andato per occuparsi di bambini palestinesi, ha trovato, sia pur tragicamente il modo per salvare un suo coetaneo di religione ebraica. E’ morto al posto suo. “Chi salva una vita, salva il mondo intero”, era il motto di Schindler e della sua lista.

L’amarezza per il tragico fatto di sangue che ha portato via la giovane e generosa esistenza di Angelo Frammartino, accanto alla compostezza dei suoi famigliari e dei suoi compagni è la dimostrazione che nel nostro paese ci sono persone semplici e sane. Che sanno da che parte stare. Dalla parte opposta dei coscritti prezzolati della guerra di civiltà. Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia

La comunicazione commerciale i diritti di cittadinanza del consumatore.

Recentemente il Ministro per le Comunicazioni, Paolo Gentiloni ha chiesto alla Rai di abbassare il sonoro degli spot pubblicitari. La Rai ha risposto che provvederà. L’impressione è che questa sia una iniziativa che non serve proprio a niente. Attualmente il problema non pare tanto il volume dei break pubblicitari, quanto piuttosto la qualità dei programmi televisivi.

La bassa qualità dei programmi tv, trasmessi dalla tv pubblica è stata negli scorsi anni giustificata dalla necessità di produrre trasmissioni televisive che catturassero il numero più alto possibile di spettatori, tanto da convincere gli investitori a finanziare con la pubblicità il servizio pubblico, in concorrenza con la tv commerciale. I risultati sono stati deprimenti dal punto di vista della funzione del servizio publico, ma sono stati poco utili anche al mercato della pubblicità, tanto da chiedersi se il gioco valesse la candela. Ovviamente qui si prende il considerazione il rapporto tra spot e spettatori televisivi.

Perché se il metro di misura è la raccolta di budget pubblicitari, in realtà la Rai ha tirato la volata agli ottimi fatturati che Mediaset ha registrato in questi anni, che hanno coinciso con la presidenza del consiglio dei ministri del fondatore, tanto da riuscire a far approvare una legge come la Gasparri che ha ulteriormente rafforzato la posizione dominante di Mediaset.

E allora, quanta e quale efficiacia hanno ancora gli spot pubblicitari, trasmessi in televisione?

A ben vedere come stanno le cose, sembrerebbe che le marche e i consumatori vorrebbero volersi bene, se non fosse che non si capiscono più. E’ come quei matrimoni che vanno in crisi per ‘incompatibilità del carattere’. L’esempio calza anche per quello che riguarda l’inconsistenza degli intermediari: pubblicitari, ricercatori, centri media, agenzie ed emittenti sembrano come i consulenti matrimoniali, gli avvocati, e parenti che si affannano alla ricerca di una riconcigliazione, peggiorando le cose.

Ciò vuol dire che in un mondo non più di massa, ma di persone si deve trovare il modo di toccare il desiderio personale. La crisi si è portato via il consumatore-massa, semplice obiettivo (target) da colpire con raffiche di messaggi (misurabili in grp’s). L’efficacia degli spot cala di anno in anno. Si dovrebbero trovare altri mezzi da utilizzare oltre alla televisione, per generare immagini, nonché l’anima della marca. Oggi non ci possono più essere agenzie specializzate solo sul mestiere della pubblicità, i creativi pubblicitari dovrebbero perseguire la contaminazione con altre forme di creatività, provenienti dai media, per estendere la visione della comunicazione.

Le agenzie dovrebbero aprire lo spettro della comunicazione pubblicitaria, per fare uscire la marca dalla via tradizionale. Le aziende dovrebbero assecondare questo processo di rinnovamento. Perché con il rafforzamento dei movimenti che criticano la società attuale, la pubblicità viene rifiutata da molti, come simbolo appunto di questa società consumistica.

Dunque, bisogna sapere misurare e dosare la pubblicità, che non ha alternative se non nell’essere sempre più creativa, e avere un’etica sempre più ferma, rispettando il consumatore. Il paradosso italiano sta nello straordinario volume di fuoco pubblicitario prodotto dalle televisioni. Con il risultato che i consumatori non amano le aziende, attualmente non comprano i loro prodotti, subiscono la tv, sono scettici sul valore della comunicazione commerciale.

Poco meno di dieci anni fa, in ‘Disruption’ (John Wiley&sons, Inc 1996) Jean-Marie Dru sosteneva la necessità di rompere le regole, superare l’idea della difesa della quota di mercato per riscoprire un idea di quota di futuro, con cui le grandi marche, attraverso il linguaggio della pubblicità avrebbero potuto riconquistare il dialogo con i tanti pubblici, raggiungibili attraverso lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, sviluppo favorito dalla globalizzazione.

Chi abbia letto con attenzione ‘No logo’ di Naomi Klein (Baldini&Castoldi, 2001), si è accorto che la critica alle grandi marche globali e alle loro campagne pubblicitarie, era in realtà una richiesta precisa, affinché i diritti di cittadinanza fossero sempre ben presenti nelle strategie di marketing.

In ‘Copywriter, mestiere d’arte'( Il saggiatore, 2001), Emanuele Pirella scrive che la pubblicità deve far acquistare le merci ‘per amore, per desiderio, per affetto, per amicizia’.

Kalle Lasn, leader di Adbuster (vedi ‘Errore di sistema’, di Bifo Berardi ed altri, Feltrinelli, 2003) non nega la pubblicità, la critica, la manipola per impedirle di essere invadente nel territorio ed invasiva nella mente dei cittadini-consumatori.

Intervistato da Ilaria Myr per www.advexpress.it, (24.06.2004) durante il 51 festival della Pubblicità a Cannes, Jacques Séguéla dice: ‘Ma sarà evidente che la pubblicità del 21mo secolo non avrà niente a che fare con quella precedente, e questo sarà evidente dai Festival che verranno. Il primo grande cambiamento riguarda la fiducia dei consumatori. All’inizio degli anni quaranta bastava il prodotto a creare fiducia. Dagli anni ottanta è stato necessario aggiungere la marca per rafforzare la fiducia. E oggi c’è di nuovo banalizzazione del prodotto e del valore. Sarà necessario passare dal duo prodotto+ marca a prodotto+ marca+ azienda. Il secondo cambiamento riguarda il desiderio. Prima il desiderio era comune, perché il consumatore stesso era comune, così come i media. Oggi siamo in un mondo non più di massa, ma di persone, e si deve dunque trovare il modo di toccare il desiderio personale. La terza evoluzione riguarda i media. È il tempo dell’advertainment, la pubblicità farà parte interamente dell’entartainment. I media saranno nel 21mo secolo il vero motore del nostro mestiere. Perché l’efficacia degli spot cala di anno in anno. Si devono trovare altri mezzi da utilizzare oltre alla televisione, per generare immagini, nonché l’anima della marca. ‘

Per altro, Séguéla sostiene essere giunto il momento in cui creativi della pubblicità e creativi degli altri media, a cominciare dalla tv, imparino a lavorare insieme, perché i contenuti, le idee, i pensieri espressi dalle aziende siano il più vicino possibile ai desideri delle persone.

Al superamento dell’idea del consumatore-massa, all’abbandono della pratica del ‘target’ da colpire con raffiche di spot si era avvicinato Marco Benatti, excountry manager del gruppo Wpp, la più potente holding di pubblicità del mondo, il quale in una intervista a Prima Comunicazione di Ottobre 2003, a firma di Umberto Brunetti ha detto: “Facciamo un esempio, facciamo il caso che lei sia un grande produttore di surgelati. Finora cosa farebbe? Compra spazio alla televisione e scarica in faccia al consumatore italiano una dose terrificante di spot a favore dei surgelati. Più o meno colpisce il target giusto, ma con una dispersione di messaggio e di soldi spaventosa.

E’ interessante notare che Wpp ha recentemente acquisito quote di AGB Group, la società che ha inventato e gestisce il meterpeople, il sistema su cui si basano le rilevazioni condotte da Auditel.

Mi pare che questo sia lo scenario ideale per immaginare il superamento dei parametri di valutazione proposti da Auditel. La cui presenza è diventata ingombrante, non tanto per i dubbi relativi alla trasparenza dei dati, ma proprio come nume tutelare di quella idea di consumatore-massa che i mercati globali stanno mettendo fortemente in discussione.

‘Ma noi segmentiamo ben sessanta pubblici’, ha detto il dott. Pancini, direttore generale di Auditel durante ‘Controcorrente’ su Sky news 24, il 29 settembre u.s. E’ proprio questo il punto: Auditel compra gradimento all’ingrosso e rivende target al dettaglio. Questa stagione è finita, tutto ciò è stato superato dai mercati globali: nonostante le anomalie e i paradossi del nostro sistema radiotelevisivo, il cambiamento lo si può ritardare, come è stato fatto finora, ma fermarlo e impossibile.

‘La globalizzazione ha due volti: uno è quello dell’ordine imperiale, delle sue gerarchie, dell’omologazione; l’altro è la possibilità di nuovi circuiti di informazione e collaborazione che attraversano le nazioni e i continenti, facilitando un illimitato numero di incontri’ (Moltitudine, di Micheal Hart e Antonio Negri, Rizzoli, 2004).

E’ tempo che tra la comunicazione commerciale e i diritti di cittadinanza dei consumatori si stabiliscano mille occasioni di incontro e che i professionisti della comunicazione agiscano da volano per un continuo feedback positivo. Che possa anche essere illuminante per l’azione del Governo, che deve rimettere mani sul riassetto del sistema radiotelevisivo italiano. In questo senso il ministro Gentiloni non ha davvero un compito facile. Forse gli sarebbe utile guardare oltre il mercato italiano: gli esempi non mancano.

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Fini e Bossi come i fratelli Derege.

Non è una gag. Vittima di un’aggressione e dello scippo della borsa con l’attestato di attesa del permesso di soggiorno, va a denunciare e viene arrestata. E’ accaduto a una romena di 19 anni, compagna di un imprenditore romano, comparsa davanti al pm di Roma, per la convalida dell’arresto. Il pm ha dato corso al procedimento di violazione della Bossi-Fini e ha fatto le sue scuse per l’arresto.

Alla prossima udienza la donna presenterà il permesso di soggiorno e le accuse cadranno.

Ricapitoliamo: lei ha fatto il suo dovere, denunciando un furto. I poliziotti hanno fatto il loro dovere applicando la legge Fini-Bossi. Il pm ha fatto il suo dovere dando corso al procedimento penale.

Ha fatto anche il suo dovere di uomo e di cittadino, scusandosi per una legge ridicola e pericolosa: anche se c’è da dire che, forse, se la cittadina romena non fosse stata la compagna di un imprenditore romano, certo non sarebbe stata trattata con i guanti bianchi.

Se tiriamo le somme abbiamo un gran numero di persone che hanno perso tempo, che sarebbe stato meglio dedicare a un miglior uso delle Giustizia, per applicare una norma fessa, figlia di una Legge sbagliata. Bossi e Fini l’hanno scritta in due. Come i fratelli Derege, le cui gag cominciavano con la fatidica affermazione: “Vieni avanti, cretino.” Beh, buona giornata.

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Attualità

Non lo svegliate troppo presto.

Il presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi tiene costantemente informato degli sviluppi diplomatici della vicenda Libanese il capo dell’opposizione, Silvio Berlusconi.

Il quale però fa tardi tutte le sere, perché è molto impegnato in questi giorni d’estate, tra una festa mascherata da berbero, le nottate al Billionare e e in altri locali notturni, nonché il disturbo della queste pubblica, provocato da un “vulcano di fuochi d’artificio” nella sua villa in Sardegna.

Deve essere molto penoso svegliarlo la mattina presto per parlargli di cose serie, come la presenza di un contingente italiano nel Libano. Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Le guerre sono come le ciliegie, una tira l’altra.

Seymour Hersh ha scritto sul New Yorker che l’attacco israeliano al Libano era stato pianificato in anticipo con l’assenso della Casa Bianca.

Seymour Hersh è un accreditato giornalista investigativo americano, denunciò la strage a My Lai durante la guerra del Vietnam, nella quale i marines uccisero 500 civili. Denunciò il bombardamento di una fabbrica di medicinali in Sudan nel 1998, scambiata per un covo di Osama bin Laden ai tempi dell’amministrazione Clinton. Più recentemente, Hersh ha denunciato le torture americane nel carcere irakeno di Abu Ghraib. Hersh ha reso noti al mondo i piani di invasione americana dell’Iran.

Secondo la ricostruzione dei fatti, pubblicati sul New Yorker, di cui a un servizio di Anna Guaita per il Messaggero del 14 agosto, e a un trafiletto sul Corsera del 15 agosto, nella scorsa primavera, uomini del governo israeliano avrebbero sottoposto i piani di attacco del Libano al governo degli Usa, nella persona di Dick Cheney, di Condi Rice e di Donald Rumsfeld. Nonostante lo scetticismo di Rumsfeld, preoccupato che il via libera avrebbe indebolito l’importanza dell’impegno militare in Iraq, Cheney si sarebbe dimostrato entusiasta e insieme alla Rice hanno garantito l’appoggio del presidente Bush. Un buon argomento per le elezioni di medio termine, nella quali Bush è impegnato. Un invito a fare presto, prima che scada il mandato presidenziale.

Si trattava semplicemente di cogliere l’occasione adatta, viste le frequenti scaramucce al confine tra israeliani e hezbollah, il pretesto è stato scelto con la cattura dei due soldati israeliani, che ha dato il via all’attacco.

Secondo Hersh, per Cheney l’attacco al Libano poteva essere un ottimo test diplomatico-militare, propedeutico alla messa appunto dell’attacco all’Iran: una cocente sconfitta degli Hezbollah sarebbe stata utile per neutralizzare una eventuale rappresaglia degli sciiti del Libano contro Israele, in caso di attacco all’Iran. Non solo, l’attacco aereo contro il Libano sarebbe stata una prova generale dell’attacco aereo, previsto nei piani contro l’Iran.

Immediata la smentita del Pentagono, del Dipartimento di Stato e del Consiglio per la sicurezza. Hersh cita, però ben cinque fonti, di cui ovviamente non rileva l’identità. Ma che Hersh abbia messo il dito sulla piaga sembra avere un conferma da una dichiarazione dell’ex vicesegretario di stato Richard Armitage, di cui nell’articolo di Anna Guaita del Messaggero, vengono virgolettate le parole: “La campagna di Israele in Libano può essere un ammonimento per la Casa Bianca sull’Iran. Se la più grande forza militare della regione non può pacificare un paese come il Libano, che ha una popolazione di 4 milioni di persone, bisognerà pensare con cautela prima di applicare lo stesso paradigma in Iran, che ha grande profondità strategica e una popolazione di settanta milioni di persone.”

Il parziale fallimento dei piani militari israeliani sono talmente evidenti, da aver costretto l’amministrazione Bush, quanto meno a giocare su due tavoli. Quello dell’appoggio all’azione militare, rimandando per settimane la stesura della Risoluzione 1701 che ordina il cessate-il fuoco. Per poi scegliere di appoggiare la risoluzione, quando è stato chiaro il fallimento della strategia israeliana.

Questo è lo scenario nel quale i militari italiani saranno coinvolti, partecipando alla forza multinazionale in Libano. Il problema è solo apparentemente quello di poter effettivamente disarmare Hezbollah. Il vero problema è disarmare Dick Cheney e i suoi piani di attacco all’Iran. Per il momento sembrerebbero aver avuto una battuta d’arresto. Ma solo una battuta.

Hezbollah si sente più forte, ha dato filo da torcere a Israele. Israele si sente più debole, per la prima volta è stato frustrato il mito dell’invincibilità del suo esercito.

Dovrebbe essere chiaro che la sconfitta dell’unilateralità Usa, provocata dal fallimento sostanziale dell’attacco al Libano è solo un episodio. Importante, ma solo un episodio. Allo stesso modo di come il ritrovato baricentro dell’Onu e del ritorno del protagonismo della politica Ue è un episodio.

E’ un episodio anche l’azione diplomatica del governo italiano. Un episodio importante, ma pur sempre un episodio. Contro il quale continuano a congiurare le forze dell’ex maggioranza di governo, e il codazzo degli impiegati della guerra di civiltà: dal “liberale” Panebianco, al capo del servizio d’ordine della Cdl, Giuliano Ferrara.

Perché questo episodio dia la possibilità che si apra una finestra, e poi una porta, e poi un ponte verso l’intesa, il dialogo, la cooperazione contro i guerrafondai di Washington bisognerebbe non delegare la politica estera alla Farnesina, neanche se guidata da D’Alema.

Bisognerebbe tornasse con forza nelle mani, nelle menti, nell’azione politica dei movimenti per la Pace l’idea-forza della fine della guerra al terrorismo, che non ha esportato democrazia ma proprio e solo terrorismo. E’ l’unica vera barriera contro il terrorismo jiahdista, pronto ad essere rinfocolato da ogni ulteriore atto di guerra, che spinge verso la timidezza l’opinione pubblica europea, facile preda delle politiche sulla sicurezza, che altro non sono che la continuazione della guerra con le misure “straordinarie” contro il terrorismo.

L’opinione pubblica italiana ha recentemente stabilito un record di indifferenza verso la guerra in Libano, molto poco rassicurante: siamo stati forse l’unico paese europeo a non inscenare neanche una manifestazione pubblica contro la guerra, neppure dopo il massacro dei bambini di Cana. Forse è solo un brutto episodio. Ma dobbiamo fare in modo che non si ripeta. Mai più.

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Zidane è in testa.

Zinedine Zidane, il capocciatore di mondiali Germany 2006 (vedi “Tua sorella” del 13.07, in archivio Luglio) sorpassa Yannick Noah, tennista e conquista il primo posto della classifica Top 50 delle personalita’ preferite dai francesi.

La graduatoria è stata pubblicata da Le journal du dimanche. Nonostante l’ormai celebre testata, Zizou – che ha messo fine con un cartellino rosso a una grandissima carriera – ha tolto lo scettro all’ex campione di tennis, che ora si dedica soprattutto alla carriera di musicista pop. Yannick Noah era in testa alla Top 50 dallo scorso luglio.

Chissà come sarà contenta la sorella di Zizou. Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Gli jihadisti dell’occidente.

Ha indossato la mimetica, si è allaciato gli anfibi, a caracolla le giberne, si è messo l’elmetto. “Immaginiamo che tra qualche mese venga fuori che l’Apocalisse dei cieli, il grande attentato destinato a oscurare persino gli attacchi dell’undici settembre, con migliaia di vittime innocenti, sia stato sventato solo grazie alla confessione, estorta dai servizi segreti anglo-americani, di un jhadista coinvolto nel complotto, magari anche arrestato (sequestrato) illegalmente. Chi se la sentirebbe in Europa di condannare quei torturatori? La risposta è: un gran numero di persone. In Italia più che altrove.”

Angelo Panebianco postula questa macabra tesi sulla prima pagina del Corriere della Sera di domenica.

Per sostenere il ripugnante principio secondo la quale ci vuole un “compromesso tra lo stato di diritto e la sicurezza nazionale. “ Questo è non solo il provincialissimo vizio di scimmiottare le tesi dei neo-con americani, sport preferito, quello di scopiazzare tesi americane, praticato dal capo del servizio d’ordine dell’ex maggioranza, Giuliano Ferrara.

Questa è una pantomima della jihad all’occidentale, brutale, sconcia come quella islamica, che sgozza in diretta tv i rapiti, ma che si sente al di sopra e al di fuori di ogni convenzione. C’è del grottesco: Panebianco sa qualcosa che noi non sappiamo? Che dopo essere stata bruciata la copertura “giornalistica” dell’agente Betulla, Panebianco abbia preso il suo posto, magari con il soprannome di “Gramigna”?. C’è sentore di messa in scena, e allora bisogna correre ai ripari, prima che venga fuori qualche mezza verità, che mandi in vacca il tripudio di congratulazioni per la brillante operazione di Scotland Yard? Perché accenna a una “confessione, estorta dai servizi segreti anglo-americani, di un jhadista coinvolto nel complotto”. E’ questo quello che è successo?

Quando, ci dica quando la tortura ha prodotto la verità dei fatti, che non sia stata sempre e solo la verità che faceva comodo ai torturatori e ai loro mandanti. I torturatori fanno schifo, sono dei vigliacchi perché si ritengono al di sopra di ogni regola, anche quelle della guerra. Quelli che ne immaginano il valor militare, magari a futura memoria, sono dei reietti: usano le parole come gli elettrodi sul corpo martoriato del reo. Si auto proclamano, di volta in volta difensori della patria, della civiltà, dei valori democratici, (Panebianco riesce addirittura a richiamarsi ai valori liberali), ma usano le tesi di Torquemada: se resisti alla tortura sei posseduto dal demonio, se cedi vuol dire che la tortura ha sconfitto il demonio. Comunque colpevole, nemico da annientare.

“In questa casa si mangia pane e veleno”. “Quale pane, solo veleno”.(Miseria e nobiltà di Edoardo Scarpetta). Ogni riferimento a Panebianco e soci è assolutamente intenzionale, lui che nella miseria del veleno e dell’odio ci fa, qui ci sta proprio bene, la scarpetta.

La domanda è: da che parte sta Angelo Panebianco? Dalla parte dell’Italia che ha cercato in ambito europeo una ritrovata centralità dell’azione dell’Onu, come la Risoluzione 1701 sul Libano starebbe a dimostrare? O sta dalla parte dell’unilateralismo Usa, dei Bush, dei Cheney, dei Rumsfled? Panebianco si sbatte per la sicurezza nazionale del suo paese e dei cittadini della Ue o della supremazia diplomatico-militare degli Usa?

Perché è chiaro che quel “compromesso necessario” di cui parla è una tesi cara, ma forse ormai logora, all’amministrazione Bush e ha una precisa collocazione storico-geografica: si tratta di Guantamano Bay, dove anche il suicidio dei prigionieri, illegalmente detenuti, secondo la stessa giurisprudenza americana, viene considerata dai militari un crimine contro la sicurezza nazionale.

Quello sarebbe il modello di riferimento del compromesso tra stato di diritto e sicurezza? Se è così, altro che la vicenda di Abu Omar, se è così fa proprio Kaghan, e proprio per questo puzza di già visto, già detto, in via di definitivo fallimento.
Se avesse funzionato, perché invece di sconfiggere il terrorismo in Afghanistan e in Iraq, dopo cinque anni di guerra ci troveremmo alle prese con “il fronte interno”, come lo chiama Ferrara, delle cellule terroristiche islamiche in Europa?

I fatti danno torto marcio a chi propugna lo scontro di civiltà, e alla conseguente necessità di sospendere le regole della civiltà del diritto. Ciò che ci rimane è la constatazione di una tristezza intellettuale che rasenta il ribrezzo.

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Dobermann.

Abbaiare è un ‘diritto esistenziale’ dei cani. Con questa motivazione un giudice di pace di Rovereto ha respinto il ricorso di un pensionato.
L’uomo, esasperato dal continuo abbaiare dei due dobermann dei vicini, aveva chiesto un risarcimento danni, rigettato dal giudice.

Una buona notizia per Fabrizio Cicchitto e Sandro Bondi, dobermann dell’ex presidente del consiglio.
Beh, buona giornata.

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Toglietemi le mani di dosso, o non prendo più un aereo.

Non metto in dubbio che una ventina di cittadini britannici di origine pakistana abbiamo progettato un attentato eclatante. So, però, che la brillante operazione antiterrorista di Londra è un falso, ma non ho le prove. Per poterle avere, dovrei aspettate settimane, mesi, come è stato dichiarato dalle autorità. Vorrei anche dire che se da circa un mese, grazie alla soffiata di un infiltrato, i componenti della banda che voleva far saltare in aria da sei a dieci aerei diretti negli Usa era sotto controllo, tanto che a un certo punto è stato deciso di arrestarli tutti, che bisogno c’era della messa in scena dell’allarme negli aeroporti londinesi? Propaganda, pura e semplice propaganda: siccome siamo minacciati, la guerra al terrorismo deve continuare, in Iraq, in Afghanistan, in Libano.

Un paio di giorni orsono, oltre ventimila manifestanti pacifisti hanno sfilato per le vie della capitale londinese, lasciando davanti all’ambasciate Usa e a Down Street decine di bambole e peluche, a significare ciò che resta dei bambini uccisi dalle bombe, come è avvenuto a Cana. L’enfasi della brillante operazione condotta da Scotland Yard appare come una contromanifestazione della necessità dell’impegno britannico, a fianco degli Usa, nei teatri di guerra in Medioriente. Più in generale, sembra essere un imponente spot, per disorientare l’opinione pubblica europea, che non ha mostrato affatto di gradire lo sbriciolamento del Libano da parte di Israele, con l’acquiescenza dilatoria degli Usa, che stanno prendendo il tempo necessario all’iniziativa militare israeliana, prima di sottoscrivere una risoluzione all’Onu che imponesse il cessate- il- fuoco.

Fa effetto vedere migliaia di passeggeri, costretti a buttare nel cestino bottigliette di acqua, a consegnare tutti i bagagli, a svuotare le tasche e mettere gli effetti personali in un sacchetto trasparente. Fa l’effetto che vuole ottenere: dare il senso dell’assedio, del pericolo imminente, di fronte al quale il rispetto per la persona e per la propria privacy può lasciare il posto alle misure di sicurezza. Il direttore dell’orchestra del teatro moscovita Bolshoi ha detto che i suoi musicisti, a Londra per una stagione concertistica, non sono disposti a imbarcarsi sull’aereo senza i loro strumenti, come invece vorrebbero le nuove disposizioni di sicurezza anti-terrorismo, imposte ieri agli aeroporti britannici. Piuttosto, ha spiegato Alexander Vedernikov, i maestri “raggiungerebbero Parigi in treno e da lì si imbarcherebbero per Mosca. Al check-in ho visto due violini spediti come bagagli, è inaccettabile”.

Un gesto di una poesia sproporzionata all’abitudine, all’assuefazione di cui ognuno di noi si è nutrito in questi anni di politiche della sicurezza. Talmente sproporzionato che varrebbe la pena di imitarlo: sarebbe un bello smacco a chi usa la sicurezza come strumento di coinvolgimento dei cittadini nelle guerre decise dai governi, sarebbe un gesto di ribellione contro chi ha deciso di usarci come scudi umani nella lotta contro la presenza militare occidentale nei paesi arabi. La parola d’ordine potrebbe essere forte: toglietemi le mani di dosso o non prendo più un aereo. Beh, buona giornata.

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Gli impiegati della guerra.

Basta leggere sul Corsera quello che scrive in prima pagina Magdi Allam per capire a che punto siamo. “Continuano purtroppo a sbagliare-scrive Allam- coloro che immaginano che questo terrorismo sia una reazione all’occupazione israeliana e all’imperialismo americano.” Ecco fatto: finché c’è guerra c’è speranza di sconfiggere il male, di respingere l’assalto alla civiltà occidentale, di sconfiggere l’odio culturale e religioso che anima gli jahdisti.

Per la teoria dell’esportazione della democrazia, per la tesi degli stati canaglia, per la pratica della guerra al terrorismo islamico, i fatti di Londra sono una “mano santa”. Un sostegno, fortemente sperato, pervicacemente perseguito al ruolo di reggi-coda della politica estera Usa, dell’appiattimento inglese sulle politiche della Casa Bianca, una messa cantata all’invasione israeliana in Libano. Con il naturale corollario della messa in mora dell’azione dell’Onu, dell’indebolimento strutturale della diplomazia europea, nonché del disorientamento dell’opinione pubblica e del movimento pacifista.

“Queste anime ingenue –sono sempre le parole di Allam – hanno eretto una cappa di mistificazione della realtà che, tra i suoi effetti più deleteri, ha sortito delle sentenze emesse dai tribunali italiani che legittimano e nobilitano i reclutatori nostrani di kamikaze quali ‘resistenti’ e gli assassini dei soldati della forza multinazionale in Afghanistan, italiani compresi, quali ‘martiri’”. Tipico meccanismo del rovesciamento delle responsabilità: la dimostrazione che non la democrazia, bensì il terrorismo è stato esportato in questi sei anni di amministrazione Bush.

E i paesi europei oggi il terrorismo lo stanno importando nelle loro città, nei loro aeroporti, nella vita di tutti i giorni, sociale, politica, giuridica. Se a questo aggiungiamo l’infaticabile lavoro degli impiegati della guerra, Allam in questo senso è un impiegato modello, il gioco può continuare. Fino al prossimo atto di guerra, fino al prossimo simmetrico atto di terrorismo. Beh, buona giornata.

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I giorni dell’Ira.

La morte è brutta, anche se a morire è uno che ha il sangue blu. Le madri piangono i figli morti, anche se non muoiono in Libano, ma in un carcere tailandese, come è successo a Christoff Hohenloe (per gli amici Kiko), il figlio cinquantenne di Ira Furstenberg.

Arrestato perché: “invece di comprarsi un altro visto, ha cambiato la data a quello che aveva… da lì loro hanno fatto una storia sostenendo che si trattava di un crimine rilevante e lo hanno messo in prigione. Ma è chiaro che non è che ci sia stata un’offesa così grande per finire così male”, come ha detto il fratello Hubertus Hohenlohe.

Secondo il principe Giovannelli: “speriamo che questa tragedia sia utile a far intervenire le organizzazioni internazionali sulle condizioni terribili in cui vivono i detenuti in certe carceri”.

Ha ragione il principe: paese che vai leggi Fini-Bossi sull’immigrazione che trovi. Finire in carcere per un visto d’ingresso falsificato non è degno di un paese civile, dunque neanche per il nostro. Morire in carcere per aver varcato illegalmente i confini è barbaro, proprio come da noi.

Condoglianze a tutte le madri dei figli del mondo, morti per il diritto a camminare liberamente sulla Terra.
Beh, buona giornata.

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Mostri la Luna, guardano il dito, e ti insegnano pure come tagliarti l’unghia dell’indice.

“Quando la maggior parte di una società è stupida allora la prevalenza del cretino diventa dominante ed inguaribile.” (Carlo M. Cipolla,”Le Leggi fondamentali delle stupidità umana”)

A proposito della pillola della stupidità, di cui mi sono occupato qualche giorno fa,
almeno una dovrebbe essere offerta a chi avversa l’idea del federalismo, con la certezza che gli stupidi sono pervicaci, quindi capace che la danno al gatto, invece che assumerla per via orale.
Perché, come scriveva in un famoso, ma non per gli stupidi, ovviamente, libretto di qualche anno fa Carlo M. Cipolla, Professore Emerito di storia Economica a Berkeley, gli stupidi sono quelli che fanno e dicono cose talmente stupide da essere loro stessi la prima vittima della loro stupidità, secondo i dettami della Terza Legge delle Stupidità Umana: “Una persona stupida è chi causa un danno ad un altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita. “

Per capirsi, lo stupido crede, perché lo stupido è un credulone, arrogante e prosaico, che federalismo si pronunci con uno spiccato accento del nord Italia. Nella sua polemica, dotta e piena di citazione contro il federalismo, l’antifederalista cita la tesi secondo la quale il federalismo è male, dimostrazione è nel fatto che ha un accento, udite udite, lombardo-veneto. E’ una tesi tisica, ma è caldeggiata con foga: insomma, “calderoleggiata”. Gli stupidi, come gli estremi si toccano. O meglio, fanno Lega.

Volete un esempio? Renato Soru, presidente, non del lombardo-veneto, ma della Regione Sardegna ha varato una legge “federalista”: nuove tasse su case al mare, yacht e aerei. Si capisce: chi usa la risorsa Sardegna, lasci alla Sardegna risorse per chi vive e lavora in Sardegna.

Ribattezzate “imposte sul lusso”, le leggi della Regione Sardegna hanno provocato la rivolta del popolo vip di Porto Cervo e dintorni. Leader della protesta, un ragioniere che di cognome fa Briatore: che, chiamati a raccolta i clienti (noti e meno noti) del suo locale, Billionaire, ha deciso di passare al contrattacco. Con tanto di campagna di inserzioni sui giornali – locali e nazionali – per dire a tutti che quelle tasse sono ingiuste, punitive.

Perché, a suo parere, penalizzano gravemente il turismo sardo. Come sono altruisti gli evasori fiscali! E con una festa che si terrà al Billionaire (ma và!) per sensibilizzare la gente, quella ricca, contro i provvedimenti di Soru.

Però, a giudizio di Soru, Billionaire o no, quei soldi – da parte di proprietari di case e yacht – vanno versati all’erario. Punto e basta.

Perché? Il capo dell’esecutivo regionale, interpellato dai cronisti, si limita a ricordare che, dal punto di vista suo e della sua giunta, “la tassa sul lusso non è una tassa sul lusso ma per l’ambiente”.

Vorrei anche ricordare agli avversari del federalismo, che lo sono tanto per dire qualcosa che faccia almeno finta di essere di sinistra, che Soru ha anche imposto la dipartita delle basi militari americane dall’isola: la fine delle servitù militari potrebbe avvenire tra breve.

Toh, vuoi vedere che il federalismo fiscale ha anche dei risvolti positivi in politica estera? Lo dico per pura cattiveria contro gli stupidi: almeno qualche senso di colpa “pacifista” gli dovrà pur venire!

Forse, ma dico forse, perché con gli stupidi non si sa mai, tanto che è stata appena inventata una cura, dire Lega Nord e dire federalismo sono due cose diverse. Forse, e dico forse, perché gli stupidi sono immarcescibili, togliere dalle mani di quei buzzurri che hanno inventato la Padania il concetto stesso di federalismo, che ha padri nobili, come ci viene ricordato spesso a sproposito, sarebbe, ma è meglio dire è, la cosa migliore che si possa fare per sconfiggere il berlusconismo: nel sociale, dopo averlo fatto, di stretta misura nel politico.

C’è una malattia antropologica nel fare politica: la stupidità, appunto. Perché, detto in una pillola, l’intelligenza (politica) è la capacità veloce di adattarsi a ogni nuova situazione (politica). La stupidità in politica è pericolosa come mettere un’ arma da fuoco in mano a un bambino. Come sostiene Cipolla: la persona stupida è il tipo di persona più pericolosa che esista. Te la trovi dove meno te l’aspetteresti. Beh, buona giornata.

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La pillola contro la stupidità.

E’ l’evento più importante del Terzo Millennio: è stata portata a termine con successo la sperimentazione della ‘pillola contro la stupidità”.

E’ una scoperta destinata sconvolgere le sorti del mondo occidentale e a dare nuovo impulso alle nostre democrazie, all’informazione, alle relazioni umane.

La scoperta è del genetista berlinese, Hans-Hilger Ropers. Chi non si è mai chiesto, a torto o a ragione, se sarà mai possibile curare la stupidità delle persone che ci stanno intorno? Chi non ha sperato che Bush la smettesse di dire pericolose stronzate, bullshit appunto? Chi non si è mai chiesto che diavolo avesse in testa, oltre che capelli posticci Berlusconi? E, più recentemente, chi non si è chiesto perché Mastella per svuotare le carceri ha inventato un indulto per quelli che in galera non ci sono mai finiti, come concussori, corruttori, evasori fiscali? Chi non si sta chiedendo in queste ore che razza di cosa stupida è l’idea di Rutelli di invitare Berlusconi alla Festa della Margherita? Chi, infine, non si è chiesto in questi primi ottanta giorni di Prodi perché tanti stupidi nella compagine di governo?

Bene, forse ora una speranza c’é. “Ropers – dice il quotidiano tedesco ‘Bild’ – ha sperimentato in vivo su cavie un farmaco che aiuterebbe l’organismo umano contro le difficoltà nell’apprendimento e la propensione a dimenticare le cose.”

Ci sarebbe da renderla obbligatoria, almeno nei consigli di amministrazione delle multinazionali, nelle segreterie di partito, alla Rai, nelle redazioni dei giornali, nei reparti marketing, nelle agenzie di pubblicità, nelle trasmissioni sportive, nelle caserme, nelle assemblee di condominio.

Grazie alla liberalizzazione dei farmaci, c’è da augurarsi che la pillola contro la stupidità venga messa sugli scaffali dei supermercati di tutta Italia. Così uno ne può fare acquisti importanti, con la spesa settimanale. Beh, buona giornata.

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La pace è più conveniente.

La bolletta petrolifera italiana, ovvero la spesa per l’approvvigionamento di oro nero dall’estero, rischia di schizzare quest’anno sopra i 30 miliardi di euro, registrando un rincaro di oltre 8 miliardi – vale a dire oltre 15 mila miliardi di vecchie lire – rispetto all’anno scorso.
La stima, confermata da fonti di settore, di una fattura sopra i 30 miliardi di euro – contro i 22,23 miliardi del 2005 – si basa sulle quotazioni del barile di greggio nei primi 7 mesi dell’anno, proiettata per il prossimo semestre: su una media cioè di 74 dollari al barile anche nella seconda parte del 2006.

La vertiginosa crescita delle quotazioni internazionali del barile ha un forte impatto su un’economia, quale quella italiana, che dipende per l’85% dal petrolio contro una media degli altri Paesi europei del 50%. In termini di peso sul Pil la fattura energia, l’intero costo cioè per l’approvvigionamento di tutte le fonti (e non solo il petrolio) dall’estero, rappresenta infatti oggi – secondo gli ultimi dati dell’Unione Petrolifera – il 2,9% del prodotto nazionale lordo (era del 2,2% nel 2004).

Gli effetti delle impennate del petrolio sono da tempo ‘visibili’: le bollette della luce e del gas registrano da oltre un anno e mezzo successivi rincari. Più in generale – ha ricordato di recente anche il presidente dell’Authority per l’energia, Alessandro Ortis – l’aumento di un dollaro del prezzo del barile in Europa ”genera oltre 5 miliardi di dollari di maggiori costi annuali, che si riflettono per circa un terzo nei settori dell’elettricità e del gas”. Come dimostra l’andamento delle bollette che riceviamo, da alcuni bimestri, in costante salita.

Anche sul fronte dei carburanti, in Italia i listini dei distributori sono da giorni sui massimi di 1,409 euro al litro, vale a dire quasi 2.800 lire. E sulla carta, secondo le stime degli operatori, ci potrebbero essere anche nuove cattive sorprese per il prossimo futuro: i rialzi delle quotazioni internazionali dei carburanti degli ultimi mesi non sono ancora state trasferite completamente sui prezzi alle pompe di benzina.

Per i fautori del nucleare, questi dati sono una manna, per insistere sulla necessità di riavviare la costruzione di centrali per la produzione di energia atomica.

La verità è che il rialzo parossistico del prezzo del greggio è direttamente proporzionale alle guerre in Medioriente: Iraq, Afghanistan e Libano. Basti ricordare che prima dell’invasione in Iraq, il prezzo del petrolio era di 22 dollari al barile.

Fatevi due conti: quanti soldi ci è già costata l’avventura militare americana in giro per il Medioriente, l’esportazione della democrazia, lo scontro di civiltà? Quanti soldi costa ai cittadini europei la debolezza diplomatica della Ue nello scenario internazionale? Quanti soldi ci è costato mettere all’angolo l’Onu? Quanti soldi ci costa il lasciar fare la guerra contro il Libano?

Anche chi non vuole metter mano alla coscienza è comunque costretto a metterla sul portafoglio, ogni volta che paga un bolletta, ogni volta che fa il pieno. Non è allora, la pace, oltre che più giusta e lungimirante, anche molto più conveniente? Beh, buona giornata.

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