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3DNews/Il naufragio dei simboli.

di MARCO FERRI

Quella nave abbandonata come la testa della Statua della Libertà in “Il pianeta delle scimmie”, simbolo della disfatta del genere umano: la Costa Concordia passerà alla storia perché, invece che di passeggeri” è sembrata piena di simboli.
A cominciare dal nome (Concordia), per proseguire dal motivo (l’inchino, cioè il saluto ravvicinato alla costa), dalla causa (lo scoglio di cemento), eccola la dozzinale rappresentazione dell’eterna lotta del bene contro il male: De Falco versus Schettino, cioè il senso del dovere contro la condotta irresponsabile.

Eppoi la riscoperta del radiodramma: la telefonata tra i due, un pezzo di altissima recitazione, come non se ne sente più da un pezzo via radio. Infine, non poteva mancare il paese natale di Schettino che si stringe attorno al suo concittadino, sbattuto in prima pagina come il mostro, già condannato dal tribunale speciale dei media, come sempre affamati di tragedie, di colpevoli, di vittime e di eroi.

Ci mancherebbe solo Vespa, che magari, invece di un plastico, sguazza dentro un acquario. E non è detto che non succeda pure questo.

Una nave da crociera piena di simboli, evocati da ogni parte: il mito del coraggio contro la codardia, come panacea per uscire dalla crisi politico-economica che attanaglia sempre più profondamente l’Italia. E quei disgraziati morti affogati, come fossero semplicemente i cadaveri di un episodio trasmesso da Fox Crime. No, non erano persone, ma consumatori di un centro commerciale galleggiante: le loro storie non interessano ai media. Potrebbero rovinare il marketing delle vacanze in crociera? Molto meglio, allora, continuare a ricamare sul codardo sbugiardato dagli eroi. Nuovi ammutinati del Bounty, novelli Capitani coraggiosi, in odor di Master&Commander.

Eppure, il fascino perverso dell’immagine della nave piegata su un fianco, alla deriva sugli scogli dell’isola del Giglio è contagioso proprio per via dei simboli che con lei sono naufragati e che sono poi stati soccorsi dai commentatori: dalle acque basse vengono, così, ripescati stereotipi dell’italico spirito nazionale. Reduci dalle celebrazioni del 150 esimo dell’Unità d’Italia, i soccorritori vengono descritti come personaggi di un nuova stesura del Libro Cuore.
Non ci sarebbe niente di male. Magari se la meritano un poco di attenzione, quegli uomini e donne che di mestiere salvano la vita agli altri. Soprattutto se lo meritano gli uomini di mare, a cui si voleva, non più tari di qualche mese fa, addirittura vietare di soccorrere le barche fradice di migranti alla deriva.

Se non fosse, invece, che la realtà di quanto è successo è molto più banale, dunque più tragica: un uomo commette un terribile errore, che costa vite umane, e per questo perde la testa, e continua a fare errori, primo fra tutti l’abbandono delle sue responsabilità. Banale e tragico, ma umanissimo.

Sarebbe meglio pensare a questo, prima di emettere giudizi capitali che spetterebbero all’inchiesta e a chi delle indagini prima e della sentenza poi è incaricato. E invece che facili riletture di Cuore, potrebbe essere utile interrogarsi sull’essere umano e disumano degli uomini. E spegnendo la tv, chiudendo il giornale e arrestando il sistema del pc, aprire e rileggere, per esempio, “Uomini e no” di Vittorini. Beh, buona giornata.

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Società e costume

Elogio dei difetti delle persone.

(pubblicato su “Cappuccino&Cornetto”-advexpress.it)

Contrariamente a quello che tutti pensano, sono i difetti, e non i pregi, che fanno andare d’accordo le persone tra loro. La scoperta di avere gli stessi difetti, tic, idiosincrasie genera complicità, che spesso sfocia in amicizia.

Certo, in tempi complicati come quelli che viviamo, l’amicizia più che un valore e’ un bene rifugio, nel senso che l’amico e’ ormai per noi semplicemente il “non nemico”. Ma questo ci basta, perche’ non ci impegna troppo.

Perché l’amicizia, quella vera, ha bisogno dello scambio di pregi e virtù, e di una serie di buoni sentimenti, utili a coltivarla con pazienza e disinteresse. Per chi volesse un piccolo decalogo dei buoni sentimenti che fin da piccoli conducono all’amicizia, bisognerebbe prendere, o riprendere in mano il più famoso dei libri scritti da Edmondo De Amicis (il cognome di un destino!), il libro Cuore. Me lo ricordava giorni fa una delle mie figlie a proposito degli strumenti di formazione dei ragazzini di oggi, ai quali certa sociologia ha, invece, riservato il ruolo di figli di buona donna, (con rispetto parlando delle rispettive mamme).

Ho recentemente lavorato a una campagna pubblicitaria per l’ UNICEF, il cui oggetto della comunicazione era l’uguaglianza dei ragazzini. Quello che abbiamo pensato, e poi realizzato, e’ stato il semplice ragionamento che i ragazzini di oggi hanno gli stessi difetti: non amano molto i libri di scuola, stanno a lungo col naso dentro Facebook, non fanno un passo senza telefonino, eccetera, eccetera. La questione che poneva la campagna era: ci accorgiamo che i ragazzini sono uguali per via dei loro difetti. Pero’ facciamo fatica a vedere le discriminazioni che la Legge riserva ai figli degli immigrati, anche di seconda e terza generazione.

Giorni fa, una giovane donna raccontava di essere stata in gita a Saturnia, deliziosa cittadina della Toscana, meta di turismo per via dei suoi famosi impianti termali. La giovane donna, dopo aver narrato le meraviglie del luogo, si e’ subito rifugiata nello stereotipo tipico dell’italiano medio, che ama andare dove vanno sempre tutti, ma poi prende le distanza dalla moltitudine e afferma, con un certo snobismo che ebbene si’, il luogo era ameno e valeva il viaggio, ma, ahinoi!, troppi turisti stranieri rovinano sempre tutto.

“Non ci si salva neanche qui” ha detto la giovane signora, che e’ di cittadinanza romena, e nel dire così deve essersi sentita molto, molto italiana. E’ stato un momento alto di integrazione etnica. Il che dimostra la tesi iniziale: sono i difetti che fanno andare d’accordo le persone. Beh, buona giornata.

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